“RESPONSABILI
AL 100% MA PAGATI AL 57%!
ABORTO
O ATTO DI NASCITA DI UNA CATEGORIA?”
EDITORIALE n. 17 del 3 aprile
2001
di Paolo QUINTAVALLA
Nella
notte del 28 marzo, subito dopo l’esito del confronto politico tra il Governo e
le OO.SS. a palazzo Vidoni, ho scritto su queste pagine un commento “a caldo”
in merito a questo evento importante per le prospettive della nostra categoria
(Cfr. “No ad un Contratto al ribasso! No ad una dirigenza
di serie B”). Confesso che la penna si è mossa d’istinto, sull’onda di una
non trattenuta indignazione per il comportamento incoerente che traspariva dai
documenti del Governo e dei Sindacati confederali. Ora, a distanza di 6 giorni,
dopo aver sedato le passioni e fatto appello alla razionalità, mi chiedo per
onestà intellettuale se quei giudizi fossero fondati oppure viziati
dall’emotività.
Purtroppo
devo confermare che avevo colto nel segno. Ora il quadro si sta delineando con
maggiore chiarezza ma non cambia la valenza negativa.
Molti
stanno provando a girare vanamente intorno alla questione, altri si esercitano
nell’arte di nascondersi dietro un dito ma la realtà, nella sua crudezza e
nella sua nudità, è racchiusa in questo scarto: come dirigenti siamo
responsabili al 100% ma saremo pagati al 57% rispetto agli altri dirigenti del
pubblico impiego! Lo studio dell’ANP con le
tabelle relative al differenziale retributivo sono, da questo punto di vista,
eloquenti e incontrovertibili nella loro fredda oggettività.
Occorre
porsi, a questo punto, una serie di interrogativi cercando di rispondere, per
quanto possibile scevri da ogni pregiudizio, a ciascuno di essi:
Per
comodità del lettore commenterò questi
nodi attraverso cinque piccoli quadri preceduti da un breve sottotitolo.
Ormai lo sanno anche i sassi che il nostro contratto era condizionato fin dall’origine dagli sviluppi e dagli esiti del contratto dei docenti. Non possiamo aver dubbi in proposito. Il ritardo di oltre un anno nell’emanazione dell’Atto di Indirizzo da parte del Governo non rispondeva ad alcuna giustificazione tecnica ma obbediva chiaramente a ragioni di natura politica. Corre l’obbligo di segnalare che già qui, comunque, ci siamo trovati di fronte alla prima grave e inconcepibile inadempienza del Governo. Quali potevano essere, dunque, i motivi della tattica di dilazione? Il nodo è stato chiaramente esplicitato in diversi interventi comparsi sul “Sole 24 ore” che qui riassumo: il problema non era costituito dalle risorse ma dal fatto che un aumento consistente – ma dovuto - ai Capi d’Istituto avrebbe scontentato e scontenterebbe gli insegnanti e avrebbe aperto spirali rivendicative di difficile soluzione.
Dobbiamo, quindi, tenere ben presente che il nostro è stato ed è un “contratto sotto ipoteca”. Il condizionamento deriva semplicemente dal fatto che la maggior parte dei sindacati presenti al tavolo delle trattative rappresenta di fatto gli interessi dei docenti che costituiscono la quasi totalità dei loro iscritti.
Le responsabilità
Non possono esserci dubbi nemmeno sul fatto che le responsabilità maggiori gravano sul Governo. Nel gennaio scorso esso ha inviato all’ARAN un Atto che conteneva alcuni passaggi espliciti del genere: “La disciplina del rapporto di lavoro e la regolamentazione del trattamento economico dettati per la dirigenza pubblica vengono estesi, con gli opportuni adattamenti, ai dirigenti scolastici. Il trattamento economico del dirigente scolastico sarà modellato sulla disciplina generale di riferimento per le altre dirigenze pubbliche con applicazione dei principi della onnicomprensività.” Abbiamo tutti letto bene e tutti hanno salutato con soddisfazione l’affermazione del principio dell’allineamento retributivo con le altre dirigenze. E non si trattava di una promessa da bar della briscola ma di un preciso ed esplicito impegno del nostro Esecutivo. Per scrupolo ho riletto con attenzione quel documento e non ho trovato alcun accenno al fatto che l’allineamento debba essere conseguito nel prossimo contratto. In poco più di due mesi, invece, è successo che il Governo ha smentito se stesso, ha violato il patto che aveva pubblicamente sottoscritto e non ha tenuto fede ai propri impegni.
Sono andato a rileggere anche tutti i documenti di fonte sindacale e in tutti ho trovato, almeno a parole, l’affermazione dello stesso principio. L’abbandono del tavolo delle trattative circa un mese fa, da parte di tutti i soggetti sindacali, sembrava segnalare una ritrovata unità di intenti e una strategia comune nel rifiutare la violazione del patto e nel rivendicare quanto dovuto. Questa sintonia si è rivelata, purtroppo, posticcia, contingente e di facciata. Le ultime mosse, tuttavia, hanno messo allo scoperto anche le responsabilità dei sindacati confederali. Mentre qualcuno ci spingeva nel “cul de sac”, con l’alibi del “prendere o lasciare” e del “chiudere in fretta”, hanno retto il sacco e giocato di sponda, come si suol dire. Si sono subito affrettati a dichiararsi “soddisfatti”, ma si sono ben guardati e si guardano bene dal quantificare il “risultato apprezzabile” perché dovrebbero ammettere davanti alla categoria che apprezzano, in realtà, un allineamento retributivo al 57% e si soddisfano con le ulteriori promesse governative che rimandano ad un futuro incerto. E’ anche vero che non hanno mai quantificato in alcun documento ufficiale l’entità dell’aumento retributivo necessario per l’allineamento ma questo è un ulteriore elemento a loro sfavore e va ascritto alla voce “ambiguità”. Meraviglia che a questo gioco delle parti si sia, in sostanza, prestato anche l’ANDIS che sembra avere smarrito l’orgoglio e la difesa delle ragioni sociali e delle fondamentali finalità associative dei dirigenti scolastici per scolorirsi in uno sterile collateralismo (anche se lo chiamano pomposamente “rapporto di interconnessione funzionale”) rispetto ai confederali che li ha collocati e li colloca in una condizione di sostanziale subalternità.
Le conseguenze
Gli effetti di una conclusione del contratto nelle attuali condizioni sarebbe mortificante per la categoria. Il nostro contratto d’ingresso siglato al ribasso, di fatto, ci vedrebbe “dirigenti di serie B”. Accetteremmo l’uovo oggi senza la certezza che possa trasformarsi nella gallina domani e saremo sempre alla rincorsa di un allineamento che si allontanerebbe fatalmente nel tempo. Come è possibile credere che possa essere conseguito nel 2002? Il contratto sarà in scadenza alla fine dell’anno ma sappiamo, per consolidata esperienza, che le trattative per i rinnovi si trascinano nel tempo. Nella migliore delle ipotesi del nostro eventuale allineamento retributivo si tornerebbe a parlare nel 2004.
La conclusione del contratto in questa situazione sarebbe
l’equivalente di un perdere senza combattere e porterebbe il segno
dell’accontentarsi di promesse che potrebbero svanire nel vento. Credo che sia
più logico e coerente chiedere - anzi esigere - dal Governo il rispetto dei
patti che esso stesso ha istituito e formalizzato in documenti pubblici.
La fretta
Ora molti
sembrano avere una terribile fretta. Da un sondaggio presente sul web
risulterebbe che il grande anelito della nostra categoria è quello di chiudere
subito il contratto, accettando quello che passa il convento. Ne è esemplare
testimonianza l’apertura in prima pagina di una sezione provinciale Andis che
così recita a caratteri cubitali: “Chi non firma l'accordo se ne assuma la
responsabilità! Cosa c'è dietro la non firma del contratto? Chi gioca sulla
pelle dei dirigenti scolastici?Ci sono correnti politiche dentro i sindacati
che speculano sul nostro contratto? Conviene aspettare il dopo elezioni? Ci
sarà ancora un contratto nazionale?” Bisogna chiedersi, appunto, chi gioca sulla
pelle dei DD.SS. ma l’onestà intellettuale vuole che non si rovescino le
responsabilità. Responsabili di questa situazione sono coloro che cercano
di imporci e coloro che accettano di sottoscrivere un
contratto al ribasso. Non cambiamo le carte in tavola.
E smettiamo di impaurire i colleghi più inconsapevoli e meno avveduti
con timori della serie “se non firmiamo non ci danno neppure quelli” oppure “
meglio averne pochi e subito, magari nella busta paga di maggio, che
rischiare…”.
Questa fretta è un pretesto per mascherare gli esiti di una cattiva
politica sindacale. Non c’è alcun stato di necessità che ci imponga
di concludere un contratto negativo per la categoria. Ciò che è stanziato nella
Finanziaria e ciò che sarà conseguito con l’integrazione all’Atto di Indirizzo
che il ministro Bassanini si appresta a fare sono, comunque, risorse
acquisite e non possono essere messe in discussione. Ma c’è, forse, qualcuno
che osa pensare che possano riconoscerci una percentuale di allineamento
inferiore al 57%? C’è qualcuno che pensa che possano trattarci peggio di così?
Il primo contratto rappresenta, in genere, un atto di nascita per una
categoria perché ne stabilisce non solo il profilo giuridico ma anche
l’identità professionale e, attraverso l’entità della retribuzione, la misura
del riconoscimento sociale in relazione alla funzione esercitata.
Cerchiamo di evitare, colleghi dirigenti, che non si trasformi in un
aborto! Siamo ancora in tempo.