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Comportamenti inusuali
di Leonardo F. - aprile 2002

Ogni volta che legge quello che scrivo in queste pagine la mia mamma dice sempre che sono un tantino polemico, che sono duro, che quel che scrivo non sempre si digerisce facilmente.

Sono contento di come la pensa e non intendo cambiare. Perché da che mondo e mondo le parole più difficili da mandare giù sono quasi sempre quelle più discordanti dal nostro modo di pensare o quelle che risvegliano in noi qualche misterioso meccanismo di riflessione, ripiegamento su sé stessi e sul proprio comportamento.

Perché dunque attenuare il mio tono di scrittura? Per mettere il cuore in pace agli uomini di buona volontà? Nossignore, molto meglio dire tutto in faccia, con un sadico quanto inconsapevole senso di noncuranza verso i pensieri distorti di chi cerca di mettere a tacere la voce della propria coscienza. Non sto parlando di persone lontane anni luce dalle nostre case, di aberranti personaggi dalla vuota personalità ritrovabili solo in contesti metropolitani. Siamo noi quelli che si devono guardare allo specchio.

Cosa abbiamo fatto di male? Nulla, purtroppo. “Purtroppo” perché se almeno avessimo compiuto azioni maligne, avremmo fatto qualcosa. Invece, da buoni italiani – ma il concetto è espandibile oltre i confini territoriali dello stato – quali siamo, aspettiamo diligentemente il prossimo turno con l’ottimistica speranza che prima o poi qualcuno cambi l’andazzo del sistema. Non è forse così? Non ci ha mai pensato nessuno almeno una volta? Se qualcuno ha il coraggio di rispondere “no” a questi semplici quesiti farà a bene a riflettere con me nel modo che gli propongo.

Il metodo è semplice: prendiamo una Bibbia – quel libro che dovrebbe trovarsi in bella vista nella casa di ogni cristiano che si consideri tale, e non solo per riempire la libreria – e dopo averla appoggiata in un modo a noi congeniale, apriamola. Basta una pagina a caso, ma è preferibile il Nuovo Testamento. Da quel punto in poi cominciamo a cercare qualche riferimento sugli atteggiamenti di vita che dovrebbe avere un cristiano e, man mano che proseguiamo nella lettura, chiediamoci se il nostro modo di vivere è discretamente conforme a quanto è scritto. Se vogliamo andare sul sicuro facciamo anche un salto a guardarci i comandamenti di Dio a Mosè e poi, dopo una non troppo sommaria riflessione, tiriamo le somme: siamo ancora convinti di vivere abbastanza cristianamente?

Forse il problema sfugge ai più, ma qualche lettore attento potrebbe anche capire il senso di questa storia. Facciamo un esempio ancora più terra – terra. Prendiamo un ateo. Parliamo con lui. Confrontiamo il nostro stile di vita con il suo. Notate qualche differenza sostanziale oltre al diverso rapporto che egli ha con il metafisico rispetto a noi? Non credo, anzi, ne dubito molto profondamente. Tutto ciò che ci distingue da lui è il fatto che noi portiamo al collo una catena con crocifisso incorporato, oppure mettiamo nel portafoglio immaginette votive verso santi e sante; per il resto il modo in cui noi affrontiamo la vita si confonde con il suo.

Dov’è la differenza? Perché non si vede? Il motivo è abbastanza semplice. Ogni giorno ci vengono proposti modelli di vita sempre più liberi, incondizionati, i quali promettono illimitate prospettive. La società del consumismo ci ha abituato a considerare realizzabile qualunque desiderio materiale e non; il comportamento di una persona viene sempre meno messo in discussione e sempre più considerato come espressione libera delle proprie idee.

I media quotidianamente dissolvono limiti e tabù fissati ormai da anni, decenni, sotto lo scudo di una esageratamente sventagliata libertà; libertà di parola, di azione, di chennesòio… è partito così un processo che, prima lentamente, poi sempre più freneticamente, ci ha risucchiati come in vortice in cui, se prima eravamo noi coloro che decidevano delle proprie azioni, ora non ne possiamo più essere sicuri. pensate che siamo così liberi da permetterci il lusso di avere televisioni di stato che inneggiano al sesso più di espliciti film pornografici, c’è chi reclama per noi il diritto di liberalizzare la droga e chi la spaccia per propaganda, chi si batte per introdurre anche da noi pillole del giorno dopo nelle scuole.

Sono troppo moralista? Forse sì, forse no. Okay, siamo d’accordo tutti sul fatto che ogni essere vivente ha diritto alla libertà di gestire la propria vita come meglio crede, preferibilmente per viverla nel migliore dei modi; è quindi giusto chiedere tutti i diritti di cui sentiamo il bisogno, nel limite e rispetto di altrui imposto dalle leggi. Il problema si pone quando ogni volta che si insegna la libertà allo stesso tempo non viene insegnata quella di capire la libertà che si ha; da come vanno gli affari oggi viene solo professata la libertà di abusare della libertà che si vuole.

A chi va data la colpa? Come da copione alla società, quell’oscuro capro espiatorio su cui scaricare le cause dei mali del mondo. Ma forse sfugge a qualcuno il fatto che i primi elementi costitutivi di questa fantomatica “società” siamo noi, che ogni domenica andiamo a messa, ascoltiamo le belle e lontane parole del prete che ci solleticano – si spera – il cervello, poi… poi niente. La messa è finita, andate in pace.

Noi, quelli che dovrebbero essere l’esempio del comportamento cristiano e che invece siamo camaleonticamente indistingubili da agnostici, atei e quant’altro. Dov’è finito il nostro Dio? Dove lo abbiamo lasciato? Se davvero abbiamo libertà di esprimerci, sarebbe ora di cominciare a sentirsi liberi di essere cristiani, di professare la fede, piuttosto che ricordarsene in casi estremi quali furti, omicidi ed altre cosuccie varie. È ujn impegno precso che va affrontato giorno per giorno, sentendosi obbligati ogni giorno a valutarci e valutare sotto la luce della fede, che a volte sembra ancora troppo offuscata.


immagine by Ansa

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