La Dottoressa Federica Carlieri Odontoiatra Riceve Presso L' ambulatorio Polispecialistico Dental-Kappa a Roma Via Asinari di San Marzano, 23-25-27-29 - Roma tel. 06-89010165 |
MATERIALI
COMPOSITI Il primo
materiale di otturazione estetico introdotto sin dagli inizi del novecento è
stato il cemento al silicato costituito da fosfato di alluminio e gel di acido
silicico derivati dalla reazione del silicato di alluminio con acido fosforico. La causa
dell'insuccesso di questo materiale è dipeso dal fatto che la solubilità
nell'ambiente orale era altissima. Pertanto la chiusura marginale era
inesistente con infiltrazioni batteriche e discromie. Attualmente
il miglior tipo di materiale estetico per conservativa sembra essere la resina
composita. Che
cosa si intende per resina composita. Si
definiscono resine composite particolari materiali formati dalla combinazione di
un polimero sintetico con particelle organiche di natura ceramica.
Data
la loro speciali caratterisiche, le resine composite vengono impiegate per la
ricostruzione di tutte le cavità
di I II III IV e
V classe. Inoltre
le resine composite vengono utilizzate per : Ricostruzione
di incisivi fratturati; Ricopertura
di difetti dello smalto; Restauro
di abrasioni cervicali; Ricostruzione
di denti anteriori malformati; costruzioni
di monconi per corone; cementazione
di attacchi diretti in ortodonzia: Cementazione
di mantenitori di spazio: Fissaggio
di denti paradontalmente indeboliti Cementazione
adesiva di intarsi in porcellana o in resina composita. La
maggior parte dei prodotti commerciali attuali sono composti da :
Matrice
(detta
anche Resina di base)
Agente legante
( per migliorare l'adesione tra matrice e riempitivo)
Riempitivo
(detto anche Rinforzante, Carica, Filler ) Inoltre
sono inserite delle altre sostanze che modificano le caratteristiche della matrice
a seconda dell'uso che ne deve essere fatto e sono :
- Iniziatori (servono per innescare la fotopolimerizzazione )
- Inibitori
- Acceleranti (servono per accelerare il tempo di polimerizzazione)
- Ritardanti (
"
" Ritardare
"
"
"
) Matrice La fase
organica della maggior parte dei compositi oggi in commercio è costituita dal
composto chimico sintetizzato da Bowen e conosciuto come "
Resina di Bowen ".
La resina di Bowen è composta da una successione di monomeri ognuno dei
quali deriva da una reazione di sintesi tra : Bisfenolo
A ( BIS) Glicidil
Metacrilato (GMA). Dalle
iniziali dei sue due componenti è comunemente chiamato: BIS - GMA.
Il monomero BIS-GMA è però notevolmente viscoso, e per questo viene
generalmente diluito con diversi monomeri od oligomeri con basso peso molecolare
in modo da raggiungere una adeguata fluidità e quindi ottenere un
incorporazione migliore. Il diluente più usato è il EGDMA.
Nella
matrici sono inoltre dispersi elementi organici aventi lo scopo di impartire ai
materiali le più adatte tonalità di colore. Tra questi ricordiamo
l'ossido di titanio e gli ossidi di ferro. Bonding Il
bonding è semplicemente del BIS - GMA reso liquido con l'aggiunta di solvente e
serve per favorire l'adesione tra tessuti (smalto e dentina) e composito
caricato, contengono generalmente
una quantità preponderante di EGDMA. Agente
legante Serve a
mantenere unito il BIS -GMA il materiale inorganico. La
metodica più usuale, è l'impiego di un collante organico a base di silicio
detto Silano, con il quale, vengono ricoperte le particelle inorganiche,
in questo modo si realizza un ponte tra la matrice e il riempitivo.
Riempitivo
rinforzante La parte
inorganica dei compositi, è formata da piccolissime particelle minerali
incorporate nella matrice resinosa. In base
alla composizione chimica, alle dimensioni, alla quantità in peso del
riempitivo inorganico rinforzante, le resine composite sono state classificate
secondo questi criteri. Resine composite convenzionali.
Le prime
resine introdotte in odontoiatria conservativa il cui riempimento rinforzante,
costituisce circa il 70 - 80% in peso, che dopo la polimerizzazione si riduce
approssimativamente al 55% in volume, inglobato in circa il 45% di matrice
organica. Tali
microparticelle hanno forma di scaglie, la cui dimensione media è di circa 10 -
12 nanometri. I materiali riempitivi
Dr. Roberto Rossi Resine composite con microriempiti.
Costituite
da microparticelle con dimensioni molto più piccole rispetto quelle presenti
nelle resine convenzionali, che consentono una lucidatura del restauro,
ottimale. La
resina che funge da matrice in questi materiali, è analoga a quella delle
resine composite tradizionali, mentre il riempitivo rinforzane, è costituito da
particelle di silice colloidale, ottenute per pirolisi o per precipitazione. Con
questa tecnica si ottengono piccole sfere di dimensioni comprese tra 5 e 50
nanometri, di dimensioni inferiori a quelle della luce visibile che è di 400 -
520 nanometri. La
concentrazione di questi invisibili riempitivi, non può superare il 10% in peso
della massa del composito, notevolmente inferiore alla percentuale di quella
delle resine composite tradizionali. La
principale caratteristica di queste resine è la lucidabilità che consente di
ottenere restauri dentali con
superfici lisce e ben levigate. Sono indicate per i restauri di III IV e V
classe. Sono soggette a notevoli ritiri dato la grande quantità di resina
legante. Complessi resinosi a base di
microparticelle Allo
scopo di realizzare dei prodotti caricati con valori più elevati di
microparticelle, sono stati creati diversi tipi di questi materiali, in pratica
il composito risulta formato da una miscela di particelle pre polimerizzate con
il monomero, matrice e silice colloidale. In questo modo il riempitivo, è di
circa il 50% in peso del composito. Resine composite con riempimento misto. Il
problema dell'alta viscosità delle resine composite microriempite è stato
superato anche con l'introduzione di riempitivi misti o ibridi.Questo tipo di
compositi sono analoghi, come composizione, alle resine composite tradizionali
anche se le dimensioni medie delle particelle rinforzanti sono molto più
piccole. Ciò
consente a questi compositi, definiti come RBC,(Resin Bonded Ceramic), POLIMERIZZAZIONE La
Polimerizzazione è una reazione a catena che produce, partendo da un monomero,
ad un complesso macromolecolare. Il
monomero BIS - GMA, è caratterizzato da due doppi legami C=C situati ciascuno
ad una estremità della molecola, facenti parte cioè dei gruppi metacrilati. La
polimerizzazione, può avvenire in modalità differenti che sono : Attivazione
fisica Le
resine composite attivate fisicamente, vengono fornite sotto forma di due
componenti contenuti in due distinti recipienti. Ad esempio due paste o una
pasta e un liquido. Attivazione chimica.
I
prodotti attivati fisicamente vengono forniti in una unica pasta, che contiene
un iniziatore che si decompone se sottoposto all'azione della luce visibile di
circa 400 - 520 nanometri. Caratteristiche
fisico meccaniche Le
proprietà del polimero sono determinate in gran parte dal grado di estensione
della polimerizzazione, cioè dalla quantità relativa dei doppi legami dei
gruppi metacrilati impegnati nella reazione di polimerizzazione. Per i
compositi in commercio, questo varia dal 35 al 75%. Nei
sistemi fotoattivati, il grado di conversione diminuisce man mano che ci si
allontana dalla fonte di luce, a causa dell'attenuazione dell'intensità
luminosa che si perde nel passaggio attraverso il materiale. In altre
parole, la parte più esterna del materiale composito a diretto contatto
della luce, indurisce prima e di più rispetto le parti interne più
lontane dalla fonte di luce e a cui la luce arriva attenuata come intensità
dovendo superare gli strati di materiale interposto. Nelle
resine a polimerizzazione chimica, la reazione avviene uniformemente nella massa
del materiale ed è indipendente dallo spessore dell'otturazione. Ciononostante,
il grado di conversione di questo tipo di compositi, è inferiore a quello delle foto polimerizzanti. E' stato
osservato che il processo di polimerizzazione continua per un giorno dopo
l'attivazione sia nei compositi foto polimerizzanti che in quelli auto
polimerizzati. Questo
suggerisce di rimandare ad un'altra seduta la fase della lucidatura dei
restauri.
CONTRAZIONE DA POLIMERIZZAZIONE
Dr. Roberto Rossi La
contrazione sarà strettamente legata alla quantità dei legami formatesi per un
dato volume. I valori riscontrati da vari studi oscillano da
1,7% al 5,7%. La
contrazione è favorita dalla maggior concentrazione dei monomeri diluenti a
bassa viscosità. In pratica maggiore è il contenuto in BIS - GMA , minore
è la contrazione di polimerizzazione, migliore è la chiusura marginale. Espansione
termica. Allo
stesso tempo la maggior concentrazione di BIS - GMA è causa di un alto
coefficiente di espansione termica. Questa
scarsa stabilità del materiale può favorire le infiltrazioni di saliva e
batteri attraverso la fessura che si forma in seguito alle successive
contrazioni ed espansioni del restauro causate dalle variazioni di temperatura. Espansione
igroscopica E'
causata dall'assorbimento di acqua che inizia dopo 4 - 6 ore dall'esecuzione del
restauro e raggiunge il massimo entro una settimana e prosegue fino ad un mese
circa, determinando un'espansione volumetrica di 0,36 fino a 3,1% che può
compensare in parete la contrazione da polimerizzazione. I
compositi microriempiti assorbono in misura maggiore a causa dell'elevato
contenuto di materiale organico. USURA Può
essere definita come distacco di materiale solido da una superficie per effetto
di azione meccanica. Usura
della matrice sulla superficie del composito. Distacco
delle particelle di riempitivo superficiale Perdita
delle particelle per mancanza di adesione con la resina. ADESIONE L'adesione
si ottiene quando due sostanze eterogenee messe a contatto fra di loro, si
legano. Ciò può avvenire per unione meccanica o per adesione chimica. Caratteristiche
di superficie Per
ottenere l'adesione con un adesivo liquido, è necessario che questo entri in
stretto contatto con il sub strato, ovvero sia in grado di distendersi in un
sottile film e di bagnare la superficie dello smalto e dentina. Lo
smalto è costituito principalmente da idrossiapatite 95% del peso totale,
mentre il 4% è rappresentato da acqua e il restante 1% da sostanza organica o
collagene. La
dentina è composta per il 70% da idrossiapatite, per il 18% da collagene e per
il 12% da acqua. La
componente organica e acquosa è più rilevante che nello smalto, essendo
distribuita irregolarmente rendendo il tessuto dentinale, molto eterogeneo. Quando
si usano strumenti rotanti per la preparazione delle cavità, i detriti prodotti
dal taglio vanno ad imbrattare la superficie dello smalto e della dentina,
formando quello che viene chiamato "fango dentinale", il cui spessore
varia fra 1 e 5 micron che deve essere assolutamente eliminato. Il
pretrattamento dei tessuti Mordenzatura
dello smalto. La
maggior parte dei sistemi adesivi oggi in commercio, utilizza come agente mordenzante un gel contenente acido ortofosforico
ad una concentrazione del 37%. La mordenzatura modifica la superficie dello
smalto rendendola porosa consentendo al Bonding di penetrarvi e di legarsi al
tessuto. Condizionamento
della dentina Serve
per rendere la superficie della dentina idonea all'uso di adesivi attraverso la
modificazione delle caratteristiche del tessuto. La rimozione del "fango
dentinale", dovrebbe fornire una superficie pulita e pertanto con
caratteristiche migliori per il conseguimento dell'adesione. Questo risultato si
ottiene con l'uso di una soluzione acquosa di EDTA , di un praimer, costituito
da una soluzione acquosa di glutaraldeide ed EMA e di un bonding costituito dal
BIS - GMA fortemente diluito. Adesivi
dentinali di IV generazione Nakabaiasci
e colleghi, anno sviluppato e messo a punto un adesivo per lo smalto in cui
vengono aggiunti monomeri contenenti sia gruppi idrofili (Carbossilici) che
gruppi idrofobi (fenilici) raggiungendo la massima stabilità di adesione con
aggiunta di 4-META . Con
questa formula sono riusciti od ottenere una forte adesione alla dentina della
forza di 18 MPa sostituendo l'acido ortofosforico con una soluzione acquosa di
acido citrico al 10% e di cloruro ferrico al 10% evitando la rimozione di
collagene. Gli
adesivi discendenti da questo sistema sono detti di IV generazione e sono
caratterizzati da buona adesione oltre che allo smalto e dentina, anche
all'amalgama d'argento, a fusioni metalliche, a resine acriliche e composite. PREPARAZIONE
DI UNA CAVITA' DI III CLASSE PER
COMPOSITO DI V GENERAZIONE La fase
di preparazione cavitaria sarà eseguita lingualmente per lasciare, se
possibile, una porzione di smalto vestibolare onde rendere invisibile il
restauro. E'
opportuno proteggere il dente attiguo dall'azione della fresa diamantata che sarà
a pallina del diametro adatto alla grandezza della carie. A tale
scopo si deve interporre una matrice metallica tenuta ferma o da un cuneo di
legno a da un portamatrice Ivory. Modalità
di preparazione :
1) Sotto getto d'acqua, si taglia lo smalto con fresa diamantata a palla.
2) Con un escavatore di grandezza adatta, rimuoviamo il tessuto cariato.
Se con l'escavatore non riusciamo ad eliminare tutto il tessuto cariato che
traspare attraverso lo smalto vestibolare, allora dobbiamo usare una fresa a
rosetta montata su micromotore. A velocità ridotta, con piccoli tocchi
discontinui, eliminiamo tutto il tessuto dentinale compromesso.
3) Per aumentare la superficie di adesione dei compositi è
opportuno preparare un bisello che non è altro che una superficie a scivolo su
smalto e dentina che delimitano la cavità cariosa. A tale scopo si dovrà usare
una fresa diamantata a forma di
oliva.
4) Ora si deve detergere la cavità per eliminare il "fango
dentinale", perciò useremo un batuffolo di cotone imbevuto di cloruro di
benzacoino o con ipoclorito di sodio
5) Ora inizia la fase di mordenzatura che consiste
nell'applicazione di acido ortofosforico sulla superficie dello smalto e della
dentina per un tempo di circa 10 - 15 secondi. Quindi si esegue un abbondante
lavaggio con acqua per circa 30 secondi.
6) Asciugatura leggera della dentina che deve rimanere leggermente
umida perché i nuovi adesivi penetrano meglio nei tubuli dentinali umidi. La
superficie dello smalto deve risultare di colore bianco gesso per evidenziare
l'avvenuta mordenzazione, se ciò non si verificasse si deve ripetere la fase di
applicazione dell'acido ortofosforico.
7) Si applica poi con un pennellino monouso un liquido adesivo (Bonding)
su tutta la zona mordenzata. Si fa
evaporare il solvente con un leggerissimo getto d'aria, quindi si polimerizza il
bonding con la lampada a luce alogena posizionata in corrispondenza della cavità.
La
polimerizzazione del bonding avverrà solo nella parte a contatto con lo smalto
e la dentina del dente, mentre, la presenza di ossigeno, impedirà la
polimerizzazione della parte superficiale. Questo
meccanismo assicurerà un ottimo legame tipo sandwic tra
lo smalto/dentina + il bonding + la resina del composito.
8) Verranno quindi applicate in cavità delle piccole quantità di pasta
composita del colore scelto e saranno polimerizzate con tecnica incrementale,
vale a dire in strati successivi. Ogni apporto di materiale sarà seguito da
applicazione della luce per circa 30 secondi. Ricordare
che anche la resina composita in pasta si comporta come il bonding, pertanto
ogni stratificazione successiva, aderirà alla precedente proprio perché sulla
parte superficiale il composito non si è polimerizzato per la presenza di
ossigeno che inibisce la reazione. Attenzione
proprio per quanto appena detto non si deve mai alterare in nessun modo
lo strato superficiale opaco
che si nota sulla parte superficiale del Bonding o degli strati successivi di
resina composita. La
polimerizzazione del composito può essere effettuata anche dall'esterno,
applicando la luce sullo smalto anziché direttamente sul composito. Secondo
Goracci questo procedimento sarebbe da preferire perché diminuisce la
retrazione complessiva del materiale attuando un più efficace sigillo
marginale.
9) E' opportuno inserire una striscia di acetato, stabilizzata con un
cuneo di legno, tra i due denti per facilitare le manovre di ricostruzione. La
striscia trasparente agisce da matrice guidando il posizionamento del composito.
10) Rifinitura e lucidatura. Si utilizzano delle frese diamantate a grana
molto sottile, appositamente create a tale scopo per dare la foma anatomica
appropriata, poi la lucidatura viene effettuate con dischi a grana decrescente
montate su apposite punte. VARIE Le
resine composite vengono attualmente attivate mediante luce visibile con uno
spettro compreso tra il quattrocento e cinquecento nanometri. Il
massimo dovrebbe trovarsi in corrispondenza dei 400 -
500 nanometri. Si avvia
a questo punto una reazione a catena che porta alla formazione di un complesso
macromolecolare strutturato in una rete tridimensionali e irreversibile. Nei
sistemi fotoattivati, la velocità di conversione, a parità di spessore, è direttamente
proporzionale all'intensità della sorgente stessa e inversamente proporzionale
alla sua distanza. Le
lampade convenzionali forniscono immediatamente e la massima intensità di luce,
tale da determinare una notevole produzione di radicali liberi che provocano
l'indurimento della resina composita in pochi secondi. Si viene
quindi a creare l'effetto gel che
porta a un rapido innalzamento della viscosità del materiale composito. In
presenza dell'effetto gel, la polimerizzazione diviene infatti difficile da
controllare; il calore di reazione che si libera in breve tempo non può essere
allontanato è porta a un ulteriore aumento della velocità di polimerizzazione. Questa
polimerizzazione rapida porta ad un ritiro della massa del composito
determinando un distacco dalla dentina e dallo smalto creando i presupposti per
una invasione batterica. La
riduzione dell'intensità luminosa, evita il rapido innalzamento della viscosità,
riducendo il gap dentinale. Goracci,
utilizzando un potenziometro collegato a una normale lampada per compositi, ha
provato una polimerizzazione con una intensità di luce progressiva, consentendo
un indurimento lento e progressivo del materiale composito. Lo scopo
di una polimerizzazione progressiva
è quello di aumentare la fase pre gel dove la contrazione è compensata, e
ridurre la fase post gel che crea tensioni sulle pareti del restauro. In un
confronto eseguito con le due metodiche diverse si è potuto constatare che la
polimerizzazione lenta evidenzia una migliore adesione della resina alle
strutture dentarie. La
tecnica della polimerizzazione progressivamente crescente, ha permesso un ottimo
adattamento interno del composito, senza che la contrazione riuscisse, nei
diversi campioni, a determinare in alcun caso il distacco del materiale dalla
superficie dentinale. La
fotopolimerizzazione convenzionale pur offrendo notevoli vantaggi operativi,
comporta la formazioni di microfessure tra composito e dentina che, anche se
ridotte con l'impiego di sistemi e adesivi di ultima generazione, raggiungono
comunque spessore di circa 10 micron. Al
contrario nei campioni dove il materiale da restauro veniva fotoattivato in
maniera progressiva non sono state osservate soluzioni di continuo evidenti tra
il composito e dentina.
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Per nessun motivo questi appunti possono venire utilizzati ne interpretati come dati medici con i quali formulare diagnosi ne cercare cure per potenziali pazienti. Le nozioni indicate possono risultare incomplete e anche INESATTE e non devono essere considerate in nessun modo come mezzi diagnostici "fai da te" perché potrebbero indurre a errori di interpretazione. Le diagnosi possono essere fatte solo da laureati in medicina abilitati alla professione medica o da specialisti delle varie materie. |