Le recensioni on line di Gabriella
 
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    Frammenti di fiera del libro
    Fabio Stassi, Marco Cassardo e Marco Biaz presentano i loro libri 
     
    Osservazioni e commenti di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
        
    Raccontare la Fiera del libro è impossibile: chi ci è stato la conosce, a chi non c’è stato è impossibile spiegarla. Tra libri, colori, suoni, lettori, autori, editori, corridoi e tanto caldo, mi sono fermata, ogni tanto, in questi giorni, a raccogliere qualche cosa di interessante.  
    E ho trovato Fabio Stassi, con il suo “È finito il nostro carnevale”, pubblicato da Minimun fax e presentato da tre giornalisti sportivi molto amati e conosciuti: Gianni Mura, Darwin Pastorin e Carlo Annese. Il libro di Stassi è la lunga storia di Rigoberto Aguyar Montiel che, dopo essersi innamorato di Consuelo, la magnifica modella che diede le sue sembianze alla Coppa Rimet, e alla quale aveva promesso di fuggire insieme, la perde. Iniziano così le peregrinazioni attraverso stati, rivoluzioni e guerre, bar e campi di calcio, alla ricerca del momento giusto per rapire la coppa, se non Consuelo, almeno la sua immagine. Rigoberto è un senza terra, come può esserlo uno che ha “una famiglia in cui si sono avvicendate almeno undici lingue diverse, cinque religioni, cinque rivoluzioni, quattro continenti, tre isole e quattordici emigrazioni”, è un rivoluzionario e un sognatore, un innamorato che, il 31 dicembre 1999, rilascia una lunga intervista a una giornalista che lo ha raggiunto tra i ghiacci dell’Antartide dove, il giorno successivo, andrà a portare la Coppa sulla palina che segna la fine del mondo. Tra rimandi letterari, musicali, storici, politici, calcistici la narrazione di Stassi scorre con eleganza, commuovendo e coinvolgendo. Fabio Stassi fa il bibliotecario alla Sapienza di Roma e ogni giorno passa quattro ore in treno. È lì che scrive, smontando l’idea abbastanza radicata che si possa scrivere soltanto nel silenzio e nella tranquillità: le persone attorno a noi possono offrire mille spunti e creare una sorta di protezione attorno allo scrittore.  
    Allo stand della Cairo Edizioni (il cui presidente lo è anche del Toro), presente per la prima volta in fiera, c’è Marco Cassardo, scrittore particolarmente caro ai tifosi granata per il suo “Belli e dannati”, uscito diversi anni fa ma subito balzato in vetta alla classifica dei libri più amati da dove non si è mai mosso. Ha pubblicato, con Cairo, “Va a finire che nevica”, un romanzo ambientato a Torino. La storia di Dario, un giovane e brillante avvocato, sicuro e ambizioso e del fratello Ercole, sempre alla ricerca di se stesso e di un ruolo. Attorno a loro ruotano donne e uomini, amori e invidie, dolori e storie lontane, il tutto in una Torino avvolta nel buio, nella nebbia, nella luce dei lampioni e nel profumo delle brioche appena sfornate alla domenica mattina. Le urla che invadono la strada, il rumore delle saracinesche abbassate rumorosamente, le lunghe ore d’attesa, i distacchi e gli incontri, i personaggi e il loro carattere, tutto è raccontato con uno stile lucido, preciso, talvolta crudele. Rimane, alla fine del libro un dubbio: ma Torino è vista come la città da cui si può partire per inseguire obiettivi più alti, quella dove tornare alla fine di una vita disastrata, quella in cui passare per rigenerarsi, per trovare qualche cosa di diverso?  
    Giraldi editore ha pubblicato “Trecentomila” di Marco Biaz: Ivrea, la nostra cittadina, continua a ispirare e storici e narratori rendono sempre più nutrito il numero dei libri che ne parlano. Quello di Biaz – lui come autore si chiama così ma Biazzetti, in una città piccola e in cui tutti, in un modo o nell’altro ci conosciamo, sappiamo che è lui – è un romanzo, o forse qualcuno preferirà chiamarlo un incubo a forma di libro, scritto da un autore che alla scrittura, alla ricerca del termine adatto, allo stile adatto alla narrazione, alla giusta tensione che permette di apprezzarlo dalla prima all’ultima pagina, ha dedicato molto tempo, pazienza e attenzione. Il risultato è la storia di Niccolò Pazzini, detto Nico Pazzia, e di un gruppo di persone strane e irregolari che vivono in una palazzina in un’Ivrea assediata da trecentomila topi, sempre più arroganti e invadenti, in una città che dopo il crollo olivettiano ha visto scappare quasi tutta la popolazione, lasciando soltanto gli “scarti”o, se preferite, i “resistenti”.Tra topi, bottiglie molotov, catene di sant’Antonio, anziane pensionate pettegole, armi consegnate all’indirizzo sbagliato, Fred Buscaglione, i Pifferi e la canzone del carnevale, fioriscono le supposizioni sull’arrivo dei topi e sulle possibili manovre per debellarli. La vicenda si srotola tra un’Ivrea del passato e un futuro che ci auguriamo rimanga soltanto nelle fantasie di Biaz. 
           
    gabriella bona 
      
 
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