In questa pagina pubblichiamo luna selezione della posta ricevuta a settembre 2003. Il Comitato non assume nessuna responsabilità circa i contenuti dei testi. Scrivete all'indirizzo di posta elettronica pantanoripalta@libero.it.


SETTEMBRE 2003


Comunicato Stampa

Ormai da quasi cinque anni il nostro concittadino don Mario Pellegrino (ex parroco di Sant’Agostino), vive l’esperienza pastorale come parroco presso la città brasiliana di Santa Helena.

La necessità di comprendere i perché di questa scelta e il desiderio di cercare di costruire nella nostra città un progetto che ne affianchi l’impegno e i bisogni ci hanno condotto ad organizzare un incontro-dibattito il giorno 1° ottobre 2003 alle ore 19.30 presso l’Auditorium di Santa Croce in via G. Frisari a Bisceglie, alla presenza dello stesso don Mario, qui a Bisceglie in questi giorni per un "meritato" riposo, comunque utile e "attivo" per intrecciare nuovi rapporti con coloro che possono avere a cuore il suo percorso umano e spirituale che in questi anni ha portato alla nascita di una scuola e di numerose esperienze lavorative agricole ed artigianali.

Il titolo che abbiamo voluto dare alla manifestazione è:

« Da Bisceglie a Santa Helena: i perché di una scelta. Dai Biscegliesi a Santa Helena: i perché di un progetto ».

Certi che l’iniziativa possa trovare terreno fertile nelle Vostre menti e nei Vostri cuori Vi invitiamo calorosamente a partecipare.

Per i Biscegliesi per Santa Helena

Mario Lamanuzzi

E-mail: dentef@tin.it

Tel.: 339.7458501

Fax.: 080.3921642


----- Original Message -----

From: sezione wwf andria

To: Rossella Miracapillo ; Comitato Pantano-Ripalta

Sent: Thursday, September 11, 2003 11:04 AM

Subject: escursione a Biccari e Monte Cornacchia

Il Gruppo Escursionistico di Andria, con sede provvisoria in Via F. Filzi, 6/D, organizza per

DOMENICA 5 OTTOBRE 2003

un’escursione al Monte Cornacchia – Biccari

Biccari è uno dei paesi più suggestivi del nostro subappennino, sorto ai piedi del Monte Cornacchia, il più alto della regione Puglia con i suoi 1.115m. s.l.m., circondato da boschi e sorgenti d’acqua. Al territorio di Biccari appartiene il bel lago Pescara di origine vulcanica, che sorge a pochi chilometri dal centro abitato.

Il monte Cornacchia presenta varie specie di fauna quali: nibbio reale, nibbio bruno, lupo, istrice, salamandra pezzata, ecc..

Programma:

La quota di partecipazione è di € 21,00, comprendente: viaggio, pranzo e guida.

Preferendo il pranzo a sacco, la quota del viaggio + guida è di € 12,00 .

La quota dev’essere versata al momento dell’iscrizione presso la sede in Via F. Filzi, 6/D dalle ore 09,30 alle ore 12,30 e dalle ore 17,30 alle ore 20,30 (dal lunedì al venerdì), dalle ore 9,30 alle ore 12,30 (il sabato).


Bari, 4 settembre 2003 - Comunicato stampa

Ofanto: lo scempio del fiume rubato

In Puglia manca una politica di tutela delle risorse fluviali Legambiente: si istituisca il Parco Regionale dell'Ofanto

Aufidus furioso, che medita vendetta "trascinando via quelli che godono di cose oltrepassanti il giusto". E' l'Ofanto di 2000 anni fa, quello raccontato dal poeta Orazio agli antichi Romani, che sempre nutrirono rispetto e venerazione verso questo e molti altri corsi d'acqua. Non è più così. Ormai da molti anni. Le cronache degli ultimi giorni parlano chiaro: lo scempio del fiume rubato, consumatosi nell'arco di dieci anni o forse più, oggi è allarme. Ma lo scandalo dei fiumi martoriati da abusivismo edilizio, scarichi illeciti, pericolose e spregiudicate trasformazioni dell'assetto idrogeologico del territorio, è un cancro del quale ormai da molto tempo associazioni e cittadini hanno preso coscienza. "La nostra associazione - ha dichiarato Massimiliano Schiralli, presidente regionale di Legambiente Puglia – denuncia da anni l'assenza di adeguate politiche di tutela delle risorse fluviali che salvaguardino i fiumi dall'aggressione antropica: nei corsi d'acqua si riversano rifiuti e scarichi di reflui di tipo civile, mentre in prossimità degli alvei insediamenti edilizi sempre più invasivi mettono a repentaglio fragilissimi equilibri biologici". Insomma, l'Ofanto violentato come molti altri fiumi d'Italia e di Puglia. Come il Candelaro, che, in prossimità della foce, nel corso dell'ultima campagna di monitoraggio della qualità delle acque balenabili effettuata da Goletta Verde (luglio 2003), ha registrato gravi e preoccupanti livelli di inquinamento. "Colpa delle emissioni di reflui nel fiume", ha dichiarato Angela Lobefaro, segretaria regionale di Legambiente. Aggiungendo: "E' ora che tutti i Comuni che si affacciano sul Candelaro, anche quelli dell'entroterra, si assumano responsabilmente il compito di provvedere alla depurazione dei reflui sversati nel fiume". E su questo, ancora si attendono segnali di risposta. "Nel caso dell'Ofanto - ha precisato Massimiliano Piscitelli, coordinatore provinciale di Legambiente Bari - le cronache stanno dimostrando fin dove possa spingersi l'aggressione a una risorsa naturale, in termini sia di reati penalmente perseguibili, sia di gravi danni alla salute pubblica: coltivazioni estranee all'habitat fluviale impiantate abusivamente e in barba agli equilibri dell'ecosistema, depuratori malfunzionanti e utilizzo a scopo irriguo di acque gravemente inquinate, cementificazione di aree dell'alveo che, invece, dovrebbero essere sgombre di edifici e costruzioni per consentire il libero corso dell'acqua. E' la prova, allarmante, del fatto che in Puglia l'ecomafia si stia radicando e, nel contempo, si sia già specializzata a tal punto da costruire e gestire vere e proprie economie parallele". Proprio come nel caso dell'Ofanto, il sacro Aufidus di Orazio. Eppure da tempo si parla e si discute dell'istituzione di un Parco Regionale dell'Ofanto. Già, se ne parla. Senza che seguano gesti risoluti e concreti che dimostrino la volontà politica di trasformare l'Ofanto in un Parco. La legge regionale n. 19 del 1997 individua la foce dell'Ofanto come sito destinato all'istituzione di un'area protetta regionale, ma dopo sei anni l'iter procede ancora a rilento. "E' necessario - ha chiarito Massimiliano Schiralli – che l'Assessorato all'Ambiente della Regione Puglia convochi le conferenze dei servizi per l'istituzione dell'area protetta: esiste già una proposta di perimetrazione e di salvaguardia commissionata dalla Provincia di Bari sulla quale dovranno esprimersi gli organi competenti (Comuni, Regione, associazioni ambientaliste, organizzazioni degli agricoltori, organizzazioni imprenditoriali). Decisivo, ai fini dell'istituzione del Parco, sarà soprattutto l'impulso che sapranno dare i Comuni di Barletta e di Margherita di Savoia, su cui ricade la foce del fiume". E tuttavia non solo di foce bisogna parlare. La foce, infatti, rappresenta solo una minima parte del fiume Ofanto: secondo Legambiente, le azioni di ripristino ambientale, tutela, e controllo dovranno estendersi a tutta l'area interessata dal corso del fiume, considerando che alcune zone adiacenti sono già state dichiarate Sito di Interesse Comunitario (SIC). "L'istituzione del Parco dell'Ofanto - ha concluso Schiralli - dovrà necessariamente far parte di una seria e sistemica politica di gestione della risorsa idrica: si potrebbe cominciare, per esempio, dalla promozione e dalla sensibilizzazione dei produttori agricoli ad un uso consapevole della risorsa acqua, alla diffusione di fonti alternative quali il reimpiego delle acque reflue a scopo irriguo, limitando l'emungimento, non controllato ed estremamente pericoloso, dalle falde e l'utilizzo di acque inquinate e a rischio. Sarebbe un buon inizio".

Tiziana Ragno - Ufficio Stampa Legambiente Puglia

Via Adige 33 – Bari


>>> www.vigilanzambientale.it <<<

 

ANCORA UNA VOLTA LE GUARDIE ECOLOGICHE FERMANO L'ENNESIMO STUPRO AMBIENTALE. Oltre 100 gli indagati!

TRANI (BA) - Si scrive Ofanto, si legge dissesto ambientale. L'ennesimo. Dopo il Parco dell'Alta Murgia ed il Locone la Procura della Repubblica indaga anche sul disboscamento, l'occupazione abusiva e l'inquinamento del fiume più importante della Regione, lontano parente del corso d'acqua cantato dal latino Orazio. Tutto è nato da un'incessante moria di pesci, vittime di un ecosistema deturpato in nome del profitto. Uva, pomodori ed altre culture hanno soppiantato il bosco tipico, definito appunto ripariale, in una zona sottoposta a vincoli paesaggistici. Controlli inesistenti che hanno permesso di mutare i connotati dell'Ofanto, il cui originario letto ora è rintracciabile solo in vecchie cartine. Mappe da rifare, ma questo è il meno. Chissà quanto tempo ci vorrà perché la natura cancelli la brutale mano dell'uomo. Anzi di molti uomini visto che sono oltre 100 gli indagati a piede libero per contestazioni che, a vario titolo, riguardano i reati di associazione per delinquere, violazione della legge Galasso, furto d'acqua ed «invasione di terreni» demaniali.

Il tratto di fiume che scorre tra Canosa e Barletta è duramente ferito, segnato ancora una volta dalla logica del guadagno di agricoltori che hanno disboscato, sbancato e costruito tendoni ed opere edili illecite senza uno straccio di autorizzazione. Anzi, in alcuni casi divenendo proprietari di terreni demaniali che risultano assurdamente accatastati a privati. Circostanza su cui si mira a far chiarezza perché dinanzi a tale assurdità non si escluderebbero complicità e coperture di alcuni funzionari della Pubblica amministrazione.

A tal fine, elementi utili potrebbero venire anche dalla documentazione già acquisita in uffici istituzionali. Il decreto di sequestro di lunghi tratti dell'alveo del fiume (novità nel panorama giuridico italiano) è stato disposto dal giudice per le indagini preliminari Michele Nardi su richiesta del sostituto procuratore, Antonio Savasta, che ha coordinato le indagini della Polizia Municipale e della Guardia di Finanza di Barletta nonché del Nucleo Ittico Faunistico Ambientale Volontario.

In mesi d'indagine dell'Operazione «Fiume rubato», l'Ofanto è stato fotografato dagli elicotteri e setacciato palmo a palmo, almeno fin dove consentiva la competenza territoriale della Procura di Trani: nelle aree Madonna del Petto, Cimminarella, Fiumara, Setteponti, Pilone, Monelli, Canne della Battaglia, Pantaniello, Casalonga (nell'agro di Barletta) e Pozzillo Iscarignosa Spine di Cristo (nell'agro di Canosa). Un'opera che ora potrebbe proseguire la Procura di Foggia (dal territorio di San Ferdinando in poi) con la trasmissione degli atti d'indagine. Alla lente d'ingrandimento non solo l'ormai differente morfologia dei luoghi ma anche l'acqua del fiume sottoposta ad analisi chimiche, fisiche e battereologiche.

Il bacino fluviale è risultato altamente inquinato dallo sversamento di reflui organici e chimici a causa di due impianti di depurazione di Canosa gestiti dall'Acquedotto Pugliese (sono indagati il legale rappresentante e due tecnici) per conto del comune canosino, estraneo alla vicenda. Gli inquirenti hanno accertato che le acque inquinate sono servite per le irrigazione delle culture poi finite sulle tavole dei consumatori. La zona oltre ad esser stata disboscata è stata alterata anche da una trentina di rampe realizzate sull'argine del fiume per consentire l'accesso dalle strade interpoderali fin dentro l'alveo. Una serie di altre opere hanno determinato l'abbassamento dell'altezza dell'argine tanto da formare un percorso ideale per la tracimazione delle acque. Molti degli agricoltori erano consociati nella Cooperativa «Canne». Tra gli altri sono stati iscritti nel registro degli indagati il presidente Pompeo Patrono, il suo vice, Luigi Lorusso, ed altri tre membri del cda: Gennaro Cassatelli, Angelo Cirillo, Saverio Dicorato, tutti di San Ferdinando. Sono in molti a dover spiegare il perché del disastro ambientale.

 

Il procuratore Barbera e il pm Savasta «Non è solo colpa degli agricoltori»

TRANI «Chi doveva vigilare non l'ha fatto e così si è permesso un nuovo scempio». Il procuratore della Repubblica, Nicola Barbera, non ha dubbi. Se il disastro è servito, la colpa non è solo degli agricoltori. Una dichiarazione che preannuncia i possibili sviluppi dell'inchiesta «Fiume rubato». Uffici pubblici che, nell'ipotesi meno sconvolgente, hanno tralasciato la vigilanza. «Anche in caso di patteggiamento gli agricoltori saranno tenuti al ripristino dello stato dei luoghi - aggiunge Barbera -. Lo prevede la legge Galasso a prescindere dal particolare esito penale della vicenda. E' la prima inchiesta organica sull'Ofanto. Sinora c'erano stati singoli casi, ma in mancanza dell'apposita contestazione della normativa Galasso non era possibile il ripristino delle aree deturpate a cura dei responsabili. L'alveo dell'Ofanto è irriconoscibile e deturpato, i danni sono ingenti ed incidono gravemente sull'intero ecosistema. Oltre a fermare il fenomeno, l'inchiesta imporrà, di fatto, agli organi preposti di attivarsi sull'intera vicenda».

Ed è proprio questo uno dei punti salienti dell'indagine che non risparmia altri scenari. «Al momento non abbiamo elementi sufficienti - afferma il pm Antonio Savasta - ma non è assolutamente da escludere il coinvolgimento di dipendenti o funzionari pubblici. E' assurdo, infatti, che risultino accatastati a privati beni demaniali. Abbiamo finanche accertato una piattaforma di calcestruzzo che deviava le acque del fiume. L'inchiesta è partita dal fenomeno della moria dei pesci e da alcuni rapporti della Asl. Stiamo verificando anche la posizione dell'Acquedotto. Non risultano autorizzazioni per lo smaltimento dei reflui dei depuratori di Canosa che abbiamo sequestrato».


ago questa è la pagina 21 ott