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L'adozione: cos'è e come avviene
di Cristina V e Cristina M. - marzo 2001

Ci si vanta sempre di più di vivere in una società che presenta un progresso che sembra destinato a non fermarsi. Tutto è progresso… ma a volte il progresso si spinge troppo oltre! Conquiste scientifiche sono arrivate a rendere artificiale anche ciò che dovrebbe essere la cosa più naturale del mondo: la maternità e la paternità.
adozioneVi sono famiglie prigioniere del calcolo razionale per le quali un figlio è poco, due sono troppi, allora è meglio fermarsi a uno! Altri vedono i figli come frutto di un errore: “meglio gettarli nella spazzatura”. Altri desiderano tanto un figlio, ma questo figlio tanto atteso non arriva.

Che fare? Affidarsi al progresso? Adozione? Affidamento? Voglio soffermarmi inparticolar modo sull’adozione, che, badate bene, non equivale a dire affidamento. Moltissimi sono i bambini destinati a passare quelli che dovrebbero essere gli anni più belli della loro vita in istituti. Anche nella nostra piccola realtà moltissimi sono i pregiudizi nei riguardi dell’adozione.

Adozione...una scelta importante da fare, dura la strada la percorrere. In Italia il tribunale per i minorenni gestisce la vita di questi bambini che non hanno avuto la fortuna di avere una famiglia come gli altri bambini.

Punti su cui verte l’adozione sono:

- l’adozione di un minore è consentita ai coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, non separati e ritenuti idonei ad educare, istruire e in grado di mantenere i minori che intendo adottare. L’età dei genitori “adottanti” deve superare di almeno tredici anni e non più di quarant’anni l’età del minore.

- il minore che ha compiuto 14 anni non può essere adottato se non presta il proprio consenso: il consenso dato può comunque essere revocato al momento della pronuncia definitiva dell’adozione.

- se il minore ha compiuto 12 anni deve essere personalmente sentito, se ha un’età inferiore può essere sentito se questo non comporta per lui un pregiudizio.

- sono dichiarati adottabili i minori in situazione di abbandono (privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi).

- lo stato di adottabilità del minore è comunque dichiarato dal tribunale dei minori.

- i coniugi interessati all’adozione devono presentare la domanda che accede dopo due anni al tribunale per i minorenni specificando l’eventuale disponibilità ad adottare più fratelli.

- il tribunale per i minorenni, accertati i requisiti dei coniugi, effettua delle indagini riguardanti l’attitudine ad educare il minore, la situazione personale ed economica, la salute, l’ambiente familiare degli adottati, i motivi per i quali essi desiderano adottare il minore e sceglie fra le coppie che hanno presentato domanda quella più adatta.

- a questo punto il tribunale per i minori può disporre l’affidamento pre-adottivo che può essere revocato se si dovessero verificare delle difficoltà di convivenza.

- trascorso un anno dall’affidamento il tribunale per i minori, che ha dichiarato lo stato di adottabilità può disporre o meno l’adozione.

- dopo l’adozione il minore acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti dei quali assume e trasmette il cognome.

Forse questa sorta di elenco può sembrare “crudo” ma queste sono le tappa burocratiche da percorrere. Esse in fondo sono indispensabili per assicurarsi la felicità del minore per evitargli altri traumi. È un cammino duro e difficile da seguire, ma penso che tale desiderio se realmente puro e naturale, non egoistico viene esaudito.


Per avere una testimonianza concreta di chi vive l’esperienza dell’adozione abbiamo intervistato Marco Paolini e Pina Mari, già affidatari di un ragazzo filippino e da poco genitori di un bambino della stessa nazionalità.
Perché la scelta dell’affido?

Perché ci hanno chiesto se eravamo disposti ad accogliere un minorenne straniero che si trovava in gravi difficoltà e non ci siamo sentiti di dire di no di fronte alla sofferenza di un ragazzo.

Non avete avuto paura di attaccarvi troppo a lui e poi di soffrire vedendolo andare via?

No, perché al centro c’era la sofferenza di questo ragazzo, c’era l’urgenza di aiutarlo, non ci siamo per niente posti il problema del dopo.

Dall’affido all’adozione: raccontateci questo passaggio.

Non è stato proprio un passaggio perché già quando eravamo fidanzati, nei nostri progetti matrimoniali c’era anche l’adozione, perché ci piaceva l’idea di dare una famiglia a chi purtroppo non ce l’ha. Certo, l’esperienza dell’affido ci ha preparati in parte all’adozione, in quanto ci ha resi coscienti delle eventuali difficoltà e parallelamente ci ha fatto sperimentare la bellezza dell’amore gratuito.

Le vostre famiglie come hanno reagito quando avete comunicato loro di voler adottare un bambino?

Inizialmente hanno reagito con molto scetticismo dovuto alla paura dell’incognito, ora invece sono molto felici.

Quali problemi avete dovuto affrontare per vedere realizzato il vostro progetto?

Non abbiamo dovuto affrontare particolari difficoltà; l’unico problema è stato il prolungamento del periodo dell’attesa, causato dalla crisi politica nelle Filippine; in genere, infatti, l’iter burocratico dura un anno, per noi due anni.

Come avete vissuto il periodo dell’attesa?

Il primo anno e mezzo è trascorso nella tranquillità, poi invece è iniziato un periodo di stress da attesa, di tensione, anche perché sapevamo che il bambino ci stava aspettando.

Come ricordate il primo incontro con vostro figlio?

Il nostro primo incontro è stato carico di emozione: da una parte c’era la gioia di vederlo dopo che per tanti mesi lo avevamo solo immaginato, d’altra parte però c’era la sofferenza del bambino che stava lasciando per sempre delle persone a cui era da tempo legato, in particolare l’assistente sociale e una signora che negli ultimi mesi lo aveva avuto in affido per aiutarlo a fare il passaggio dall’istituto alla famiglia.

Che cosa vi siete detti?

Non ci sono state parole in quanto la lingua diversa non ci permetteva di comunicare verbalmente, ma appena ci ha visti ci ha preso la mano e l’ha appoggiata alla sua fronte (ci hanno spiegato che è un gesto di rispetto che i figli fanno ai genitori) poi ci siamo guardati, e mentre noi gli sorridevamo lui si è messo a piangere e nella sua lingua diceva che sì voleva venire con noi, ma gli dispiaceva lasciare le persone a cui voleva bene. È stato un momento molto emozionante, in cui ci sembrava di essere la causa della sua sofferenza, ma con il passare dei giorni ci siamo accorti che era stato un momento di crescita utile per iniziare una nuova vita, perché già dopo pochi giorni aveva dimenticato quel dolore.

Essere chiamati mamma e papà: che cosa provate?

In queste due parole c’è grande tenerezza, senso di responsabilità e amore che ci riempie il cuore.

Vi siete sentiti subito rivestiti del ruolo di genitori?

Sì, perché il bambino aveva bisogno di sentirsi protetto per potersi fidare di noi, ma all’inizio non è stato naturale, ci siamo dovuti forzare.

Come sta andando la convivenza?

Le prime tre settimane sono state un po’ difficoltose perché la comunicazione verbale era impossibile ed il bambino non sapeva gesticolare,inoltre faceva spesso i capricci un po’ per metterci alla prova e un po’ perché era disorientato. Ora invece le cose vanno molto meglio.

Cambiereste qualcosa dell’attuale legge sull’adozione?

Ci sembra troppo alto il limite massimo di 45 anni di differenza perché con l’avanzare dell’età si rischia di non riuscire a capire il proprio figlio.

Permettere di adottare anche a coppie di fatto, a single o a gay: cosa ne pensate?

Ogni bambino per una equilibrata crescita psico-affettiva ha bisogno di relazionarsi con la figura maschile e femminile e di avere una stabilità affettiva ed educativa, per cui crediamo che solo la famiglia può avere tali prerogative.

Pensate di fermarvi qui o volete allargare la famiglia?

Ci piacerebbe allargarla ulteriormente, ma dobbiamo fare un passo alla volta per non creare disequilibri.

Che consigli vi sentite di dare a chi ci sta pensando?

Se sentono il desiderio di donare senza pensare di ricevere, vadano avanti tranquillamente perché in questo caso le difficoltà si superano senza troppo affanno.

...e a chi pensa che siete un po’ “matti”?

Sì, siamo un po’ matti nel voler cogliere le occasioni di amare, matti nel non rimanere chiusi nelle proprie certezze, matti nell’essere sempre disponibili nel mettersi in gioco, matti nel credere che se ci si apre alla vita, si sperimenta la presenza di Dio che ci guida.


immagine by Ansa

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