LE VENERI DEL PALEOLITICO SUPERIORE

Marzo - aprile 2004

Nuova versione giugno 2004

Di Giandomenico Ponticelli

gponticelli@katamail.com

 

4.1 - Cenni sull'organizzazione sociale e disposizione dei reperti

Nel Aurignaziano, le società di cacciatori-raccoglitori superarono lo stadio più primitivo dell'organizzazione sociali, descritto precedentemente. I piccoli clan familiari, 20 - 40 persone, vennero sostituiti da organizzazioni più complesse formate dai cacciatori di mammut e dalle raccoglitrici. Queste società "dimorfiche", vigeva una divisione su base sessuale. Uomini e donne, organizzati in associazioni "esclusive", svolgevano i propri rituali separatamente.

Risalgono a questo periodo, la caverna-santuario di Chauvet (Francia, 32.000-27.000 BP) , utilizzata dai cacciatori per esecuzione dei loro rituali magici, e le prime statuette femminili provenienti dall'Europa centrale, come la Venere di Willwndorf (30.000-2.5000 BP), e dall'Italia del Nord, come la Venere di Savignano (30.000 BP). Le credenze religiose maschili convergevano attorno alla figura dell'animale-guida e gli Dei rappresentati nei loro templi, spesso, avevano caratteristiche simili. La comunità delle donne, invece, venerava delle divinità con sembianze femminili. Si tratta del culto per la Dea Madre, elaborato da una società, probabilmente, matriarcale. Probabilmente, partendo dalla regione renano-danubiana, con qualche piccola eccezione locale, il culto si diffuse seguendo tre direzioni. Verso ovest, nella zona pireneo-aquitana (circa 25.000-23.000 BP), dove ebbe una grande diffusione, verso sud lungo la penisola italiana (circa 22.000 BP), e verso est, prima nella Russia meridionale (circa 22.000 BP) ed infine nella regione siberiana (circa 18.000-15.000 BP). Nei periodi successivi, ad est ed a ovest, si ebbero due situazioni differenti. In Europa occidentale, durante il Solutreano (circa 19.000-15.000 BP), forse, il Culto della Dea Madre ebbe minore importanza, in effetti non esistono ritrovamenti risalenti a questo periodo. Nel Magdaleniano (15.000-10.000 BP), il periodo successivo, Il culto si diffuse nuovamente, infatti, a questo periodo appartengono numerosi reperti, tra cui le Veneri di Parabita (15.000 BP, Italia). In Russia, e in Ucraina, diversamente, vi fu una maggiore continuità, infatti, sono state scoperte tracce del culto appartenenti ad entrambi i periodi. Il 95% delle statuette europee sono state trovate all'interno di quest'area, che dalla sommità dei Pirenei francesi arriva a lambire le sponde del fiume Don in Russia, grande circa 3.000 chilometri di lunghezza e altri 300 chilometri di larghezza, e denominata: l'asse della «cultura iconografica femminile», [latitudine 44° Nord e longitudine 1 ° Est; latitudine 51° Nord e longitudine 39° Est]. Il restante 5% è stato rinvenuto in Italia e in Siberia. All'interno di quest'area, il contributo che viene dato dalle regioni del Sud-Est della Francia (Pirenei, Dordogne, Charente e Poitou), sede numerosi insediamenti paleolitici, è veramente notevole (Rodriguez, ...).

 

Le prime due Veneri paleolitiche, vennero scoperte nella grotta di Laugerie-Basse (Les Eyzies de Tayac, Dordogne) e a Trou-Magrite (Pont-à-Lesse, Namur, Belgio), tra il 1863 e il 1867. La Venere della grotta di Laugerie-Basse appartiene al Magdaleniano (15.000-10.000 BP), mentre le figure umane rotondo-gobbe emerse durante gli scavi del 1867 a Trou-Magrite, vennero realizzate durante il Gravettiano (25.000-20.000 BP). I ritrovamenti suscitarono grande interesse, soprattutto dei musei, incoraggiando scavi in tutti i siti rupestri, dell'Europa meridionale e centrale, conosciuti. Fino ad oggi sono state recuperate circa 500 statuette paleolitiche.

 

Fig.1 Venere di Laugerie-Basse (Les Eyzies de Tayac, Dordogne); Fig.2 Figura Umana di Trou-Magrite.

 

4.1 - Funzioni e caratteristiche

La pittura e la scultura, avendo scopi differenti, assumevano caratteristiche diverse. Nel caso delle pitture rupestri, nelle raffigurazioni delle caverne-santuario di Lascoux, Pech Merle, Altamira, gli animali erano disegnati con estremo realismo. Gli sciamani adottavano tutti gli accorgimenti possibili, affinché le figure assumessero una parvenza di movimento e di profondità. Diversamente, le figure umane, estremamente rare, non godevano della stessa attenzione, e spesso erano soltanto abbozzate. Nella Scultura, il mezzo con cui la Dea-Madre venne rappresentata maggiormente, le varie parti del corpo non venivano realizzate con la stessa precisione. "Le statuette femminili, scolpite in osso, pietra o avorio di mammut, erano nude ed in posa naturale. Molte di queste erano estremamente obese, ed a differenza delle rarissime raffigurazioni di maschili magdaleniane, non portavano maschere e non avevano sembianze di animali" (Campbell, 1990). Il seno, la pancia e la vagina, ricevevano maggiore attenzione dall'artista, mentre il volto, le braccia e le gambe erano soltanto abbozzate. Tali scelte stilistiche, erano attribuibili al culto, in cui gli elementi fondanti erano il concepimento e la maternità. Inoltre, si nota in esse, la mancanza di movimento. Anche in questo caso, le scelte dell'artista sono in relazione alla funzione attribuita agli idoletti femminili. Infatti, il loro scopo, una volta infissi nel terreno, era quello di proteggere le abitazioni, usanza ancora attuata tra le popolazioni di cacciatori di renne siberiani. Quindi, la staticità era conseguenza del ruolo attribuito alle statuine. Questa pratica, era un aspetto particolare di un rituale molto complesso, che abbracciava vari aspetti della vita quotidiana e che prevedeva, probabilmente, l'esecuzione di danze all'interno dei Templi specifici, come la grotta della Venere di Laussel. Quindi come osserva Rodriguez: "Coloro i quali hanno considerato quelle statuette come dei feticci con potere innato, sono partiti dal fatto evidente che nella mentalità primitiva, la magia e le sue manifestazioni acquistano un ruolo centrale nella vita collettiva e individuale; ma si deve obiettare, fra le altre considerazioni, che un feticcio non è nulla in sé, se prima un contesto di credenze religiose non gli ha consegnato il potere di rappresentare - e di entrare in rapporto con - la potenza o essere superiore che lo rende attivo" (Rodriguez, ...).

La religione era la causa, non il risultato delle raffigurazioni femminili, quindi, quest'ultime erano l'espressione principale del culto che le ha trasformate in simboli. Anche se le raffigurazioni femminili erano vincolate ad una stessa "cornice di credenze", è molto probabile che non tutte avessero la stessa funzione. Alcune volte erano intese come immagini di culto, come ad es. la Venere di Laussel, e altre volte come puri strumenti rituali, infatti, alcune di esse venivano rotte dopo essere state impiegate ritualmente, essendo mezzi e non fini in sé (Rodriguez, ...). In molti scavi, sono state scoperte delle statuette che prima della sepoltura vennero decapitare o lesionate sulla testa. Forse esisteva qualche relazione con le pratiche funerarie? Erano l'incarnazione degli antenati? Forse gli idoletti, erano in relazione con l'origine dei clan, oppure avevano lo scopo di collegare il mondo dei vivi e dei morti. Come vedremo più avanti, sono emersi nei vari contesti di scavo, alcuni elementi che confermerebbero questa ipotesi! Ed in particolare, è stato scoperto che il copricapo/acconciatura realizzato su alcune statuine, come la Venere di Willendorf, era presente in alcune sepolture (Ostuni, Arene Candide, Balzi Rossi).

Dall'indagine antropologica eseguita da Campbell, emergono numerose convergenze tra il culto della Dea-Madre e l'ambiente dei piantatori tropicali, da tale rapporto, emerge la comune origine africana dei culti, che successivamente si diffusero anche negli altri continenti. "Esse rappresentano quella stessa dea-madre che sarebbe diventata così importante nelle successive civiltà agricole del Vicino Oriente e che è stata dappertutto celebrata come Magna Mater e Madre Terra" (Campbell, 1990). Ancora nel secolo scorso, Franz Hancar, notava che le figure in legno, scolpite dai cacciatori di renne della Siberia ( gli Ostyak, gli Yakut, i Goldi, ecc.), rappresentano delle donne. La loro funzione era di rappresentare l'origine ancestrale dell'intero popolo. "La capanna viene affidata alla piccola dea quando i suoi occupanti la lasciano per andare a caccia; e quando essi ritornano, la nutrono con cereali e grasso" (Campbell, 1990). La Donna, in queste popolazioni, soprattutto durante la gravidanza, era "il centro e l'origine di un'effettiva forza magica" (Campbell, 1990). Le Veneri del tardo paleolitico "giungono a noi come le prime espressioni riconoscibili di quell'idea rituale che vede nella Donna l'incarnazione dell'inizio e della continuazione della vita, come anche il simbolo dell'immortalità della materia" (Campbell, 1990).

In conclusione, lo scopo delle sculture paleolitiche non era esclusivamente ornamentale, ne tantomeno, era il tentativo di rappresentare la donna come un oggetto sessuale, cioè delle "icone erotiche". Non soltanto rappresentazione di "ideali estetici" ne tantomeno semplici opere d'arte. "Le statuette femminili del paleolitico potranno essere «arte» per noi, ma la loro importanza cruciale risiede nella loro qualità di testimoni muti, oltre che simboli centrali, del primo sistema di credenze religiose strutturate che plasmò la psicologia umana. I concetti, i segni e i simboli che l'umanità paleolitica collegò alla fertilità, alla generazione e al femminile, avrebbero posto la base che permise di ideare le prime formulazioni circa l'esistenza di una divinità datrice della vita e protettrice. Nel corso di più di venti millenni, non vi fu altro dio che la Dea paleolitica; e durante vari millenni ancora essa, attraverso le sue evocazioni, ha continuato a dominare l'espressione religiosa delle differenti culture del continente eurasiatico e del Vicino Oriente" (Rodriguez, ...).

 

4.2 - Gli ideali estetici

Le Veneri paleolitiche sono una rappresentazione dell'ideale estetico dei gruppi di cacciatori-raccoglitrici europei e delle loro credenze mistico-religiose. Tutti gli uomini e le donne, moderni o preistorici, sono attratti dalla "bellezza". I canoni estetici però non sono immutabili. Questi, riflettendo le culture dei popoli e le condizioni oggettive determinate all'interno delle società, che cambiano. I meccanismi che regolano il gusto per il "bello" sono variabili, ma tra tanti uno è particolarmente importante: la rarità di un carattere. Nelle società di cacciatori-raccoglitrici del paleolitico, le difficoltà di vivere in un ambiente impervio determinavano un alto indice di mortalità. Le persone obese non avevano certo una vita facile: l'obesità doveva essere un carattere raro.

Ugualmente, nell'Europa medioevale afflitta da carestie ed epidemie di ogni genere, le donne venivano spesso rappresentate molto formose. Anche in questo caso, l'artista rispondeva alla necessità di rappresentare le donne attraverso l'ideale estetico del momento. Ma le uniche persone veramente grasse erano i sovrani e le folte schiere di nobili, che svolgevano delle vite particolarmente oziose. Forse, le "Veneri" erano anche loro regine, oppure delle sciamane, che potendo usufruire dell'aiuto degli altri componenti della comunità, svolgevano vite sedentarie, isolate dal resto del gruppo, magari all'interno di "caverne-santuario", (ad es., Ostuni 1).

 

Fig. 1 Venere di Willendorf, fig. 2 Venere di Kostienki, fig. 3 Venere di Bressampouy, fig.4 Venere di Lespugne, fig.5 Venere di Savignano, fig. 6 Venere dei Balzi rossi.

 

Nella rappresentazioni di tali dee spesso venivano rappresentati anche alcuni indumenti. Acconciature, copricapi ed alcuni capi di abbigliamento venivano scolpiti nei minimi particolari. In particolare, le acconciature-copricapo venivano rappresentate attraverso due modelli. Il più antico era a forma conica o di cappuccio (Gruppo 1), presente nelle Veneri dei Balzi Rossi e di Savignano, oltre che in sculture di teste senza il corpo del Paleolitico Medio della Liguria. Il secondo tipo è quello che segue la forma della calotta cranica (Gruppo 2). In alcuni casi si tratta della rappresentazione di una pettinatura (Venere di Bressampouy), in altri di un copricapo, che secondo alcuni e costituito di conchiglie forate (Veneri di Willendorf e Kostienki). È da sottolineare, che questo tipo di copricapo ebbe una sua particolare applicazione all'interno dei rituali funebri. Almeno in tre casi differenti, Arene Candide (Liguria), Grotta dei Fanciulli (Liguria) e Grotta di Santa Maria di Agnano (Puglia), i corpi di fanciulli o di giovani donne ne erano adornati al momento della sepoltura.

 

 

4.3 - Il copricapo della Venere di Willendorf

 

La Venere di Willendorf è una delle rappresentazione femminili più antiche e famose (35-20.000 BP). Il suo significato è ancora oggetto di studio, ma le ipotesi più accreditate sono, che si tratti della raffigurazione impersonale di una dea o di una sacerdotessa-sciamana. Entrambi hanno una connotazione religiosa. La statuina dalle caratteristiche femminili estremamente marcate, pancia abbondante, il seno gonfio, i fianchi grossi e l'area pubica in risalto, probabilmente esprimeva un legame mistico con la procreazione. L'utilizzo di ocra rossa come colorante, forse, aveva lo scopo di richiamare simbolicamente il sangue mestruale o il suo legame con il parto. Un altra ipotesi, incoraggiata anche dalle sue dimensioni minute, prende in considerazione il suo possibile utilizzo come "scaccia guai".

Altri, invece, dando notevole importanza al suo copricapo, sostengono che esiste una relazione tra la Venere di Willendorf ed alcune sepolture del paleolitico superiore italiane. In queste, sono state scoperti alcuni copricapi costituiti da conchiglie, a questi oggetti si sarebbe ispirato chi ha scolpito la testa della statuina. Il significato dei rituali ad essa collegati, in questo caso, cambierebbe. Non più legati alla fertilità ed alla procreazione ma alla morte ed al culto dei defunti.

Fig. 1-2, particolare del copricapo della Venere di Willendorf

Alcune veneri russe presentano alcune caratteristiche che le rendono particolarmente simili alla Venere di Willendorf. Come la venere austriaca, hanno un seno molto gonfio ed i fianchi larghi e la pancia pronunciata. Il volto e le braccia sono appena accennati, i piedi non sono rappresentati. Sulla testa, anch'essa inclinata in avanti, probabilmente vi è rappresentato lo stesso copricapo. L'unica differenza apprezzabile è la fascio, o cinghia, che corre intorno al seno ed alle spalle. Su altre statuine sono riconoscibili le rappresentazioni di braccialetti e collane.

Altri tipi di rappresentazioni similari sono le teste di Venere russe conosciute come,"Palla da golf" (Kostienki I), in cui su una testa rotonda è particolarmente evidente una struttura reticolare, e Venere di Avdeevo, molto simile alla Venere di Willendorf.

 

Fig. 1, "Palla da golf", frammento proveniente da Kostienky I (Russia); fig.2-3, testa di idoletto N° 13, proveniente da Marl, New Avdeevo (Russia).

 

 

Bibliografia

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Cavalli Sforza L. L., L'evoluzione della cultura, Codice edizioni, Torino, 2004.

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