I NOSTALGICI DELL’ASSEMBLEARISMO

 

Nuga n. 53 del 16 marzo 2002

 

di Paolo Quintavalla

 

Nutro grande rispetto per le assemblee ordinate e produttive in cui si vagliano ipotesi, si formulano proposte e si decidono importanti scelte professionali. Ho grande rispetto per gli incontri collettivi in cui emergono chiare competenze, riconoscibili responsabilità, decisioni condivise con conseguenti compiti individuali. Confesso, invece, che nutro un’avversione istintiva e viscerale per l’assemblearismo, malattia infantile e parodistica della collegialità forzata, palestra di fluviali logorroici e di pseudo-condottieri frustrati che devono inventarsi le guerre per affermare uno straccio di  leadership.

Ho pensato a questa polarità leggendo l’ appello telematico dell’area associativa riconducibile alla Cgil “per una gestione democratica professionale ed autenticamente autonoma degli organi partecipativi della scuola italiana” che sta circolando in questi giorni nella Rete e nelle scuole.

L’appello prende posizione sulla discussione conclusiva sul nuovo assetto degli organi collegiali della scuola iniziata alla Camera dei deputati con questo incipit: “Il disegno di legge prevede una feudale commistione di poteri: il dirigente scolastico sarà contemporaneamente organo di controllo, indirizzo ed esecutivo” e più oltre “saranno liquidate le assemblee per genitori e studenti”.

I nostalgici dell’assemblearismo, una volta bollato il dirigente come novello “feudatario”, per risolvere la questione, propongono in sostanza il mantenimento dell’esistente cioè l’affidamento della presidenza del Consiglio di scuola ad un genitore, in una lotta-dura-senza-paura contro la storia e contro ogni elementare principio di competenza e di responsabilità.

Ah, come erano belli i tempi in cui si poteva tutti giocare agli “OO.CC.” (leggasi: organi collegiali). Vinceva la partita, come è noto, chi produceva i più sonori bla-bla-bla!