STORIA

Fossato Jonico

Incontrando parole dialettali, o modi di dire ormai sconosciute consultare il DIZIONARIO

Non pretendo di essere perfetto nella descrizione dei fatti e dei luoghi, ma mi affido alla memoria di quando ero piccolo e ricordo, ripassando nella mente, un vecchio film in bianco e nero: la mia fanciullezza e la mia adolescenza.

L'origine dell' abitato di Fossato Jonico, come insediamento di popolazione stabile, nella vallata circondata dalle alte colline delle propaggini meridionali del Massiccio montuoso dell'Aspromonte, si perde nel tempo. Di certo si conosce, da racconti tramandati di generazione in generazioni, che i primi Nuclei si stabilirono sui pendii delle colline (abitato di San Luca e Mulino), ne sono valide testimonianza i vecchi ruderi di antiche Chiese o edicole ancora esistenti. Sopra l'abitato del Mulino sono ancora visibili le mura del Convento di san Giovanni, e verso valle l'Edicola di S. Anastasia (Santa Stasi), dove fino a qualche decennio addietro si poteva intravedere, sui vecchi intonaci, ombre di immagini sacre affrescate. Si presume che il primo vero insediamento nella valle abbia avuto inizio in epoca Romana, quale sede di un Manipolo di soldati al comando di certo Pomponio, di questa presunta origine rimane ancora il nome della località denominata "Pampogna", un ampio piano che si estende dalle ultime case del Vecchio Rione del Borgo ( U Purtuni ) ad Ovest, le prime abitazioni del Rione Giandone e verso Nord quello che in passato veniva chiamato " I Barracchi ", nome ereditato da un cospicuo numero di baracche costruite subito dopo il terremoto del 1908, e verso Est dal muraglione costruito a difesa del Torrente San Pietro tra la fine dell'ottocento ed i primi anni del novecento. Il Paese all'origine era formato da numerose frazioni distanti tra di loro, le più grosse erano Il Mulino, Il Serro, 'U Ruvulu, San Luca, Calamaci e Fossatello. Le prime quattro Frazioni, divise da grossi torrenti dal Centro vero e proprio, spesso nella stagione invernale non potevano essere raggiunte a causa delle piene delle fiumare, oggi sono quasi tutte servite da strade di accesso carrabili.

Il Centro era suddiviso in Borgate più o meno grosse. Cominciando da Sud si incontra la Borgata Casaluccio, oggi ridotta a ruderi disabitati nella parte che si protende verso Fossatello. Verso la metà degli anni cinquanta con la costruzione dell'Asilo e delle prime palazzine popolari si espanse verso la località chiamata " I Nasidi " e poi negli anni settanta quasi del tutto urbanizzata. Proseguendo verso Nord si incontra a destra la Torre e alla sua sinistra il vecchio Borgo e alle sue spalle il Centro vero e proprio dove c' è la chiesa, Piazza Municipio, La Filanda ( chiamata così perchè sede nel passato di una prosperosa filanda di seta ottenuta dall'allevamento del baco), salendo ancora verso Nord-Est si incontra Il Portone da cui si raggiunge dopo una breve e ripida salita ( individuata nella nostra fanciullezza come " a 'Nchianata du Maru Abbucatu " si raggiungeva Giandone, Jovani, Gurguri e la parte più estrema dell'abitato Sant'Anna fino alle forbici du Passu i Puddici, cioè l'incontro del Muraglione a difesa dell'agro Pampogna verso Sud e degli orti di sant'Anna. Negli ultimi venti anni, tante abitazioni sono state ricostruite o ristrutturate, ma tante altre sono state abbandonate dopo l'ultima grande emigrazione degli anni sessanta verso il Nord Italia ( Milano e Torino ). Dopo tanti anni di decadenza, ultimamente l'immagine di Fossato sta effettivamente migliorando, grazie all'iniziativa dell'Associazione Socio-Cultutare " IL LUME " a cui aderiscono sotto forma di Cooperativa numerosi Giovani. Dopo anni di buio qualche cosa si sta muovendo. Basta ricordare le due edizioni ( 1998 e 1999 ) della Sagra dell'olio di oliva e dei prodotti tipici Fossatesi, organizzata con intelligenza e caparbietà da questo Gruppo Giovanile.

Da Fossatese, emigrato altrove per lavoro, lontano per tanti anni, e ritornato alle origini, mi è motivo d'orgoglio vedere che c'è tanto di buono nei nostri ragazzi. Come tutti ' I Fussatoti ' sparsi per il mondo sanno, l'unica risorsa del paese è la coltivazione intensiva delle olive, da cui si ricava un olio sopraffino dotato di importanti sostanze organolettiche, è consigliato da tanti Medici e Dietologi quale mezzo per combattere il colesterolo, ed è il condimento di base nella dieta mediterranea. La "modernità", simpatica definizione che sentivo spesso nei discorsi dei miei nonni prima e dei miei genitori dopo, è arrivata anche sotto gli ulivi. Non si vedono più teorie di donne che raccoglievano ' a liva cocciu dopu cocciu 'nde panara, non si vedono più ' i rimazzaturi', non si sentono più quei canti nostrani che si rincorrevano da ' Mantina a Calamaci, da San Luca al Serro, da Santa Stasi alla Fiumara ' du Locu' o verso a Jalamurda, o u Laccu, quasi in gara tra di loro nell'intonazione e negli acuti. Ora si viaggia in macchina, in trattore, assolutamente non a piedi, i scecchi ed i muli e murri di crapi e pecuri 'nda fiumara da Carcara sono un lontano ricordo, "i saladdi" sono state soppiantate dalle reti in plastica, i trappiti e i mulini (nella mia fanciullezza erano tanti, quasi uno ogni frazione o rione) ora ci sono tre Frantoi ultramoderni a centrifuga ed aria compressa.

La luce elettrica è arrivata in poche abitazioni nei primi anni cinquanta su iniziativa dell'Avvocato Sapone che, sfruttando il salto dell'acqua che faceva girare la vecchia ruota del mulino, quando non veniva utilizzata per macinare il grano, faceva girare una dinamo, non si sa di quale epoca che produceva una quantità di energia elettrica che, specie nelle lunghe sere d'inverno, quando tutte le famiglie erano riunite attorno ai bracieri, spesso se ne andava e poi veniva con un continuo sbalzo luminoso grande quanto poteva essere, appena 120 Volts di tensione. L'acqua nelle abitazioni arrivò negli anni sessanta e settanta, ricordo le fontane pubbliche, in paese c'erano se la memoria non mi inganna:

  • una al Casaluccio, poi fu costruita un'altra nei pressi dell'asilo a servizi delle palazzine;
  • una in Piazza Municipio;
  • una alla Filanda;
  • una o Purtuni,all'inizio della salita du Maru Abbucatu;
  • una in Via dei Martiri;
  • una o passu i Puddici;
  • una a Sant' Anna;
  • una detta "a vecchia funtana" alimentata da una sorgiva proveniente dalla località Lacco, di proprietà privata ma di libero accesso per tutti, leggerissima e digeribilissima;
  • quella del Mulino davanti ad un vecchio Trappitu;
  • Il Serro aveva una fontana speciale, alimentata da una sorgiva locale che faceva bene ai reni ( ancora esistente );
  • Gli abitanti di San Luca e Rovere attingevano a Scarpazza, o presso altre sorgive sparse nelle vicinanze dell'abitato;
  • Calamaci era nelle vicinanze dell'acqua da Castagnara e più a monte la fiumara di Savuccio;
  • a Fossatello ricordo una su un pianoro davanti alla scuola di Maddeo.

Quasi tutte avevano delle vasche dove si raccoglieva l'acqua per " abbeverare " gli animali.

Quante volte i nostri genitori ci mandavano " cu bumbuleddu a 'ncoddu" per prendere un pò d'acqua frisca! Quante volte alle fontane pubblica " tinivimu a vicenda ". Ricordo che spesso per la presunta precedenza a riempire i " landuni ", " i bumbuli " finiva a litigi, e ricordo certe signore che si accapigliavano freneticamente per il diritto di precedenza.

La strada arrivò poi al centro di Fossato nel 1966, prima gli autobus e gli automezzi, dal ponte di Virgo prima e del Serro poi scendevano in mezzo alla fiumara, ed ancora prima e per qualche decennio, si lasciava l'autobus al ponte di Montebello e si proseguiva su quel tre assi rosso, residuo bellico americano, denominato " Il Lupo del Fiume " dal soprannome del suo autista il simpatico ed indimenticabile Don Micu u Lupu, con la sigaretta sempre in bocca e quasi sempre spenta. Ricordate il cosiddetto salotto del Casaluccio?, ancora è bene impresso nella mia memoria quel mastodontico pioppo piantato quasi alla confluenza del Torrente Jovani e quello di Maranina, sotto la sua ombra nei pomeriggi afosi dell'estate trovavano frescura le famiglie del Casaluccio, e quanti pizzicotti ci somministravano gli anziani, noi bambini irrequieti alzavamo polvere, bisticciavamo, ci spingevamo lanciavamo sassolini per non dire pietre, insomma davamo fastidio al riposo.

Ricordo anche come e dove le nostre mamme andavano a fare il bucato, si partiva di buon'ora portando i panni da lavare, un gerla di quelle grandi ed un grosso recipiente dove fare bollire l'acqua e l'immancabile cenere pulita dai residui di carbonella. Ricordo che si andava a Savuccio o al Dedaro, si sceglieva la pozza più grande, e si 'nsapunava, si sciacquava e si turciva, tante e tante volte mentre l'acqua era messa a bollire nel recipiente (spesso era la cosiddetta " caddara " ) recipiente primo ed indispensabile nella dote di matrimonio, poi come un rito si cominciava a sistemare i panni nella gerla partendo dalle lenzuola, federe, qualche volta materassi fino a riempirla del tutto, avendo l'accortezza di non mescolare " a robba i culuri con quella bianca, tutt'al più si mettevano in fondo in modo che, se dovessero scolorirsi con l'acqua bollente non macchiassero i panni bianchi. Sulla cima si metteva un panno bianco abbastanza grande in modo che oltrepassasse i bordi della gerla e poi.... con maestria si "scianiava" la cenere in modo omogeneo sul grande panno e si cominciava a versare l'acqua bollente piano, con cura facendo attenzione che filtrasse lentamente la cenere che conferiva con il suo potere sbiancante un candore vero e proprio e nello stesso tempo un profumo particolare a tutto il bucato. Finita questa operazione si svuotava la grossa gerla e si " iampravunu i robbi o suli " per farli asciugare, si sceglieva il greto pietroso del torrente e, se c'erano degli arbusti, ginestre, meglio ancora, si stendevano sopra ad asciugare e si evitava che prendessero polvere. Alla fine di una estenuante giornata con il bucato pulito, asciutto e profumato si tornava a casa, il più delle volte cantando. Quanti sacrifici, e quanta fretta specie se il tempo minacciava pioggia, o faceva freddo anche di inverno bisognava fare il bucato ogni tanto!

L'inverno, ricordo giornate interminabili di pioggia, vento ed anche neve, tanta neve che copriva l'intero paese, le sue colline ed i suoi uliveti. Spesso a quei tempi gelava di notte ed anche di giorno ed era facile vedere dalle tegole dei tetti "i cannumeli", quelle lunghe stalattiti di ghiaccio prodotte dall'acqua della neve fusa che ghiacciava in poco tempo e che raggiungevano una lunghezza anche di un metro e passa. E gli scivoloni che la gente faceva spesso sulle salite di " 'nsilicata " andando incontro facilmente e fratture di gambe o di braccia. Era dura la vita, ma bella perchè semplice, onesta, priva di interessi, una vita di campagnoli dediti alla famiglia ed al lavoro nelle campagne.

Certamente le grandi nevicate di tanti anni fa non si vedono che raramente, ma può succedere che il paese si imbianchi ogni tanto:

E' raro vedere immagini come questa, ma può sempre accadere.

Chiedere oggi ai giovani che vivono a Fossato se conoscono i nomi delle principali contrade, o i nomi delle località di campagna che si trovano nelle vicinanze del paese è come fare una domanda da un milione di dollari. Pochi sanno o ricordano vagamente quali sono queste località, se si ha voglia di trovare qualcuna basta scorrere la pagina in basso e si incontreranno nomi che sono solo un ricordo remoto della fanciullezza, e qualcuno di questi nomi suona ancora alle nostre orecchie come una leggenda, ovvero "comu nu fattu".

LE CONTRADE ( Edite da Ninì Pellicanò)

(*) Per le etimologie e / o le derivazioni di molti nomi di contrade sonno state effettuate ricerche adeguate su " CESARE OTTAVIANO AUGUSTO A REGGIO E NELLO STRETTO - LA X LEGIO E I CAMPI DI BATTAGLIA  "  di Don Giuseppe Pensabene, edizioni AZ - 1998

Le indicazioni di " maru" Peppareddu, Ndria…etc. vogliono sempre significare  fortezza di …

 

Contrade

 

Si vogliono trascrivere i nomi di alcune delle contrade: dei dintorni del Paese, delle immediate vicinanze , il cui nome riporta alla memoria ricordi particolari, provocando, talvolta, intense emozioni. Non per dimenticanza si tralascia di fare un completo elenco, perché rischierebbe di appesantire l'insieme. Di alcune, infatti, s'indicherà la posizione approssimativa e qualche particolare ricordo.

 

A

 

- Angiuluta: zona coltivata, a metà collina, ad oliveto. Secolari alberi con fusto e chioma enormi: prodotto medio d'olive diversi quintali. Una parte proprietà della famiglia Calabrò Francesco (1850), ora dei discendenti. Frequentemente indicata come Chianti (senza alcun riferimento... ai vini!). Frammisti agli olivi plurisecolari alberi di quercia, alcuni con diametro di base di qualche metro. Un buon appezzamento, parte avuto in donazione diretta, e, parte acquistata da altri coeredi ed ancora coltivato direttamente dai discendenti.

- A rutta: presso la grotta. Più che una vera e propria contrada era un'indicazione familiare per individuare la zona vicina ad una grotta naturale, nel comprensorio della contrada Carbiali.

- Atò: contrada variamente coltivata, e in parte incolta, che si estende dai due declivi di una serie di colline a forma di sega, famosa per la possibilità di caccia a quaglie ed allocchi (quagghi e curdari).

 

B

 

- Barreca: altopiano: pascolo arborato e bosco di castagni; ora rivalutato per la posizione (tra i 900 e 1.000 mt. s.l.m.), con costruzioni di villette turistiche. Intorno agli anni 60 la zona era sta rimboscata con alberi di pino, dai Consorzi di Bonifica Montana. Ora ottimo terreno per la ricerca di funghi: porcini, prataioli, roselle...

- Bbattinderi: una contrada olivetata dalle parti di " punta d'argento". In pratica ognuno denominava con questo titolo una contrada bene esposta ed abbastanza redditizia.

- Bbuschettu: (familiarmente castagnitu), così chiamata perché originariamente (quando ancora apparteneva al feudo dei Baroni Piromalli), era bosco di castagni. Negli anni precedenti la prima guerra mondiale acquistata dai Pellicanò, Pizzichemi e Spizzica. La parte Pellicanò passata per donazione al Padre di chi scrive, ora apparterrete agli eredi.

All'origine, intorno agli anni 30, epoca della donazione, era per circa l'80% bosco di castagno, il resto quasi tutto rovi e spini. La buona volontà, la dedizione ...non disgiunte dallo stato di necessità, hanno consentito di dissodare tutto, e, disboscare, lasciando appena il 5% di bosco - ora in totale decadimento - e, di pensare ad un'organizzazione per lo sfruttamento produttivo del suolo. Un primo impianto di vigneto, da vino, nella parte bassa e contemporaneo primo impianto di oliveto, quindi la costruzione di una casamatta (casa con solo piano terra, coperta in laterizi ad un solo spiovente), con accanto  na pinnata (vedi..) per la vacca e capre e dall'altra parte un ricovero per maiali, poi usato anche per conigli (anni 1935-37). Disboscamento ultimato intorno al 1940 e subito iniziato l'impianto del nuovo uliveto, al quale, nonostante la giovanissima età, chi scrive ha validamente contribuito.

All'epoca del II conflitto mondiale: una buona parte giardini, il resto arborato: essenzialmente giovane uliveto, ma anche altri alberi da frutta di tutte le specie e varie qualità per ogni specie.        Una piccola sorgente d'acqua: circa mezzo pollice, era stata trovata, dopo numerose empiriche ricerche, intorno agli anni 30.

Pare che la spinta per effettuare ricerche sia stata data da un occasionale sogno: mia nonna Leandra diceva a mio padre, stanco, sudato, assetato..."scava sotto quei rovi, puoi trovare un po' di frescura". Effettivamente dopo tante e faticose ricerche sono state trovate due piccolissime sorgenti che unificate  davano circa mezzo pollice. Le due piccole fonti sono state unificate nella prima opera in muratura sotto terra: “u puzzettu" e da lì con un cunicolo adeguato in cemento portate a vaschetta, quindi  nda ggebbia. Le varie annate di gravi siccità e buona parte dell'incuria da parte nostra....per potercisi dissetare è necessario portarsi dietro la borraccia.

Negli anni tra il 40 ed il 60, questa proprietà, è diventata una specie  di seconda casa: si viveva, praticamente in campagna per quasi tutto l'anno, restandovi anche di notte nel periodo estivo.

La casamatta è stata ristrutturata, in seguito ad incendio (probabilmente doloso) nel 52 e, con l'occasione, è stato costruito un primo piano... il tutto: 5 x 5, in ogni piano, abbondantemente sufficiente per la famiglia che intanto aveva raggiunto il numero di sei figli.

Facile addormentarsi all'ombra di un'annosa quercia o di un giovane ulivo che sapeva del tuo sudore e sentirsi svegliare dalla dolce musica della voce di passerotti, usignoli, pettirossi...

Accanto alla "casa": l'aia, poco più là i pagghiara (pagliai) che sono stati i primi ricoveri dalle intemperie e dai freddi invernali.

Durante la guerra 40-45 era stato costruito un mulino per cereali (vedi. voce mulina), - forza motrice: braccia d'uomo -un forno con relative costruzioni e coperture; nel sottovano del forno era stato ricavato un ricovero per conigli.

Ultima fanciullezza, adolescenza e prima giovinezza... vissute in quest'ambiente agreste, sereno, con i libri sottobraccio - lungo via - e la vacca, l'asino, le capre al pascolo... con un occhio a sorvegliarli e con l'altro a tentare di mandare a memoria, versi di Dante, Tasso, passi di Manzoni... un mozzicone di matita e, senza vocabolario ad abbozzare traduzioni da Virgilio, da Orazio, durante il cosiddetto periodo delle vacanze e ben s'intende dopo aver collaborato allo svolgimento degli altri lavori essenziali d'estate (periodo di vacanze scolastiche): mietitura, trebbia......raccolta e trasporto di frutta.

Un secondo impianto di vigneto da vino intorno al 1940, con il disboscamento della parte alta.

I vigneti ora scomparsi; della moltitudine di alberi da frutta, di tutte le stagioni, restano alcuni alberi di pero, messi a dimora negli anni 60, e, qualche raro albero di fico. Non è vano, però, rammentare che, negli anni 40/50 ve n'erano alcuni talmente grandi da impegnare un operaio per un'intera giornata per la raccolta del frutto.

In Catasto riportata come contrada " Ramondino".

- Branchinu: verso la parte Nord- Nord Est del paese, appena qualche centinaio di metri, un torrentello, affluente della parte principale del torrente principale, (che, poi sarà S.Elia), molto stretto ed ampi terrazzamenti sulle "sponde" che si elevano per diverse centinaia...di metri. Sorgive d'acqua in vari punti consentivano la coltivazione ad orti e giardini nonché la "conservazione" delle acque in grandissime vasche (all'origine in terra...e, successivamente in cemento armato:  i ggebbiuni). Nella zona esisteva un mulino, ad acqua naturalmente. Non era difficile per chi sapesse farlo, cercare i granchi di terra tra i buchi e le forre delle parti acquitrinose...che si mangiavano tranquillamente...arrostiti su fuocherelli improvvisati sul posto. I canali di scorrimento delle acque, scoperti, erano "l'abbeveratoio" del grossi quadrupedi....quindi "file" lunghissime di vacche, asini, muli...cavalcati a dorso da...noi ragazzini...

 

C

 

- Calamaci: contrada e rione nella zona alta verso a nchianata i Rriggiu: Nord, Nord-Ovest. Una piccola sorgente d'acqua, qualche giardino...e, il ricordo più importante, giacché l'abitato era quasi sul greto del torrente, (quindi possibile la circolazione di veicoli a ruote) la presenza di alcuni carri a ruote alte, nei quali si poteva giocare arrampicandosi tra gli assi di legno delle ruote e / o sulla cassa del carro. Naturalmente con ...regolari cadute e qualche ricordo imperituro del vari capitomboli.

- Canali: non è una contrada ma una zona d'individuazione che si riferisce ad una sorgiva d'acqua; perciò vi sono molti posti così individuati. La sorgiva (canali), che determina maggiori emozioni è senz'altro quella sita nelle vicinanze dell'abitato del villaggio S.Luca, dove nei primissimi anni della fanciullezza, non era raro andare ad attingere acqua fresca, per soddisfare  la sete dei nonni materni, presso i quali, quei begli anni, sono trascorsi.

- Capani: contrada essenzialmente olivetata, nota soprattutto per la sua vicinanza al Cimitero.

- Carbiali: ufficialmente: Carviale. Contrada sita in una conca dell'altopiano, intorno agli 800 mt. s.l.m.. Terreno evidentemente alluvionale (sabbia granulosa bianco/giallastra), per molta parte coltivato a giardini, sfruttando le numerose sorgive d'acqua. Pervenuta attraverso varie operazioni, alcune di donazione, altre di acquisto, altre di affrancamento (una parte era di proprietà della Dittereale di Motta S.Giovanni, S.Caterina), ai Calabrò - e discendenti - dagli inizi del secolo a circa il 1920.Ora, secche le sorgive, o, utilizzate altrove mediante impianti di trasporto, mancanti la forza lavoro e, la necessità, sta diventando deserto: qualche raro piccolissimo vigneto, alcuni alberi da frutta, vecchie case dirute.

Soffermarsi su dettagli richiederebbe molto tempo e provocherebbe intense emozioni; basti ricordare che esistevano delle casematte, cinque stanze contigue, più qualche ricovero per animali, utilizzate democraticamente, ma promiscuamente dai fratelli Calabrò, proprietari, e dai loro discendenti, sicché nello stesso ambiente vi si trovavano suppellettili ed utensili appartenenti  a ciascuno degli utilizzatori.

Nello spiazzo antistante, vero e proprio salotto estivo, all'ombra di un enorme gelso moro, ci si riuniva per il pranzo, per la siesta, per chiacchierare un po', per un lieve riposo, per approntare il carico (a spalla d'uomo, in testa alle donne o con gli asini), per il ritorno a casa...la sera.

Durante la canicola veniva sete...il più attivo, pronto, andava a riempire direttamente alla sorgente (o carompulu) u bbucali. (sorta d'anfora di terracotta con la bocca larga di circa due litri di portata, normalmente con l'imboccatura rotta in maniera irregolare), distante appena 100 mt. e di ritorno:...u bbucali faciva u ggiru du cchiù randi o cchiù picciulu (il boccale faceva il giro dal più anziano al più giovane); alla salvaguardia delle attuali norme igieniche.. pensava il Padreterno. Allora non c'era rischio d'infezioni né alcuno osava manifestare sorpresa o ... nausea: si beveva allo stesso calice!

- Carcara: non è una vera e propria contrada; si individuava, di solito,. una zona nella quale era stata costruita e, spesso ancora funzionava, la fornace da calce.

- Carcara e' Caruccia: la zona dove sorgeva la fornace, già da tempo in disuso, - tuttora individuabili i resti - nella zona familiarmente detta Caruccia, sita alla confluenza tra il torrente Boschetto e la parte mediana del S.Pietro. Era nota perché individuava il primo kilometro partendo dalla piazza del Paese.

- Carompulu: indicava una zona con sorgiva d'acqua gorgogliante dal fondo di una piccola fossa naturale.

Noto ed emotivamente molto importante u carompulu i carbiali (vedi. carbiali  e voce verbo carompuliari).

-  Casa varrera : era una contrada, o piuttosto una tenuta agricola nella zona del rione S.Luca.

- Casalinu: un po' dovunque v'erano rovine di vecchie case, ma quando restavano i muri perimetrali ed una porta era possibile sfruttarli come ricovero... quindi assumevano importanza ed individuavano una zona particolare nelle varie contrade.

- Casi: vecchi, novi. Avant'e casi, arret'e casi, sutt'e casi, supra casi: case, vecchie, nuove. Avanti, dietro, sotto... verso sopra: il punto di riferimento le case... e poi....e poi... si individuavano, però, dei particolari posti di una contrada e erano usati da familiari e conoscenti.

- Catarinedda: forre , vallate ed altopiano (terminale) del ramo sinistro del torrente (che, poi, sarà S.Elia).Terreno arenoso e spesso di origine tufària: abbondanti sorgive di ottime acque.

- Cciappittoli: individuava una zona con molti sassi di forma piatta e di piccole dimensioni. In maniera particolare, come ricordo emotivo, ci si riferisce alla zona alta, quasi sulla sommità dell'altopiano di Carviale, passaggio d'obbligo, per arrivarci provenendo dal Paese.

Personale ricordo: 1938, mese di settembre: si tornava da Carbiali, c'era lo zio d'America ...i ragazzini...le scarpe...si andava come natura aveva creato e si stava bene! Inciampo in grosso masso e mi produco una seria ferita all'alluce destro...mah! il coraggio....non piango, non pietrisco considerazione....il ditone sanguina....eh, lo zio, un po' per prendermi in giro...: non ciangiti, cumpari? (quasi ad invogliarmi).. di rimando, comincio a piangere e gridare per il male al piede.... Qualche parolina d'incoraggiamento eh, tutto passa: si riprende la via di casa. Resta il ricordo che, di tanto in tanto è evocato. Se non m'avessero invogliato, non avrei pianto! Di recente, mi è stato ricordato (U.S.A. febbraio 1999 da Leandra, a Miami).

- Cezzareddu - Cezzu jancu  - Cezzu niru:  indicazioni di località - talvolta contrade riconosciute - dove crescevano alberi della specie . Di gelseti ve n'erano moltissimi quindi, appare logico che ognuno indicasse, a propria comodità, una località....secondo me....

- Chiuppareddu:  in vicinanza della contrada Chiuppu, esisteva questa che prendeva il nome appunto da un piccolo pioppo.

- Chiuppu: la zona, contrada ufficialmente riconosciuta, dove crescono tanti pioppi, quindi umida o ricca d'acqua; sita a valle della borgata Serro.

- Cicinini: contrada e villaggetto (non più di cinque famiglie) abitato, all'origine, da alcuni profughi dell'Albania, già profughi della Cecenia. Usavano loro dialetti e modi di fare...ma da qualche ragazzino avevo appreso qualcosa. Ora, case dirute e ...stradina, male asfaltata....solo passaggio. 

- Cirasia: contrada della parte alta del torrente Boschetto, cosiddetta, probabilmente per la presenza di molti alberi di ciliegio (cirasi).

- Ciurruca': non una vera contrada, si diceva così per un'indicazione spazio - temporale molto vaga, che non indicava nessun luog e nessun tempo.

- Cresia: i San Giuvanni; i Santastasi; i Santu Luca; i San Marcu; du Liandru; i Sant'Antoni ... le contrade sono ufficialmente individuate con il nome S.Giovanni, S.Luca etc. ma in queste contrade esistevano delle vere e proprie basiliche. I resti di ben quattro sono tuttora, senza difficoltà riscontrabili a S.Giovanni in cima al colle omonimo, sopra della borgata Mulino; a S.Luca, verso la parte alta a circa 600 della borgata omonima; Sant'Anastasia, appena a destra, per chi guarda la collina, all'imbocco del torrente Boschetto. Personalmente visti resti di muri ancora effigiati con dipinti bizantini ancora intorno agli anni 50... ma i proprietari dei vari fondi preferivano non se ne parlasse, per evitare l'intervento della Sovrintendenza alle antichità  -  che probabilmente avrebbe impedito la coltivazione e, forse, iniziato ricerche di tenore scientifico con conseguenze sulla produttività del suolo  -   ... del tutto hanno favorito la crescita di sterpaglie e rovi,... per nascondere! La chiesa del Leandro è stata restaurata di recente ed è tuttora agibile e funzionante nei mesi estivi. La Basilica (di questa se n'è sempre parlato) di S.Marco sorgeva certamente in vicinanza del rione omonimo, quasi al centro del Paese... qualcuno avrebbe anche individuato i resti.

- Crivinu: parte terminale del ramo destro del torrente (che sarà S.Elia). Anche qui: strette vallate, buone sorgive d'acqua e orti e giardini...Ma era noto soprattutto per la "serpentina" la stradella che portava all'altopiano, tanto che  era nato un modo di dire ddrittu comu a via i crivinu (drittu: intelligente, attento, ma anche diritto) per voler dire, esattamente come quella stradina: tutta curve e contorcimenti...

- Cruci i Rrumeu:  passo della croce di Romeo: una contrada nella piattaforma dell'altipiano oltre la borgata di Embrisi,  sulla via per l'intersecazione con la S.S.185.

- Crucitti: proprio dirimpetto al paese . Piccola sorgiva d'acqua e uliveti annosi. ....Zona riservata di caccia ai nidi  (fulei) di  fringillidi (scriccioli, passeri di brughiera, usignoli...) per le esercitazioni dei più piccini....con relativo esame!

- Culetta: grande oliveto nella parte mediana della collina di Lungja.

- Cufò: contrada seminativa per grano e sulla ad annate alterne, nelle immediate vicinanze di Saline Joniche che; nota perché i fratelli Calabrò, trisavoli degli attuali, possedevano delle grandi estensioni coltivate e arborate a mandorleto e, perché vi abitava una sorella del nonno, Carmela.

Non indiffrenti emozioni provoca il ricordo della mietitura. Avevo pregato i nonni e gli zii perché mi portassero con loro per la mietitura 1937? 38?. Una buona parte della forza lavoro veniva da S.Luca, lo squadrone dei parenti: fratelli cognate e nipoti. Si arrivava la sera avanti l'inizio e si restava tutti a casa della zia Carmela: le donne e le ragazze...più o meno su letti, aggiunti, occasionali; gli uomini nda casa da pagghia, ma si cenava tutti insieme; il pasto di mezzogiorno si consumava sul posto di lavoro, quindi ogni equipe faceva a sé. La sera nella attesa della cena e di un po' di fresco tutti in enorme cortile...a raccontare storie, a parlare, per il piacere di parlare, di stare insieme. Al più piccolo dei pronipoti (n quegli anni, allo scrivente) toccava dormire con gli anziani zii padroni di casa...e con quali particolari riguardi!

 

D

 

- Dadora: terreno a conduzione mista, arborato e giardini (oliveto, mandorli, susini, peri.), [all'origine tutta proprietà dei Britti] situato nella parte orientale del vallone Mizziseri, alla confluenza con il torrentello Camaturi; per successive donazioni pervenuta alla Mamma e donata, come dote, alla sorella Maria che, l'ha venduta, poi, agli stessi coloni: Stillittano Antonietta.

Particolare ricordo per il tipo di colonia e per il percorso attraverso viottoli.  Gli anziani coloni, abitanti nelle vicinanze, avevano affidato solo il giardino... ma davano un'occhiata, come guardiania anche all'oliveto. Liberamente, senz'alcuna indicazione o vincolo, provvedevano alle semine, alle coltivazioni ed ai raccolti.  Conoscendo bene le epoche di produzione..ci si affacciava in tempo: percorso a piedi, in compagnia del devoto asino, circa un'ora e venti; partenza sempre molto di buon'ora, appena giunti in cima  o serru d'Atò,  si dava voce per avvisare i coloni, i quali, sempre rispettosi e puntuali, iniziavano la raccolta, dividendo, quindi il prodotto in due mucchi e dandoci la possibilità di scegliere... bilance, stadere...erano tutta roba per altra gente... noi ci si fidava del colpo d'occhio e della lealtà; spesso era necessario far più di un viaggio nella stessa giornata per portare a casa il raccolto.

Notevole il percorso, soprattutto per chi, in età giovane/adulta ha amato un po' la caccia.

- U serru d'Atò, incolto arborato a fichi d'india (spontanei, nella zona) era tappa d'obbligo per gli  allocchi - curdari -, migratori di maggio e settembre, sia serale che mattutina, essendo uccelli (rapaci) notturni: piacevole, dunque, fare il percorso di mattina presto o sul  far della sera!

Personale ( terrificante ) ricordo: avevo i miei sedici anni ed ero autorizzato, con tanto di permesso per porto d'armi, a portare il fucile per la caccia. Proprio mentre tornavo, sul far della sera, nella zona di caccia - di cui sopra - osservo un grossissimo cespuglio di ginestra, quasi isolato dal resto, che si muove come scosso da forte vento; ma non c'era vento. Attento, con tutti i sensi all'erta: potrebbe trattarsi di grossa selvaggina o semplicemente di qualche...capra isolata che dall'altra parte fa muovere il cespuglio...attento! Comunque imbraccio il fucile ed innesco una cartuccia a pallettoni....attento! attento! Il movimento violento della ginestra continua per qualche istante anche....e poi....un grosso, grossissimo ..serpente variopinto esce allo scoperto e si allontana velocemente - direi quasi a saltelloni e ironicamente a prendermi in giro - verso la parte opposta...fortunatamente ! Ho raccontato tutto a papà, la sera, ormai ripreso dallo spavento. Mi ha confermato che nella zona non era raro imbattersi in "simile bestione" che, comunque, non faceva parte della fauna locale....Chissà ?     

- Dediru: (normalmente zona dove allignava in maniera prepotente l'edera: probabile, quindi una derivazione dal nome della pianta che, ancora, alcune persone molto anziane chiamano u dediru) non è una vera contrada; è piuttosto una zona ricca d'acque sorgive. Presso queste sorgenti si andava a lavare il bucato e portare i lupini, già bolliti, e, nei sacchi cuciti, da lasciar nell'acqua corrente, almeno cinque sei giorni per provocare la perdita del tipico sapore amaro. Vedi. anche voce luppinu.

 

E

 

- Egua: (anche Eva), vasta contrada, a qualche centinaio di metri s.l.m. nei pianori verso Ricce/Capo d'Armi, coltivata a vigneti: vino di qualità eccellente. Alcuni usavano produrre una sorta di spuntino rosso, gradevolissimo. Pare che ancora la zona sia ben coltivata: vigneti rifatti ed attrezzature moderne per la produzione del mosto e vinificazione. ( Ma costa molto, alla produzione!).

Secondo "dicerie" popolari: i greci scappati o inseguiti pare abbiano individuato Leucopetras, attuale Capo d'Armi, sbarcandovi e per far perdere le tracce si sono inoltrati verso le vicine colline...che intanto non erano più bianche, sfumavano verso il rosa e quindi rosso più violento.

Durante questo affannoso fuggi fuggi qualcuno ha perso o lasciato cadere "un occhio di vite" che è immediatamente attecchito.

 

F

 

- Fadda: non era una contrada, ma indicava una zona con un tratto molto scosceso, quasi a perpendicolo e, quindi, in  pratica ... ve n'erano un po' dovunque.

- Fasulari: contrada variamente condotta e con vari tipi di culture, verso i pianori della Punta d'argentu, collina di circa 800 metri verso la parte Sud Est del Paese. Percorso a piedi circa 2 ore e mezza.

 

H

 

- Hjalamurda: proprio dirimpetto alla parte centrale del paese, al di là del torrente S.Elia (parte montan ) dai Baroni Piromalli pervenuta per acquisto a mio nonno Pellicanò e da lui donata ai figli Maria, Cristina e Francesco...via via venduta...ora , quasi "spezzettata". Sorgive d'acqua limacciosa (buona soltanto per cuocervi i legumi, dopo decantazione, naturalmente), ma anche per irrigazione dei vari orticelli. Gli uliveti, mesi a dimora dal nonno, ancora giovani consentivano abbondanti esercitazioni sia per fulei (nidi) che per ...apprendere a salire sugli alberi.,...arrampicarsi, dondolarsi tra i rami...

Da mio padre ho saputo: quand'erano ragazzini lui e suo fratello - più anziano, di tre anni - andavano spesso in questa vicina campagna, con le " nostre" stesse intenzioni...ma ad un certo punto Peppino ( mio padre ) si è allontanato un po' troppo verso valle e Ciccio (suo fratello), pensando volesse tornare a casa, si affannava a chiamarlo  perché attendesse ancora un po'...ma Peppino non "udiva", allora...allora un bel sassolino lanciato con una certa violenza, con l'intenzione di non colpire il bersaglio, ma soltanto di...far un po' di rumore....invece, guarda caso, a petrata u cchiappau nda testa  (il sasso lo ha colpito in testa) ...cominciare a gridare a strepitare per il dolore...eh povero Ciccio...cosa può fare?  cerca di calmarlo, di farlo tacere - nelle vicinanze c'era il padre: burbero ed attento - eh beh! cosa fare? Pippinu tirimi 'ncorp'i petra a mmia e ssimu a paci, bbasta chi nnon ciangi !

"Ora, per mettere tutto in equilibrio...dai un colpo di pietra a me...ma non piangere !"...Facile, facile...come i bambini. Credo che tutto sia andato bene, ma non sono certo che mio padre diede il colpo di pietra a suo fratello !

 

J

 

- Jargianò: contrada con sorgiva d'acqua - naturalmente molto fresca - sul ramo destro del torrente (che poi sarà S.Elia), dirimpetto al cimitero. File lunghissime di persone e quadrupedi bardati con relativi bumbula (orci di terracotta della capienza di circa 30/40 litri) e bbumbuluni  (recipienti di latta o zinco) della capienza di circa 50 litri; sia gli uni che gli altri portati:  a'n testa (sulla testa)  dalle donne,  a rretu cascia  (sul dorso, reggendoli con le due mani), dagli uomini....nde cofineddi (nelle ceste da basto) dai somari e dai muli. Questa sorgiva era famosa perché non di rado - o piuttosto spesso - si litigava, anche molto seriamente, a proposito da vicenda  (del proprio turno).

- Juvani: torrentello, contrada e sorgiva....omonimi. Molto vicina al paese, in un fondovalle di argilla grigio piombo. Famosa perché c'era una "miniera"....si proprio una miniera di piombo...il cui sfruttamento era stato iniziato...all'epoca dei Borboni....ma probabilmente calcoli attenti hanno fatto recedere tutta l'organizzazione....forse non c'era minerale abbastanza da giustificare le ...spese e,.... naturalmente, ...le "mazzette": abbandonata. Ricordo, però, una grossa siepe di rovi che nascondeva una sorta di apertura...quasi l'inizio di un tunnel....ma ho sempre saputo che ...prima o poi....nei secoli...qualcuno potrebbe iniziare i lavori per lo sfruttamento. Ora?, non so se " gente" che conta è a conoscenza....della miniera.

Gli anziani raccontavano una pia leggenda: sembra che il quadro della Madonna del Buon Consiglio, titolare della Parrocchia di Fossato J.co, sia stato trasportato dagli Angeli, dalla Bulgaria? e depositato in vicinanza dell'imbocco della miniera, in un dirupo scosceso e sopra dei maestosi rovi.

 

L

 

- Laccu: uliveti già vecchi e, naturalmente, sorgiva d'acqua nella collina a scosceso verso  Lungja

- Lanzina: una contrada (avevano buone proprietà miei vicini di casa) della quale sentivo dire...verso il torrente Bagaladi .

- LIANDRU: Leandro,  località sulle colline nel Comune di Motta S.G. - una grande forra , quasi un grande anfiteatro morenico - a circa 600 / 700 mt. s.l.m. e un gran poggio laterale, verso nord-ovest - famosa per due manifestazioni: una fiera di bestiame e varie  (primo sabato di luglio) ed una festa religiosa del 15 agosto.

La denominazione , e, quindi anche il nome personale, maschile e femminile - nulla a che vedere con gli oleandri, i quali, a quell'altitudine, non allignano - potrebbe derivare , secondo il Pensabene (*) -  dalla posizione: una spianata ed un gran poggio. Il poggio in latino tribunal - corrispondente alla nostra tribuna - dalla radice di tribuno, cioè comandante di almeno 1.000 uomini (in greco chiliarios)  - dal quale avvenivano le arringhe alle truppe. Facile, quindi, pensare ad una trasposizione e contrazione del termine greco, con la trasformazione popolare di ario in andro, in Liandro, diventato, dunque in definitiva Liandru. Certamente, in passato, avamposto romano e, successivamente dai bizantini dedicato alla Madonna .

Il nome personale al  maschile potrebbe derivare dal greco laòs, popolo e andròs, uomo, quindi  uomo del popolo, adattato anche al femminile.

A fera du Liandru: molto interessante perché si commercializzavano, oltre che al bestiame di tutte le taglie, anche i prodotti della terra e, si era appena subito dopo la mietitura e la trebbia . Nella zona vi era una stazione "di monta" autorizzata per vaccine: i proprietari ne approfittavano per far sfilare il loro tori, orgoglio delle razze locali: da latte e da lavoro. Molti prodotti di terra cotta, dai contenitori per l'acqua (bbumbula, bbumbuleddi) che era facile trasportare a mezzo di caratteristici carretti, naturalmente trainati da muli o robusti asini.

Le strade d'accesso? viottoli campagnoli e, soltanto nelle parti vagamente pianeggianti, un po' allargati ... una doppia mulattiera, insomma.

A festa du Liandru: una chiesetta, sembrerebbe del IV o V  sec. con una statua in marmo dell'Assunta (certamente di epoca bizantina), molto interessante anche dal punto di vista artistico.  Accanto alla chiesa : un enorme, annoso, plurisecolare noce la cui ombra "riparava" veramente sia dalle calure estive che dalle intemperie invernali. La festa si svolge in due periodi. Nel mese di novembre un artistico quadro è portato in processione fino a Motta S.G., dove resta nella Chiesa di S.Caterina fino al 15 agosto e quindi riportato in processione fino alla Chiesetta del Leandro. Questa volta, però, la processione, attraverso i campi si spinge fino alle ultime propaggini montagnose,  (sul ...filo dei quasi 1.000 mt. s.l.m.) in vista di Fossato. C'è una roccia, sulla quale, per tradizione, era celebrata la Messa, dal Parroco di S. Caterina di Motta, Arciprete. Da quellla "rocchetta" - altare , nell'omelia della Messa, frequentemente il celebrante ha ricordato con descrizione molto panoramica, il fatto che dalla posizione è derivato il nome del Santuario.

Tradizione: I Calabrò, miei antenati, da parte di mamma, erano responsabili sia della seconda processione che dell'amministrazione dei fondi raccolti. Nelle prime ore del 15 agosto il delegato, accompagnato dai fedelissimi si portava a Motta S.G. e prendeva in consegna il venerato quadro, naturalmente firmando un atto in presenza di testimoni e, parrebbe , molto anticamente, anche di un notaio o facente funzioni. La gente delle case sparse dei campi, quella di S.Luca e discendenti portava a spalla il quadro, sistemato su una "vara" leggera. La processione era preceduta da un carretto, trainato da qualche ronzinante mulo, che trasportava dei grossi bidoni d'acqua per annaffiare la strada per...attenuare la polvere, non certamente con esito favorevole tenuto presente sia il periodo - di grande siccità - che il terreno sabbioso e polveroso. Comunque si andava volentieri a dispetto della polvere e del caldo . Nella "tettoia" delle colline, in vicinanza alla famosa roccia ( a rrucchedda da Madonna: la piccola roccia della Madonna) si facivinu i ggioch'i focu, ma allora i campi erano nudi, soltanto seminativi e pascoli , quindi non esisteva pericolo d'incendi. Quindi il ritorno. Di fronte alla chiesetta una piazzuola e sul lato sinistro, guardando l'ingresso, la costruzione di vecchie abitazioni; la piazzuola, lastricata di pietre un po' sconnesse per l'età e per l'uso, era contornata da muri di cinta sovrastate da colonne, fatiscenti, le quali certamente, avranno sorretto degli architravi, resti del tempio bizantino . Erano tutti beni dell' arcipretale di S. Caterina.

Alla processione di novembre, quando cioè il quadro è portato dal Leandro a Motta S.G. vi provvedeva la gente di Motta e campagne, mentre a quella di Agosto,  provvedeva la gente di S. Luca, Fossato etc....e, spesso, senz'aiuti reciproci e/o vicendevoli, anzi, non di rado con dispute e animosità....sotto il quadro della Madonna...chissà ? ci scappava anche qualche grossa parola...?!

Al ritorno nella Chiesetta il delagato, aiutato da altri, dalle finestre della vecchia casa attaccata alla chiesa, lanciava  i paniceddi , piccoli panini...per i poveri. In effetti questo lancio era atteso soprattutto dai bambini e ragazzotti che facevano a "spintoni" per procurarsene. E, poi, dopo la "predica" del Sig. Arciprete e l'annuncio da parte del delegato, delle somme raccolte, comprese le rimesse che giungevano da fedeli residenti altrove, -anche all'estero - ...tutti a dissetarsi alla naturale freschissima fonte.

La fonte: tre zampilli forzati per mezzo di tubi metallici da una serbatoio interrato e nascosto da un'apposita struttura in muratura; di solito sotto questi zampilli vi si mettevano delle grosse ceste contenenti bevande da tenere al fresco o, angurie ancora intere. La   zona era ricca di sorgive e l'acqua era talmente fresca e buona che...era indicata come termine di paragone da chi, nell'estate torrida, sentiva veramente il bisogno di dissetarsi e , tra le bottiglie messe a rinfrescare spesso veniva fuori anche qualcuna congelata..

Ora le cose sono cambiate molto: è cambiato il panorama! E' scomparso il vecchio noce che per secoli è stato "punto d'incontro" e "salotto buono" di riferimento:  sutt'a nucara du Liandru! I campi, da circa 40 anni, sono stati rimboschiti a pinete, la sabbia e la polvere ?, una stradina, ben percorribile, peraltro, bitumata attraversa tutti i campi - (una delle primissime realizzazioni di stradelle interpoderali...anni 1950/60) e consente di raggiungere, da una parte, attraverso S. Antonio,  Bagaladi e Gambarie e dall'altra Fossato e, dal suo proseguimento verso mare, anche Saline, nella località Riace.-

La sorgiva d'acqua fresca?...soltanto memoria; la Messa celebrata sulla roccia, all'aperto....ormai, anche in questo ci si è modernizzati: la Messa viene celebrata in uno spiazzo, all'ombra di antichi castagni su un altarino approntato, per l'occasione, da una delle ultime famiglie discendenti da quei Calabrò....miei antenati, ma la processione riesce a raggiungere ancora la famosa roccia anche se poca, pochissima gente ha ancora voglia di arrivarci....a piedi ci si stanca e ...ci si riempie di polvere....e si  suda... E' il progresso!

Nella mentalità dei nostri predecessori era la festa dei campi, dell'abbondanza sudata e con soddisfazione ottenuta .

Durante la processione non era raro vedere anziane o vecchie donne dei campi che offrivano alla Madonna, non solo le loro preghiere, nel linguaggio semplice e genuino , anche prodotti della terra; che ringraziavano - per grazia ricevuta, almeno quella della serenità - e gli uomini anziani portavano un orciolo di quell'acqua fresca - grazia di Dio e della Madonna - da offrire a chi sudava veramente per trasportare la "vara".

Sia la fiera che la festa erano ottime occasioni per incontrarsi, per fare "una rimpatriata" con parentado ed amici...e, qualche volta anche...per farsi vedere, suscitando simpatie che...si trasformavano in matrimoni . Per cui c'erano delle dicerie :ad una giovane ti levu a fera  (festa) du Liandru con l'intento di ...cercare, farsi scegliere....ed anche il contrario: a livaru  puru a festa du Liandru....l'hanno, finanche portata, alla festa...ma non c'è stato proprio nulla, nulla ...nessuno se n'è accorto! Non c'è stato l'esito sperato...non c'è speranza!

- Livitu: praticamnte tutte le campagne del paese erano "oliveti", ma con questo termine s'intendeva indicare una zona precisa, a nord-est , case isolate, verso il cimitero sul torrente che ha dato il nome, ma scende da Crivini.

- Lianò: contrada, località e villaggio, a qualche centinaio di metri s.l.m. vicino a Saline. La zona era soprattutto seminativa e a colture autunno/inverno/primavera; mandorleto fichi e fichi d'india pochi alberi di olivo per la produzione di olive da tavola: il terreno non è idoneo alla coltivazione di olive da olio, è molto grasso e darebbe sgradevole acidità e grasso all'olio.

I nonni Calabrò erano proprietari di vastissimi appezzamenti coltivati. Personalmente vissuti periodi di semina di mietitura e di trebbia, fino agli anni 40. (vedi anche Cufò).

Si partiva di tardo pomeriggio portando utensili e vettovaglie necessarie per tutti i giorni di lavoro, si dormiva a casa di una zia (zia Carmela, sorella del nonno Calabrò); una buona parte della squadra veniva dal Paese, altri sul posto.

Il ricordo più vivo: l'ubicazione delle abitazioni, con tunnel di passaggio tra un gruppo e l'altro, l'esposizione a Sud-Est; l'emozione più forte: chi scrive, all'epoca, sei sette anni, era il più piccolo di casa, il bambino, quindi coccolato da tutti zii diretti, pro zii... latte di mandorla con le mandorle pestate al momento e freschezza di fonte.

- Limbja: dal versante Sud Est di punti d'Argentu, verso Melito-Chorio . Coltivata soprattutto a frutteto, ma zona arida adatta a fichi, mandorli, fichi d'india...ora in buona parte ad uliveti, ancor giovani.

- Lungja. (o semplicemente lungìa): altopiano di circa 800-900 mt s.l.m., terreno sabbioso alluvionale, rari vigneti e qualche ciuffo di pinastro. Ora rimboschito: alberi di circa 30 anni: sul cocuzzolo, per volontà del popolo su idea del Parroco (Don Angelo Meduri) nel 1995 è stata costruita una cappella con una madonnina in marmo Madonna di Lungja (Lungìa), dedicata ai forestali: prestazioni volontarie e lavoro artigianale, inaugurata e benedetta il 13 agosto 1995 dall'Arcivescovo Mondello. Di recente, nel “piccolo Santuario“ ...sta ...venendo la moda.... di celebrare il matrimonio...Niente male, però, se è veramente devozione...il rischio che stia diventando soltanto...moda!...per farsi notare! Il termine potrebbe essere una trasposizione del toscano toponimo Lunìa (Lunigiana).

 

 

 

M

 

- Majurana: contrada al di sotto di Lungja e quasi al limitare con le ultime case del paese. Essenzialmente oliveti, ma anche ampie zone incolte. Deve la denominazione alla presenza di una piantina aromatica e profumata: l'origano (origanum majorana che sarebbe una trasformazione della voce greca amarakos) detto anche, ufficialmente, maggiorana. Da questa voce potrebbe esser derivato anche il toponimo di amarcani, maracani,  e la trasformazione in mangiacani.

- Mangiacani: salendo dal Casaluccio verso Lungja: una tenuta essenzialmente coltivata ad oliveti.

- Mantina: Guardando dal torrente Calamaci verso sinistra in alto; sembrava una grossa frana con grandi forre e pochissime sono vagamente pianeggianti. una volta terra da cereali e vigneti, ora, solo uliveti.

- Maracani: sull'altipiano del monte omonimo, parte nel Comune di Montebello e parte in quello di Motta S.G., una volta soltanto bosco di castagni con qualche vigneto e poca terra arabile, coltivata a cereali, soprattutto orzo e segale. Definita in catasto "bosco ceduo e pascolo arborato"; ora rimboschita a pinete da parte del Consorzio di bonifica montana......Se gli incendi, non sempre spontanei, consentono ....c'è speranza che...fra alcune decine d'anni si possa ricreare un ambiente boschivo. La derivazione e l'origine del nome? Certamente dall'intenso profumo dei prati, di maggiorana ed origano  = maggiorana: origanum majorana, pianta perenne; origano: origanum vulgare  erbacea pluriennale = abbondanti sui pianori intorno ai 1000 mt. s.l.m. (*)

- Mara Franca: (**)zona a colture varie, con presenza di diverse fonti d'acqua, dalle parti dell'inizio del torrente Boschetto.

- Maru Peppareddu: (**) è uno spuntone di roccia calcarea  intorno ai 950 - 1000 mt s.l.m. , noto soprattutto perché il 15 agosto vi giunge la processione dell'Assunta dal Liandru. Una volta pascolo arborato, ora rimboschito a pineta. In concessione ai Consorzi di bonifica montana.

(**) Maru, mara….secondo G. Pensabene starebbe ad indicare che vi sia stata una fortezza, e i luoghi non escluderebbero tale eventualità!

- Marbaggedda: dalle parti di "punta d'argento": arso, fichi d'india, spini....ora coltivato ad uliveti....fiorenti...

- Marsioli: sembrava proprio una ferita: una frana molto larga e quasi a perpendicolo...ora rimboschita e coltivata ad uliveti.

- Maru Bbrunu: sul crinale del Serro d'Atò...ficariti e liviti coltura arboricole a fichi ed uliveti.

- Maru Ndria: sulla falda destra del torrente Boschetto: colture varie, dal bosco ceduo al giardino.

- Maru Mastru Cicciu: su in alto quasi in cima alla montagna che sovrastra S.Luca. Presenza notevole di acque irrigue e sfruttamento relativo.

- Maru Peppareddu: era soltanto un punto di riferimento: una roccia friabile calcarea e dintorni nudi, battuta da tutti i venti ed asciutta. Notevole perché il 15 agosto la Processione della Madonna del Leandro, attraverso i campi - allora quasi tutto proprietà dei Calabrò  - arrivava fin là e su quella rocca si celebrava la S.Messa...... al sole di agosto!

- Maru surdu: una zona nelle vicinanze del rione S.Luca, coltivata a piccoli appezzamenti di giardini.

- Mbiati morti: nelle vicinanze di S.Luca: scoscesa e arida, soltanto qualche annosa quercia.

- Menzu cugnu: contrada in prossimità del villaggio di S.Luca; acquitrini in buona parte coltivata ad orti e giardini stagionali.

- Micuni (maru Micuni): nelle vicinanze di Carbiali: orti, giardini e vigneti. Certamente all'origine apparteneva ad un certo Domenico Britti, detto, appunto: Micuni.

- Mizzisiri: una vasta  mezza conca a colture varie, con un piccolo raggruppamento di case abitate.

 

 

 

N

 

- Nchianata i Rriggiu: verso l'origine del torrente Calamaci, nella zona Sauccio, una stradella portava verso i campi e....anche per me, in giovanissima età, verso Reggio, da cui il nome. Non era una contrada vera; era soltanto un'indicazione di luoghi molto estesi e con varie difficoltà di accesso.

- Ndileré: (un'ipotesi: è probabile che all'origine si stata individuata come ndi Leré, cioè presso....Leré  come soprannome o come contrazione del nome Andrea) contrada non molto vasta dirimpetto al paese, proprio appena oltre il torrente S.Pietro, dall'alveo fino in cima alla collina: già uliveti, piccoli giardini e qualche appezzamento di bosco di castagni.

- Ndi ngjia: (Ngjia potrebbe aver il significato di scemo, stupidotto, tant'è che qualche vecchia nonna ancora rivolgendosi al nipotino lo apostrofa:  ngj.....) nelle vicinanze del rione S.Luca: orti e giardini.

- Nucaredda: andando sul greto del torrente S. Pietro verso Pruppo, a qualche centinaio di metri dal Paese s'incontra ...un primo "affluente" , una specie di spaccatura strettissima con parenti molto alte e, tutta la zona coltivata, all'origine a ortaggi, anche fin su, quasi in cime....ora soltanto uliveti e qualche raro albero di noce.

 

 

O

 

- Ortu - ortura: l'orto, gli orti : indicazione di località secondo personali esigenze.

                                  

                                              

P

 

- Paludi: uliveti di grandi estensioni nel Comune di Bagaladi....circa due ore di marcia...ora circa 20 minuti con auto apposite attraverso viuzze...interpoderali.

- Pampogna: una tradizione orale vuole che il paese di Fossato sia stato fondato dai Romani, soldati di un certo Pomponio che, colti dall'inverno, hanno bivaccato in questa conca naturale protetta dai monti e dalle strettoie dei vari torrenti confluenti nel S.Elia. Non so molto della loro provenienza e/o destinazione: a volo d'aquila  e di fantasia non si dovrebbe esser lontani....reduci da una guerra o partenti per una campagna....Già nelle vicinanze di Melito c'era l'avamposto romano, di cui la colonna, ora al Museo di Reggio,  testimonia date e circostanze....

Pare che questi soldati abbiano ...apprezzato il clima e siano tornati portando le loro abitudini e...creando il paese, lontano dal mare (circa 15 Km) ma in vista del mare! (le epoche, i controlli...a chi ne ha voglia e capacità!).

Certo è che hanno portato il "cavolo", si, proprio il cavolo verde. Messo a dimora sul finire d'agosto, fornisce alimento, ricco  soltanto di fibre e sali minerali....- proteine ?! -  per tutto l'inverno. I giardini della valle al di sotto del Paese, forse una volta greto del torrente, laddove non sono stati già urbanizzati, conservano ancora questa coltura e con orgoglio, da chi ne ha conoscenza, vengono indicati come "gli orti di Pomponio", ....da cui Pampogna. Orti e giardini, dov'è possibile ancora....coltivarli, vengono irrigati utilizzando l'acqua della sorgiva di Pruppu . Il sistema è quello tradizionale; la ripartizione delle acque e " a tempo ": tanti minuti, od ore , per ogni settimana, ma sempre alle ore....del.... Fino ad alcuni anni fa alcune persone, pagate annualmente dai consorzisti assumevano l'incarico di rripartituri: orologio da tasca alla mano indicavano ad ognuno...quando finiva, o iniziava, il proprio "diritto"; altre persone assumevano anche l'incarico di mbiviraturi: funzioni ormai scomparse....ognuno provvede per sé...con le immaginabili conseguenze ! Di solito venivano incaricati anziani e, quel tanto che riuscivano a guadagnare durante il periodo estivo (jus dal 15 maggio al 15 settembre...e, poi pagato a parte...se la stagione era ancora secca) era loro...sufficiente, o quasi, per tirare avanti....; naturalmente erano scelti tra i più affidabili e tra i più resistenti alla fatica: turni di 24 ore...più volte la settimana!

Le acque appartengono a questo consorzio che, pare, sia stato costituito sul finire del '700: non possono esser vendute...soltanto cedute, annualmente, o, passate  per donazione agli eredi - di recente è stata accettata anche la vendita contemporanea all'orto o giardino cui si riferiscono -

Personale ricordo: intorno agli anni 1940, durante i normali lavori di dissodamento per le piantagioni invernali....in una certa zona sono state trovate delle monete e resti di ossa quasi fossilizzate. All'epoca sia il proprietario che i lavoratori...hanno taciuto...per le giuste preoccupazioni di fermo lavori da parte della Soprintendenza alle Antichità....qualora ne fosse informata e qualora avesse  avuto voglia e mezzi per giungere sul posto ed effettuare opportuni sopralluoghi.

Comunque intenditori del posto (probabilmente il Medico) hanno affermato....sempre in un gran sussurrare, senza far tanto chiasso...per non essere uditi, che effettivamente si trattava di monetine di epoca romana e che probabilmente le ossa sarebbero appartenute ad uomini di quell'epoca .

Fino a non molti anni fa viveva ...il proprietario delle monetine ed aveva anche la gentilezza di farmele ...vedere, di tanto in tanto e di pregarmi, a tempo perso, di far qualcosa per togliere lo strato di ...ruggine e incrostazioni....verdastre, rameiche.

Morto lui, buonanima! i discendenti non sanno di che si tratta...forse quel "tesoro" è stato buttato via: a trovare pace di nuovo fra la terra che l'ha custodito già per circa 2.000 anni.

Si trattava di circa una ventina di "pezzi" di varie dimensioni e dalla forma vagamente rotondeggiante.....con figure impresse nelle due facce e, certamente, anche iscrizioni non visibili sotto gli strati di incrostazione verdastra... Quindi certamente di rame o con percentuale elevata di tale metallo.

Secondo alcuni, invece, il nome della contrada potrebbe essere una replica del nome della città etrusca Populonia , che sorgeva presso l'odierna Piombino.

- Pantana -  Pantaneddu -  Pantanu longu: Contrade sulla parte Nord Ovest, Nord delle colline che terminano nell'altopiano di Maru peppareddu, Maracani, Barreca. Tutte famose per le sorgive d'acqua e per - credo ancora attuale - sistema di divisione (delle acque) e di conduzione-trasporto ed irrigazione. Le sorgive, rispetto ai giardini, erano molto in alto, verso il culmine delle colline. Il terreno: una sorta di argilla rossastra ricchissima di ferro  ottima  per la  produzione  di lavorati in terracotta:  sia  mattoni  (he talvolta venivano usati senza esser cotti) ed attrezzi ed utensili vari .Esistevano sia furnaci  (forni per la cottura dei mattoni ed altro)  che carcari, forni o per la produzione della calce. I terreni si prestavano a coltivazioni di cereali, soprattutto frumento ed esistevano estese coltivazioni a giardini ed orti . Verso la parte destra un lieve altopiano e vigneti di una certa importanza.

All'origine apparteneva quasi tutto ai Calabrò - forse quelli dell' epoca 700/800 - poi pervenuta ai figli, ai nipoti, ai nipoti....ora...frammentato e quasi tutto incolto. Qualcuno degli ultimi acquirenti ha tentato impianti di uliveto...e parrebbe che almeno un "antesignano" abbia tentato di costruii dei capannoni attrezzandoli per l'allevamento di caprioli (loro dicevamo cervi...per aver una certa importanza!), ma non credo abbia avuto successo.

- Petri i mulinu:  varie zone, per la verità, così chiamate perché abbondava la roccia dalla quale si ottenevano le pietre per i mulini...e, quindi, gli artigiani capaci di farlo!

- Petri rrussi: una zona a scosceso verso Capo D'Armi a limite tra i Comuni di Motta S.G.e Montebello. Una volta buona parte di proprietà dei Calabrò...poi venduta: coltivata a cereali. Zona pietrosa e difficile, esposta ai venti ed arsa....ma adatta ai vigneti...ora in buona parte imboschita a pini da parte dei vari consorzi di bonifica montana. Nota già ai greci che si erano fermati a Leucopetras, Capo d'Armi e vi avevano impiantato dei vigneti ....vedi....

- Pirara papala: era un punto di riferimento: esisteva un enorme pero i cui frutti erano appunto detti pira papali per la loro mole...enorme, grandiosa...ma anche per il gusto...piuttosto sciapo (contrappasso dantesco per l'aggettivo "papale".)

- Pizzurru: contrada, uliveti, alberi da frutta e giardini alla base delle colline nella parte alta del torrente Calamaci, verso sinistra; importante come punto di riferimento per i tratti scoscesi che di là cominciavano e perché vi si trovava una grandissima aia per la trebbia situata, proprio sul greto del torrente ben esposta ai venti e con degli enormi spazi per la costruzione delle biche.

- Pruppu: si potrebbe dire che qui "nasce il torrente S.Elia" estesa dal greto del torrente ai contrafforti delle colline, con varie falde e forre nelle quali vi si trovavano abbondanti sorgive d'acqua. Una di queste sorgive - sembra però che l'acqua, qui vi giunge attraverso un tunnel artificiale del quale nessuno, ora saprebbe indicare posizione ed andamento , ma che è stato costruito sul finire del ' 700 - resta tuttora a disposizione di un " consorzio", nato appunto in quell'epoca , per l'irrigazione degli orti e giardini del paese. Per il sistema di irrigazione e la ripartizione vedi. Pampogna.

- Punti d'argentu: si indica la cima, ma molto estesa, dell'omonima collina, verso Sud Sud-Est del Paese. Fino a qualche tempo fa'  soltanto mandorleti - selvatici? - e fichi d'india spontanei...ora, sembra, molto diligentemente ed attivamente coltivato con piantagioni di giovani uliveti... Fino a quando ?  fino a quando dura questa buona volontà....?

 

Q

 

- Quarta: sulla parte destra ed alta, proprio vicino all'inizio, della hjumara i bbuschettu . Sembra abbia avuto questo nome perché quella zona - non si sa, ora, quanto estesa - costituiva la " quarta parte " di una donazione...di uno zio che non aveva eredi diretti, ad uno dei suoi nipoti... Già da sempre in parte olivetata ed in parte vigneto e giardini con abbondante acqua...che, però, sapeva di argilla .

- Quartucciu: il nome potrebbe derivare dalla misura, frantoiana, dell'olio: circa lt. 1,750 . Potrebbe essere accaduto che, volendo fare una valutazione....si sia tentato di esprimersi in quantità di prodotto netto per ogni giovane albero: giovane all'epoca ! ora sembra che alcune piante superino di gran lunga....il mezzo millennio ! La contrada è situata nelle vicinanze del rione S.Luca, nella parte alta, verso sinistra di quella grossa contrada , così recepita dal Catasto , Angiuluta  o , familiarmente, chianti .

 

R   

 

- Rahali: una contrada verso la cima delle colline che affacciano verso Bagaladi, composta da piccoli appezzamenti a terrazze. Il termine potrebbe derivare dal greco Rhakos, cencio, pezzetto a cagione della sua conformazione; ma potrebbe anche essere un artificio lessico: cenciosi, sfiniti erano i guerrieri di ritorno da una guerra perduta, i quali, però, venivano ancora utilizzati - perché esperti - come vedette che sorvegliavano le mosse del nemico in mare. Da quelle colline, infatti, era abbastanza visibile e, per lungo tratto, il mare da Capo d'Armi fin quasi a Bova.   

- Razzia: o anche Grazzia: più che una vera e propria contrada, indicava una località , sul greto del torrente S.Elia, presso Montebello, dove ogni anno, il 2 luglio, si svolgeva una fiera/mercato di bestiame e varie .

- Rramundinu: in Catasto indicata anche come "Boschetto".

Familiarmente dai nonni e da noi, ora proprietari, chiamata Castagnitu. Ma è vero che la parte alta, verso punti d'argentu, ora dei miei fratelli, sconfina in quella contrada propriamente detta Rramundinu. Vedi  Castagnitu.

- Rrinazza: - Rrinazzola: Non è una vera e propria contrada  è soltanto un luogo molto sabbioso praticamente improduttivo,

Va detto, una volta almeno, che quasi tutte le colline della parte Nord e dell'arco Nord-Est, Nord-Ovest manifestano ancora la loro origine...marina: vi si trovano conchiglie e piccoli fossili di epoche preistoriche e questa sabbia (rrina) granulosa, ma sottilissima, biancastra o tendente al giallo....molto simile a quella delle nostre spiagge joniche....quindi....

- Rruvulu: in generale non è una contrada, ma un punto di riferimento ed un omaggio verso uno di questi annosi e grandissimi alberi. In particolare, quando se ne parla in paese, ci si riferisce ad una "borgata" (ora, ma fino a tempo....esattamente contrada) ufficialmente denominata Rovere, cioè rruvulu italianizzato.

 

S

 

 - Sant'antoni: .... su per i campi, parte nel Comune di Montebello e parte in quello di Motta S.G. borgata - contrada sulla tettoia delle colline, intorno ai 1000 mt. s.l.m....ora ingrandita per la quantità delle costruzioni : seconda casa ? casa per le ferie estive ?

Ora di facile accesso essendo attraversata sia da vie interpoderali, allargate e bitumate (male!) che da una via intercomunale che, attraverso l'altopiano congiunge i Comuni di Motta, Montebello e Bagaladi . E' stata sempre, però, un crocevia importante ed un passaggio d'obbligo per chi doveva raggiungere la Città, con i mezzi di allora .

- Santastasi: località e contrada riportata in Catasto come Santa Anastasia - Nella zona fino a circa 50 anni fa' ( personale memoria ) esistevano i resti di una basilica bizantina : un muro, in parte coperto da siepi, con tipiche pitture a colori...ricchissimi...bizantini ; secondo alcune recenti ricerche quei ruderi apparterrebbero ad una delle quattro Basiliche: S.Anastasia, appunto .

- Sarafina: contrada sul lato sinistro del torrente , finalmente diventato, S.Elia , in vicinanza della borgata Serro. Ora soltanto oliveti ; abbondavano le piantagioni di fichi e di fichi d'india.

- Saucciu: torrente, nella fase iniziale , ,e contrada che finisce in vicinanza della borgata Calamaci . Per le abbondantissime sorgive d'acqua di roccia , la parte vicina alle due sponde coltivata a giardini e verso le colline a vigneti ed uliveti. L'acqua residua veniva utilizzata a valle, verso Calamaci, Galimi, Fossatello.

Importante: da queste parti si veniva, giornaliere lunghe file di donne con ceste sul capo e di asini opportunamente preparati , per " fare il bucato" e, quindi, stendere al sole la biancheria. Vedi bbucata .

- Scarpazza: fase iniziale del torrentello omonimo nella valle tra le contrade rruvulu - chianti- quartucciu e la contrada-borgata S.Luca. Orti, giardini ed uliveti: l'acqua sapeva fortemente di argilla. C'erano in questa zona: un frantoio - palmento , due aie, una fornace per i mattoni e / o laterizi, in genere ; l'argilla giallo - rossiccia si prestava e la presenza delle varie sorgive lo permetteva.

Una delle importanti vie d'accesso alla borgata S.Luca...attraverso i viottoli e, il greto del torrente, naturalmente.

- Schicciu: si indicava una qualsiasi zona o località in posizione particolare: molto scoscesa, improduttiva, perché impossibile coltivarla, frequentemente rocciosa...E c'era una contrada così tale: a Nord - Ovest del rione Serro, una falda scoscesa della collina detta "Maru Brunu"; una forra rocciosa ed improduttiva, ma che aveva una piccola sorgente d'acqua utilizzata per produzioni orticole sul greto del torrente  "Schicciu" e del "Calamaci". La sorgente, anticamente molto importante, schizzava, spruzzava…da cui il nome della località, che probabilmente era detta Schiccio.

- Sciddupìa: (repertata in catasto come SCILLUPI'A), contrada molto vasta dell'altipiano tra il Comune di Motta S.G., Reggio Cal. e Montebello Jonico a ridosso del Santuario della Madonna del Leandro e dell'omonima contrada.

Alcuni anni fa', utilizzando fondi.... regionali , è stato costruito un invaso (Diga?, sarebbe troppo!) per la raccolta delle acque piovane e di sorgive, con lo scopo di incanalarle ed utilizzarle per irrigazione.....a valle . Il risultato non dev'essere stato eccellente. Certamente qualcosa non ha funzionato....o nella fase di progettazione (ideazione!) o nell'ultima , di realizzazione...Secondo alcune voci (solite voci....maledette!) non sono state sufficienti le " tangenti" per gli amici....E' certo, invece, che già dalla ideazione si sapeva che il bacino imbrifero era povero...Ma questa potrebbe esser polemica!

- Sena: Località presso la quale esisteva un impianto di sollevamento di acqua dal sottosuolo . Ruote ad ingranaggi, verricelli, sistemi di trasmissione , catene con secchielli legati ed adattati e...trazione animale: una vacca, un mula...all'occasione anche un asinello...era a sena .

- Serru d'Atò:  la "schiena d'asino", spartiacque, parte alta sinistra del torrente S. Elia, passaggio obbligato verso le contrade Dadora, a sua volta nella fase iniziale del Melissari. Molto vagamente una specie di Mont-serat spagnolo, ma costituito essenzialmente da argilla, o rocce argillose, grigiastre . Aveva il suo fascino soprattutto per il disegno dell'orizzonte all'imbrunire. Parte incolto e parte con giovani uliveti e fichi e fichi d'india.

- Signuri: una delle vie d'accesso alla borgata S.Luca: strettissima valle  che costituisce u jadduni du Signuri, poco illuminata, umida....sorta di "gola profonda", canyon,...alla messicana. Solo qualche abitazione, un frantoio e giardini a colture estive ed uliveti.

- Sparta': contrada, a forma di promontorio, alla confluenza del torrente Boschetto - Ramondino con il S.Pietro: oliveto, alberi da frutta.

- Strumbu: sotto della borgata Serro, proprio adiacente al greto del torrente: annosi uliveti e, ora scomparse, varie specie di alberi da frutta: fichi, fichi d'india e, qualche giardino verso la ... contrada chiuppu.

 

T

 

- Taverna: contrada a varie culture - soprattutto vigneto, nelle vicinanze di Carviale.

Ricordo particolare:  Il nonno Calabrò in questa contrada possedeva un grande vigneto, al limite del quale un tale teneva animali da pascolo e da cortile.....moltissime galline...ruspanti. Si sa che gli animali, liberi, vanno in cerca di cibo; facilmente quindi questi pennuti sconfinavano nel vigneto provocando danni di una certa entità. Il proprietario, ogni anno avvertito....non "sentiva da quell'orecchio e perciò le galline continuavano a....ruspare nella vigna.  Un bel giorno - credo dell'anno 1938 - andavo da quelle parti con mia zia Leandra - residente in Australia dal 1950 , che mi ha ricordato l'accaduto nell'inverno 95/96, durante una sua visita in Italia - e lei molto più attenta ed accorta notò, a distanza una gran quantità di pennuti...al pascolo nel vigneto. Richiamò la mia attenzione e mi ordinò di cercare delle pietruzze rotondeggianti del volume di una noce, abbondanti in quel terreno alluvionale, per la verità. Cominciò a prendere di mira qualcuna ...e...fallita! ...poi un'altra, colpita!...ancora un'altra: colpita! ancora un'altra....colpita! Fino a quando ...il grande "sciame" ha avvertito il pericolo e, producendo il frastuono delle "oche sul Campidoglio" si è allontanato: sul "campo" sono state raccolte ben cinque vittime. Siamo andati a portare...le vittime al legittimo proprietario il quale, però, con una grande arte diplomatica ha risposto che si le galline erano sue...ma che una volta sconfinate...ne aveva perso il possesso, per cui potevamo portarle via; s'impegnava, comunque, a predisporre un adeguato recinto...per evitare la giusta "decimazione".

- Timpi Rrussi: denominazione di una zona, qualsiasi e dovunque, con la terra dal colore rossiccio o rossastro e con varie "sfregiature" da frane antiche, antichissime o recenti.

- Traché: estese ulivetate nel Comune di Bagaladi....molto lontano, allora, a piedi, da...noi e, quindi , poco conosciuto .

 

U

 

- Urguri: una grossa borgata: praticamente il centro del paese . Potrebbe essere un residuo di parole di etimo grecanico che avrebbero il significato di : stalla, stretto, chiuso...da cui il latino urgere, aver fretta, avere urgente necessità di ... Queste ed altre interpretazioni si presterebbero ad illustrare la sistemazione orografico ed abitativa di questo grosso rione. Ma potrebbe anche essere un toponimo tipicamente toscano: Urgheri ( Bolgheri).

 

 

V

 

- Vigni Randi: le vigne, i vigneti ...di grande estensione, in colline, in pianura, in altopiano ... dovunque.

- Virgu: torrentello, affluente del S.Elia, verso Sud-Ovest e contrada dal greto alla collina sulla strada verso Montebello: culture varie, essenzialmente uliveti e vigneti....nella parte bassa anche orti e giardini.

 

Z

 

- Zzimburru: zona, più che contrada, pascolo  in parte seminativo, nelle vicinanze della contrada Carbiali. Nota a tutti i bambini della mia età perché una zia in un certo giorno di un certo inverno ha "visto il lupo"...proprio visto, non avvistato. A pochissima distanza, saltellante e certamente affamato ma stranamente gentile; non le ha fatto del male e forse nessuno dei due ha avuto paura (lei e/o il lupo) dell'altro. Probabilmente si saranno appena guardati ...e poi ognuno per la sua strada.