Trascrizione di Mirto Sardo
1806
P.mo
[gennaio 1806]
Improvvisamente
in oggi suonarono tutte le campane e si seppe che ai 27 si fece a Presburgo la
pace fra l’Austria e la Francia, e che a Padova venne ai 31 dello scorso
pubblicata in teatro. Venezia e gli Stati ex Veneti formaranno parte del Regno
d’Italia. Questa notizia così solecita ragionevolmente però attesa pose gli
animi fra la gioja di non veder più carnificine, e soffrir bombardamenti e
saccheggi, e il giusto terrore di un governo burrascoso, scorticante le borse, e
coscrizioni militari. Si cantò un tedeum di pace generale cioè magnifico. Il
governo è in scompiglio, esso non è più arbitro, e si sentono delle accuse
verso l’uno stomachevoli, verso l’altro pur troppo derivante da chi fa varie
figure in questo mondo. Il podestà arrabbiato. I savi che non vollero il lor
posto dietro di tutti alla funzione. Il presidente Tornieri
volò dopo a Padova. Tutti gl’individui governativi vogliono paghe e
contrattano. Mi pare che si sieno stabilite qui alcune compagnie ebraiche che ci
scorticano coi loro sensari e mezzani che libano il resto poveri noi.
Provvidenza Provvidenza abbiate cura dei mortali. Gran ballo a Padova con
etichette di vestiario, che rimettono le cose più di prima.
2
[gennaio 1806]
V’è
ancora chi nega la pace, e l’ingresso a Venezia, essendo ciò stato pubblicato
a Milano un mese fa e non vedendosi tutti gli articoli della pace. Veramente vi
sono tutte le legalità, e burlandoci ci avrebbero burlati con del fondamento.
Gran munizioni e Francesi vanno verso il Friul, di Napoli non si parla. Il principe
Eugenio vive con gala a Padova. I ministri milanesi esaminano le finanze per
assorbirle. I nostri deputati e ministri devono soffrir sommamente il disastro
della loro patria. Qui c’è un orgasmo di chi vorrebbe aver cariche e molto
timore che i Francesi semplifichino le paghe. Tutti s’ingannano nelle speranze
che i Francesi diedero per adescare, e scorgono che il Francese inghiotte tutto,
ed ama la grandezza, l’etichetta, e l’educazione più di qualunque
monarchia.
3
[gennaio 1806]
Gran
cannoni che vengono da Verona chi crede per l’ingresso di Venezia, chi per
Palma Nuova, chi per guerra. L’andirivieni in tal genere è del militare e
proprio solamente dei Francesi, i quali di notte e di giorno fanno il possibile
per alterare ogni congettura. Si dice dai più che per i 15 del corrente Venezia
sarà totalmente occupata.
Intanto
il vice re gode delle feste private a Padova, i nostri deputati voglion viver
colà a nostre spese. Bissaro [qui si
tratta probabilmente di Pietro o Luigi] lavora nelle finanze, e Vicenza sola
occupa di molto il ministero milanese, poveri noi! Qui si dice male del governo,
gran avidità, gran arbitri, ed essendosi formato in cattiva forma agisce in
conseguenza. I discorsi sono interminabili ed irragionevoli, negandosi persino
quello che si vede. Molti vorrebbero verificare quel che sarebbe meglio, ma i
tempi presenti non verificano che le rovine, e i precipizj.
4
[gennaio 1806]
Il
deputato di Padova Bissaro richiamò i maggiori estimati per dir loro il pesante
previale, e Andrea Balzi andò dal ministro
Prina per travolgere in proprio suo vantaggio il piano, che difficilmente si
altererà quando che l’interesse francese non si combinasse maggiormente.
Simili annunzi di futura povertà disanimò anche i più geniali.
5
[gennaio 1806]
Non
si parla che di previale. Arriva molta truppa. Si dice che Napoleone ordini alla
brava armata d’Italia di andar a detronizzare il povero Re di Napoli. Gran
impresa! Non si dice nulla dei sbarchi. Qui non si sa mai niente e sempre si
protrae l’ingresso dei Francesi a Venezia, è tolto però quasi il blocco e
giungono lettere. Si dice che Massena sia
a Padova e generale in capo delle truppe di Napoli. Con ciò sarebbero false le
voci ch’ei fosse deposto e in disgrazia. Mi sembra di vedere un nuovo mondo.
Tutti gli uomini sono avviliti e dominati da delle opinioni di cui i risultati
son sempre fallaci per tutti. Per questi stati poi mi sembra di vedere delle
compagnie ebree che vengono a scorticarci con dei sensali e mezzani, niente di
dignitoso, e un caos di fantasie non imaginabili.
6
[gennaio 1806]
Vi
è qui Francesi svizzeri, e pare che molta truppa anderà a Venezia. Ma il
giorno non è ancora determinato, sicché molti sperano. Il previale e
l’organizzazione però va incaminandosi. Oggi i prigionieri tedeschi
partiranno per i loro paesi, persuasi sempre che non esista ne armistizio ne
pace.
7
[gennaio 1806]
Gran
movimento nelle truppe Francesi. Il vice re passò di qui un’ora dopo la mezza
notte. I due soliti partiti la discorrono così: i Francesi non hanno ne un
Armistizio ne pace coll’Austria, i sbarchi in tutti i porti d’Italia sono
significanti, l’armata di St. Cyr da Napoli è in ritirata, vi sono dapertutto
delle sollevazioni, il Vicerè fingendo di entrar a Venezia venne a ricoverarsi
a Padova, e facendosi serio l’affare esso attualmente fugge. I geniali
Francesi dicono, i Francesi son sempre soliti a far dei movimenti nelle loro
truppe tantoppiù che l’armata d’Italia non è abbondante, il Vice re è
partito per andar a sposare a Monaco la principessa bavara, e perché Napoleone
vuol concluder questi sponsali prima di partir dalla Germania.
I
sbarchi non son che un pretesto per impadronirsi di Napoli, le sollevazioni
assai poco significanti in confronto d’una potenza così grande; poi inventato
i precipizi del mal genio.
Quanto
a Venezia l’ingresso sarà ai 16 e non occorre perciò un vice re; i Tedeschi
han ricercato in grazia del tempo per sloggiare una guarnigione immensa. Infine
tutti la discorrono, e noi si troviamo in mezzo alle sanguisughe e ai timori
d’ogni spezie presenti e futuri.
8
[gennaio 1806]
Sono
partiti i prigionieri tedeschi avendosi dato dei schiaffi coi Francesi
quantunque ognuno di questi eroi avessero ciascuno la loro sciabla. Gran
anderivieni di cannoni e di soldati. Chi crede un incaglio decisivo per i
Francesi, ma certo è che l’oscurità e il movimento è considerabile. Venezia
è stretta più che mai, il vice re sarà andato a nozze, ma è partito, di
Napoli si parla, ma le poste non girano: e di Germania non si sa mai nulla di
preciso.
Veramente
i Francesi son sempre stati misteriosi, ma questa volta sembra che le cose non
sieno veramente chiare. Intanto noi s’impoveriamo ogni giorno più, la
soldatesca c’innonda. I ministri milanesi ci preparano il previale dopo i
saccheggi e le contribuzioni; i nostri stessi cittadini non ci confortano, e
l’avvenire si presenta senza tramontana, e senza speranza. Un governo che vuol
uomini, e denaro non conforta chi naturalmente ama la vita, e i comodi.
9
[gennaio 1806]
Gravi
confusioni di discorsi e gran incertezze. Si dice che per l’esecuzione della
pace si attendi l’adesione dell’Inghilterra, certo è che la cosa è
giacente. Venezia cede sempre, i Francesi vi entrano ai 4, ai 15, ai 21, e mai
succede questo, non si sa capire come dopo tante rapidità vi sia
dell’incaglio. Il curioso si è che mai dalla Germania si sa nulla, Vienna sarà
francese. Napoleone non ancora partito o altrimenti, la pace fatta o nò queste
son tutte cose che non v’è fondamento che sulla voce. Lettere non giungono da
nissun paese, le truppe girano e l’artiglieria, v’è dei sbarchi ora
formali, ora aerei, infine anche l’apparenza farebbe impazzire. Ma quando si
riflette alla stella fortunata di Napoleone, al sussulto universale di tutta
l’Europa, non si può sorprendersi, se vi sono degl’intervalli, e delle cose
inesplicabili.
10
[gennaio 1806]
I
discorsi vanno cessando di guerre, sbarchi, sollevazioni e di sentire ogni
giorno il cannone. V’è un certo giro di cose che si avverano dopo cento
ciarle opposte. Questa è una esperienza d’un decenio. Si dice che oltre la
contribuzione, i saccheggi della campagna, i getiti le gravezze, e il vicino
previale, le spese del ministero, le requisizioni dell’armata, ogni giorno
costi a Vicenza 11. mille lire per i Francesi. Intanto si aspetta la nostra
sentenza d’impoverimento e di destino. Chi mai avrebbe creduto gli Stati
Veneti ridotti a tanto giogo e a tanta miseria!
11
[gennaio 1806]
Il
gran magazzino della polvere è a San Felice, i padri dovettero sloggiare e
tutto il paese è in timore, quei di governo si muovono più lentamente che per
il loro salario contribuzioni ec. Certo Compostella di Bassano dice che
Bellegarde ha avuto ordine di evacuar Venezia. Ma la poca truppa francese e
l’oscurità non prova che ciò debba succeder tanto presto.
A
rifletter la ritirata, le vittorie di Napoleone, la venuta del vice re a Padova
con ministri per entrar il primo in Venezia l’armistizio, la pace, e tutte
queste cose in perfeto silenzio senza giro di poste, il vice re a sparire, non
si sa per dove, i ministri e il bagaglio parimenti, e il non rimaner a Padova
che il ministro alle finanze Prina,
fa veramente vedere un straordinario giro di cose da far impazzire, e un eccidio
alle misere nostre finanze.
Il
nostro carnovale è ridotto a sei tombole affollatissime.
12
[gennaio 1806]
Tutto
si va preparando per il vicino ingresso a Venezia, ma non si sa di preciso il
giorno. La truppa è di cento collori, va e viene in una maniera
incomprensibile. Si dice alcuni fatti in Romagna coi Russi piuttosto
svantaggiosi, ma già non si sa mai nulla fra le menzogne e il mistero. Ancora
non si sa dove veramente sia andato il vice re, e continua ancora la non
precisione dei veri dettagli della Germania. Si vocifera però la pace generale
cosa ben necessaria per non morir disperati.
13
[gennaio 1806]
Già
si dice entrati i commissari francesi e due generali in Venezia. Il blocco è più
chiuso, ma già la sentenza è data. Si dice che i Tedeschi abbiano restituito
in generi il millione che avevano preso a prestito dai mercanti. I nostri
crediti di città non sono in tal linea. Le gran nazioni hanno delle massime
totalmente opposte alle idee triviali.
Il
ministro delle finanze Prina è rimasto sorpreso delle cognizioni del sig.
Andrea Balzi e si vuol sperare che verrà eseguito il suo piano.
I
nostri deputati Bissaro e Thiene vengono lacerati, ma si assicura che fecero
mille beni alla patria. Si dice che ai 21 sarà a Verona il vice re colla bavara
sposa, non si sa se passerà subito a Milano, ma par probabile.
Delle
nuove del mondo se ne saprà quando l’esecuzione della pace aprirà le strade.
Comincia
a partir l’artiglieria e la polvere e sono ordinati 400 cavalli. Ciò si dice
per Venezia.
Arrivano
Francesi, Corsi, Mori, Italiani, e vanno e vengono senza capir la loro
destinazione e marcia. Ora siam rippieni di soldati, ora pochissimi, e tutto è
in un perpetuo movimento ad onta della stagione.
Noi
viviamo isolati in mezzo a tanti stranieri, vediamo le nostre sostanze consunte,
si teme il derubamento personale e scorgiamo in essi la baldanza, la crapula, e
l’oro che noi perdiamo.
14
[gennaio 1806]
Si
parla di Venezia, che già si cede fra poco, dell’avvilimento dei Tedeschi,
delle febbri che colà regna, e si sospira sopra tante calamità, e avvenimenti
succeduti in così breve tempo, si crede che verà ceduta contempo-raneamente
Vienna. Si parla che l’arciduca Carlo sarà re di Polonia, il Bavaro re con
accrescimento di Stati, e il vice-re d’Italia. Ecco tre re falla danari. Gran
monarchie e reami e gran infelicità di popoli, questo è il secolo
dell’ambizione e della miseria. Gran discorsi sopra la morale, e gran
sovvertimento d’idee morali e politiche. Il genio d’un solo uomo non può
consolidare che qualche cosa per l’avvenire, onde addio speranze per chi ha
invecchiato il vecchio sistema.
15
[gennaio 1806]
Venezia
attende a braccia aperte i Francesi e si dice il giorno 18 corrente. L’odio di
Bisinghen e di Bellegarde producono un tal effetto. Veramente Francesco II è
servito da dei ministri intollerabili. Ma tale è sempre stata la dominazione
tedesca. I mercadanti veneti si arricchirono mercé la bandiera libera, ma tutto
il resto era in decadimento e vilipeso. La speranza fa lusingare in ogni
cambiamento, ma il giogo straniero sarà sempre pesante a una nazione come
l’Italiana, e fra gl’Italici ai Veneti.
Al
teatro si tombolò, e Chavardes parlò dal palchetto alla sussurrante udienza,
qui n’est pas content s’en aille, je ferai arreter quelqun. Tutti si tacque,
e mi parve l’effetto dei fanti veneti. Ciò mi comprovò l’educazione umana,
e la conoscenza di qual terrore sia una sola voce francese.
Coi
Tedeschi si avrebbe strapazzato, sussurrato, preso a forza qualcuno, e stomacato
tutti i spettatori al contrario regna la quiete quantunque si veda a girare dei
gran birboni.
16
[gennaio 1806]
Il
vice re non è più Altezza Serenissima ma Altezza Reale ed erede del Regno
d’Italia. Si son fatti principi dell’Impero Massena,
Bernadotte ec. Il principe Eugenio da
Roveredo passerà assolutamente a Milano. Si va vociferando gli articoli della
pace e riescono assai umilianti per l’Austria, si dice che il vice re li
pubblicherà a Verona o a Milano. Si dice che all’Ascensione esso sposerà il
mare e risiederà in Venezia. Di Napoli niente si parla. Le guerre e i sbarchi e
le sollevazioni, sono svanite alla partenza dei prigionieri tedeschi che le
diffondevano, e pare in adesso che Napoleone sia il sovrano dell’universo.
17
[gennaio 1806]
Tutto
è in calma. I Francesi entrano fra poco in Venezia, con comodo. Qui abbiamo dei
ladronecci, e il birro Lavagnoli non tranquillizza. Il sig. Andrea balzi è
ritornato da Padova con sommi elogi del ministro Prina, ma già i piani sono
fissati e si teme. I nostri deputati son poi ritornati da Padova non essendovi
più pretesti per dimorarvi. Abbiamo qui della truppa italiana, ma già ancora
niente di stabile. Si legge un omelia dell’orologio di Padova vicario in lode
di Napoleone in cui si pretende travolta la scrittura sacra.
18
[gennaio 1806]
Domani
si dice che i Francesi prenderanno possesso di Venezia, e che la contrarietà ai
Tedeschi fa digerir bene la nuova pillola, ricadendo da poi in maggior
disperazione. Venezia non è fatta per esser dominata da stranieri.
Oggi
formicolano i Veliti truppa Italiana della Guardia del corpo. Divise superbe,
poco genio militare, ma persone proprie ed educate. Questi vanno a Verona per
ricevere il vice re. Tutti dicono ch’esso possa venir attualmente a Venezia,
quantunque il governo non lo creda.
19
[gennaio 1806]
Si
dice che i Francesi sieno entrati a Venezia collo stendardo di San Marco e col
Leone sui bottoni, destrezze solite di costoro; che si permetta i giochi, e che
s’impieghi i senatori e i quaranta.
Qui
passano i Veliti, e la Guardia Nobile, bella gioventù, illustre ricca, belle
divise, ma molta malcontentezza, e dicono vedrete cosa gravita il sig.
Napoleoncino, e si prefigono l’America per asilo.
Ora
qui si vocifera che il previale non sarà eccessivo perché noi entriamo nella
pace in un regno stabilito.
Il
vice re dev’esser oggi o domani a Verona, il nostro governo dice che ha
notizie che non passerà per qui, altri dicono assolutamente che anderà a
Venezia. Si teme la spesa per felicitarlo. Gran tombola in teatro di 5 mille
lire, ciò è cattivo per il popolo e per le nostre circostanze, ma i Francesi
la vogliono. Lo spettacolo però è superbo.
Noi
viviamo in un secolo di disgrazie, condite da un miscuglio di comico
particolare.
20
[gennaio 1806]
Un
decreto di Francesco II dice che col consenso dei Francesi i suoi impiegati
rimangono provvisoriamente quasi tutti si avevano sciolti da se del giuramento.
Si dice che l’Avogaro scriva di ritornare.
I
Francesi entrarono ieri a Venezia con tre stendardi di San Marco gettando moneta
veneta.
Il
vice re va direttamente a Milano.
Gran
imbroglio di cose non si capisce nulla.
Gardan
è rimasto morto in duello in difesa di Massena.
21
[gennaio 1806]
Il
ministro Prina scrive per cavalli abiti da postiglioni, riattamento di strade
per i 26 del corrente per le Altezze Reali d’Italia, poi vuole un esatto conto
di tutte le corporazioni religiose così per incidenza.
22
[gennaio 1806]
L’ingresso
francese in Venezia venne acclamato per l’odio di Bisinghen e Bellegarde e per
i stendardi veneti. Si dice gran tagli di testa e soliti tradimenti dei generali
tedeschi, dico soliti per l’armata che perde. Francesco II gravemente amalato.
Le peripezie di un così ottimo sovrano fanno rifflettere alla mutabilità delle
cose umane, e che per lo più i buoni principi sono d’un fatal dono per i
sudditi, mentre è destinato che gli uomini non devono esser felici. Noi siam
qui titubanti sulla incerta venuta dello sposo vice re, il quale seduto che sia
o a Milano o a Venezia si sentirà l’organizzazione. Napoleone protrae a
maggio il suo trionfo colla lusinga della pace, e non paleserà gli articoli di
quella dell’Austria che quando la sua armata sarà a Parigi.
23
[gennaio 1806]
Oggi
ritornano non so quali speranze. Un decreto di Napoleone I fa straordinariamente
governator degli Stati ex Veneti il principe Eugenio protraendo con certe frasi
la riunione di questi paesi al Regno d’Italia. Per la pace cogli Inglesi
Napoleone può far dei gran cambiamenti. Chi sà da un re di Napoli a un d’Etruria
potrebbe succedere anche un re Sardo o altro. Per i Tedeschi par che i compensi
sieno in Turchia. Si dice morto il buon Francesco II, ancor questo in tali
momenti è un avvenimento. Si attende magnificamente a Verona il principe
Eugenio e non si sa se volgerà a destra, o a sinistra, intanto si riattano le
strade e si spende.
24
[gennaio 1806]
Ancora
non si sa se si verificherà la venuta del principe
Eugenio. I Veneziani mandano cinque deputati a Verona Pisani, Corner,
Revedin, Soranzo, e Querini, essi cercano al solito di concentrar tutto a
Venezia. I proclami veneti e nostri sono continui. Si va esaminando tutte le
parole, e quando si ha cribrato [?] e questionato caldamente su di tutto ne
giunge degli altri che eternizzano la nostra curiosa situazione. Si spera che
gli alloggi militari andranno cessando, finora si è perseguitati, ma il
principe a casa, la pace fatta, Vicenza non più frontiera fa lusingare. Si sta
parlando e temendo per le monete. Par che l’organizzazione non sia vicina.
Infine questi stati sono sempre il bersaglio d’una permanente inquietudine ed
ansietà. Si va vociferando gli articoli della pace. Infine oggi non si sa
nulla, domani si rilleva qualche cosa, poi si ricade nelle tenebre.
25
[gennaio 1806]
Si
leggono 26 capitoli di pace dove regna la Baviera, Wirtemberg, e la Casa
d’Austria avvilita. Si saprà domani se il principe Eugenio verrà o non verrà.
Si
fanno delle commedie di moda.
Si
vive tetramente. Incerti di tutto, ma quanto basta tranquilli. Napoleone comanda
all’universo detratto l’Inghilterra.
26
[gennaio 1806]
Il
principe Eugenio va per Milano, chi gioisce di questo scanso di spese, e altri
smaniano di veder prolungate le cose. Frattanto qui soldati, imbrogli, e caos
impenetrabile.
28
[gennaio 1806]
Venne
avviso che in questa settimana le LL.AA. II. e reali passeranno di qui per andar
a Venezia. Si allestisce teatro a casa Caldogno, ed alloggieranno in casa Nievo.
Si vuol sperar molto per Venezia, e se non vi sarà la residenza, si formerà in
essa un pien di cose onde felicitarla e farla risplendere. Ma il secolo presente
promette felicità future per la strada dello sterminio di ogni cosa.
30
[gennaio 1806]
Oggi
si dice che il principe passerà di volo, senza la sposa; che a Verona non ha
accettato nulla. Infine questi son principi che mirano ad altro che a pacifici
passatempi sentiremo poi perché le voci son sempre confuse, e il mistero regna
in tutte le cose. Pare che a Venezia si maneggi l’organizzazione, altri
credono che non l’avremo che alla pace generale.
Qui
intanto la truppa italiana va girando, e molesta.
31
[gennaio 1806]
Oggi
vennero i nostri deputati da Verona colla notizia che ai 2 sarà qui il principe
Eugenio e pernoterà. Aresi e Fenaroli trovarono l’alloggio Nievo troppo poco
e troppo piccolo. Si crede che la festa in teatro avrà luogo. I Veliti e i
petti di ferro vanno formicolando. Si teme che Vicenza sarà ristretta per tanto
corteggio. Si discorre di gala, tutti alzano la cresta, ma non v’è alcuno che
abbia il taglio della formalità. Il gran cerimoniere istruirà. Gran
differenza, e contraddizione delle fu massime democratiche. Gran giro di cose,
ma gran sostanza distruggitrice. L’organizzazione si dice protratta in
autunno, ciò fa sperare la pace generale, e creder delle gran mutazioni.
________________________________________
Primo
[febbraio 1806]
Nel
mentre che non si parlava che della venuta del principe, dell’allestimento di
palazzo e di festa, si sente un decreto in nome dell’altissimo e potentissimo
Napoleone in cui vien chiamato dal figlio principe Eugenio onoratissimo e
graziosissimo padre nostro, che scioglie il governo massenico [governo militare
di Massena] e fa in sua vece Leonardo Thiene amministratore, e toglie
l’appello e cangia altri uffizi e cariche. Questo colpo riuscì impensato
agl’impiegati, di piacere a molti per l’abuso del potere, di sospensione per
le scielte, e d’una sorpresa di vedere e regni e magistrature a cangiarsi con
più facilità della pioggia al sereno. Domani si attende i reali sposi.
2
[febbraio 1806]
A
un ora dopo il mezzogiorno allo sbarro del cannone e col suono di tutte le
campane giunsero a Vicenza gli augusti sposi, pranzarono in 7 a Cà Nievo e vi
fu l’amministrator Thiene Leonardo, il Thiene podestà, il Pedrazza
per
ottener il capoluogo di Thiene. Il vice re ricercò quanto pagò di
contribuzione Orazio Porto, si spaventò della spesa che ci vorrebbe di 120
mille ducati per liberar la città dalla Brentana, e voleva che Vicenza
contenesse 40 mille anime.
Disse
mille belle cose dei nostri futuri destini. La di lui sposa è belissima. La
pioggia fu eccessiva tutto il giorno. Il teatro fu vagamente illuminato e
vennero i principi restandovi un’ora. Il miscuglio di volti, di vestiarj, e di
tono formò un spettacolo per noi la platea, a un’ora dopo mezza notte terminò
tutto.
3
[febbraio 1806]
Il
principe alle 4 partì per Venezia allo sbarro dei cannoni. Vuol esso
interessare la Terra ferma con Venezia, ma alcuni ricusano d’espatriare. Le
voci del previale sono di qualche discretezza ma si teme i straordinari.
4
[febbraio 1806]
Gran
festa del casin nuovo al Palazzo Caldogno. I Francesi rimasero sorpresi, e
dissero che a Parigi non vi era una sala simile, e le signore meglio vestite
delle milanesi. Si dice gran incontro di al vice re, e che i Veneziani si
riscaldano. Tutti sperano senza gran apertura di lusinghe. Si dice che
all’Ascensione verrà Napoleone stesso a organizzar Venezia. Leonardo Thiene
contenta assai colle sue maniere.
5
[febbraio 1806]
Si
tomboleggia, e il paese fa stordire pel suo brio, buon gusto e bellezza dei
scarsi spettacoli di quest’anno terribile. La situazione nostra è
inesplicabile. Ora le speranze sono grandiose, ora il riflesso dei mali passati
e continui ci avvilisce. Ora siamo decaduti in tutto, ora ci pare che il governo
sia più ragionevole, e la ricchezza del territorio fa confidare. Si vive
nell’avvenire in tutti i spazi immaginari.
6
[febbraio 1806]
Non
si ode che l’entusiasmo dei Veneziani per il vice re, regata, balli, guardia
d’onore dei principali signori e altre e infinite dimostrazioni; ma il
principe si ferma poco, non vorrei che l’accutezza veneziana venisse temuta
anche nelle sue calamità. La gara fra Milano e Venezia sembra dichiarata.
Milano è una provinciaccia che ha sempre ubbidito, Venezia è una Capitale in
cui il dominio è originario. La sua località è lontana ma sicura. Se la
felicità italica dovesse aver fondamento la residenza in Venezia sarebbe
fissata. Ma l’Italia finora sembra il granaio della Francia, e la pasta onde
manipolare la pace generale. Qui si attende i decantati futuri destini, e si
vive in un governo provvisorio in cui gl’individui ora sono deposti ora
esaltati, e a ciò si circoscrive le riflessioni. Gran puzzo in varie contrade
della città, e la sanità non ne rinvenne la causa e Juvenel asserisce ciò
esser foriero di terremoti. Questa sera si fece la celebre Santa Margherita di
Cortona che non corrispose come a Milano e altrove all’aspettazione perché
non addattata al teatro, e niente interessante.
7
[febbraio 1806]
Balli
al Palazzo Caldogno, e molta allegria si sviluppa, ma il prediale, e altro la
rattemprerà. V’è in indirizzo per inviare i giovani benestanti alla guardia
d’onore e Veliti per esentarsi dalla coscrizione, ciò pone in riflesso sommo
le famiglie, e si teme della inconsideratezza della gioventù, e di un
alteramento alle promesse.
9
[febbraio 1806]
A
mezzogiorno i reali sposi trasvolarono a Verona al suono delle campane e al
rimbombo del cannone. Festa al casin nuovo. I Tedeschi giocavano di piedi e i
Francesi di testa, si spera che le ballerine non debbano temer altro. Gran mondo
colà con un brio e magnificenza particolare.
Se
l’uomo non fosse frivolo non potrebbe vivere in simili tempi.
_____________________________________________
12
[marzo 1806]
Ritornata
da Venezia trovai quel paese un enigma inesplicabile dei tempi presenti. Dopo un
finto blocco e l’ingresso dei Francesi Miollis e Lauriston trovarono che le
maschere e il gioco d’azzardo potevano solleticare il genio presente dei
Veneziani.
In
fatto non s’ingannarono e il divertimento assopì l’antica sovranità,
l’antica gloria, e l’antico ben essere, e tutti impazzirono pel vizio
organizzato chi occupandosene chi godendone lo spettacolo. Carestia somma,
miseria infinita, l’arsenale vuoto, poche speranze di reale felicità ma molte
chimeriche lusinghe formano il totale delle idee venete.
Chi
crede Regno, chi Impero, chi guerra. La moneta fa gran sussuro. Ma la quaresima
sembra un carnevale e davvero si scopre un aberrata disperazione che si
manifesta con una smodata allegria. Trovo a Vicenza un abbattimento per i
passaggi per le rovine e le spese, si aggiugne a ciò una infezione di maligno
di cui la sanità fa molto bene di sequestrare e rigorizzare, se unisce a queste
cure quella savia prudenza che nei Stati Veneti formò sempre il pregio di tal
magistrato.
14
[marzo 1806]
Si
parla di guerra, si vuol sul monitore che sia decretato il detronizzamento di
Francesco II ma son ciarle e par piuttosto che se scoppiasse una guerra ciò
sarebbe col Turco.
15
[marzo
Oggi
tutte nuove di pace colle potenze continentali. La malattia maligna sbalza da un
canto all’altro, non v’è gran mortalità, ma merita tutte le cure e le
precauzioni. Si prepara il lazzaretto, ma i passaggi sono continui, e si teme un
male che evidentemente vien portato.
20
[marzo 1806]
La
malattia epidemica ora comunemente vien creduta esaggerata, e che mancando la
prudenza, trionfi al solito l’interesse e la barbarie.
Si
dice Napoleone a Napoli.
Si
crede gran radunamento di truppe in Dalmazia, per sussulti, altri per riunirsi
la Lega contro la Turchia.
Qui
prediali, niente di organizzazione, qualche maligno e molti crepacuori e
discorsi formano il nostro vivere.
23
[marzo 1806]
Gran
cene, e qualche corso per San Lazaro, veramente i Vicentini superano col loro
brio la fatalità delle circostanze. L’appello a Venezia Anguissola, e Cisotti.
Tornieri [non si tratta di Arnaldo] al criminale. La legge in tanto disordine di
tempi è l’unica strada che dia da mangiare.
24
[marzo 1806]
Qui
non si parla che d’impiegati provisori, di alloggi particolarmente d’una
infinità di commissari, e d’un certo giro di cose tenebroso e misterioso.
I
Tedeschi sono entrati a Trieste, e si dice che sieno inoltrati in Friul sino
all’antica demarcazione veneta. I Francesi sono in Napoli, e si vogliono
armati contro la Calabria. Molti Francesi vanno in Dalmazia, e si pretende a
Cattaro qualche contrasto dei Russi. Ma la Francia domina, e pare che il
Continente non dipenda che dai suoi cenni.
27
[marzo 1806]
Si
fanno dei gran discorsi, si vede evidentemente la partenza dell’artiglieria,
della polvere, e dei soldati: si pretende che ai 3 del venturo partiranno tutti
i Francesi, e ai 7 veniranno i Tedeschi per inoltrar fino all’Adda.
La
provisorietà, il ritardo alla riunione col Regno d’Italia, il silenzio, la
speranza delle pace, la morte di Pitt che si
vuole dia un nuovo turno alle cose dà luogo a tutte le probabilità. I Francesi
dicono si mettiamo d’ora innanzi in perpetuo piede di pace. Vi è chi sostiene
gran resistenza in Dalmazia prodotta dai Russi.
31
[marzo 1806]
Piter
porta da Germania che colà tutto vien messo sul piede di pace. Che a Trieste vi
è i Tedeschi e che son false le dicerie in tal proposito. Qui vediamo una
decisa partenza dei Francesi. La cavalleria fu a complimentar il magistrato
civile e ai cappuccini le dame, la pulizia e la bontà di questa truppa fa
dispiacere il nuovo arrivo. Il comandante della piazza Savarde parte, era esso
buono, ma molto costoso, 300 lire al giorno era il suo appanaggio. Il magistrato
civile Thiene e il capitan dei boschi Bissaro
[non sappiamo quale sia] son partiti per Venezia a vedere se si pensa
finalmente a pagar i ministri. Domani Anguissola e Cisotti partono per Venezia
all’Appello. Cosa sarà niuno lo può prevedere. I gran pagamenti e il Codice
Napoleone mettono alla disperazione e all’agitazione tutto il mondo. L’eroe
è sommo ma la povertà e la oppressione sembra decretata. Ci aiuti la
Providenza.
________________________________________________
3
[aprile 1806]
Oggi
sono partiti i Francesi di cavalleria, e ne sono arrivati 3 mille per passare a
Palma Nuova, gran giro di cose, i Francesi dicono tutto sul piede di pace, ma si
vuol la resistenza delle Dalmazia, e che Napoleone vagheggi le isole del Levante
Cipro Candia e Morea. Qui non si finisce mai di pagare e di temere.
4
[aprile 1806]
Si
va suspicando qualche novità in materia di Claustrali cioè le pensioni ec.
Tutto vien ingojato e la sola Providenza può assisterci. Domani parte Savardé,
e l’Organizzazione non par lontana. Ogni giorno cercano alcuni d’illudersi e
ogni giorno si rimane però più feriti sul vivo e per conseguenza
all’improvviso.
5
[aprile 1806]
Questa
mattina Sabato Santo Napoleone ordina con suo decreto 24 del decorso
d’inventariare tutti i mobili dei claustrali, e regolari. L’ordine è
concepito con dolcezza, ma da prendersi in vari sensi, sicché i commissari del
prointendente Nicolò Bissari in varie
guise si diportarono. Angelo Calvi ai Servi fece chiudere la chiesa sul
principiar delle funzioni e la piazza bisbigliò e
Giacomo Tornieri fece disperare le povere monache di San Rocco; non così li
altri giudiziosi e umani. Questa dolorosa novità benché aspettata pose tutta
quella combustione che la religione l’umanità, e l’interesse patrio deve
produrre.
L’irreligione
e il mal inteso interesse forma lo scopo di tutti i gabinetti moderni in tal
proposito.
8
[aprile 1806]
I
poveri frati e monache, il timor della coscrizione, i pagamenti formano la
materia dei discorsi, e il Codice Napoleone mette in campo mille riflessioni
distruggitrici dell’antico sistema. I soldati vanno e vengono col solito giro
incomprensibile. Pare che la pace continui, ma tutto denotta un caos terribile.
11
[aprile 1806]
Vi
fu qualche sentore ieri, ma oggi alle ore 5 pomeridiane si pubblicò per il
primo maggio 12 ducati nell’ex Veneto, principato Venezia, Codice Napoleone,
sistema monetario ec. Si può immaginar la sorpresa, e i discorsi. Providenza
Providenza noi si affidiamo in voi.
12
[aprile 1806]
Si
parla della vicina incamerazione dei beni ecclesiastici, della rovina del paese
della proibizione dei vitelli per un anno della non lontana pace
coll’Inghilterra, infine noi campeggiamo in un caos di nuova spezie, e tutti
preveggono eccidio e disgrazie. Il primo maggio decifererà un furor di
questioni che l’oscurità e la non cognizione rendono problematiche. La
primavera piovosa non ci fa nemmeno sperare la risorsa della campagna.
16
[aprile 1806]
Gran
tedeum, accettazion del Codice, e gran concorso in Duomo. I discorsi popolari
pieni di cordoglio. Infine un garbuglio affannosissimo.
20
[aprile 1806]
Oggi
improvvisamente vennero arrestati e guardati a vista alcuni Inglesi che sono
qui, monsieur Roche e alcun altro. Ciò fa suppor guerra accanita. Noi siamo in
un caos di fatti, di discorsi, e di previsione. Il primo maggio si accosta, onde
gran petizioni, gran effetti del Codice, e gran pena per le monete.
La
coscrizione va facendosi con tanta destrezza che non si sa ben capire se si
voglia accarezzar l’Italia o significar timore dell’antico valore italiano.
La
truppa francese va e viene e gli alloggi son sempre eguali. I conventi
particolarmente di monache fanno pietà. Noi vediamo ad andar in fumo tutte le
nostre sostanze, i nostri usi, le nostre rarità, e non vediamo sostituirsi che
degli eloquenti messaggi e descrizioni della nostra futura prosperità e felicità.
24
[aprile 1806]
Gran
passaggio di truppa per la Dalmazia, da gennaro fino a questo momento deve
esservi giunto delle migliaja di uomini a 4, 8, 300, 500 per volta solito giro
Francese sempre formidabile al momento particolarmente colle truppe nordiche,
sempre tarde e sempreppiù esagerate dal discorso che dal fatto. Gl’Inglesi
qui arrestati vennero mandati prigioni al Cappello, e ieri partirono piangenti
per Milano, chi la crede una rappresaglia, chi vittime da condurre al carro di
trionfo di Napoleone.
Qui
il vice re fa sapere a queste provincie che spontaneamente ricercassero di
mandar per il trionfo a Parigi persona del paese cognita e distinta e che faccia
lustro. Si disse dunque il Napoletano conte Francesco Anguissola uomo atto alle
corti. Ecco principi debellati, e popoli vinti al carro trionfale.
Tale è il caos di tutte le cose presente e futuro che le nostre menti durano fatica a restar salde, e solo si disperde al vento tutte le nostre sostanze senza speranze. Nella rivoluzione si sperava nella leggerezza francese, ora il quadro è più serio e di maggior conseguenza.
29
[aprile 1806]
Dieci
decreti al giorno pendono ai cantoni. Pare che il magistrato civile Leonardo
Thiene venghi considerato da Mr. di Mejan, e gli venga confermata la carica, o
eletto Prefetto di Vicenza. Esso ha la nomina di molte importanti cariche fra le
altre quella del demanio, o sia fisco. Tutti i conventi tremano, tutti i
possidenti vedono a toglier a loro stessi le proprie sostanze e vari rami di
proprietà. Tutti attendono con tremore il primo di maggio, ma già in tal
giorno non può sortire, tutta la farragine degli affari. L’imbroglio è che
si dipende da Milano da Venezia, e che non v’è persona atta alla circostanza.
La moneta falsa deve durare sino a nuovo ordine ciò fa salire i prezzi a un
grado addattato all’avidità mercantile, la sostituzione riesce quasi
impossibile sicché si dovrà sempre temere il calo, e soffrire tutto quello che
un tal sospetto deve ingerire.
Il
quadro delle cose attuali è tanto complicato che non v’è testa politica che
possa calcolare le conseguenze. In dieci anni noi abbiamo provato tutto ma
questo decapitamento formale di ogni nostra consuetudine avvilisce senza
qualsisia speranza.
La
democrazia era chimerica e fatale, ma ogni uomo sperava, e le sostanze pubbliche
rimanevano in Italia, oggi è tolta ogni speranza e tutto va a disperdersi
altrove. Napoleone è grande e la sua fortuna è somma, ma tutta l’Europa è
vilipesa e sdegnata. Gl' Inglesi non cessano di diffendersi e di aggredire, se
non v’è pace si deve sempre temer ogni cosa. La Russia è forte e par essa
intenzionata ad attaccar la Prussia. Il Turco non si sa se sostenuto o
vagheggiato dalla Francia. Infine noi viviamo in mezzo a dei turbini e la sola
providenza ci tranquillizza. Va molta gente in Dalmazia, e tanto radunamento
riesce un enigma. Gaeta resiste in Italia e si dice la Casa di Napoli in Spagna.
_______________________________________
P.mo
[maggio 1806]
Gran
giornata di aspettativa. Si cominciò con il primo giorno di buon tempo. Vi fu
il giuramento al sovrano. Gran tedeum di formalità ma poca gente in Duomo, poi
si fece cariche, ma non successero proclami né alcuna novità più degli altri
giorni. Tutti sono istupiditi, si declama, e non vien goduta la cosa che dai
falliti che godono di mangiare i loro fideicommissi, e dai impiegati principali.
Non
si parla né di Duca, né di sistematore, ma si attende gli ordini di Milano.
Pare che il complesso del nuovo Codice tendi a turbar le menti, a esaurir le
risorse e a non produr qualsisia prosperità. Si teme per la coscrizione, si
teme per le monete, infine si vive in una Torre di Babelle.
4
[maggio 1806]
Gran
festa della città per la riunione del Regno Italico da Caldogno.
I
cittadini di tutti gli ordini colà riuniti formavano un colpo d’occhio tutto
nuovo.
L’eccidio
del proprio paese, la miseria publica animavano le fisonomie a un giro patetico
convulsivo. I giovinotti e i falliti si mostravano soli giulivi. Il magistrato
civile conte Thiene tutto ricamato girava e correva voce della sua Prefetura a
Vicenza concretata la paga di tutto il ministero a 45 mille lire, e dichiarata
Vicenza città di seconda classe. Noi siamo involti in un caos diabolico e non
si vede il bene che scritto nei trattati, e nei proclami.
5
[maggio 1806]
Ordini
di Milano fecero convocazione dal magistrato civil. I torchi [da stampa] in
Palazzo con sollecitudine e gran secretto vennero messi in azione. Si fece
intendere ai vicari, e presidenti sino all’Astico [ai confini del Tirolo] di dover essere tutti domani
ai loro posti alle ore 9. La combustione è somma, chi lo crede affar
inquietante, chi organizzazione.
6
[maggio 1806]
Fino
alle 3 pomeridiane si rimase generalmente in una smania e curiosità indicibile,
quando si sentì che tutte le casse pubbliche vennero contate e sigillate, e
comparve il proclama del calo [=svalutazione ] delle monete provinciali e
checche [moneta imperiale austriaca, da Francesco]
La
sensazione fu immensa. Il colpo era necessario e il segreto è stato ben
condotto, ma il danno e l’imbroglio riescono altresì universali. Lo Stato ex
Veneto veramente in tutti i sensi è stato la vittima delle grandi potenze a
prefferenza delle altre città d’Italia. Perché l’affar della moneta falsa
non venne introdotto che in esso solo.
8
[maggio 1806]
Decreto
che scioglie le fraglie. I conventi tremano, noi vediamo tutto il nostro avere a
formar il gran monte Napoleone e non troviamo la prosperità che sui scritti.
9
[maggio 1806]
Le
fraglie le monete intorbidano la popolazione. I vicari vengono mandati stabili
alle loro residenze.
Tutti
i giorni si attende novità inquietanti, e distruttive e l’altissimo monarca
si contenta di tutte le infime cose per prosperare nell’avvenire.
10
[maggio 1806]
Venezia
è fatta porto franco, la dogana a San Giorgio Maggiore; si pretende che il
golfo sia rippieno d’inciampi: l’Oglio [=olio] è quasi per mancare, e altri
generi. Qui si sparge che il Monte di Pietà possa venir trasportato a Milano, e
che ai 30 del corrente ci saranno visite domiciliari per le checche [=monete di
Francesco d'Austria]. Fra la verità e le invenzioni pare che siamo vicini alla
fine del mondo. Gran monopoli dei mercanti per far passar il rame in Germania.
Gran perdita e gran imbroglio di monete. La distruzione delle fraglie fa molta
sensazione nel popolo. I conventi muoiono dalle vociferazioni, e sarà men male
la decisa determinazione. Il magistrato civil si mantiene, ma si vuol ogni
giorno nuovi prefetti, e organizzazione. Il nuovo stile è di ricavare, e di
soprasiedere nel resto. Il conte Leonardo si dice impegnato a richiamar tutti i
Teatini a Vicenza, e come Thiene, e come cittadino ciò diventa una bella
azione. San Gaetano santo vicentino ci ajuterà a confidare nella Providenza in
tutto e per tutto.
12
[maggio 1806]
Era
eletto dalla città il Napoletano Anguissola per Parigi cosa insinuata da Milano
nel più noto uomo che faccia lustro. Quando improvvisamente ier sera venne
l’elezione da Milano colla fideicomissa cominatoria dell’indignazione
all’eletto e la famiglia se non venisse accettato.
Le
persone dunque elette sono il colonello
Bissaro [Leonardo Bissari], e il conte Giobatta Salvi. Tutti rimasero
sbalorditi. Chi crede cosa cercata, chi protezione di Sanfermo, chi progetto
dell’impiegar i soli geniali Francesi pronunziati.
14
[maggio 1806]
Il
Salvi è ritrovato esso era a Bovolon a Verona a Legnago e si dice che rinunzi.
Sentiremo la nuova scielta essi non sanno ne Francese ne Italiano, ma forse
hanno una lingua più intelligibile delle altre. Voglio dire Bissaro e Salvi.
Domani tedeum per l’anniversario dell’incoronazione. Gran inquietudine per
le monete e la Germania le ricusa.
Il
conte Leonardo Thiene è fatto Cavalier della Croce di ferro, ciò si dice per
tutti i prefetti. Qui si passa da una disgrazia in l’altra tutti sono
avviliti. Si dice avvicinamento d’una flotta inglese a Venezia, ricerca di
tutti i badili per fortificar Padova. I Russi sono ancora a Cattaro, e si dice
una nuova guerra. Si vuol Napoli in fermento, e i Francesi ritrocessi a Roma.
Tre bombe in Venezia, ciò non par probabile, ma tutto è possibile. La
Providenza ci assisti, e ci conduca dei giorni cristiani e sereni.
15
[maggio 1806]
Il
Salvi dice di rinnunziare, la di lui Sposa forma il quadro opposto alla moda del
secolo. Si recitò oggi il gran tedeum gran pompa militare, e civile, e
abborrimento piuttosto che concorso di popolo. Ogni giorno gran scartafacci ai
Cantoni, il popolo ride quando ne vede di piccoli per cose inconcludenti. Tutto
concorre a far vedere un gastigo di Dio nella Torre di Babele e nei disastri che
ci circondano.
17
[maggio 1806]
Sui
cantoni si legge in fondo ai proclami per la prima volta Thiene prefetto del
Bacchiglione, ma non si conosce il decreto che lo ha eletto, e l’Ordine della
Corona di Ferro non è per anco arrivato. Bissari e Salvi son partiti per Milano
l’ultimo ricorrerà per dispensa ma da molti non vien creduto. Le nuove del
mondo sono di guerra. La Sicilia livellata agli Inglesi per mantener la Regia
Casa di Napoli. La Dalmazia forma un gran punto d’osservazione, e domani
comincierà a passare per qui 40 mille Francesi. Ora si distrugge comende e
fraglie, e i conventi angosciano il loro destino. Pare che il trionfo di
Napoleone a Parigi sarà ai 21 del venturo.
25
[maggio 1806]
Qui
non si parla che degl’inviati a Parigi, il Salvi e la Sposetta supplicano di
non andarvi la verità a suo luogo, giugne oggi la nuova che per colà partono.
Il colonello era più deciso. Chi vuole il vice re qui passato per Palma chi il
general Charpentier. Chi crede il trionfo a settembre chi il mese venturo. Non
si parla che di checche, e si sente che la Baviera le accoglie per 5 soldi, ma
che a Trieste il negozio sarà migliore. Non si parla di prediale, e ciò si
crede per il doppio imbroglio della moneta. Il decreto per i conventi si dice
giunto e i poveri regolari angosciano per la lenta dose d’amarezza che loro si
prepara ognora per togliere infine le loro sostanze e la loro quiete. Sono
disciolte tutte le corporazioni e il colleggio di dottori. Un bello spirito
quand’esce di casa la mattina ricerca chi verrà assassinato oggi? Il lutto è
universale, e ciò si dice anche nei spettacoli di Milano. Si vuole le Bocche di
Cattaro cedute a Tedeschi dai Russi per passarle ai Francesi. Si vuol osservare
un rallentamento in tutte le cose. Noi siamo in tempi di distruzione e di
angustia presente e futura. Il Codice non è inteso e finora alcuno non si
marita. Si spende poco e per la scarsezza di danaro e per l’imbroglio delle
monete. L’oro e l’argento sale all’eccesso malgrado la tariffa. Venezia
malanconica, e il commercio arenato. Gaeta resiste. Pare che vi sia guerra tra
la Russia e la Prussia. Gl’Inglesi possedono il mondo marittimo, non so come
esistano più flotte francesi da predare, mentre esce qualche cosa, e subito è
predata.
Dio
ci guardi dalla guerra terrestre e maritima o per dir meglio faccia la
Provvidenza il nostro minor danno.
26
[maggio 1806]
Gl’inviati
Bissaro e Salvi dicono di aver consumato il danaro e ne vogliono dell’altro.
Si ha avuto avvisi che in questa settimana verranno 6 mille Francesi di
permanenza, si dice che vogliono star nelle case, e che le caserme converrà che
la città le comperi dal Demanio. V’è un gran mistero per questo Cattaro e la
guera non par lontana. È nato un grand’incendio dal conte Nazario per
soprappiù di calamità. Si vuole che il trionfo non segua per ora e non si sa
capire come gl’inviati vadino a Parigi.
30
[maggio 1806]
Gran
nuove oscure e gran mistero. Quello che si sa si è che ai 25 i Francesi
entrarono in Trieste e a Fiume, lasciando i Tedeschi con armonia tanto in civile
come in militare. Pare che i Russi sorveglino Cattaro si rinforzino, e facciano
dei movimenti chi li crede come l’arena del mare, chi pochissimi. Gl’Inglesi
par si sieno dichiarati a una guerra offensiva. Vi è presso Gorizia il principe
Eugenio che si vuol per abboccarsi col principe Carlo. Gl’inviati nostri
son partiti per Parigi e ai 27 erano a Torino. Questa missione è senza formalità
e senza trionfo. Domani si toglierà ai regolari tutti i loro beni e si darà
una tenue pensione. Oggi pendevano ai cantoni 13 decreti. Si dice per il primo
giugno cominciamento d’organizzazione. Non si sa capir nulla, non si saprebbe
nemmen fissarsi col pensiero una possibile tranquillità. L’Inghilterra e la
Francia non ci daranno mai pace. L’Inghilterra non vorrà dar luogo a una
creazione di marina, e la Francia lo tenterà sempre. La Moscovia ravviverà
sempre i progetti che aveva Pietro il Grande nella erezione di Peterburgo
formando un finestrone il qual guardasse da una parte l’Asia, e dall’altra
tutta l’Europa. Mare e popoli settentrionali si vogliono sempre stati
formidabili, e noi miseri saremo sempre il gioco dell’ambizione e
dell’avarizia, e dell’orrore, e della stessa minuziosagine dei barbari.
31
[maggio 1806]
Oggi
si son presi tutti i beni ecclesiastici con modiche pensioni. Religione,
proprietà son nomi poco di moda, ma gli eccidi assai.
Si spera pace per qualche mese e non s’intende l’affar di Cattaro, l’ingresso francese in Trieste, il viaggio per colà del vice re e la protrazione del trionfo. Ma già l’esperienza ci ha adottrinati che ciò finisce tutto in vantaggio dei Francesi, o per delle fortune loro proprie, o per delle guerre vantaggiosissime. Le coalizioni sono fatali. La guerra al presente si fa più colla testa che colla forza fisica. L’Inghilterra ha testa, ma le sue fisiche forze pagate non corrispondono alle sue direzioni. Qui intanto ci mangiano tutto, ci tolgono ogni antico uso, ci fanno governare da chi non sa governarsi, o non ha la morale o la probità la più preclara. Viviamo ancora nelle incertezze d’una continuazione di simili cose o d’una invasione barbarica che ci sfrondi l’ultima pianta, poi ci ballotti scioccamente, indi ci abbandoni a nuovi guai e a nuove miserie.