DIRIGENTI SCOLASTICI, NOVELLI FEUDATARI!

 

Nuga n. 54 del 16 marzo 2002

 

di Paolo Quintavalla

 

 

La campagna prima larvata ora esplicita contro i dirigenti scolastici non conosce soste, in una escalation polemica che lascia increduli. Bisogna riconoscere che esiste una ben precisa area culturale e politica che i dirigenti li ha sempre amati poco e continua ad amarli poco, anzi li detesta. Quella stessa area che molti anni fa propugnava il “preside elettivo” e che ora non perde occasione per cercare di limitarne le prerogative. Come dovevamo interpretare l’atteggiamento tenuto da una buona parte dei sindacati dei docenti durante le trattative contrattuali, se non una pratica negazione di legittimità ad acquisire gli aumenti retributivi conseguenti all’assunzione del nostro nuovo status professionale?

Pochi giorni fa i D.S. sono stati definiti da illustri parlamentari  “padroni della scuola”, anzi “padri-padroni” e il collega Palermo ha prontamente lanciato il suo ironico “sassolino”.

Ma che i dirigenti scolastici possano essere, sia pure in prospettiva, equiparati ai novelli feudatari della medioevale scuola autonoma, che secondo questi critici radicali si starebbe profilando, non era ancora balenato in alcuna mente, per quanto fervida e magari libera dai normali freni inibitori della logica.

Ora, invece, in un appello che sta circolando in Rete i nostalgici dell’assemblearismo si oppongono con questa fulgida motivazione all’ipotesi governativa di riordino degli OO.CC. “Il disegno di legge prevede una feudale commistione di poteri: il dirigente scolastico sarà contemporaneamente organo di controllo, indirizzo ed esecutivo”.

Ma come si può accettare che sia un feudatario (pardon: un dirigente scolastico), notoriamente incompetente ed irresponsabile nella gestione del feudo (pardon: della scuola), a dirigerne il Consiglio? Per migliorare la qualità della scuola sarebbe meglio, naturalmente, affidarne la presidenza ad un genitore qualsiasi dotato, invece, di accertata competenza e di sicura responsabilità (parliamo di quella giuridica e non certamente di quella morale)!

Quanto all’accusa di feudalesimo riconosco, purtroppo, che è vera. Confesso, infatti, che certi colleghi si apprestano a scavare fossati e a issare ponti levatoi intorno al castello (pardon: l’ufficio di presidenza) ed che altri preparano truci strumenti di tortura nelle segrete (pardon: gli scantinati) per addomesticare i riottosi servi della gleba (pardon: docenti ed Ata), umiliati ed offesi.

E ne conosco altri, più maliziosi, che sperano, con tutte le belle insegnanti che pullulano nei Collegi, in un possibile ritorno di quel privilegio certamente feudale – ma, si converrà, stuzzicante - che va sotto il nome di “ius primae noctis”. Nell’eventualità che si avveri, per parte mia affermo fin da ora, rammentando gli insegnamenti del buon Cecco, che “torrei giovani e leggiadre” e che, naturalmente, “brutte, vecchie e laide lasserei altrui”.