Le recensioni on line di Gabriella
 
Recensione precedente
Recensione successiva
 
     
    Marco Pastonesi "La corsa più pazza del mondo"
    Sandra Segato "nella terra degli orsi"
    Ediciclo Editore
     
     Recensione di   Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
       
    Ci sono Tour e Tour e ci sono Giri e Giri e se il Tour de France e il Giro d’Italia meritano la prima pagina dei giornali sportivi e diverse pagine interne, La Vuelta spagnola e il Giro di Svizzera sono più avanti, nelle pagine del ciclismo. Poi ci sono i Tour e i Giri che finiscono nei trafiletti o nelle brevi e quelli che non abbiamo mai sentito nominare, che giornalisticamente non esistono proprio.
    Così Marco Pastonesi, giornalista della Gazzetta dello sport e scrittore, grande appassionato di rugby e del ciclismo dei gregari e delle gare fantasma, lo spazio lo ha trovato in un bellissimo libro pubblicato da Ediciclo: in “La corsa più pazza del mondo” racconta il Tour du Faso (il Giro del Burkina Faso) e una strana corsa nel Mali, senza nome e con un percorso di cui nessuno conosce con precisione il chilometraggio. Un ciclismo d’altri tempi, fatto di biciclette che “per tre quarti sono in età da pensione. Il resto è diviso tra moribonde, terminale e attaccate con lo sputo”, di “attacchi risorgimentali dal primo all’ultimo metro”, di corridori a cui “mancano i ricambi, copertoni, camere d’aria. Chi corre deve stare attento e non allenarsi troppo, altrimenti rovina le gomme”, in cui “il doping non è un problema, il problema è trovare da mangiare”.
    Un Tour che vede in gara 108 corridori, 18 squadre, quindici paesi, tre continenti per 11 tappe, 1281 chilometri (75 su terra battuta) e “un’altimetria da tavolo da biliardo”, ritardi per i quali “non ci vuole il cronometro ma la sveglia”, un abbigliamento raccattato qui e là, e c’è chi corre addirittura con i sandali, ma soprattutto un Tour che diventa un grande momento di gioia e di festa, in paesi tra i più poveri del mondo, dove alla fine della tappa si dorme in una tenda e che Pastonesi ci porta con sé a conoscere, con attenzione e sensibilità, lontani da un ciclismo (il nostro, quello dei grandi nomi, del doping e dei ricchi) che non ci piace più.
    Per chi non ha mai pensato il mondo dal sellino di una bicicletta, il viaggio di Sandra Segato e di Pier deve sembrare pura pazzia. Ma quando ho conosciuto Sandra - insegnante di lettere a Ferrara - lo scorso settembre a Ciclomundi, la due giorni dedicata al mondo delle biciclette organizzata a Portogruaro da Ediciclo, mi sono resa conto che l’entusiasmo che sprizzava dai suoi racconti avrebbe potuto far pedalare chiunque e trascinare anche il più pigro in capo al mondo. Ci ha raccontato il viaggio fatto con Pier, e che adesso è diventato il libro “Nella terra degli orsi”, in bicicletta in Canada e Alaska, un mese nel paese degli orsi, degli alci e dei grizzly, divisi tra la paura di incontrarli e la delusione di non riuscire a vederli, tra pini, cedri, abeti, salite, discese, totem e maschere indiane, turisti e viaggiatori, lingue diverse e la capacità di capirsi che trova chi vuole comunicare, per scambiare consigli e indicazioni, dormendo dove capita e mangiando cosa si trova, tra hamburger e torte squisite, pelle screpolata e sole a picco o pioggia, ma prima di tutto il piacere di viaggiare, di conoscere posti nuovi, così lontani e diversi.
    “Il vero viaggiatore non è colui che si affanna per arrivare alla meta – scrive Segato – ma chi riesce ad assaporare il percorso che si compie per raggiungerla”. E che cosa c’è di meglio di una bicicletta, che permette di essere vicini al mondo che si attraversa, sentendo rumori e odori, faticando sui pedali per conquistare il premio di una cena, di una notte di sonno, di una doccia. E il viaggio di Sandra e Pier, in questo racconto preciso e coinvolgente, porta lontano anche chi legge, tra momenti felici e difficili, faticosi e gioiosi, fino alla sorpresa finale: se la sono meritata!
      
    gabriella bona 
           
      
 
Recensione precedente
Recensione successiva