Michela Serra "Tutti i santi
giorni" Feltrinelli editore
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Recensione
di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
Lunedì: non basta il fastidio
di dover tornare a lavorare. Mentre ci alziamo, usciamo di casa e ci avviamo
verso l'edicola, il fastidio aumenta: lui non ci sarà, alla domenica
si riposa e non scrive, dobbiamo aspettare domani. È come essere
abbandonati dall'amica o dal collega con cui siamo soliti fare quattro
chiacchiere: "Ci vediamo martedì, lunedì sono in ferie".
Il lunedì è ancora più brutto, senza quell'angolo
del quotidiano "Repubblica", nella pagina delle lettere, che si chiama
"L'amaca" e che è occupato dalla satira e dalla gentile saggezza
di Michele Serra. Chi lo legge da anni non può non ritenerlo un
amico. Se ci pensa, gli sembra impossibile non averlo mai incontrato, non
avergli mai parlato, ma averlo soltanto letto. Sarà per quella scrittura
semplice e piena di buon senso, così lontana da tanta vuota prosopopea
che riempie i nostri giornali, o forse dal fatto che corriamo a leggerlo
cercando la conferma o la smentita dei nostri ragionamenti sui fatti di
attualità, ma Serra è imprescindibile e da domenica a martedì
il tempo è molto lungo.
"Tutti i santi giorni" può
essere un aiuto: si legge tutto d'un fiato ma poi si può rileggere,
un pezzo ogni lunedì per rispolverare la memoria di quello che è
successo negli ultimi dieci anni e scoprire che i suoi ragionamenti continuano
a essere assolutamente attuali. Purtroppo, perché colpiscono personaggi,
atteggiamenti, mode, spettacoli che rendono brutto il mondo e difficile
la vita di ogni giorno. Dalla TV spazzatura all'obbligo del consumo frenetico,
dall'imbarbarimento della lingua alla maleducazione dilagante, dalla logica
dell'emergenza a tutti i costi (fa caldo d'estate e freddo in inverno:
pensa un po'!) alle boutade politiche (vi ricordate la proposta bossiana
di annessione della Svizzera alla Padania?), dall'esagerata paura di ogni
cosa che possa attentare alla nostra salute o sicurezza allo schiamazzo
sempre più diffuso, Serra riesce ad affrontare il presente con ironia,
con humor, con la capacità di smontare, in poche righe, montagne
di ipocrisia e di parole vuote e prive di senso. E di ricordarci tante
promesse mai mantenute ma che, nel frattempo, ci siamo anche dimenticati.
Rileggendo il corsivo del 5 luglio 2000: "Pare che entro il 2002, per questioni
di hi-tech fiscale, saremo liberati dallo scontrino", ci rendiamo conto
che siamo nel 2007, che continuiamo a essere sommersi da tagliandini che
comprovano i nostri acquisti e che non ci ricordavamo neanche che qualcuno
avesse detto che cinque anni fa ce ne saremmo liberati.
gabriella bona
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