Nandino Capovilla - Betta
Tusset "Bocchescucite" Edizioni Paoline
Recensione
di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
Scriveva Hannah Arendt - citata
da Fabio Corazzina, coordinatore nazionale di Pax Christi, nella presentazione
di "Bocchescucite" - che "dove tutti mentono, riguardo ad ogni cosa importante,
colui che dice la verità, lo sappia o no, ha iniziato ad agire;
[...] egli ha fatto un primo passo verso il cambiamento del mondo" e don
Tonino Bello ha ricordato che "se delle nostre parole dobbiamo rendere
conto agli uomini, dei nostri silenzi dovremo rendere conto a Dio".
Il libro di Capovilla, parroco dell'isola
di Murano e referente nazionale della campagna "Ponti e non muri" promossa
da Pax Christi International, e Betta Tusset, laureata in lettere e scrittrice,
è un modo per tentare di rompere il silenzio che avvolge la Palestina
e la drammatica situazione del suo popolo, di dire quelle parole che, forse,
potranno cominciare a cambiare il mondo. Raccontano la vita nei campi dove
sono raccolti 4 milioni di profughi palestinesi, dei 100.000 detenuti per
motivi politici, molti dei quali non sanno, dopo mesi, il motivo per il
quale sono stati arrestati, delle violenze sulla popolazione, su anziani,
donne, bambini da parte di militari israeliani e coloni, dei furti, delle
distruzioni, delle torture, delle grotte in cui molti sono costretti a
vivere mentre i coloni hanno abusivamente occupato le loro case, i loro
campi, le loro coltivazioni, la loro patria.
Capovilla e Tusset hanno vissuto
con loro, hanno raccolto le loro voci, il loro dolore, la loro speranza.
Di fronte ai bambini morti perché le ambulanze non riescono a superare
i checkpoint per arrivare in ospedale, alle migliaia di ulivi abbattuti
per fare posto alle strade e agli insediamenti dei coloni, di fronte alla
tortura e alla violenza, alle tante risoluzioni pronunciate dall'ONU e
sempre disattese da Israele o bloccate all'inizio dal veto USA, di fronte
a una popolazione che nasce e cresce circondata da muri, in mezzo alla
devastazione, alla disoccupazione, alla povertà, alla carenza di
strutture sanitarie e di medicinali, non si può più tacere
e le parole di Capovilla e Tusset sono forti, penetrano a fondo nella nostra
coscienza, tra le nostre idee, spesso vaghe oppure sbagliate, perché
da quel paese arrivano notizie dimezzate, quando arrivano.
Ma non si può tacere neppure
la voglia di vivere e di rimanere nel proprio paese, la voglia di suonare
di Ramzi, il suo "sogno di lancio di... note" e delle scuole di musica
che ha aperto nei campi profughi, per un progetto di "intifada culturale".
Nel libro troviamo anche suor Lucia che lavora al Baby Hospital di Betlemme
e Lucia, ebrea impegnata in un percorso di pace, che è stata abbandonata
da molto suoi amici proprio per questo impegno, portavoce di "tanti israeliani
che vogliono la pace, che sono contro l'occupazione" e il cui sforzo è
quotidianamente vanificato da militari e coloni.
Un libro importante, pieno di dolore,
di ingiustizia, di prepotenza ma anche di speranza e di impegno che potranno
svilupparsi e crescere soltanto se la voce dei protagonisti e degli autori
troverà orecchie sensibili e attente.
gabriella bona
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