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    Giulietto Chiesa "Perché la versione ufficiale sull'11/9 è un falso" Edizione Piemme
     
     Recensione di   Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
        
    Che cosa sia veramente successo l'11 settembre 2001, giorno in cui le Twin Towers di New York sono state abbattute travolgendo paesi ed eventi e le nostre vite, non lo sapremo mai: sono spariti reperti che avrebbero potuto spiegare, sono stati zittiti testimoni importanti, una commissione di inchiesta (per la quale sono stati stanziati meno fondi che per quella sul caso di Monika Lewinsky), anziché tentare di scoprire la verità, ha insabbiato tutto quello che poteva per permettere a quella che è stata spacciata come verità potesse sedimentare e permettere tutto quello che è successo nei giorni, nei mesi e negli anni successivi. 
    Giulietto Chiesa, assieme a Gore Vidal, Franco Cardini, Marina Montesano, Gianni Vattimo, Lidia Ravera, Andreas von Bülow, Steven E. Jones, Claudio Fracassi, Jürgen Elsässer, Webster Griffin Tarpley, Thierry Meyssan, Enzo Modugno, David Ray Griffin, Barrie Zwicker e Michel Chossudovsky tentano di trovare una verità che stenta a emergere anche perché, come ha dichiarato David Lynch in un'intervista, "È una questione troppo grande perché la gente la prenda in considerazione. È troppo grande: È una cosa cui nessuno vuole pensare". Perché è difficile pensare e accettare che il proprio governo o almeno i personaggi più influenti che lo reggono e lo dirigono, abbiano volutamente abbattuto tre grattacieli, provocando quasi tremila morti, soltanto per contrastare una difficile e pesante crisi economica, per ribadire il ruolo di "padroni del mondo", per garantirsi quel petrolio di cui hanno un continuo bisogno ma che è tutto in stati "nemici", come Russia, Venezuela, Iran e Arabia Saudita. 
    Il crollo delle torri ha colpito il mondo, al di là dell'inverosimilità che le immagini proponevano (sarà un documentario italiano a dimostrare che sono state abbattute con i sistemi della demolizione controllata, dopo essere state minate, quindi volutamente), al di là dei primi segnali di dissenso dalla versione ufficiale. 
    Ci si chiede come possa un paese prodursi da sé simili ferite, poi si pensa che nel giro di qualche giorno gli Stati uniti sono riusciti a scatenare una guerra, assolutamente ingiustificata, in Medio Oriente, e la conclusione, purtroppo, è davanti a tutti. O almeno dovrebbe esserlo, se non fosse troppo brutta per poterla prendere in considerazione. Eppure gli States non sono nuovi a simili imprese, fin dalla loro nascita: le guerre basate su futili motivi contro gli indiani per rubare le loro terre, i misteri che ancora avvolgono gli attacchi di Pearl Harbor e del golfo del Tonchino, dimostrano la volontà statunitense di mantenere il proprio potere e la propria ricchezza a qualsiasi costo e che il costo minore per risolvere i propri problemi è quello della guerra. Due frasi possono dimostrarlo. Ronald Reagan, durante la sua presidenza, affermò che "il tenore di vita del popolo americano non è negoziabile" (e per popolo americano, naturalmente, non si intendono gli statunitensi poveri ma quelli ricchi e il loro amici e soci che, in tutte le parti del mondo, continuano ad arricchirsi con gli statunitensi che comandano) e quella pronunciata recentemente da Condoleezza Rice: "La guerra è sempre un buon investimento". 
    I fatti sono chiari, gli autori del libro - giornalisti, tecnici, intellettuali, studiosi attenti della nostra realtà - lo dimostrano ma la loro voce, ancora una volta non andrà molto lontano: i paesi coinvolti sono troppi, i ricatti degli Stati uniti sono estremamente pericolosi e i governi "amici" devono continuare a far finta di non sapere, di non vedere, perché la paura di ritrovarsi soli, di fronte a un pericolo enorme li spaventa. Così continueranno a essere pochi, isolati, accusati di essere i "teorici del complotto", quelli che dicono, che osano sfidare il paese più potente della Terra, pur di tentare di dimostrare la verità, perché è giusto, perché i parenti delle persone che sono morte nelle torri e nella guerra che è seguita e tutti noi abbiamo diritto di sapere che cosa è veramente successo. 
      
    gabriella bona 
           
      
 
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