Le navi italiane uscirono dalle loro basi tra le 12.30 e le 18.00 del 7 luglio, la I squadra da Taranto, la II squadra da Augusta, in Sicilia. La Mediterranean Fleet lasciò invece la base di Alessandria, in Egitto, verso la mezzanotte del 7 luglio.
All'alba del giorno 8 l'esplosione di un deposito di nafta costrinse il caccia inglese Imperial ad invertire la rotta e tornare alla base.La Regia Marina venne a conoscenza della presenza in mare della flotta britannica grazie all'efficienza del servizio decrittazione, così Campioni dispose il lancio dei ricognitori RO. 43 imbarcati per la ricerca del nemico.
Il primo avvistamento della flotta inglese avvenne però alle prime luci del giorno 8 luglio ad opera di una formazione di bombardieri S.M. 81 del 39° Stormo dell'Aeronautica dell'Egeo di ritorno da una missione di bombardamento su Alessandria.
Più tardi, alle 05.15 anche Cunningham venne a conoscenza della presenza in mare della flotta italiana grazie alla segnalazione del sommergibile Phoenix, che aveva oltretutto attaccato la I squadra senza però colpire.
Poco prima aveva inoltre tentato un attacco, senza colpire e venendo sottoposto a caccia da parte delle unità inglesi, il sommergibile italiano Beilul, che aveva perciò dovuto abbandonare l'agguato.
La Cavour in navigazione nei giorni di
Punta Stilo
Intanto da Gibilterra prese forma anche una manovra diversiva della flotta inglese, volta a confondere le idee agli italiani, al comando dell'Ammiraglio Somerville.
Presero il mare le corazzate Hood, Revenge e Valiant, la portaerei Ark Royal, gli incrociatori leggeri Enterprise, Emerald, Arethusa e 13 cacciatorpediniere. Supermarina venne a conoscenza di questi movimenti ma li interpretò giustamente per quello che erano, ciò, come detto, un'azione diversiva. Fu disposto pertanto di attaccare questa formazione solo con l'Aeronautica, e durante uno di questi attacchi il caccia Escort, colpito dai bombardieri, fu poi affondato dal sommergibile Guglielmo Marconi il giorno 11 luglio, quando era ormai vicino a Gibilterra.Intanto l'Aeronautica dell'Egeo, individuata la formazione inglese, attaccò con bombardieri S.M. 79 e S.M. 81 tra le 10.00 e le 18.40, mediamente dalla quota di circa 3.000 metri, con bombe da 100 e da 250 kg.
Alle 18.30 fu colpito l'incrociatore Gloucester, del quale fu distrutta la direzione di tiro principale e fu danneggiato il timone. A causa di questi danni non prenderà parte allo scontro con le navi italiane.
Da notare che dalla portaerei Eagle, dotata solo di aerosiluranti, non si alzò in volo nessun velivolo per contrastare i bombardamenti italiani, giudicati oltretutto pesanti e precisi dall'Ammiraglio Cunningham.Infine alle 14.40 due idrovolanti CANT Z. 506 partiti dalla base africana di Tobruk avvistarono la flotta inglese ed iniziarono a tallonarla.
Intanto, fra le 18.00 e le 22.00 il convoglio italiano era entrato nei porti libici, a Bengasi principalmente, e la compagine da guerra della formazione aveva invertito la rotta per tornare alle proprie basi.
Alle 18.28 avveniva tra le fila italiane un episodio che provocherà numerose polemiche: la formazione dell'Ammiraglio Campioni fu sorvolata da un gruppo di aerei che la attaccarono: si trattava di bombardieri S.M. 79 che avevano portato avanti l'attacco per errore, non avendo ricnosciuto le navi per italiane, fortunatamente senza mettere a segno nessuna bomba.
Conseguenza diretta della scarsa, se non nulla, cooperazione tra Regia Marina e Regia Aeronautica.
La III divisione con in primo piano il Trento
Da parte inglese si era a conoscenza dei movimenti italiani dalle 15.10, quando la formazione fu scoperta da un idrovolante Sunderland britannico.
Iniziava così la notte tra l'8 e il 9 luglio 1940, che passò per entrambi nell'attesa di uno scontro ormai inevitabile, mentre le due formazioni navigavano a 20 nodi l'una verso l'altra.
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