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Come pregano i giovani
di Alessia V. - maggio2000
Un po' a sorpresa, da una inchiesta svolta su un campione di
ragazzi dai 18 ai 30 anni, si è scoperto che, nonostante
la voglia di "sballare", di esagerare, di vivere a
colori forti ogni secondo, rimane vivo nella maggior parte di
loro il bisogno di alzare ogni tanto gli occhi al cielo e di
stare per un po da soli con Dio, con quel Dio troppe volte
ignorato per poter vivere e divertirsi senza doversi poi preoccupare
dei rimorsi di coscienza, tante volte inutilmente scomodato,
paradossalmente accusato di essere indifferente e lontano ma
che in fondo, in ultima analisi, non è per niente "malaccio"
perché sempre pronto a perdonare in quanto conosce
le mille debolezze dell'uomo e lo ama ugualmente nonostante
tutti i suoi ristretti limiti e la sua grande fragilità...
È proprio con questo Dio un po' amico e un po padre
che ai ragazzi piace "dialogare", poiché
lo sentono vicino alle loro inquietudini e ai loro sogni. A
questo Dio che conosce ogni singolo individuo nel profondo,
i ragazzi si rivolgono non tanto per chiedere qualcosa quanto
per ringraziarlo dei momenti di felicità
e per
domandare aiuto nei momenti più neri e più brutti,
quelli in cui la solitudine attanaglia il cuore e la tristezza
vince ogni forza.
La solitudine rimane la condizione preferita per la preghiera
in quanto permette di assaporare di più il contatto con
Dio ma il primato della chiesa come luogo in cui abitualmente
si prega viene decolonializzato per favorire la tendenza a pregare
"ovunque mi trovi" e "quando mi viene spontaneo".
Infine anche se il modo preferito di pregare è "recitare
preghiere che ho imparato", la preghiera viene anche interpretata
come "momento di silenzio e di ascolto" e come "momento
per riflettere sul senso della vita". |
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