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    Nicola Sacco "Racconti a vita bassa"Edizioni Quarup
      Recensione di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
        
    Nello spazio "Incubatore" della ventesima Fiera del libro di Torino, un tavolo, due sedie e tanto coraggio: Quarup era lì, con i quattro libri che conta oggi nel suo catalogo e l'entusiasmo dei quattro fondatori: Alessandro Agus, Milena De Luca, Francesca Sperandio e Marco Traverso.  
    Tra i quattro titoli anche questo "Racconti a vita bassa" in cui il barese Nicola Sacco racconta di una Puglia estiva e disperata, di prati secchi e di baracche, di pullman scassati e di persone abbandonate a se stesse, di tentativi di emergere da una vita di stenti e di amori, rancori, odi, vite vissute nella violenza e di morti assurde, di collegi e di case, di miseria, soprattutto, morale e materiale.  
    Bambini e adulti, la ricerca di un affetto, di un amore, di una fuga da una vita che costringe i bambini a crescere troppo in fretta e che, allo stesso tempo, non gli concede i mezzi per crescere veramente, di costruirsi un futuro vero. E allora la maglia firmata, gli occhiali di marca, la fuga in città dovrebbero dare qualche cosa, sono una speranza di qualche cosa che non si realizzerà.  
    Il pullman di Ninì, la casa piena di mobili e ricordi, veri e taroccati, di Gerarda, gli amorazzi di Olga, le risse di Michelino e Dàniel, le botte di suor Benedetta (o maledetta?), la fuga di Rosaria, il villaggio dal quale è impossibile allontanarsi anche se tutto finisce lì, "oltre la roulotte, oltre il punto in cui si erano accampati Carmen e suo figlio Dàniel, c'era solo terra bruciata, rottami di ferro, carcasse di automobili mezze affondate nella radura incolta, elettrodomestici assortiti. E nella terra bruciata si diceva che ci fossero le mine. Era terra bruciata. Un cartello segnaletico tutto storto, posto proprio sul limitare di questa zona, lo diceva a chiare lettere: TERRA BRUCIATA".  
    Il racconto di Sacco accompagna con attenzione e spesso tenerezza questa umanità abbandonata, frastornata, che non riesce a trovare il modo per vivere davvero e lo fa usando il loro linguaggio, con il dialetto e quella volgarità che spesso è il segnale di un disagio profondo e di una voglia di uscire, di crescere, di vivere che si intuisce ma non si riesce a raggiungere, di una rabbia verso un mondo che promette ma poi sfugge, non si lascia raggiungere, di un bisogno di certezze che non si sa dove trovare e di un amore che non si conosce.  
    Gli altri titoli di Quarup sono: "Per tutte le altre destinazioni" di Fabrizia Pinna, "Addio, bellavista" di Sam Brumbaugh e "Liberami dal nulla" di Tennessee Jones.  
           
    gabriella bona 
      
 
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