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      Eric-Emmanuel Schmitt "La rivale" Edizioni e/o 
       
       Recensione di   Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
        
        
      A trent'anni dalla sua morte è un susseguirsi di iniziative celebrative di Maria Callas, la "Divina", il soprano più conosciuto al mondo. Ma, come spesso succede in queste occasioni, si tende a ricordare e a mostrare soprattutto gli aspetti migliori. Rischio evitato da Eric-Emmanuel Schmitt, scrittore e profondo conoscitore della musica classica e lirica. Nel suo "racconto su Maria Callas", come recita il sottotitolo, lascia a una rivale il compito di tracciare un ritratto molto poco celebrativo: Carmela Babaldi, già soprano affermato, non si preoccupa dell'arrivo di una nuova voce: Maria Callas è obesa, brutta, munita di spessissimi occhiali da miope. dotata di "una voce orrenda". Babaldi pensa che non avrà nessuna possibilità di affermarsi, di scalzarla dal palco della Scala dove è diventata celebre. 
      "Un mostro - la descrive Babaldi - un'idra a tre teste con una bocca che emette tre registri distinti: uno alto, di testa, metallico e facilmente stridente; uno mediano, ruvido, dalla trama logora; e uno basso, troppo di petto, da donna barbuta". Concludendo: "La Callas? Vedrete, presto nessuno ne parlerà più... Non durerà". 
      Ma è proprio la Callas a imporsi, riuscendo a stregare le platee e i critici con il suo fascino e quella voce particolare, facendo innamorare anche dei suoi difetti, mettendo in ombra tutte le rivali. Carmela compresa, destinata a concludere la carriera in teatri più piccoli, lontani da Milano. E se è vero che la carriera della Divina Maria si è conclusa presto, Babandi non è riuscita ad approfittare del vuoto, finendo a insegnare al conservatorio di Buenos Aires: Al suo ritorno scopre che la Callas è più famosa, se possibile, di quando cantava e che gli altri soprani dell'epoca sono stati dimenticati, tutti. 
      E muore, Carmela, con la rabbia, l'invidia, il rovello di non essere riuscita a capire il perché di tanto successo, di non averlo capito allora, di non riuscire a capirlo al suo ritorno in Italia. 
      È proprio Schmitt a spiegarlo, nell'introduzione alla "Discografia essenziale di Maria Callas" che conclude il libro: "Quando si parla della Callas, niente è carino, tutto è bello. Passate oltre, cultori di voci angeliche, estimatori di timbri luminosi e suoni zuccherini! [...] Qui non troverete che passione, furore, sgomento, entusiasmo, humour, solitudine, estasi e agonia. Ascoltando la Callas proverete turbamento, fastidio, disturbo, talvolta vi sentirete stremati, spesso rinvigoriti, ma non vi scontrerete mai con la noia né con l'indifferenza". 
      Tra episodi pubblici e privati, in un racconto a tratti molto divertente, Schmitt rivela il segreto profondo di un fascino che dura negli anni, intatto e fantastico. 
        
      gabriella bona 
             
        
     
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