Fugge con i propri carcerieri (settembre 1944) Non ricordo più il suo vero nome. Lo chiamavano
Giani. Un tipo sui generis, difficile da definirsi. Di media statura,
ne magro ne grasso, faccia ovale, occhi a mandorla, sempre tra il sorridente
e il canzonatorio. Prendeva tutto per scherzo. Con freddezza e serenità
sbalorditiva, quasi incosciente, sapeva compiere le imprese più
rischiose. Si travestiva sovente ora da prete, ora da tedesco per scendere
in città a distribuire volantini, compiere missioni pericolose,
attingere notizie importanti. Gli andò sempre bene. Un giorno del
settembre '44 era partito con una pattuglia per un azione di disturbo
contro una postazione di alpini della Monterosa, presso il Mulino del
Conte, distante circa 10km da Varzi. La pattuglia venne attaccata e dispersa.
Giani fu fatto prigioniero e portato a Varzi. Per lui sembrava ormai finita.
Era già stata annunciata pubblicamente la sua fucilazione per il
mattino seguente. Noi, che sapevamo della sua cattura e della sua prossima
fine, non potevamo fare nulla. Si arrangiò da solo. Era rinchiuso
nella palestra scolastica di Varzi guardato a vista da 3 alpini con le
alpi in pugno. Ostentava la massima indifferenza. A notte inoltrata gli
alpini di guardia cominciarono ad interrogarlo. Lui le contò grosse
come era solito fare. |