I
NOSTALGICI DELL’ASSEMBLEARISMO
di Paolo Quintavalla
Nutro grande rispetto per le assemblee
ordinate e produttive in cui si vagliano ipotesi, si formulano proposte e si
decidono importanti scelte professionali. Ho grande rispetto per gli incontri
collettivi in cui emergono chiare competenze, riconoscibili responsabilità,
decisioni condivise con conseguenti compiti individuali. Confesso, invece, che
nutro un’avversione istintiva e viscerale per l’assemblearismo, malattia
infantile e parodistica della collegialità forzata, palestra di fluviali
logorroici e di pseudo-condottieri frustrati che devono inventarsi le guerre
per affermare uno straccio di leadership.
Ho pensato a questa polarità leggendo l’
appello telematico dell’area associativa riconducibile alla Cgil “per una
gestione democratica professionale ed autenticamente autonoma degli organi
partecipativi della scuola italiana” che sta circolando in questi giorni
nella Rete e nelle scuole.
L’appello prende posizione sulla discussione
conclusiva sul nuovo assetto degli organi collegiali della scuola iniziata alla
Camera dei deputati con questo incipit: “Il disegno di legge prevede una
feudale commistione di poteri: il dirigente scolastico sarà contemporaneamente
organo di controllo, indirizzo ed esecutivo” e più oltre “saranno
liquidate le assemblee per genitori e studenti”.
I nostalgici dell’assemblearismo, una volta
bollato il dirigente come novello “feudatario”, per risolvere la questione,
propongono in sostanza il mantenimento dell’esistente cioè l’affidamento della
presidenza del Consiglio di scuola ad un genitore, in una
lotta-dura-senza-paura contro la storia e contro ogni elementare principio di
competenza e di responsabilità.
Ah, come erano belli i tempi in cui si poteva
tutti giocare agli “OO.CC.” (leggasi: organi collegiali). Vinceva la partita,
come è noto, chi produceva i più sonori bla-bla-bla!