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Mass media, croce o delizia?
di Marco G. - marzo 2002

Circa mezzo secolo fa l’uomo ha iniziato a guardare dentro uno schermo rettangolare, forse dalla novità di quelle persone che proponevano attraverso di esso una lingua pulita, un modo di vestire “alla moda” e atteggiamenti nuovi, magari in molti casi lontani dalla realtà quotidiana di chi viveva in campagna e discendeva da secoli di generazioni contadine, con il risparmio come valore fondamentale.

immagine: ContrastoIn queste e in altre persone la televisione avrà rappresentato qualcosa di marginale in quanto non aiutava a seminare il campo e non dava da mangiare alle bestie. Come ricorda P. Melograni anche molti intellettuali dell’epoca erano scettici riguardo la diffusione di questo nuovo mezzo: ”criticarono l’arrivo della televisione, sostenendo che la gente si sarebbe fatta passivamente intorpidire da questo nuovo strumento con una perdita secca rispetto agli usi e ai costumi di un tempo” (La modernità e i suoi nemici, Milano, Mondadori, 1996)

Effettivamente, se da un lato questo è vero, dall’altro ha contribuito in modo inequivocabile a far conoscere ”la lingua italiana agli italiani” che usavano esclusivamente il dialetto. (cfr. P. Melograni, op.cit.) Ovviamente questo discorso può essere valido se si considerano i primi venti o trenta anni di televisione perché, secondo il mio punto di vista, quando ormai l’Italia aveva raggiunto una unità linguistica e culturale i programmi televisivi hanno iniziato a proporre uno stile di vita votato alla spensieratezza; è nato così il “varietà” che ha riscosso sempre un grande successo di pubblico perché gli italiani in famiglia, dopo una giornata di lavoro o il sabato sera con gli amici cercavano nella televisione un po’ di sano divertimento e tranquillità.

Negli ultimi anni invece da quando si è andato sempre più accentuando l’aspetto dell’audience, tutti i programmi vivono in funzione del numero di telespettatori ed ecco che le trasmissioni che prendono il sopravvento sono quelle che fanno ridere e divertire il pubblico. Non me! Ballerine a seno nudo, battute sempre spinte e volgari, mai velate, sono un po’ il segno di un cambiamento ulteriore della società e della TV, che era nata con l’auspicio di omogeneizzare la cultura italiana e ore sembra voler fare di tutto per sopprimerla.

Sono quindi d’accordo con E. Pantò quando dice che: “i bollini verdi, gialli e rossi servono solo ad eludere le proprie responsabilità di educatore”(da Internet, censura e valutazione dei contenuti “Tracciati”, 16 febbraio 1998). Molto probabilmente la nascita di Internet ha fatto sì che la televisione cercasse nuovi modi per stupire il pubblico…e sembra stia riuscendo abbastanza bene a “tenere botta”, basta guardare i dati auditel di certe trasmissioni… per avere la conferma di questa voglia di provare qualcosa di nuovo e magari vietato basta osservare il numero di accessi ai siti pornografici; a questo proposito la riflessione di Pantò sembra rivelarsi proprio azzeccata: “il sito di Playboy ha sempre avuto un numero di accessi elevatissimo e probabilmente sarà grazie a siti di questo genere che il commercio elettronico un giorno decollerà (…)” (op. cit.)

Molti considerano questa mancanza di pudore e di rispetto nei confronti della persona (perché secondo me di questo si tratta) come un fatto marginale nel mondo di Internet, i sostenitori del “villaggio globale” vedono nella rete un grande punto di partenza per aumentare i contatti tra le diverse culture e quindi la tolleranza.

Non è dello stesso avviso W. Griswold che esprime tutte le sue perplessità in “ Sociologia della cultura” (trad.it., Bologna, il Mulino 1996) a proposito del supposto multiculturalismo attraverso Internet. Griswold afferma che la globalizzazione sta creando delle “nicchie culturali” che superano i confini politici e geografici ma che sono comunque costruite intorno alla somiglianza e non alla diversità, creando un paradosso: la globalizzazione non aumenta la tolleranza ma la diminuisce (cfr.op.cit.)

Mi ha colpito molto questa frase di Griswold: “il villaggio globale e le nicchie culturali sono comunità che sembrano però prive di spessore”(op.cit.); essa esprime qualcosa di inquietante: l’epoca in cui viviamo, ricca di tutto quello che si può immaginare, se analizzato in profondità rischia di apparire vuota di ideali, vuota di contenuti, vuota di passione per la vita e di interesse per la cultura.


immagine by Ansa

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