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L'ICONOLOGIA DI ERWIN PANOFSKY

                    

Erwin Panofsky non era un semiologo e la sua terminologia è dunque molto differente da quella utilizzata in campo semiotico. Quella che Hjelmslev chiama espressione è infatti per Panofsky forma e l’analisi formale è qualcosa che può essere, almeno parzialmente, sovrapposta allo studio del linguaggio plastico. Così l’iconologia viene definita come “quel ramo della storia dell’arte che si occupa del soggetto o significato delle opere d’arte contrapposto a quelli che sono i loro valori formali” (Panofsky 1955: tr. it. 31). Un’analisi di questo tipo avviene su tre principali livelli.

Innanzitutto è necessario affrontare il livello preiconografico, quello in cui si riconosce il soggetto primario o naturale. Esso si apprende “identificando pure forme cioè: certe configurazioni di linee e colori o certi blocchi di bronzo o pietra modellati in un modo particolare, come rappresentazioni di oggetti naturali, esseri umani, animali, piante, case, utensili, ecc.” (Panofsky 1955: tr. it. 33).
Il mondo delle pure forme che così riconosciamo è il mondo dei motivi artistici. Questa attività di riconoscimento si basa essenzialmente sulla nostra esperienza pratica, ma può alle volte richiedere il ricorso ad una conoscenza di tipo diverso. Può accadere, infatti, che un certo tipo di rappresentazione (per esempio, un oggetto staccato dal suolo) sia stato utilizzato in un certa epoca per indicare non quello che chiameremmo il suo “significato letterale” (in questo caso un oggetto che si libra in aria), ma, piuttosto, un fenomeno differente, come un’apparizione (e allora, nel nostro caso, un bambino raffigurato nel mezzo di un cielo blu non è un bambino che vola, ma l’apparizione di un bambino).
È allora necessario, per non cadere nell’inganno dell’interpretazione “letterale” che la nostra esperienza ci propone, ricorrere ad una storia degli stili, che funga da fattore di controllo della descrizione preiconografica.

Il passo successivo è quello dell’analisi iconografica, che ci permette, per esempio, di riconoscere un uomo con un coltello come San Bartolomeo o una figura femminile con una pesca in mano come una personificazione della Verità. “I motivi riconosciuti per questa via come portatori di un significato secondario o convenzionale possono essere chiamati immagini [miei corsivi] e le combinazioni di immagini sono ciò che gli antichi chiamavano invenzioni; noi siamo portati a chiamarle ‘storie’ e ‘allegorie’” (Panofsky 1955: tr. it. 34).
Ma qual è la base dell’analisi iconografica? Essa si fonda sulla conoscenza delle fonti sulle quali si basano le raffigurazioni pittoriche e, quindi, sui testi letterari (in primo luogo la Bibbia) e la tradizione orale. Senza conoscere (direttamente o indirettamente) i Vangeli è difficile interpretare un quadro che rappresenta tredici persone intorno ad una tavola come l’Ultima Cena. Ma anche in questo caso la conoscenza delle fonti non è sufficiente. Ci sono dei casi, infatti, in cui la rappresentazione non è stata fedele al testo e, ad esempio, elementi di un tipo sono stati inseriti nella raffigurazione di un altro tipo. È necessaria dunque una storia dei tipi, una storia cioè dei differenti modi in cui, col tempo, “temi specifici o concetti sono stati espressi in oggetti ed eventi” (Panofsky 1955: tr. it. 41).

Si arriva così all’ultimo livello, quello iconologico, in cui viene indagato il significato intrinseco o contenuto. “Lo si apprende individuando quei principi di fondo che rivelano l’atteggiamento fondamentale di una nazione, un periodo, una classe, una concezione religiosa o filosofica, qualificato da una personalità e condensato in un’opera” (Panofsky 1955: tr. it. 35).
L’analisi iconologica si fonda sull’intuizione sintetica, che Panofsky dice poter essere sviluppata più in un “profano di talento che in un erudito specialista” (Panofsky 1955: tr. it. 42). Eppure, vista la sua natura “irrazionale” e “soggettiva”, questa intuizione sintetica deve essere corretta “da uno studio del modo in cui, mutando le condizioni storiche, muta anche la maniera in cui le tendenze generali ed essenziali dello spirito umano sono espresse attraverso temi e concetti specifici” (Panofsky 1955: tr. it. 43). Studio che, con i termini di Cassirer, si potrebbe definire storia dei simboli.

A questo punto è chiara la differenza esistente fra iconografia ed iconologia. La prima è una pura descrizione e catalogazione di immagini, mentre la seconda rappresenta, per lo più, un’interpretazione dell’arte che possa interagire con le altre scienze umane. Panofsky paragona questo rapporto a quello esistente fra etnografia ed etnologia.

Quanto finora detto viene molto chiaramente sintetizzato dallo stesso Panofsky (1955: tr. it. 43) in un’utile tavola sinottica:

OGGETTO
DELL’INTER-PRETAZIONE

ATTO INTER-PRETATIVO

CORREDO NECESSARIO PER L’INTER-PRETAZIONE

PRINCIPIO
CORRETTIVO DELL’INTER-PRETAZIONE
(storia della tradizione)

1) Soggetto primario o naturale: a) fattuale, b) espressivo, costituente il mondo dei motivi artistici

Descrizione preiconografica
(e analisi pseudoformale)

Esperienza pratica (familiarità con oggetti e eventi)

Storia dello stile (studio del modo in cui in diverse condizioni storiche gli oggetti e gli eventi sono espressi mediante forme)

2) Soggetto secondario o convenzionale, costituente il mondo di immagini, storie e allegorie

Analisi iconografica

Conoscenza delle fonti letterarie (familiarità con
temi e concetti specifici)

Storia dei tipi (studio del modo in cui in diverse condizioni storiche i temi e i concetti specifici sono espressi mediante oggetti e eventi)

3) Significato intrinseco o contenuto, costituente il modo dei valori simbolici

Interpretazione iconologica

Intuizione sintetica (familiarità con le tendenze essenziali dello spirito umano), condizionata dalla psicologia e dalla Weltanschauung personali

Storia dei sintomi culturali o simboli in generale (studio del modo in cui in diverse condizioni storiche le tendenze essenziali dello spirito umano sono espresse mediante temi e concetti specifici)

Per indicazioni sulle opere di Erwin Panofsky e sui rapporti fra semiotica e iconologia consultate la bibliografia della prima lezione.