Durante i primi dieci mesi di guerra l'Italia trasferì dalla Madrepatria alle colonie del Nord Africa tutto ciò che volle, l'offesa britannica contro il traffico italiano fu infatti praticamente nulla. Gli inglesi si limitarono ad una strategia marittima simile a quella adottata dai comandi italiani, con una difesa-offesa piuttosto limitata, e circoscritta al raggiungimento di un obiettivo strategico ben definito e limitato, quale poteva essere un'operazione complessa di passaggio di un convoglio attraverso il Mediterraneo.
Per i primi dieci mesi di guerra dunque la Marina britannica non si oppose al traffico, anche in virtù dei timori che nutriva nei confronti della Regia Aeronautica e, più tardi, della Luftwaffe, senza dimenticare che da parte britannica, come da parte italiana, non si avvertiva l'esigenza di giungere ad un confronto diretto tra il grosso delle rispettive squadre navali.
Se in quel periodo le risorse trasferite verso la Quarta Sponda non erano molto ingenti ciò è da imputarsi unitamente a motivazioni di carattere logistico, per quanto riguarda l'organizzazione dei convogli e, soprattutto, in riferimento alla scarsa capacità dei porto libici.
All'inizio delle ostilità era stato previsto che i porti della Libia avrebbero potuto scaricare giornalmente, fra Tripoli, Bengasi e Tobruk, un totale di circa 4.000 tonnellate di materiali, oltre a 8 trasporti truppe. Nella realtà le capacità si attestarono sulle 2.200 tonnellate, a cui si aggiungevano 500 tonnellate trasbordate direttamente dal naviglio in rada e 300 tonnellate di combustibili trasbordate a terra con manichette, per un totale giornaliero di 3.000 tonnellate.Fino al 10 aprile 1941 il traffico italiano si svolse senza incidenti o perdite. Fino all'episodio del convoglio "Tarigo".
Nella primavera del 1941 si verificarono due eventi che misero a rischio i convogli italiani verso la Quarta Sponda : dalla metà di marzo vene dislocato a Malta un gruppo di veloci unità leggere di superfici e sull'isola vennero basati aerosiluranti con un'autonomia di 150 miglia. Ciò che accadde al convoglio "Tarigo" fu il primo attacco serio alle unità mercantili italiane.
Il cacciatorpediniere Baleno.
Il convoglio partito da Napoli alle 21.30 del 13 aprile era diretto a Tripoli lungo la rotta Capo Bon - Canale di Sicilia - isole Kerkenah, ed era composto da quattro mercantili tedeschi, sorpresi dallo scoppio delle ostilità in Mediterraneo e rifugiatisi in Italia, carichi di truppe e materiali, Adana, Aegina, Arta, Iserhon, più un piroscafo italiano, il Sabaudia, carico di munizioni. Fornivano la scorta i cacciatorpediniere Luca Tarigo, caposcorta, al comando del capitano di fregata Pietro De Cristofaro, Lampo e Baleno.
La navigazione procedette senza problemi fino a quando il tempo non iniziò a guastarsi creando problemi soprattutto alle unità leggere di scorta, tanto che il convoglio sbandò perdendo il contatto con i caccia. Il mattino del 15 la situazione ritornò normale, ed il convoglio venne riunito, ma si erano perse ore preziose di navigazione, quindi le navi si trovarono a percorrere il tratto di mare più pericoloso, quello più soggetto all'offesa inglese, in piena notte anziché di giorno, come era stato previsto. Fu così che le unità vennero individuate dalla ricognizione inglese, mentre a causa delle condizioni meteo sulla Sicilia la Regia Aeronautica non poté presentarsi.
Alle 19.25 del 15 aprile uscirono da Malta i cacciatorpediniere Jervis, Janus, Mohawk, Nubian, al comando del capitano di vascello P.J.Mack, con una rotta che li avrebbe portati ad intercettare il convoglio tra le 00.00 e le 02.00 del 16.
Alle 00.44 del 16 i cacciatorpediniere inglesi, mai avvistati dalla ricognizione italiana, che come abbiamo visto era assente, iniziarono ad incrociare nella zona dove si prevedeva sarebbero passate le unità italiane, e ciò avvenne alle 01.40, quando le navi inglesi, dotate di radar, iniziarono ad individuare i loro bersagli. Grazie alla presenza del radar a bordo, le unità di Mack poterono manovrare per portarsi nella posizione più vantaggiosa per attaccare, mentre la scorta italiana non si avvedeva di nulla.
Quando la distanza scese a soli 2.000 metri dai mercantili, che ben si stagliavano contro la luna, mentre i caccia britannici stavano dalla parte più scura dell'orizzonte, iniziò l'attacco.
Una immagine del Lampo a centronave come si presentava
dopo il recupero.
I caccia Lampo e Baleno, colti si sorpresa e quasi subito centrati dal tiro nemico, con gravi danni a bordo, andarono ad incagliarsi nelle secche di Kerkenah, il Baleno affondò poi nel pomeriggio del 16, mentre il Lampo venne recuperato dopo due mesi di lavori e tornò in linea.
Per quanto riguarda i mercantili, il Sabaudia, carico di pericolose munizioni, saltò in aria, mentre l'Adana e l'Arta, danneggiati, andarono anch'essi ad incagliarsi, con il primo che affondò il giorno dopo, mentre il secondo, non più recuperato, venne infine distrutto il 28 dal sommergibile Upholder, che credeva di trovarsi davanti un piroscafo in navigazione e non un relitto incagliato.