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Il Regolamento (Ce) n. 1103/97 stabilisce:
- art. 5
le regole di arrotondamento che occorre
seguire nel caso di conversioni in euro o nelle monete nazionali di
importi monetari da pagare e da contabilizzare. Tali importi, se espressi
in euro, devono essere arrotondati al centesimo, per eccesso, se la
frazione non è inferiore a 0,005 euro, e, per difetto, se la frazione è
inferiore a tale ammontare.
La circolare del Ministero delle Finanze 291/E '98
chiarisce, all'art. 2, che un euro è suddiviso in centesimi, per cui, se
convertendo, si ottengono più di due decimali dopo la virgola è necessario
arrotondare. In sostanza, in base all'enunciato criterio, si applica l'arrotondamento
matematico (es.: un importo di 10,254 euro va
arrotondato a 10,25 euro mentre un importo di 10,255 euro, o superiore, si
arrotonda a 10,26 euro).
A tale proposito, è opportuno segnalare che il
metodo differisce dall'arrotondamento computistico, usato, ad esempio, in
materia di imposte sui redditi e di Iva, metodo che prevede,
l'arrotondamento per difetto degli importi che si pongono nel mezzo, per
cui, lire 1500 sono arrotondate a lire 1000 mentre lire 1501 sono
arrotondate a lire 2000.
Un importo monetario in lire, che non costituisce un
autonomo importo da contabilizzare o pagare, è regolamentato come "calcoli
intermedi" dal D. Lgs. n. 213/98 che, con l'art. 3 secondo comma,
chiarisce che è possibile trattarlo, anche elettronicamente, con un numero
di cifre decimali a piacere. Dunque la norma non pone un limite massimo
al numero di cifre decimali rappresentabili a terzi (es.: nel corpo della
fattura il prezzo scaturito dalla moltiplicazione fra prezzo unitario e
quantità) anche se non si ritiene vi sia interesse - per gli oneri che ciò
comporterebbe - ad utilizzare un numero di cifre decimali superiore a
quello minimo.
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