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Per non dimenticare
di Marco G. - febbraio 2001

Il 27 gennaio si è celebrato il “giorno della memoria”; il 27 gennaio 1945 infatti le truppe sovietiche abbatterono i cancelli del campo di sterminio più tristemente famoso: Auschwitz.

Raccontare facendo un riassunto di tutte le notizie che ho ricevuto da libri, films, documentari e siti Internet servirebbe a poco. Infatti, leggendo le tante testimonianze dei sopravvissuti alla shoah (termine ebraico che letteralmente vuol dire “annientamento”) si rimane senza parole, forse servirà a rendere il giorno della memoria qualcosa di costante nelle nostre menti perché non si possono dimenticare i sei milioni di ebrei uccisi, perché non si può far finta di niente di fronte alla nostra storia più recente, perché dimenticare equivarrebbe a fregarsene…

Auschwitz, Birkenau, Monowitz-Auschwitz, Buchenwald, Bergen-Belsen, Dachau, Mathausen, Belzec, Chelmno… sono solo alcuni nomi delle centinaia di campi di deportazione, di concentramento e di sterminio sparsi in tutta Europa negli anni della II Il lavoro rende liberi - entrata al campo di AuschwitzGuerra Mondiale… le storie dei sopravvissuti ci raccontano senza ingrossamenti televisivi o commerciali la realtà di quei luoghi neanche tanto lontani da noi nel tempo e nello spazio.
ARBEIT MACHT FREI (il lavoro rende liberi) era quello che i deportati trovavano scritto sulla porta d’ingresso al più esteso campo di stermini, sperduto nella Polonia meridionale: Auschwitz.

“…Emersero invece nella luce dei fanali due drappelli di strani individui. Camminavano inquadrati, per tre, con un curioso passo impacciato, il capo spenzolato in avanti e le braccia rigide. In capo avevano un buffo berrettino, ed erano vestiti di una lunga palandrana a righe, che anche di notte e di lontano s’indovinava sudicia e stracciata. Descrissero un ampio cerchio attorno a noi, in modo di non avvicinarci e, in silenzio, si diedero ad armeggiare coi nostri bagagli, e a salire e scendere dai vagoni vuoti. Noi ci guardavamo senza parola. Tutto era incomprensibile e folle. Ma una cosa avevamo capito: questa era la metamorfosi che ci attendeva. Domani anche noi saremmo diventati così.” (P.Levi, Se questo è un uomo)

“In un caso in cui una madre non voleva essere separata dalla sua figliola di 13-14 anni, e morse e graffiò il viso dell’SS che cercava di infilarla a forza nella fila a cui era stata assegnata, Mengele tirò fuori la pistola e sparò alla madre e alla bambina. Come ulteriore punizione, mandò in gas tutte le persone di quel trasporto che erano già state selezionate per il lavoro, commentando: ‘via questa merda!’.”(Lifton)

“…pensate davvero che senza la speranza che un mondo migliore sarebbe stato possibile, che i diritti dell’uomo sarebbero stati restaurati, noi avremmo potuto sopportare il campo di concentramento anche per un solo giorno? È quella speranza che fa andare la gente alla camera a gas senza un mormorio, che li trattiene dal rischiare una rivolta, che li paralizza in una apatica inattività […]. È la speranza che comanda all’uomo di aggrapparsi a un giorno di vita in più, perché quello potrebbe essere il giorno della liberazione […]. Mai prima d’ora nella storia dell’umanità la speranza è stata più forte dell’uomo, ma altresì mai prima essa ha nuociuto tanto come in questa guerra, in questo campo di concentramento. Non ci è mai stato insegnato ad abbandonare la speranza, ed è perciò che oggi periamo nelle camere a gas.”(Borowski)

Ad Auschwitz, un giorno, venne mandato dalle SS un giudice amministrativo ad investigare sulla corruzione; il problema non era che nel caso si ammazzasse la gente, ma che l’assassinio non era condotto secondo gli standard delle SS. La fucilazione degli internati al “Muro Nero” era illegale, mentre la loro uccisione nel Block 11 mediante l’iniezione di fenolo era perfettamente legale come lo erano le camere a gas… sembra una battuta, vero?

Una lettera del 28 giugno 1943 dalla Direzione Centrale delle Costruzioni al Gruppo C di Birkenau, indica che la capacità giornaliera era stimata a 340 corpi per il crematorio I; 1440 corpi ciascuno per i crematori II e III e 768 ciascuno per i crematori IV e V. Quindi, i cinque forni potevano incenerire 4765 cadaveri ogni 24 ore…

“Abbiamo appreso il valore degli alimenti; ora anche noi raschiamo diligentemente il fondo della gamella dopo il rancio, e la teniamo sotto il mento quando mangiamo il pane per non disperdere le briciole. […] Eccomi dunque sul fondo. A dare un colpo di spugna al passato e al futuro s’impara assai presto, se il bisogno preme. Dopo quindici giorni dall’ingresso, già ho la fame regolamentare, la fame cronica sconosciuta agli uomini liberi, che fa sognare di notte e siede in tutte le membra dei nostri corpi…” (P. Levi, Se questo è un uomo).

Nel 1941, Himmler chiamò Höss a Berlino, e in segreto gli chiese di trasformare Auschwitz in un campo di sterminio: “il Furher ha ordinato che la questione giudaica sia risolta una volta per tutte… ora ho deciso di affidare questo compito a voi. È difficile, e oneroso, e richiede completa dedizione nonostante tutte le difficoltà che possono sorgere… voi terrete quest’ordine assolutamente segreto, anche al cospetto dei superiori… i giudei sono i nemici giurati del popolo tedesco e debbono essere sterminati. Ogni giudeo sul quale ci riesca di mettere le mani deve essere distrutto ora, durante la guerra, senza eccezioni.”

Le selezioni per la camera a gas erano fatte all’arrivo ad Auschwitz, ed in seguito periodicamente per eliminare i “mussulmani” (gergo di Auschwitz per coloro che erano vicini alla morte per fame e privazioni). I dottori del campo erano strettamente coinvolti nel processo di selezione. I bambini e le madri, gli anziani e tutti coloro che erano troppo deboli per lavorare erano mandati in gas ad Auschwitz-Birkenau.

Le selezioni al campo erano fatte durante gli appelli. I prigionieri erano obbligati a stare in piedi al freddo nudi, per ore e ore, mentre i medici e le SS li esaminavano per DECIDERE chi sarebbe vissuto e chi sarebbe morto.bambini in un vampo di concentramento
“…così le parlai… e poi morì. La buttarono là e basta, con gli altri corpi. La mia bambina. E così uno dopo l’altro. Una, quella di sei anni, era già morta quando arrivai. Non la vidi più. Non molto dopo, morì anche l’altro. Erano solo pelle e ossi. Ossa e pelle, nient’altro, si potevano contare le costole. Gli occhi infossati nel viso. I miei bambini erano morti, tutti e tre.” …si potrebbero raccontare migliaia di altri particolari, di altre atrocità, ma credo che memoria significhi soprattutto tenere sempre presente il fatto che l’uomo ha dimostrato fino a dove può arrivare la propria libertà, memoria vuol dire far si che nessuno più si spinga a compiere simili atti.

Ricordando l’olocausto si devono però ricordare oltre ai sei milioni di ebrei morti in quegli anni anche tutti gli altri morti causati da estremismi sbagliati, sia di destra che di sinistra (vedi i “campi di rieducazione” comunisti). Il giorno della memoria non deve restare un giorno che serve per tenere la coscienza a posto!

Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:

considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.

Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.


(P. Levi, Se questo è un uomo)


immagine by Ansa

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