di Paolo Quintavalla
La campagna
prima larvata ora esplicita contro i dirigenti scolastici non conosce soste, in
una escalation polemica che lascia increduli. Bisogna riconoscere che esiste
una ben precisa area culturale e politica che i dirigenti li ha sempre amati
poco e continua ad amarli poco, anzi li detesta. Quella stessa area che molti
anni fa propugnava il “preside elettivo” e che ora non perde occasione per cercare
di limitarne le prerogative. Come dovevamo interpretare l’atteggiamento tenuto
da una buona parte dei sindacati dei docenti durante le trattative
contrattuali, se non una pratica negazione di legittimità ad acquisire gli
aumenti retributivi conseguenti all’assunzione del nostro nuovo status
professionale?
Pochi giorni
fa i D.S. sono stati definiti da illustri parlamentari “padroni della scuola”, anzi “padri-padroni”
e il collega Palermo ha prontamente lanciato il suo
ironico “sassolino”.
Ma che i
dirigenti scolastici possano essere, sia pure in prospettiva, equiparati ai
novelli feudatari della medioevale scuola autonoma, che secondo questi critici
radicali si starebbe profilando, non era ancora balenato in alcuna mente, per
quanto fervida e magari libera dai normali freni inibitori della logica.
Ora, invece,
in un appello che sta circolando in Rete i nostalgici
dell’assemblearismo si oppongono con questa fulgida motivazione all’ipotesi
governativa di riordino degli OO.CC. “Il disegno di legge prevede una feudale
commistione di poteri: il dirigente
scolastico sarà contemporaneamente organo di controllo, indirizzo ed
esecutivo”.
Ma come si può
accettare che sia un feudatario (pardon: un dirigente scolastico), notoriamente
incompetente ed irresponsabile nella gestione del feudo (pardon: della scuola),
a dirigerne il Consiglio? Per migliorare la qualità della scuola sarebbe
meglio, naturalmente, affidarne la presidenza ad un genitore qualsiasi
dotato, invece, di accertata competenza e di sicura responsabilità (parliamo di
quella giuridica e non certamente di quella morale)!
Quanto
all’accusa di feudalesimo riconosco, purtroppo, che è vera. Confesso, infatti, che
certi colleghi si apprestano a scavare fossati e a issare ponti levatoi intorno
al castello (pardon: l’ufficio di presidenza) ed che altri preparano truci
strumenti di tortura nelle segrete (pardon: gli scantinati) per addomesticare i
riottosi servi della gleba (pardon: docenti ed Ata), umiliati ed offesi.
E ne conosco
altri, più maliziosi, che sperano, con tutte le belle insegnanti che pullulano
nei Collegi, in un possibile ritorno di quel privilegio certamente feudale –
ma, si converrà, stuzzicante - che va sotto il nome di “ius primae noctis”.
Nell’eventualità che si avveri, per parte mia affermo fin da ora, rammentando
gli insegnamenti del buon Cecco, che “torrei giovani e leggiadre” e che,
naturalmente, “brutte, vecchie e laide lasserei altrui”.