Presentazione: La nave bajoriana Aenora
ritorna dal quadrante gamma, subito dopo la riconquista della
stazione Deep Space 9 da parte della Federazione. Lo scafo
è danneggiato e il capitano racconta di essere sfuggito a
un attacco dei pirati. Sisko invia Bashir ad analizzare il sangue
dell'equipaggio e il test rivela che non ci sono Cambianti a
bordo. Al rientro sulla stazione, il dottore scopre che un
campione di sangue che ha portato con sé è
infettato da un virus sconosciuto e ordina la quarantena,
scatenando la reazione di Kai Winn. Sisko negozia, ma gli eventi
prendono presto una direzione imprevista...
1. Fuori dal tunnel
Sisko si accomodò sulla poltrona di
comando, guardandosi intorno con aria soddisfatta. La Federazione
aveva appena riconquistato Deep Space Nine, o Terok Nor come
amavano chiamarla i cardassiani, e il capitano assaporava la
gioia del rientro.
Kira lo riportò di colpo alla routine. "Rilevo una
crescente attività nei pressi del tunnel spaziale. Ne sta
uscendo una nave." L'ufficiale esaminò le letture dei
sensori e completò il rapporto. "È una delle
nostre. Una nave bajoriana" precisò. "Lo scafo è
danneggiato."
"La contatti" le ordinò Sisko.
"Salve, capitano" salutò una voce, mentre l'immagine del
suo proprietario appariva sullo schermo. "Sono Medev Vigo,
comandante della nave mercantile bajoriana Aenora. A cosa devo la
sua chiamata?"
"Dobbiamo eseguire alcuni controlli" lo informò Sisko. "Le
nuove procedure di sicurezza della Federazione prescrivono
l'analisi del sangue dei viaggiatori diretti a Bajor, o sulla
stazione, per verificare che non ci siano Cambianti
infiltrati."
"Capisco, ma abbiamo fatto un lungo viaggio e vorremmo tornare
subito a casa" obiettò l'altro.
"Non ci vorrà molto" lo rassicurò Sisko, rivolgendo
a Kira uno sguardo interrogativo.
"L'identità della nave è confermata" rispose il
maggiore. "Tuttavia, in base ai dati del centro di controllo
bajoriano, l'Aenora risulta dispersa nel quadrante gamma da circa
sei giorni."
Sisko tornò a guardare il monitor e riprese la
conversazione lasciata in sospeso. "Capitano Medev, su Bajor non
hanno vostre notizie da quasi una settimana. Può dirci
cosa è successo?"
"Stavamo tornando da Stakoron II, dove abbiamo acquistato un
carico di mizinite, quando siamo stati attaccati dai pirati"
rispose l'uomo. "Siamo sfuggiti ai nostri assalitori,
nascondendoci dietro una luna, ma i loro colpi avevano aperto
varie falle nel portello della stiva che rischiavano di farci
disseminare il carico nel vuoto. Siamo scesi sulla superficie per
riparare i danni e ci siamo rimessi in viaggio appena
possibile."
"Non poteva inviare una richiesta di soccorso?" domandò
Sisko, in tono dubitativo.
"Nossignore" replicò con fermezza l'altro. "Non volevamo
che chi ci aveva attaccato intercettasse il segnale e tornasse
indietro a finire ciò che aveva cominciato."
"Avete subito perdite" dedusse Sisko.
"Purtroppo, sì" confermò, mesto, Medev. "Due dei
miei uomini sono morti nell'attacco e un terzo non ce l'ha fatta
durante la sosta."
"Sono addolorato" si rammaricò Sisko. "Se ci fornisce i
nomi, informeremo le famiglie."
"Se non le dispiace, vorrei farlo di persona" replicò
l'altro. "Sono i miei uomini e come loro capitano ne sono
responsabile."
"Come desidera" concesse Sisko. "Aspetteremo l'esito delle
analisi, prima di autorizzarvi a procedere. Se lo ritiene
necessario, il nostro medico potrà esaminare lo stato di
salute dell'equipaggio, mentre il nostro capo operazioni è
disponibile per qualsiasi riparazione."
"Abbiamo subito un duro colpo, ma la nave è in grado di
arrivare a Bajor. Ci lasci andare, capitano!" protestò a
sorpresa l'altro.
"Come le ho detto, è la procedura standard" tagliò
corto Sisko. "Si prepari a ricevere la visita del dottor
Bashir."
Medev assunse un'espressione contrariata e avrebbe di sicuro
obiettato ancora se Sisko non avesse portato la mano di taglio al
collo, facendo segno ai suoi di chiudere il collegamento. Le
parole dell'uomo non lo avevano persuaso e voleva verificare la
sua storia. "Conestabile" disse, chiamando Odo nel suo ufficio.
"Controlli gli archivi navali bajoriani e mi informi sulle
attività dell'Aenora e dei membri dell'equipaggio."
Subito dopo, il capitano contattò il capo operazioni.
"Signor O'Brien, esamini i danni allo scafo e risalga agli autori
dell'attacco."
2. Quarantena
Al suo arrivo sull'Aenora, Bashir fu accolto da
un riluttante capitano Medev che si lamentò del
trattamento a cui stavano per essere sottoposti, sostenendo che
la Federazione violava i loro diritti di cittadini bajoriani e
che avrebbe inoltrato una protesta alle autorità del suo
pianeta.
Bashir accennò un sorriso di comprensione, ma si
mostrò irremovibile e Medev lo accompagnò di
malavoglia nella piccola infermeria della nave dove l'equipaggio,
formato da quarantasette bajoriani, li raggiunse alla
spicciolata.
Durante i prelievi, il dottore si accorse che gli uomini erano
stanchi e irritabili, a differenza del capitano che appariva in
perfetta salute. Bashir sapeva che la nave aveva subito un
assalto e che la sopravvivenza sulla luna su cui essa aveva
trovato riparo era stata difficile. Tuttavia, si sentiva in
dovere di indagare, nell'interesse dell'equipaggio e della
stazione, e chiese a Medev il permesso di esaminare gli uomini
con il tricorder medico. Il capitano si oppose, impedendogli di
eseguire esami non previsti dalle direttive della Federazione.
Bashir incassò il rifiuto e riprese il suo lavoro.
Mentre esaminava l'ultimo gruppo di bajoriani, il dottore
sentì uno di loro lamentarsi per il dolore e gli si
avvicinò per soccorrerlo. Medev lo precedette, estraendo
un ipospray da un cassetto e iniettandone il contenuto all'uomo
che sembrò subito sollevato. Di fronte alla richiesta di
spiegazioni da parte del medico, il capitano minimizzò
l'accaduto, sostenendo che l'uomo aveva l'influenza di Lonar e
che gli aveva somministrato il Simmetrex. Disse che su Bajor
imperversava la stagione fredda al momento della loro partenza,
avvenuta circa due settimane prima, ed era perciò naturale
che qualcuno tra i suoi uomini stesse incubando la malattia. Se
anche altri si fossero ammalati, avrebbero dato loro la medicina
e sarebbero stati presto meglio.
A Bashir gli uomini sembravano già sofferenti, ma dovette
accontentarsi della spiegazione. L'influenza di Lonar era
soltanto un malanno stagionale che prendeva il nome dalla
provincia bajoriana in cui era comparso per la prima volta e si
curava proprio con Symmetrex e riposo.
Prima di lasciare la nave, il medico fece un ultimo tentativo,
chiedendo di portare con sé alcuni dei campioni raccolti
per eseguire esami più approfonditi con gli strumenti di
cui disponeva sulla stazione. Neppure questa volta Medev
acconsentì, pretendendo anzi che le provette fossero
distrutte. Bashir lo fece, nascondendogli che, durante il
prelievo effettuato sull'uomo dolorante, aveva alterato il
livello di aria compressa della siringa su cui si inserivano le
fiale, in modo da raccogliere una piccola quantità di
sangue al suo interno.
Quando Odo ebbe finito di spulciare gli archivi,
chiamò Sisko per informarlo delle sue scoperte. "Capitano,
dai registri del centro di controllo bajoriano risulta che
l'Aenora era in effetti diretta a Stakoron II per acquistare
mizinite. Sembra anche che il signor Medev abbia avuto qualche
screzio con il sindacato di Orione, in passato. Potrebbero essere
stati loro ad attaccarlo."
Sisko lo ringraziò e chiuse in fretta la conversazione per
sentire il parere del suo capo operazioni. "Signor O'Brien, Odo
ritiene che l'Aenora sia stata assalita dai pirati di
Orione."
"Le tracce sono quasi del tutto decadute" replicò il capo.
"Tuttavia, escludo che sia stato uno qualsiasi dei pirati che
conosciamo. Gli orioniani hanno un tipo di phaser che lascia una
traccia radioattiva visibile all'analisi spettrale, mentre i
nausicani usano cannoni al plasma. Al contrario, i segni sullo
scafo suggeriscono l'uso di un raggio polaronico. È
l'unica arma capace di penetrare gli scudi e provocare danni
simili a quelli riportati dall'Aenora." O'Brien fece una pausa,
come per riprendere fiato. "Come sa, capitano, le navi d'attacco
Jem'Hadar sono equipaggiate con cannoni ed emettitori di raggi a
polaroni."
Sisko assimilò la notizia e, in attesa del rapporto
medico, decise di chiedere spiegazioni a Medev.
"A quanto pare siete stati assaliti da una nave del Dominio" lo
apostrofò senza preamboli. "Ammetto di non esserne
sorpreso. Lei trasporta mizinite e il Dominio usa il minerale per
costruire le proprie navi."
"Se lo dice lei!" reagì Medev con sufficienza. "Io le
ripeto che erano pirati. Come le direbbe qualsiasi Ferengi che si
rispetti, il quadrante gamma offre enormi opportunità di
profitto a chi è disposto a farsi pochi scrupoli."
"Il nostro capo operazioni non è d'accordo con lei"
obiettò Sisko. "Devo chiederle di inviarci un rapporto
dettagliato sull'attacco."
"Preferirei discuterne con il mio governo, non appena ci
lascerete tornare su Bajor" puntualizzò l'uomo.
Sisko assunse un tono perentorio. "Le ricordo che la Federazione
è al comando della stazione e controlla i transiti
attraverso il tunnel spaziale. La esorto quindi a rivelarci
qualsiasi informazione riguardante il Dominio di cui è a
conoscenza."
Medev non sembrava né intimidito né disposto a
cedere e Sisko chiese a Kira di contattare le autorità
bajoriane nel tentativo di dirimere la questione.
"Contatto stabilito" lo avvertì il maggiore.
"Kai Winn." Sisko salutò con deferenza la donna apparsa
sul monitor che invece andò subito al sodo.
"Emissario, mi dicono che sta trattenendo una nostra nave."
"Trattenere è un termine improprio" replicò Sisko,
senza neppure tentare di nascondere la sua antipatia per la
donna. "Stiamo eseguendo i controlli di routine e sembra che la
vostra nave abbia subito un attacco dal Dominio."
"Rilasci l'Aenora, emissario!" gli intimò la Kai.
"Condurremo un'accurata indagine e vi informeremo dei risultati a
tempo debito."
- La trattativa si preannuncia complessa - pensò
Sisko, predisponendosi a un lungo negoziato con colei che gli
piacesse o no era non solo il leader religioso bajoriano ma anche
una persona in grado di esercitare una profonda influenza
politica sul governo del pianeta.
Mentre meditava sul da farsi, il capitano ricevette un messaggio
con priorità uno dall'infermeria. Il dottore aveva
analizzato il campione di sangue trafugato e vi aveva trovato un
virus. Aveva eseguito i controlli genetici per verificare che
fosse quello di Lonar o una sua variante, come suggerito da
Medev, ma le sequenze non si appaiavano. Bashir raccomandava di
mettere la nave in quarantena fino a quando non avesse scoperto
la natura e la virulenza dell'agente infettivo.
Letto in fretta il messaggio, Sisko si premurò di
informare la Kai. "Kai Winn, ricevo ora il rapporto della nostra
sezione medica che consiglia di mettere l'Aenora in quarantena
per sospetta epidemia."
Un lampo di irritazione brillò negli occhi della donna,
nell'apprendere la notizia.
"Come vede, non si tratta più di una questione politica ma
sanitaria" continuò imperterrito Sisko, quasi contento
della piega presa dagli eventi che gli dava l'opportunità
di mettere a tacere la sua avversaria in quella disputa.
"Possiamo mandare una nostra nave medica" ribatté piccata
la donna.
"Lo sconsiglio" rispose il capitano. "Se davvero c'è
un'epidemia in atto è meglio confinare l'Aenora dove si
trova. Invieremo il Rotarran sul posto."
"Uno sparviero klingon contro una delle nostre navi, emissario?"
s'inalberò la Kai.
"Non contro la vostra nave ma in sua difesa, nel caso in cui
qualche vascello cardassiano le si avvicini troppo e soltanto per
il tempo necessario a chiarire la natura dell'emergenza medica"
spiegò con pazienza Sisko.
"Molto bene, emissario, aspetteremo vostre notizie, prima di
agire" disse Kai Winn che non aveva nessuna intenzione di
lasciare al capitano l'ultima parola. "Tuttavia, visto che avete
già violato i diritti dei nostri cittadini, eseguendo un
test a loro insaputa, devo chiederle di astenersi dall'effettuare
qualsiasi altro controllo se non in presenza delle nostre
autorità sanitarie."
Detto ciò, chiuse il collegamento senza dare modo a Sisko
di controbattere.
Raggiunto in qualche modo un accordo con il
leader bajoriano, il capitano convocò i suoi ufficiali per
analizzare la situazione.
"Che ne pensa, conestabile?" chiese a Odo.
"Il capitano dell'Aenora non è uno stinco di santo"
sentenziò il capo della sicurezza. "Sospetto che abbia
sottratto il carico da un deposito del Dominio e che i Fondatori
abbiano mandato una loro nave a riprenderlo appena si sono
accorti del furto."
"Questo spiegherebbe la fretta di tornare su Bajor" concesse
Sisko. "Tuttavia, se così fosse, non ci riguarda. Spetta
alle autorità locali esaminare i documenti di trasporto e
stabilire la provenienza delle merci. Lei, invece, dottore, ha
scoperto qualcosa di nuovo?"
"Il DNA di alcune cellule del campione esaminato è
frammentato. Significa che esse sono state distrutte dal virus e
che l'infezione sta facendo il suo corso" rispose il medico.
"Sono convinto che tutti i membri dell'equipaggio soffrano della
stessa malattia, ma non ho modo di provarlo. Se potessi visitarli
con il tricorder..."
"Kai Winn lo ha proibito. Non c'è un altro modo?" lo
interruppe Sisko.
"Forse potrei arrivare alla diagnosi, analizzando il farmaco"
ipotizzò Bashir. "Il capitano Medev sostiene di avere
somministrato il Symmetrex al suo uomo, ma lo ritengo
improbabile. Il virus non è quello di Lonar e anche la
medicina deve essere un'altra, ma non saprei come procurarmela
senza la collaborazione dei nostri amici bajoriani."
"Niente di più facile!" esclamò Jadzia, facendogli
l'occhiolino.
"Hai un piano, Dax?" La domanda del capitano era retorica
perché aveva già intuito ciò che il suo
ufficiale scientifico stava per proporgli.
Jadzia annuì.
"Maggiore, dove si trova il Rotarran?" domandò Sisko.
"È sulle coordinate" rispose Kira.
"Molto bene, chiami il generale Martok."
3. Bekk Alexander Rozhenko
I nonni erano rimasti senza parole, quando aveva
detto loro che sarebbe diventato un soldato dell'Impero. Avevano
cercato di dissuaderlo con ogni mezzo, dicendogli che era in
corso una guerra terribile e che avrebbero temuto per la sua vita
ogni giorno. Pensavano che non avesse niente in comune con i
klingon e che stesse commettendo un errore.
Alexander ammetteva di non avere familiarità con la sua
cultura natia. Sua madre non aveva fatto in tempo a
trasmettergliela e gli insegnamenti di suo padre, a bordo
dell'Enterprise, erano stati tardivi e poco accetti. Tuttavia,
per quanto fosse grato ai nonni per averlo accolto nella loro
casa, sentiva che neppure la Terra era il suo posto. Durante i
cinque anni trascorsi assieme a loro aveva imparato ad apprezzare
la gentilezza e l'ironia degli umani, doti non molto comuni tra i
klingon, ma avvicinandosi all'età adulta si era accorto di
provare una sensazione di vuoto e aveva capito che gli mancava
suo padre.
Era convinto che Worf avesse perso ogni interesse nei suoi
confronti, fino ad abbandonarlo, nel momento stesso in cui gli
aveva rivelato di non volere servire l'Impero, ma ora Alexander
era deciso a riavere la sua attenzione e se essere un guerriero
era l'unico modo per riuscirci, lui lo sarebbe diventato.
Aveva lasciato la Terra e gli agi a cui si era abituato per
salire a bordo dell'incrociatore da battaglia Vor'nak, sotto il
comando del generale Tanas, dove aveva osservato i suoi compagni,
cercando di rispolverare gli insegnamenti sul combattimento
ricevuti da piccolo. Si esercitava con la bat'leth, facendola
scivolare lungo le braccia e provando a sentirla una parte di
sé. Voleva essere pronto e, quando aveva saputo di essere
stato trasferito al Rotarran, aveva provato un misto di orgoglio
e timore. Suo padre serviva come primo ufficiale a bordo dello
sparviero comandato dal generale Martok e Alexander era ansioso
di dimostrargli quanto era cambiato. Allo stesso tempo, temeva il
loro incontro, pensando che non sarebbe mai stato il figlio che
suo padre desiderava e perciò era salito a bordo della
nave con il suo solo nome.
Era l'unico klingon a non avere un casato, ma non era riuscito a
nascondersi a lungo. Presto, tutti avevano saputo che era il
figlio di Worf, l'ufficiale della Federazione, l'orgoglioso
membro di un'onorevole razza guerriera e da allora la sua vita si
era complicata.
Per Alexander non era facile farsi rispettare dagli altri
klingon. La sua imperizia nelle attività più comuni
lo aveva reso uno sciocco agli occhi degli altri membri
dell'equipaggio che non perdevano occasione per punzecchiarlo. Le
continue intromissioni di suo padre che sembrava incapace di
controllare le sue emozioni, quando si trattava di lui, avevano
fatto il resto. Sembrava impossibile, ma ogni accenno di
conversazione tra loro si trasformava in un diverbio tanto che
Martok lo aveva invitato a trasferirsi su una nave mercantile per
non interferire con i compiti di suo padre. La richiesta aveva
amareggiato Alexander al punto che non si sarebbe mai aspettato
che il generale lo convocasse in sala tattica per affidargli un
incarico. Avrebbe dovuto recarsi sulla nave bajoriana che stavano
presidiando assieme all'ufficiale scientifico della stazione, il
comandante Jadzia Dax, per sottrarre alcune fiale di un
medicinale che serviva al dottor Bashir.
Jadzia era già arrivata sul Rotarran e il capitano Sisko
aveva chiesto a Martok di affiancarle uno dei suoi uomini per
coprirle le spalle durante la missione.
Il generale aveva più di un motivo per scegliere
Alexander. Pensava che se i due fossero stati scoperti, i
bajoriani avrebbero visto in loro soltanto una donna e un ragazzo
per un quarto umano, invece di un ufficiale armato della
Federazione scortato da un minaccioso guerriero klingon, e la
loro reazione sarebbe stata più blanda. Inoltre, voleva
che Alexander trascorresse un po' di tempo con la nuova compagna
di suo padre, ma, più di tutto, avendo accolto il ragazzo
nel suo casato, voleva offrirgli l'opportunità di compiere
un'impresa onorevole e conquistare il rispetto
dell'equipaggio.
Alexander aveva conosciuto Jadzia, la par'Mach'kai di suo
padre e aveva saputo che progettavano di sposarsi su Q'onoS. Sul
Rotarran lo sapevano tutti e si stavano preparando a quel
matrimonio da tempo, ma come sempre suo padre non aveva ritenuto
di doverlo coinvolgere nella sua vita, dicendoglielo di
persona.
Jadzia gli era piaciuta fin da subito. Non era certo il tipo di
donna che si sarebbe aspettato che suo padre potesse sposare.
Pensava che avrebbe scelto piuttosto una klingon di nobile
casato, una che conosceva le antiche tradizioni e le seguiva alla
lettera, in modo da essere la fiera compagna di un tale
guerriero. Jadzia, invece, era allegra e divertente e quando
scherzava o sorrideva gli ricordava sua madre. Alexander l'aveva
persa da piccolo, ma ne portava ancora dentro il profumo e il
calore.
Dax e Alexander erano l'uno a fianco all'altra
sulla pedana del teletrasporto, pronti a partire. Tavana,
l'ingegnere di bordo, alla consolle, avrebbe occultato le loro
tracce.
Mentre si preparava a lasciare il Rotarran, Alexander
ricordò di avere già fatto qualcosa di simile da
piccolo, quando aveva sottratto gli ipospray dall'infermeria
durante la detenzione dell'Enterprise del capitano Picard da
parte dell'ambizioso Lurin e della sua poco credibile squadra di
assalto Ferengi. Allora, si era trattato di un gioco, mentre
questa era la sua prima missione da soldato dell'Impero. Si
sentì riempire il petto di orgoglio.
4. Trojan horse
Bashir si trovava di fronte a un quadro
complesso. Continuava ad ampliare e confrontare le sequenze di
DNA, non riuscendo a venire a capo di nulla, finché si
accorse che ce n'erano di più tipi e... comprese.
"Capitano!" chiamò, con un accenno di ansia nella voce.
"Mi raggiunga in infermeria, è urgente!"
Sisko si precipitò da lui e Julian cominciò a
esporre i risultati delle sue ricerche, aiutandosi con le
immagini proiettate sul computer medico. "Le avevo detto che il
campione sottratto sull'Aenora conteneva alcune cellule
degenerate e all'inizio pensavo che fosse a causa dell'infezione.
È questo, infatti, il modo in cui i virus attaccano
l'organismo."
Bashir indicò al capitano la prima immagine, una catena
virale. "Poi, però, mi sono accorto che il virus isolato
è in realtà un vettore, servito a trasferire il DNA
bajoriano nelle cellule dei membri dell'equipaggio dell'Aenora in
modo da alterarne l'aspetto. Quando si usa questa tecnica,
soltanto le cellule infettate si modificano e il risultato
è una chimera, cioè un organismo con tessuti di
composizione genetica diversa."
Il dottore mostrò a Sisko una nuova immagine che
raffigurava un gruppo di cellule. Ne ingrandì alcune e
continuò a spiegare. "Analizzando le cellule con il DNA
frammentato mi sono reso conto che non erano danneggiate dal
virus, bensì quelle originali."
Vedendo che Sisko lo ascoltava in silenzio, Bashir deglutì
e tirò le fila del discorso. "Sono Jem'Hadar, signore. Il
collasso genetico e i sintomi presentati dagli uomini di Medev
sono i segni dell'astinenza da ketracel bianco. Hanno dovuto
sospenderlo perché la trasformazione avesse successo."
Il dottore sembrava davvero dispiaciuto e si scusò con il
capitano. "Avrei dovuto terminare le analisi, prima di pensare al
farmaco. Sono stato precipitoso e ho messo Dax e Alexander in
pericolo."
"Non si rammarichi, Julian" lo consolò Sisko. "L'idea
è stata di Jadzia e io stesso ho autorizzato la missione.
Ora, però, dobbiamo avvertire il generale Martok di
portare via i nostri da lì."
Nascosti in un condotto di manutenzione sopra
l'infermeria della nave bajoriana, Jadzia e Alexander stavano
assistendo a una pomposa cerimonia, la stessa che Dax aveva
già visto, quando Weyoun aveva consegnato il bianco al suo
primo Omet'iklan.
La trill sembrava avere assorbito il colpo. Alexander invece non
aveva mai visto un Jem'Hadar da vicino prima di allora e
continuava a fissare la scena, chiedendosi quale sarebbe stata la
loro prossima mossa per cavarsi d'impaccio.
Mentre distribuiva le dosi, Medev era irritato. La sosta
imprevista lo aveva costretto a ridare la droga ai suoi,
facendone saltare la copertura. La stazione avrebbe presto
scoperto l'inganno e l'uomo pensò perciò che uno
sparviero klingon gli sarebbe stato più utile alla
battaglia di un cargo bajoriano e ordinò ai Jem'Hadar di
assalire il Rotarran, contando sull'elemento sorpresa per la
buona riuscita dell'azione.
Gli uomini abbandonarono in massa l'Aenora, lasciando sulla nave
uno sparuto drappello composto soltanto da due soldati, in difesa
del capitano.
Vedendo Medev tornare sul ponte per osservare l'attacco, Jadzia e
Alexander si scambiarono un cenno di intesa e cominciarono a
strisciare più in fretta che poterono lungo il cunicolo,
nel tentativo di precederlo. Arrivati sopra la plancia,
smontarono un pannello e si calarono giù, nascondendosi
dietro al timone. Tenevano d'occhio la porta di accesso al ponte
con i phaser puntati in quella direzione. Appena essa si
aprì e Medev entrò, seguito a breve distanza dalle
sue guardie del corpo, fecero fuoco.
"Rilevo segnali di teletraporto dall'Aenora.
Qualcuno sta salendo a bordo!" gridò Worf, attivando
l'allarme intruso.
I Jem'Hadar cominciarono a materializzarsi in plancia e in altri
punti strategici della nave. Worf abbandonò la sua
postazione e prese ad affrontarli a mani nude. Per ogni nemico
che lasciava a terra, lanciava un urlo di vittoria in segno di
rivincita per i tanti combattimenti a cui i Jem'Hadar lo avevano
costretto durante la prigionia nel campo di internamento 371.
Leskit non gli era da meno e così gli altri uomini del
Rotarran. Tavana e Ortikan rispondevano all'attacco a colpi di
phaser, mentre Koth menava grandi fendenti con la sua
bat'leth.
I klingon difendevano il loro onore, scagliandosi con impeto
contro gli avversari, nonostante l'inferiorità numerica. I
Jem'Hadar li avevano battuti così tante volte che il
superstizioso Kornan era convinto che sul Rotarran pesasse una
maledizione, ma quel giorno i coraggiosi guerrieri erano decisi a
cambiare le loro sorti.
Presto, i nemici furono sconfitti e i klingon circondarono
Martok, reclamando a gran voce che la vittoria fosse iscritta nel
diario di battaglia della nave.
Pur tra il clamore dei suoi uomini, il generale colse lo sguardo
preoccupato di Worf: Jadzia e Alexander, tutta la sua famiglia,
erano ancora a bordo dell'Aenora.
Martok ordinò a Tavana di eseguire una scansione della
nave per trovare i loro segni vitali, agganciarli e riportare i
due sani e salvi sul Rotarran. L'ingegnere non poté
obbedire perché, in quel preciso istante, l'Aenora si mise
in movimento e si allontanò, diretta alla stazione.
I klingon la inseguirono.
"Capitano" disse Kira. "Ricevo una chiamata
dall'Aenora."
"Sullo schermo" ordinò Sisko.
"Salve, Ben!" salutò una sorridente Jadzia. "Chiedo il
permesso di attraccare."
Alle sue spalle, Alexander teneva a portata di phaser il Vorta
che si era presentato come Medev. Il ragazzo gongolava. Non
vedeva l'ora di tornare sul Rotarran e raccontare ai suoi
compagni come lui e Jadzia avevano conquistato l'Aenora,
sbarazzandosi dei Jem'Hadar. Già pregustava il modo in cui
la storia si sarebbe ingigantita, passando di bocca in bocca,
finché entrambi sarebbero stati acclamati come eroi e le
loro gesta tramandate a intere generazioni di klingon.
Sisko sorrise a sua volta. "Permesso accordato, vecchio mio."
Una volta sulla stazione, il Vorta, il cui vero nome era Lutan,
fu confinato dietro un campo di forza e Odo lo raggiunse per
interrogarlo.
"Fondatore" lo accolse l'uomo, vedendolo arrivare. "Ci onorate
con la vostra presenza."
"Mi spiega lo scopo della vostra mascherata?" lo affrontò
il conestabile.
"Farei di tutto per compiacerla" rispose Lutan. "La guarnigione
di cui ero al comando è stata allevata per questa
missione, mentre nel mio caso è bastata una chirurgia
facciale. Abbiamo attaccato l'Aenora nei pressi dell'anomalia e
ci siamo sostituiti all'equipaggio. Ho cercato di alterare le
tracce di energia residua sullo scafo in modo che sembrassero il
risultato di un attacco casuale, ma ho dovuto agire in fretta
perché la copertura genica dei Jem'Hadar durava soltanto
pochi giorni. Gli uomini erano già in astinenza quando
siamo arrivati nel vostro quadrante, ma la loro condizione poteva
essere scambiata per influenza. Purtroppo, ho dovuto ridare loro
il ketracel, a causa dell'attesa a cui ci avete costretto,
altrimenti avrebbero cominciato a uccidersi tra loro. Il loro
sistema immunitario si è rinforzato, distruggendo le
cellule bajoriane, e i Jem'Hadar hanno ripreso l'aspetto
originale. Il pieno recupero delle forze della guarnigione faceva
parte del disegno per eliminare il governo bajoriano e
destabilizzare il pianeta. Il diversivo avrebbe impegnato la
Federazione, favorendo l'avanzata del Dominio nel quadrante alfa"
concluse l'uomo.
"Un bel piano, non c'è che dire" commentò ironico
Odo che fino ad allora aveva taciuto. "Davvero credevate di
farcela sotto il naso?"
"Sapevamo delle analisi del sangue che pensavamo di superare,
come difatti è stato, ma contavamo anche sull'aiuto di Kai
Winn" rispose Lutan. "Eravamo sicuri che la sua grande ambizione
e testardaggine l'avrebbero accecata al punto da costringere
Sisko a spianarci la strada. Non a caso ho cercato in tutti i
modi di sollevare un incidente diplomatico."
"A quanto pare era tutto calcolato" constatò Odo.
"Tuttavia, avete sottovalutato la competenza del nostro medico e
il coraggio dei klingon. Come vi è venuto in mente di
attaccarli?"
"Io sarei tornato volentieri a casa," rispose l'uomo "ma sa come
sono fatti i Jem'Hadar. Loro combattono fino alla morte."
Il conestabile scosse la testa.
"Fondatore" aggiunse il Vorta in tono mellifluo. "Crede che la
Federazione apprezzerà questo mio gesto di...
collaborazione?"
Odo si allontanò senza rispondere.
5. Ritorno al padre
La guerra contro il Dominio era lunga e
insidiosa e aveva già fatto molte vittime, ma quella
battaglia era stata vinta con onore e Martok, sul ponte, aveva
appena finito di elogiare il coraggio dei suoi uomini.
Dopo la cerimonia pubblica, l'equipaggio si era riunito in mensa
per celebrare la vittoria con canti e racconti di gesta eroiche,
annaffiati da barili di vino di sangue.
Worf entrò nella sala a festeggiamenti iniziati e si
diresse al tavolo dove era seduto Alexander. Gli altri klingon si
fecero da parte per lasciare che occupasse il posto a lui
riservato.
"Ti sei comportato con onore, oggi" disse il padre al
ragazzo.
"Anche la tua par'Mach'kai ha dato prova di coraggio"
rispose il figlio.
Worf fece un cenno di assenso con il capo.
"Parlami di mia madre. Ricordo così poco di lei!" se ne
uscì all'improvviso Alexander.
"Che cosa vuoi sapere?" domandò Worf.
"Com'era? Dove l'hai conosciuta?"
Worf alzò lo sguardo, come per richiamare i ricordi, e
cominciò a raccontare. "È stato durante il secondo
anno di accademia. Qualche volta, io e Zak, il mio compagno di
stanza, ci recavamo al Doomsday, un bar frequentato da
cadetti che trascorrevano il loro tempo giocando a dom-jot e
bevendo root beer. Noi due invece preferivamo gustare un
Tamarin frost per rilassarci dopo le lunghe ore di studio.
Una sera come le altre, abbiamo visto entrare nel locale due
nuove ragazze, tua madre e una biondina terrestre, entrambe molto
carine. La sala era affollata e le giovani donne trovarono posto
soltanto al bancone. Uno stuolo di cadetti prese subito a ronzare
attorno a loro, mettendole a disagio. Il mio amico e io le
vedevamo bisbigliare come se stessero decidendo se andarsene o
rimanere. Zak che era di solito molto lento nel fare amicizia
quella volta cominciò a rifilarmi grandi gomitate nei
fianchi, dicendomi che avrei dovuto invitarle al nostro tavolo
dove sarebbero state più tranquille. Gli occhi di tua
madre mi avevano già soggiogato e anch'io desideravo che
le ragazze si unissero a noi, ma non sapevo come chiederlo, senza
sembrare un altro di quegli importuni cadetti. Zak insisteva,
così dissi a me stesso che un guerriero non può
lasciarsi intimidire da uno sguardo. Mi avvicinai alle ragazze e
domandai loro se volevano sedersi con noi, indicando Zak e me.
Entrambe sembrarono quasi sollevate e mi seguirono di buon grado.
Quando facemmo le presentazioni, scoprimmo che si chiamavano
K'Ehleyr e Gracious. La biondina, graziosa lo era davvero, almeno
per un'umana, con quei grandi occhi azzurri e i lunghi capelli
lisci, ma tua madre era 'HI."
Worf tradusse la parola klingon per Alexander. "Stupenda. Non
riuscivo a guardarla senza provare una grande agitazione. Zak,
invece, era diventato così disinvolto da proporci di
lasciare il locale per andare in un posto meno affollato da
cadetti pettegoli. Appena usciti dalla sala, disattivò il
compensatore di gravità che indossava alla cintura ed
esibì il suo fisico, reso ancora più possente dallo
schiacciamento della forza di attrazione terrestre. Tua madre lo
guardò con un'espressione incerta, ma Gracious ne fu
davvero colpita."
Alexander sorrise al pensiero dell'amico corpulento di suo padre
che si pavoneggiava di fronte alle ragazze.
"Cominciammo a uscire spesso assieme" continuò Worf.
"Quando Zak e Gracious desideravano restare da soli, io e tua
madre andavamo a passeggiare al Presidio. Camminavamo, parlando
di noi e della nostra vita divisa tra la Terra e Qo'noS. Tua
madre era così giudiziosa e io ero orgoglioso di lei."
"L'amavi, padre?" lo interruppe Alexander.
"Più della mia stessa vita" sussurrò Worf, come se
lo ammettesse per la prima volta. "Più della mia stessa
vita" ripeté più forte.
Il racconto riprese. "Una sera, ci vedevamo già da
più di un mese, le dissi che avremmo dovuto rispettare le
tradizioni e recitare la promessa di matrimonio. Per tutta
risposta, lei si mise a ridere. Disse che eravamo troppo giovani,
che a diciotto anni si può avere l'incoscienza per
decidere un futuro, ma non la costanza per perseguirlo, che
potevamo stare assieme come Zak e Gracious e aspettare che fosse
il tempo a decidere il destino della nostra relazione. Disse
molte parole che non cambiavano la sostanza dei fatti. Le risposi
che la nostra cultura era diversa da quella dei Brikar e degli
umani e ci imponeva di comportarci con onore. Allora, andò
su tutte le furie, difendendo la sua metà umana con una
foga tutta klingon. Disse che non era disposta a rinunciare a
quella parte di sé per niente e per nessuno. Odiavo il suo
prendere alla leggera le nostre tradizioni più sacre,
definendole un cumulo di sciocchezze, così litigammo e ci
lasciammo pieni di rancore."
"Cosa successe, dopo?" chiese Alexander.
"Tua madre venne a bordo dell'Enterprise e neppure quella volta
volle fare il giuramento" rispose Worf.
"Padre, l'hai dimenticata ora che hai una nuova compagna?"
domandò, titubante, il ragazzo.
"Tua madre," rispose Worf toccandosi il petto "farà sempre
parte di me."
Alexander tacque come se stesse meditando su ciò che aveva
ascoltato. Guardò i klingon soddisfatti intorno a
sé e accennò il motivo di una canzone.
"Te la ricordi ancora?" si meravigliò Worf.
"La cantavi sempre quando ero bambino e mi piaceva molto il suono
delle parole, anche se non le capivo tutte" rispose il
figlio.
"O cuore di eroe che vai in battaglia" intonò Worf con
voce baritonale.
"Di fronte al nemico la forza tua staglia" gli fece da contrasto
la voce da tenore di Alexander.
Clang, clang, clang. Koth si era ridestato dal torpore causato
dal troppo vino di sangue e, sbattendo il bicchiere di metallo
sul tavolo, cantava a squarciagola: "E come mercede per il tuo
ardor."
Gli altri klingon chiusero il ritornello: "Si apran le porte
dello Sto-Vo-Kor."
Era Ritorno al padre, l'inno tradizionale che si ascoltava
di continuo durante il Festival di Kot'baval. Unito nel canto,
l'equipaggio intonava una strofa dopo l'altra:
Dispiega le ali del tuo sparviero
se soffia di guerra un vento foriero.
Indossa le armi al suono del corno
e che per morire sia oggi un buon giorno.
O cuore di eroe che vai in battaglia,
di fronte al nemico la forza tua staglia
e come mercede per il tuo ardor
si apran le porte dello Sto-Vo-Kor.
Che Kahless ti accolga, il nostro buon
padre,
con vino di sangue e donne leggiadre
e cinta la fronte con il dolce mirto,
riposi tra i grandi per sempre il tuo spirto
Al ritmo della canzone, il Rotarran avanzava
nello spazio, una piccola nave senza troppe difese se non il
cuore di un manipolo di eroi a farle da scudo.
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