Annachiara Valle "Teresilla
- la suora degli anni di piombo" Edizioni Paoline
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Recensione
di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
È rimasto poco della silenziosa
e riservata bambina calabrese quando Chiara Barillà diventa suor
Teresilla ed entra a far parte delle Serve di Maria Riparatrici. Fino alla
sua morte, avvenuta a 62 anni per un incidente stradale, rimane nell'ombra,
lontana da ogni protagonismo, ma ha imparato a parlare, con tutti, senza
distinzioni, con una foga travolgente, per portare avanti i suoi progetti
che hanno sempre visto gli "ultimi" ai primi posti nella lista dei suoi
impegni. Malati, poveri, detenuti, persone che soffrono fisicamente, psicologicamente
e moralmente.
La "testarda suora calabrese", come
la definisce affettuosamente l'autrice del libro, la "rompiscatole, nel
senso evangelico del termine", come la descrive don Roberto incontrato
a Rebibbia, si è diplomata infermiera ed è entrata a lavorare
al san Giovanni a Roma. In carcere va come volontaria e sono gli anni dei
detenuti politici, di destra e di sinistra. Si dedica a loro ma senza dimenticare
i detenuti comuni, di coloro che sono malati, che hanno bisogno di tutto,
che sono stati abbandonati dalle famiglie. Il suo lavoro è come
una ragnatela che ogni giorno tesse per far avvicinare le persone, i detenuti
e le loro vittime, cercando presso i politici un'attenzione per la vita
dei carcerati, lavorando per l'indulto, l'amnistia, la possibilità
di lavoro esterno. Non dimentica chi lavora in carcere e le loro famiglie,
i parenti dei detenuti e quelli di chi è stato colpito o ucciso
negli anni di piombo.
Fedele alle parole del Vangelo:
"Non giudicare" e "Ero in carcere e mi avete visitato", riesce con la dolcezza
e la determinazione a entrare nel cuore di carcerati e presidenti della
Repubblica, raggiunge e coinvolge politici (soprattutto democristiani,
dai quali pretende una visione evangelica della carica che ricoprono).
Insofferente alle regole che non condivide, "una ribelle come noi" come
la sente l'ex brigatista Valerio Morucci, tenta con infaticabile energia
di mettere in pratica quello che ritiene giusto, sapendo condividere la
sofferenza degli altri fino in fondo. "Lei non si dimenticava ma neanche
ti compativa - ricorda un altro ex brigatista, Stefano Petrelli -. Questa
è una caratteristica molto positiva [...] soprattutto in una struttura
come il carcere, dove invece il compatire chi soffre - quando tu puoi uscire
da lì - è molto facile ed è l'atteggiamento più
diffuso". Teresilla, invece, ha dedicato ogni ora della sua vita alle persone
che soffrono, senza mai risparmiarsi, dando un esempio di dedizione, di
coraggio, di energia e di entusiasmo che troviamo nelle testimonianze di
chi l'ha conosciuta e ha apprezzato il suo lavoro: famigliari, consorelle,
colleghi, detenuti, magistrati, direttori e personale delle carceri, parenti
delle vittime del terrorismo, politici e sacerdoti.
La scrittura attenta e affettuosa
di Annachiara Valle, giornalista di Jesus e di Famiglia Cristiana, porta
alla luce la storia di Teresilla, la suora che non ha mai amato apparire
e farsi pubblicità, ma la cui storia merita di essere conosciuta,
come esempio di dedizione e di coerenza, in un mondo che spesso è
soltanto capace di esibire, di parlare ma che, al momento di agire si ritira,
si dimentica, soprattutto di chi soffre e ha bisogno di aiuto.
gabriella bona
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