In loco erano sorti gli oratori ad essi dedicati, eretti per garantire un vicino riferimento religioso ed un materiale ricovero ai malghesi ed ai pastori che numerosi gravitavano negli alti pascoli durante la bella stagione della monticazione. L'ipotesi più probabile, acclarata dagli acutissimi studi di don Alessandro Sina (1878 - 1953), indica in Glisente un distinto rampollo di una delle nobili famiglie di ascendenza franca stanziate in zona, gelose custodi del riverbero dell'ormai lontano, ma non esaurito processo di rigenerazione spirituale carolina, che scelse di ritirasi in preghiera e meditazione nella sperduta spelonca ponendosi in aperta rotta di collisione con la società guerriera e violenta dell'epoca. Don Guerrini ha formulato il sospetto che la chiesetta sia da ricondursi all'iniziativa di una qualche comunità di frati umiliati, molto attivi nell'area. Pare possibile che l'insediamento sia da mettere in stretta relazione con la fioritura eremitica registrata tra la fine del secolo XI e gli inizi del XIII, sotto la rinnovata spinta della regola benedettina e delle sue riforme. Nel marzo 1036 l'arciprete della pieve di San Lorenzo di Manerbio, Arderico di Brescia, effettuò un atto di donazione, celebrato nel monastero di Sant'Eufemia, a favore del cenobio benedettino di San Pietro in Monte Orsino di Serle comprendente una serie di proprietà (case, campi, vigne, castagneti e prati, oltre a pascoli montani) situate nel territorio di Berzo. Va ricordato che, a Bienno e nel vicino monastero di San Pietro (entrato nel Duecento nell'orbita francescana) vi erano cellule benedettine. Data la sua situazione appartata e balconata, in grado di sollecitare l'elevarsi delle anime a Dio, è plausibile che la Colma di San Glisente fosse diventata naturalmente una delle sedi dei frequenti ritiri ascetici temporanei ampiamente documentati nel monachesimo tradizionale: la frequentazione del luogo potrebbe aver indotto un monaco appartenente ad una di queste colonie locali (o comunque qualche soggetto avvicinatosi alla regola) a scegliere una forma di eremitismo rigoroso e lontano dall'abitato. Per illuminare il collegamento che la leggenda intreccia con Borno va segnalato che in un placito del messo imperiale conte Corrado circa la vertenza del monte Negrino, celebrato a Borno nel 1091, sono ricordate proprietà, tra le altre, dei monasteri di San Pietro in Monte e di Sant'Eufemia. Anche sulle reliquie del Santo le informazioni in nostro possesso appaiono alquanto esitanti e discordi. Per inciso si rammenta che il buon visitatore Celeri annotava nel 1578 l'esistenza presso il parroco don Giulio Rizzi (nato a Passirano intorno al 1529, è ricordato a Berzo dal 1567 al 1580) di talune reliquie non approvate dall'ordinario. Non suffragata da documenti è la tradizione (che attinge al sostrato orale sbocciato da antiche contrapposizioni circa il pacifico godimento di pascoli), accolta dallo Zacchi, che ricorda un trafugamento delle sante spoglie, messo in esecuzione dagli abitanti di Collio (o di Bagolino, per altro autore); una volta restituite le ossa sarebbero state traslocate presso la parrocchiale di San Lorenzo, come pare credere anche il Padre Gregorio. Un innocuo fratterello, clamorosamente amplificato dalla gelosissima devozione frenetica della gente di Berzo verso il proprio campione, movimentò il paese agli inizi dell'Ottocento. Infatti, il parroco locale don Giambattista Buizza scriveva -il 12 marzo 1822- tutto agitato al vescovo di Brescia per informare che da "un deposito esistente ab immemorabili dietro l'altare laterale di San Rocco fuori dell'antica chiesa parrocchiale di San Lorenzo, essendo a cagion dell'antichità venuto a moversi ed a cadere un sasso, e quindi pel vacuo osservatavici una cassa" qualche curioso aveva "ivi fatta una maggiore apertura e infranta anche la metà del coperchio della cassa, vi si è ritrovata la non guasta compagine d'un uomo vestito da eremita con mantello pendente dagli omeri, cingolo alle reni e bastone da una parte di esso". Poichè da un "manoscritto esistente negli archivi " dei comune risultava che San Glisente "sia stato sepellito in San Lorenzo, così tutta questa popolazione non ha potuto non indursi a credere d'esso appunto il cadavere rinvenuto", oltretutto "sparsa la fama dì tale scoperta sono accorse in folla da ogni parte le genti trattevi da una santa curiosità a vederlo". L'autorità pubblica, in persona dell'Imperial Regio Commissario Distrettuale di Breno e del Consigliere di Governo Delegato Provinciale di Bergamo, aumentando di giorno in giorno "il tumulto degli accorrenti ad osservare e venerare" i santi resti, si vedeva costretta a vietarne la vista allertando, a sua volta, il vescovo Gabrio Maria Nava con nota del 14 marzo. Seduta stante, il presule delegava a recarsi in Valle Camonica per raccogliere con meticolosità tutte le informazioni del caso un proprio uomo di fiducia, il canonico Giovanni Luchi, a cui cediamo volentieri il passo cadenzato da una gustosa e colorita narrazione: "Nel giorno 20 del corrente marzo da Brescia arrivato in Lovere dopo aver ivi pernotato, mi sono diretto al paese di Berzo nella mattina del giorno 21, ove accolto con molta degnazione da quel signor arciprete Buizza non mancai tosto occuparmi del coromessomi esame; e poichè il cadavere, su cui dovea cader l'esame, non potea rendersi visibile senza o la presenza o l'assenso del signor commissario civile di Breno, per cui ordine era di nuovo stato murato e chiuso (senza però esser stato mosso ne dalla cassa, ove esiste ne smossa la cassa medesima dal luogo ove da principio esisteva) così fu di mestieri che il signor deputato Riccieri spedisse a Breno ad avvertir esso Signor commissario che essendo da Brescia io arrivato con speziale delegazione di monsignor vescovo per l'esame suespresso, avesse, se personalmente si aggravava di ritrovarsi presente, a rilasciare l'ordine, che non fosse ulteriormente impedita, se occorreva, anco l'estrazione della cassa dal luogo, ove l'accennato cadavere esisteva per farvi le opportune osservazioni. Prima però di altro rassegnata al signor arciprete la lettera di monsignor vescovo indicante la rifefita delegazione in me da esso fatta ed il desidefio che vi si trovasse presente anco il signor vicario foraneo di Bienno (Giovanni Antonio Marconi di Fiumenero, + 1837), ed altri che io credessi opportuni, avendo in ciò oltre il detto signor arciprete di Bienno invitato con lettera anco il signor arciprete di Darfo (Giovan Battista Gualeni di Lovere, 1769 c. - 1833)), ho presa informazione dal predetto signor arciprete Buizza delle circostanze del fatto e risultanze dello stesso, a cui fatte le opportune interrogazioni ha relativamente ad esse risposto.Primo, che nel giorno 7 del corrente marzo essendosi nella parte del muro che forma parapetto al deposito del cadavere, smossi alcuni sassi accidentalmente si è in parte scoperto esso deposito, quale rimane fuori della chiesa di San Lorenzo appoggiato però al muro orientale della medesima e ne fu avvertito, da chi l'avea ravvisato, di ciò il signor arciprete, quale portatosi sopra luogo dacchè , coperchio della cassa contenente il cadavere erasi in parte rotto, potè in esso ravvisarvi un cadavere intiero coperto per la maggior parte di pelle inaridita, ma indurata avente una veste sottana di tela chiusa con bottoncini lavorati di reve e riccamati con croce e mantello di fustagno seminero e foderato di tela, il tutto consistente e cinto di un pezzo di corda comune. Secondo, ha deposto esso signor arciprete di aver dopo questa scoperta fatto chiuder l'apertura del muro per cui si poteva non solo vedere, nìa anco por mano al detto cadavere, ma che ciononostante mentre egli era impegnato in chiesa nelle sacre funzioni (dacchè s'era sparsa voce in paese che erasi scoperto tale deposito e che potesse essere il corpo di San Glisente) vi fu fra il popolo chi si portò al sucitato luogo e fatta nuova rottura nel parapetto si avvanzò a levare d'addosso del cadavere parte del mantello, sottana, bottoni ed alcuni ossami, assistito anco in ciò da altre persone, sicchè fu costretto il parroco di implorar il braccio della comune, la quale e vi pose le guardie ed indi fece raddoppiare il parapetto; dopochè moltiplicatasi la gente concorrente per veder quel cadavere la commissione civile di Breno diede di ciò ordine al deputato di quella comune. Terzo, che essendo proposto da persona pia abitante in paese di far nella località ove trovasi il detto deposito cercar limosina ad onor di San Glisente, esso parroco si è assolutamente opposto. Quarto, che non è altrimenti vero che la gente che in qualche numero si recava onde soddisfare la loro pia curiosità di vedere quello da loro sacro creduto cadavere vi si recasse in forma di processione, ma a discrete torme senza alcuna religiosa formalità. Queste furono in proposito le deposizioni del parroco le quali in quanto alle qualità del cadavere ed abito di sottana e mantello di cui era coperto furono confermate dal reverendo signor don Carlo Amadori, attuale predicatore quaresimale in quella parrochia e lo stesso si è asserito dal signor Angelo Buizza giovine di anni circa venti e nipote del parroco suddetto, il quale di più ha aggionto che ad uno de lati del cadavere eravi un bastoncello che li è parso del legno di paghera mezzo scorticato. Le soprascritte notizie circa il mentovato cadavere e deposito sono uelle che ho potuto raccogliere dalle sopradescritte persone, fra le quali il parroco ha anco assento di aver udito il cancelliere della comunità di Berzo a dire, che una volta ripassando alcune carte della comune si lesse una memoria che il corpo di San Glisente dal di lui oratorio sul monte fosse stato trasferito nella chiesa di San Lorenzo; ed avendo desiderato di parlar con esso cancelliere e di aver detta carta, mi fu risposto che il cancelliere era absente, nè si sapeva quando sarebbe stato di ritorno e che le carte della comune erano per certa combinazione trasportate in Breno e confuse con altre, ma che al ritorno del cancelliere si sarebbe proccurato rinvenire la relativa carta e spedirmela.