Corazzate classe Doria

Andrea Doria

Caio Duilio

(dopo la ricostruzione del 1940)


La corazzata Caio Duilio

 

Unità      Caio Duilio   10 maggio 1915  
     Andrea Doria   13 giugno 1916
Dislocamento a vuoto      23.887 tonn
Dislocamento standard      25.924 tonn (Doria)
       26.434 tonn (Duilio)
Dislocamento massimo      28.882 tonn (Doria)
       29.391 tonn (Duilio)
Dimensioni l x l x p      186.9 m x 28 m x 10.35 m
Apparato motore      8 caldaie Yarrow, 2 turbine Belluzzo, 85.000 hp, 2 eliche
Velocità massima      27 nodi
Carburante      2.250 tonn
Autonomia      4.250 miglia nautiche @ 12 nodi
Armamento   
AN      10 x 320/44
AN      12 x 135/45
AN / AA      10 x 90/50
AA      12 x 37/54
AA      16 x 20/65
Corazzatura massima     
verticale      250 mm
orizzontale      100 mm
torrette      280 mm
barbette      305 mm
torrione      260 mm
Aerei      No
Equipaggio      1.495 tra ufficiali, sottufficiali e comuni

Le due corazzate della Classe Doria, la Andrea Doria e la Caio Duilio, rappresentano l'ultimo tentativo da parte italiana di ottenere due navi da battaglia, comunque dal dubbio valore bellico, rimodernando, anche se il termine esatto sarebbe ricostruendo, due corazzate risalenti alla Prima Guerra Mondiale.
L'operazione venne decisa in quanto non erano disponibili risorse sufficienti per la costruzione in tempi brevi di navi più moderne, ed essendo la principale marina antagonista dell'Italia, storicamente, quella francese, si decise di seguire l'esempio della marina britannica.
Questa operazione generò anche e soprattutto in seguito molte perplessità relativamente alla sua utilità, non va comunque dimenticato che all'epoca la marina francese disponeva di vecchie corazzate classe "Lorraine" che non avevano alcun valore bellico, mentre le nuove "Dunkerque", pur essendo ovviamente migliori delle "Doria", non erano comunque navi molto superiori, con l'armamento principale di 330 mm ed una protezione paragonabile.   Le vecchie unità inglesi invece erano decisamente più potenti, con 6 oppure 8 cannoni da 381 mm, ma molto lente e giudicate non in grado di impegnare le doria qualora si fosse deciso da parte italiana il disimpegno.

Si seguì come detto la strada iniziata con le due "Cavour", ottenendo risultati migliori, soprattutto per quanto riguardava l'armamento secondario e la protezione.

Armamento

La versione originale, risalente al 1915/1916, delle due unità prevedeva un armamento principale basato su 13 cannoni da 305/46, disposti in due torri, una trinata ed una sopraelevata binata, a prora ed a poppa, ed una torre trinata posta a centronave.
Il calibro di tali cannoni venne giudicato insufficiente e si provvide, insieme con l'eliminazione della torre a centro nave, a modificarne il calibro portandolo a 320 mm, con una lunghezza di 44 calibri.
L'armamento principale risultò quindi essere costituito da 10 cannoni da 320/44 disposti in due torri trinate, una a prua ed una a poppa, e due torri binate sopraelevate, anch'esse una a prua ed una a poppa.

Questi cannoni avevano una gittata massima di 29.400 metri all'elevazione di 30 gradi, e lanciavano proiettili del peso massimo di 525 kg.   Il peso di una bordata completa risultava quindi essere pari a 5.250 kg, contro i 4.480 di una bordata delle francesi Dunkerque, principali antagoniste, almeno al momento della loro realizzazione.
Erano installati in torri Modello 1936 del peso di 539 tonnellate in versione binata e 733 tonnellate in versione trinata, con una velocità di brandeggio di 5 gradi al secondo.
Infine avevano un rateo di fuoco pari a 2 salve al minuto e la durata delle canne era di circa 150 tiri, piuttosto pochi, come al solito per i cannoni di grosso calibro italiani.

L'armamento secondario era costituito da 12 cannoni da 135/45, gli stessi installati a bordo dei nuovissimi e velocissimi incrociatori leggeri della classe Capitani Romani.
Si trattava di cannoni progettati nel 1938 ed installati in quattro torri trinate poste a coppie di fianco al torrione di comando, con quella arretrata posta in posizione sopraelevata.
Tali cannoni sparavano un proiettile da 32,7 kg alla distanza di 19.600 metri, alla massima elevazione di 45 gradi.   Si trattava di armi dalla elevata cadenza di tiro, 7 colpi al minuto, e molto precise.
Erano installate come detto in torri trinate Modello 1937 (mentre sugli incrociatori erano binate) del peso ciascuna di 103,3 tonnellate.

Per l'armamento antiaerei principale venne scelto l'ottimo 90/50, che verrà installato in seguito anche a bordo della Classe Littorio, presente in numero di 10, 5 armi per ogni lato della nave.   Si trattava di armi dalle qualità eccezionali, superiori persino a quelle del mitico Flak tedesco da 88 mm, ed infatti non solo vennero utilizzate come arma antiaerea su navi ed in installazioni fisse a terra, ma vennero pure installate a bordo di camion e, soprattutto, dei semoventi da 90/53.
Erano armi di realizzazione molto recente e concezione decisamente moderna, forse troppo.   
Vennero installate in affusti singoli corazzati, con un sistema di stabilizzazione molto sofisticato.
Avevano una cadenza di tiro di 12 colpi al minuto e lanciavano un proiettile antiaereo del peso di 10 kg a 10.800 metri di altezza.   In funzione antinave invece il proiettile pesava 18 kg e veniva sparato a 13.000 metri di distanza.
La precisione del fuoco di queste armi era eccellente.
La torretta singola in cui erano installati pesava 19 tonnellate.

Completavano l'armamento antiaereo 12 armi da 37/54 e 16 da 20/65, ottime armi sviluppate autonomamente dall'Italia.
Quella da 37 mm in particolare aveva una cadenza di tiro di 120 colpi al minuto, e sparava un proiettile del peso di 1,63 kg alla quota di 5.000 metri.

Non erano presenti impianti lanciasiluri né catapulte per idrovolanti imbarcati.

Corazzatura

Queste navi avevano una corazzatura decisamente migliorata rispetto alla versione originale, ed anche se non era certo in grado di competere con i 381 inglesi, tuttavia conferiva buone possibilità nel caso di scontro con le navi francesi.

La corazzatura verticale arrivava ad un massimo di 250 mm, mentre quella orizzontale arrivava ad un massimo di 100 mm.   Le torri di grosso calibro avevano una corazzatura frontale di 280 mm, e le barbette erano spesse 305 mm.   Infine, la torre di comando aveva una corazzatura di 260 mm, come per le Littorio.

Decisamente interessante era la protezione subacquea, denominata "cilindri assorbitori modello Pugliese" dall'ingegnere navale che la ideò.  
Si trattava di due lunghi cilindri deformabili, posti lungo la murata, posti all'interno di una paratia piena, con il compito di assorbire la forza dell'onda d'urto provocata dall'esplosione di un siluro o di una mina.   
Questo sistema, oltre che provocare l'esplosione contro il cilindro e non contro la paratia, dava la possibilità di disperdere la forza dell'esplosione lungo l'interno del cilindro.
L'efficacia di tale sistema rimane comunque piuttosto controversa e non é confermata, né peraltro smentita, dalle vicende belliche.

 

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