Le vetrate policrome

Il tempo



Le arti

 

 


Le macchine

 

 


La marcia della gioventù

 

 


Le comunicazioni aeree - Il Palazzo delle Poste e Telegrafi di La Spezia

 

 


Il telegrafo

 

 


Il risparmio

 

 


Le comunicazioni

 

 


I martellatori

 


Cartolina d'epoca

Da Stoffella C.G, Il nuovo palazzo delle Poste, in Studi trentini, 2, 1934, pp. 177-178:

 

Il lussuoso Palazzo delle Poste, già aperto al pubblico, dimostra quale interessamento dedichi all'arte il governo Fascista che abbellisce e nobilita i propri pubblici edifici come nei tempi della massima spiritualità e del massimo splendore della potenza artistica italiana.

Sullo spigolo che guarda P.zza A. Vittoria e via Calepina, un S. Cristofaro di bianco Carrara, del prof. Stefano Zuech, ci da un'opera amorosamente rifinita, in cui l'accademismo proprio dell'artista viene opportunamente corretto con forme di moderna ispirazione, creando un tutto armonioso, se non perfetto. Muove alla statua l'incombente baldacchino azzurro che quasi lo schiaccia e dal quale il Santo sembra volersi liberare per avere più respiro.

Dello stesso Zuech è pure uno stemma della famiglia a Prato, affisso nella parte del cortile interno. Il dopolavoro degli addetti alle poste ed ai telegrafi, sito a pianoterra è chiuso verso il cortile da sei maestose vetrate futuriste, di cui tre progettate da Depero e tra da Tato, eseguite ottimamente dalla ditta locale di Giuseppe Parisi.

Depero, con il suo caratteristico stile lineare e luminoso, ha esaltato "le macchine", "le arti" ed il "tempo fascista" con sintesi veramente superba, dove l'armonia delle linee, dei colori e del pensiero, creano un mondo sprizzante d'audacia e di volontà. Tato, meno sintetico, più illustrativo, più frammentario, ha espresso con i bei vetri cattedrale le "Comunicazioni aeree", la "Rivoluzione" e la "Marcia della gioventù", dando torrenti di luce policromata alla sala di ritrovo.

Il mobilio di questo dopolavoro, che sarà certamente uno dei più belli d'Italia, è stato eseguito dalla ditta Giulio Tomasi di Trento, su disegni della ''sezione Lavori'' delle Ferrovie dello Stato, intonati alla più alta ed elegante modernità. Nell'atrio antistante allo scalone principale, in via SS. Trinità, il prof. Luigi Bonazza ha rappresentato, in un affresco di ampio respiro, una visione storica del palazzo "a Prato", come suppone che fosse ai tempi del concilio, quando vi furono albergati i tre cardinali legati. La scena dimostra una riunione di nobili e di altri dignitari della Chiesa, sulla loggetta del palazzo, mentre nella sottostante vi si svolge la processione consiliare; l'artista non volle rappresentare un preciso episodio storicamente accertato, ma rievocare quel mirabile tempo in cui pacati conversari ed umanissime discipline fornivano occasione per feste e raduni.

Nell'affresco spiccano i ritratti del giovincello Barone a Prato, attuale discendente dell'illustre casata, di Innocenzo a Prato e del giovane Madruzzo vissuti ai tempi del concilio e presi da vecchie tele di famiglia e di alcuni cittadini amici del pittore. L'opera è ricchissima di colore, disegnato con la maestria propria del Bonazza e di bellissimo effetto. Sulla parete che fiancheggia a sinistra lo scalone d'onore, il giovane pittore Gino Pancheri ha dato il meglio della sua anima in un grande e nobilissimo affresco, sobrio e contenuto che sintetizza la terra trentina. La scena dei boscaioli a sinistra e quella dei vignaioli a destra sono congiunte dalla figura del santo Vigilio che, patrono della nostra terra, domina anche la superba composizione. Il lavoro impostato ad una giusta ed equilibrata modernità sprigiona tale operosità e tanto solenne compostezza che tutte le figure attente al lavoro sembrano compiere un rito millenario piuttosto che una fatica. Il Pancheri ha trasfuso, infatti, tutto l'amore che nutre per la sua terra lontana in questa opera che vive armoniosa e luminosa, sotto il cielo azzurrino nella dolce cerchia dei monti con la chiara religiosità delle vere opere d'arte.

Di fronte all'opera di Gino Pancheri tre finestre sono eseguite a vetrata su disegno di Prampolini, dalla ditta di Giuseppe Parisi di Trento, il futurista tra i più quotati, ha raffigurato il telegrafo, il risparmio e le comunicazioni, dando ad ognuno delle composizioni un'assoluta modernità di pensiero, una veloce immediatezza di linea ed una sinfonia di colori, così concordanti, da forme vivissime, personali e suggestive creazioni. Con questa somma di lavoro artistici S.E. il Ministro Ciano ha dimostrato nel modo migliore quale sia la via più giusta e diretta per aiutare l'arte nel suo rifiorire.

 

Da Bibliografia Fascista, 1934, 5, pp. 429:

I motivi di Prampolini un miscuglio di sogni e di melodie musicali fissati sulla tela, sono quelli che destano maggiore interesse. Il volo dannunziano su Vienna di Ambrosi, proveniente dalla collezione di S.M. il Re, un'aeropittura intrepida e palpitante, è pure oggetto di viva attenzione da parte nostra. Per tutti gli aeropittori necessitano parole d'encomio, poiché in tutti si ammira lo spirito combattivo, la novità spontanea, un'idea unica integrata da personalità differenti, originali, distinte, mediante una larghezza di vedute. I nomi di Tato, Pacetti, Benedetta, Bruschetti, Baldessari, collegati ad aeropanorami, panorami cosmici in ceramica, a tele con lirica aerea, aeroplano più auto, velocità a tempo di record, sono appena esempi fra la schiera di aeropittori che portano oltre alpe la prova inesauribile del genio italico.

Da Angiolo Mazzoni (1894-1979): architetto nell'Italia tra le due guerre, (1984) Grafis edizioni, pp. 156-158:

Direzione Generale delle Poste e Telegrafi di Trento Dal verbale di seduta del 26 luglio 1929 si apprende che viene approvato il progetto di ampliamento del Palazzo a Prato: «la soluzione della facciata prospiciente via SS. Trinità incontra pienamente il favore della Commissione, perchè distacca in modo efficace e completo l'architettura del vecchio palazzo da quello della nuova al del fabbricato principale, e sopratutto perchè la sobrietà della linea costituisce una indovinata intonazione all'ambiente trentino … constata con soddisfazione che il progettista semplifica l farraginosa architettura del tozzo palazzo, tendendo ad eliminare il più possibile il carattere dello stile aulico austriaco». Nella “Relazione tecnica del II congresso degli ingegneri italiani” dal 8 al 15 aprile 1931 è contenuto l'articolo più volte citato l'architettura nei Palazzi per le poste e telegrafi, costruiti e da costruire a cura dell'amministrazione delle FFSS dell'ing. Ferruccio Businari, dal quale si apprende che anche il palazzo postale di Trento è tra quelli che Mussolini, alla fine di luglio del '30 propone di intraprendere per far fronte alla disoccupazione. E il 30 ottobre dello stesso anno il bozzetto in gesso e plastilina in scala 1:50, è pronto per essere presentato a Ciano, Crollanza e Mosconi, e poco dopo vengono iniziati i lavori. Un aiuto alla definizione della loro cronologia ci viene dato dalle notizie relative ad alcune delle famose vetrate che andarono a decorare la sala di scrittura del Palazzo e che erano state affidate a Tato e Depero, oltre a quelle rettangolari di Prampolini. Di queste vetrate, oggi, si sono perse le tracce. La corrispondenza che Mazzoni intreccia con alcuni artisti italiani di grande rinomanza anche all'estero in quegli anni (cfr. Archivio Mazzoni a Rovereto), dimostra come egli, attento a quanto di meglio la cultura offriva, fosse sensibile alla collaborazione tra artista e architetto; e come egli non perdesse quindi l'occasione, sfruttando quel potere che più tardi gli sarebbe stato così severamente riprovato, di promuovere nuove opere d'arte. Una lettera di Tato fa cenno a lavori per i palazzi postali di Gorizia, Trento e Palermo, ma non porta la data ,anche se non è precedente al '33 per la sua collocazione in archivio. Invece Depero scrive a Mazzoni il 16.01.33: «Gentilissimo e illustre architetto, ho ricevuto in questi giorni l'ordine di presentare a Bolzano i tre bozzetti per le vetrate destinate al palazzo delle Poste di Trento. Questa mia per ringraziarla vivamente con cuore d'artista per l'ordine fattomi avere. L'amico Tato mi ha mandato le fotografie del suo magnifico lavoro futurista del Palazzo a Littoria. Le pubblicherò senz'altro anzi se lei vorrà favorirmene qualche altra di altri lavori la pubblicherà unitamente e ben volentieri...». Rovereto 15 luglio 1933: «Caro e illustre Mazzoni, questa mia per informarti che sto ultimando i cartoni (grandezza la naturale) per le vetrate destinate al Palazzo Postale di Trento. Sono molto soddisfatto del risultato. La cura che dedico a tale lavoro è intensa e scrupolosa in ogni dettaglio. A suo tempo ho letto la tua adesione al movimento futurista e mi ha riempito l'anima di indicibile gioia. Figurati quassù, dove son anti-futuristi d'istinto e per coalizione. Non ti ho scritto prima, causa cento faccende che mi trattennero recentemente a Milano e causa ultima dolorosa di una doppia operazione subita dalla mia signora. Quindi ansie, veglie all'ospedale e... sensibili spese. Ora però tutto è superato e ogni mia attività diligente e attenta è rivolta alle vetrate. A parte ti spedisco alcune mie pubblicazioni che forse non conosci e sono certo gradirai. Appena sei nella possibilità informami senza alcun carattere di ordine, delle proporzioni circa i pannelli in marmo che hai l'intenzione di farmi progettare le la stazione di Trento, in modo che la mia fantasia possa lavorare...». Rovereto 22.11.33: «Ho trovato finalmente le mie vetrate finite, nonché quattro pezzi centrali completamente da rifare perchè non esattamente interpretate secondo il bozzetto. Ora vanno benissimo. Sono ansioso di vederle collocate … ti sarà infinitamente grato se puoi gentilmente informarmi in relazione ai lavori della stazione di Trento. A Milano fui con Prampolini il quale mi ha autorizzato per il collaudo delle vetrate … ». Milano 04.04.34: «Sono stato in questi giorni a Trento. Ho visto le mie vetrate in opera. Sono pienamente soddisfatto. Anche i profani le ammirano – chiunque le ha viste non ha fatto che vivamente elogiarmi. Ho pure visto il tuo progetto per la stazione. Molto bello per la sua semplicità stilistica ed equilibrio organico … ». Le lettere di Prampolini hanno un tono diverso e spesso vi traspare la mortificazione per un incarico non andato in porto. Da una lettera non datata: «finalmente ho avuto in questi giorni il pagamento delle vetrate di Trento … ». Delle sue vetrate, all'oggi non abbiamo notizie. I lavori al palazzo progettati nel '29, durano quindi dalla fine del '30 ai primi del '34. Nota il Mazzoni: « la sede della direzione provinciale di Trento non è un palazzo – come comunemente si dice – ma un insieme di costruzioni fra loro unite». Fu comunque ricavato per mezzo di una pesante ristrutturazione, non di un restauro, dall'unione del palazzo della Famiglia a Prato con le vecchie poste austriache. Alcuni elementi del palazzo come il portale, oppure alcune volte della costruzione austriaca, furono risparmiati: mail resto, come il completamento del portico presso le famose vetrate di Depero e di Tato, è una libera interpretazione della memoria degli spazi antichi. Sulla facciata, in angolo, una scultura dello Zuech ''San Cristofaro''. All'interno, accanto alle scale, un'affresco di Gino Pancheri “San Vigilio Incivilendo” (una lettera dell'artista all'archivio Mazzoni di Rovereto da cui traspare che devono essere presi ancora gli ultimi accordi, è data Trento 18.09.32. all'interno un affresco di Luigi Bonazza. Il 27.07.35 la sovrintendenza alle Belle Arti per la Venezia Tridentina richiede a Mazzoni uno stemma della famiglia A Prato, giacente nei magazzini perchè non utilizzato nella nuova sede del palazzo postale. Pubblicato sul L'architettura dei palazzi postali (op. cit.) contenuto nella Relazione tecnica (op. cit.) con una pianta del piano terreno; su “Brennero” del 17.02.33, Il nuovo palazzo delle poste di Trento; su “Trentino” del novembre 1934, articolo Il nuovo palazzo delle poste a Trento di Giulio De Carli; su “Le vie d'Italia” nr. 11, 1935; in A. Forti, Angiolo Mazzoni architetto (op. cit.). I rilievi originali dell'antico palazzo, disegnati da G. Emi, F. Rudari e C. Devigili nel 1820-25 si trovano all'Archivio storico trentino di Trento.