|
ALAN CHARTIER: "Dame Mérencolye"
Il termine "melanconia", dai letterati della Francia tardo medioevale, venne usato per colorire inclinazioni e condizionidello spirito."Così facendo vennero alterando e cambiando il significato originariamente patologico di questa nozione in modo tale che finì con l'indicare uno stato d'animo, più o meno temporaneo. Parallelamente al suo uso proprio, scientifico e medico, la parola acquistò quindi un altro significato che possiamo dire specificatamente poetico". (49-R. Klibansky, E. Panofsky, F. Saxl) La poesia medioevale aveva personificato gli oggetti del pensiero o i sentimenti umani; così nell' Espérance ou consolation des trois vertus scritta nel 1428 da Alan Chartier, troviamo una "Dame Mérencolyé" come incarnazione della sofferenza d'animo. In tale figura discorsiva è racchiusa una finissima auto-diagnosi psichiatrica fatta in termini poetici e simboli drammatici attraverso i quali viene descritta una crisi malinconica in altro stile nota alla casistica medica. "Con questo triste e increscioso pensiero che è sempre presente nel mio cuore e mi accompagna sin quando mi alzo, che quando vado a dormire, per cui le mie notti sono lunghe e la mia vita logorante, tanto a lungo ho esercitato e tormentato il mio povero cervello, tanto 1'ho oppresso e circondato di immagini repugnanti, che non riesco ad applicarlo a nulla che possa recarmi gioia e consolazione e in questa condizione vidi una vecchia avvicinarsi a me, quanto mai disordinata nel vestire eppure incurante di ciò, magra, secca, e avvizzita, di un colorito pallido, livido, terreo, con lo sguardo abbassato, il parlare impedito, il labbro cascante.
La testa era coperta da un fazzoletto sudicio e polveroso, il corpo avvolto in un mantello di cerimonia. Mentre si avvicinava, improvvisamente, in silenzio, mi prese tra le braccia e mi coprì da capo a piedi col suo manto di sventura, e mi strinse tosi forte tra le sue braccia che mi sentii il cuore in petto scoppiare come in una morsa; e con le mani mi chiuse gli occhi e mi tappò gli orecchi per cui non potei nè vedere, nè sentire E così mi portò, privo di conoscenza e in deliquo, alla casa della Malattia e mi gettò nelle fauci del Terrore e del Malanno. Anche il mio intelletto, giovane ed abile compagno che mi aveva seguito, a volte da lontano, a volte da vicino, a seconda di come Dio mi consentiva la sua compagnia, anche lui essa me lo ubriacò con quella strana e nociva bevanda, fermentata nel furore e nella follia per cui questo buono ed abile giovane, che a questo fine mi aveva accompagnato fino al mio letto, ora stava accanto a me stranito e come paralizzato dal letargo. E appresi più tardi che questa vecchia era chiamata la Melanconia, che confonde il pensiero, rasciuga il corpo, avvelena gli umori, indebolisce le percezioni, e porta gli uomini alla malattia e alla morte. Attraverso di lei secondo Aristotele, gli spiriti piú sublimi e le intelligenze di uomini profondi ed eccezionali sono stati e sono spesso confusi e oscurati, quando si sono abbandonati à pensieri troppo profondi e multiformi . Cosi, strettamente legato nel corpo e nell'anima, fui gettato sul più misero giaciglio, dove mi trovo da diversi giorni con la bocca secca e senza appetito. E dopo grande debolezza, lungo digiuno, amara sofferenza e vuoto nel cervello, che Dama Melanconia opprimeva con le sue dure mani, sentii l'organo posto in mezzo alla testa, nella regione dell'immaginazione (detta da alcuni fantasia) aprirsi e rientrare nel flusso e nel movimento "(50-A.Chartier)
|
|
|