segue il Giornale di Ottavia Negri Velo
Trascrizione di Mirto Sardo
[segue 1806]
2
[giugno 1806]
Si
parla delle tenui pensioni dei regolari [religiosi vincolati da regole delle
congregazioni religiose], e dell’arte con cui in spogliandoli
vien loro promesso una prosperità maggiore.
Si
dice che il vice re sia passato di ritorno da Palma nuova.
Si
dice che Napoleone sarà in giugno a Milano.
Si
parla d’un decreto di sopression di decime ma si spera una qualche
modificazione.
Veramente
fra i spogli, i timori futuri, gli alloggi, i pagamenti si fa un viver
malinconioso. Qui non v’è ne fede ne legge, tutto è protrato
nell’avvenire. Adorabile Provvidenza tu ci assisterai.
3
[giugno 1806]
Gran
scene per il discorso delle decime sortito dal segretario del demanio Salvi. Ciò
unito alle reali disgrazie accresce le smanie universali.
Si
dice che a momenti Cattaro sarà ceduto.
Pare
che vi sia una speranza di pace generale.
Gran
truppa e gran tamburri di soldati che vanno e partono.
La
division Marmonté sciolta onde soldati che vengono, e altri soldati che vanno a
Palma Nuova.
Si
dice che in vari porti d’Italia si vede qualche fregata inglese, anche a
Venezia non si è senza timori.
5
[giugno 1806]
Oggi
la processione fu con tre sole scuole concedute benignamente con responsabiltà
ai capi di esse dal demanio per ovviare la troppa dispiacenza popolare. La Rua
senza soldati girò con più popolo e vivacità di quello che si credeva. La
scherzo fu che la contadinanza non accorse per timor di pagar dazio. Il Pallio
di 3 barbari, eccitò il solito concorso, e il Campo Marzo fu bello con molti
cavalli di Posta. La festa al nuovo casino fu prima nobile poi generale. Il
partito del prefetto e i contrari formavano un quadro stomachevole. L’invidia,
l’avvilimento e cento passioni germogliano sulle nostre reali rovine e miseria
e quanti bramerebbero di accrescerle per esca della propria avidità, ambizione
e per regnare con uno scettro di ferro.
7
[giugno 1806]
Si
progredisce rapidamente, e lentamente a vicenda le operazioni del demanio, il
quale assorbirà tutto e non vi sarà più numerario. Gran smanie in alcuni per
impieghi gran rabbie e gran disperazione. Si vuole che i Francesi abbiano
formata l’armata d’Oriente, colla mira per ora all’isole del Levante
Cipro, Candia, e Morea, quando la cosa è fissata non si saprebbe giurare contro
l’esito. Si vocifera di Roma ma positivamente niente si sa dell’Italia
meridionale. Il soldato francese come individuo non si sa positivamente che vi
sia per inquietudini. Ma alloggi spese e una vita crucciosa e incerta al non
plus ultra.
8
[giugno 1806]
Si
vuol che i Russi abbiano preso Zara di assalto e che le fregate anglo russe
minacciano Venezia. Tutto è possibile. Certo è che la restituzione delle
Bocche di Cattaro non si vede che continuamente sulle gazzette e mai in fatto e
che il mistero è immenso. Delle Calabrie, di Gaeta, di Roma pari mistero.
Intanto qui il demanio inghiotte i beni regolari, le imposizioni e dazj, e ora
vuole in 15 giorni i Capitoli dei Livelli [= i documenti delle servitù gravanti
sui beni immobili] dei regolari.
È
andata in scena la commedia. Il Prefetto fu in palco di corte e si vuol che i
militari ne facciano questione.
Degl’inviati
a Parigi nulla si sa.
9
[giugno 1806]
Oggi
decreto d’affrancazione di livelli con moneta fina. I Francesi prima ce ne
esaurirono, i Tedeschi ce la falsificarono, ora si vuol la moneta fina, oh
secolo pazzo e infame!
11
[giugno 1806]
Niente
si comprende degli affari del mondo, e par che l’Inghilterra dichiari guerra
alla Prussia.
Qui
demanio, rovine, e precipizi di sostanze.
In
Campo Marzo si adestra delle reclute, e vi è la gente la più lacera, e la più
alternante negli anni e tutta di coscrizioni. Il nuovo Codice, i nuovi daci
imbrogliano tutte le teste, e inquietano la vita. Qui si è alla vigilia di non
aver più numerario. Vi è qui da vari giorni il general Somariva Tedesco.
13
[giugno 1806]
Tutti
sentono cannonamenti a Venezia sui monti sulle colline e nei luoghi vari da vari
giorni, ma non si sa se ciò sia il risentimento delle cose già sofferte, o la
verità. Certo è che tutto è involto in un mistero e in un silenzio da creder
tutto possibile.
I
feudi, e le decime restano preservate.
Le
monache smaniano, e non si può trattarle con più barbara prolungazione di
rovina e incertezze.
Il
demanio vien chiamato il demonio e il diavolo, e v’è per capo il sig.
Montenari, il qual rinunzia ogni giorno, e ogni giorno ci resta.
Gran
brogli, e gran cabale per impieghi e si vuol gran vaggheggiamento per balzare il
suddetto Montenari.
Il
partito impiegato arde di zelo e di speranze, l’altro di furie e d’invidia,
e come in 10 anni abbiamo veduto la ruota della sorte a cangiarsi per tutti, così
abbiamo veduto appuntino i medesimi tratti di baldanza e di avvilimento a
perfetta vicenda.
Il
tenor delle cose è fatale, ma gli uomini son sempre i medesimi colle loro
passioni.
17
[giugno 1806]
Qui
affrancazione di livelli resti in 15 giorni; a Venezia Padova non c’è
esempio, ciò si attribuisce alla malignità dei demaniali ma ciò non par
ragionevole.
Si
voleva circondata Venezia da Hotte, Cattaro non ceduto, Zara presa dai Russi e
una guerra terribile.
Ora
si sente che nell’allontanamento delle fregate russe entrò in Venezia un
furore di generi, e che uscì una piccola flottiglia per protegger il commercio,
con ala testa Paolucci pare che il governo non azzarderebbe senza fondamento
questa povera gente: si vuol Cattaro ceduto ai Tedeschi per passarlo ai
Francesi, e la pace si vocifera per certa colla Russia; ad onta di ciò ognun
crede quel che vuole.
Di
Napoli si sente l’ingresso di quel re che si dice eccellente uomo. Di Gaeta è
famosa la sua resistenza. Con ciò si dice e si fonda varie congetture contro i
Francesi in quel Regno. Certo è che regna il più alto mistero come pur di Roma
da cui non si riceve lettere.
Qui
si farà con tutta sollecitudine la strada di Valarsa.[Vallarsa era l'ultimo
paese prima del Tirolo austriaco. Evidentemente non esisteva ancora una strada
vera]. Schio ottiene delle
preferenze che arrabiano i loro vicini il danaro è lo scoglio del secol nostro.
Questa strada per il comercio è assolutamente un affare immenso per Vicenza, ma
altresì fatalissima se dovesse servire di nuova scala a discesa militare. Il
tesoro pubblico dà 70 mille lire a tal oggetto, e i comuni interessati il
resto, ma già il tutto è sangue nostro.
Si
dice ordinate altre strade. Già queste son cose apparenti e di moda, ma la
miseria e l’angustia agita le case e gli animi.
A
chi è nato ed assuefatto al più dolce dei governi, al più libero vivere, al
più prosperoso e florido stato, racapriccia in vedersi involto in un tenor di
cose disperanti. Non più amor per i sudditi, mille catene di daci, di soldati.
Un codice che volta il bianco in nero dei nostri usi. Una rapacità
incontentabile, un mistero che non ci lascia nemmen creder sicuro il nostro
letto, perché timori continui di guerra, sospiri di pestilenze.
Uomini
in carica di nuovo conio. E la società resa una guerra civile di opinioni, di
rabbie di simulazioni. La religione oh Dio! provvidenza santa, questa resterà
perché immobile e ferma è la parola d’un Dio. Ma a veder il poco buon uso di
tanti gastighi pare che la fine del mondo si avvicini piuttosto che un tenor di
cose differenti.
18
[giugno 1806]
Venne
assegnato da Milano ai nostri inviati a Parigi 10 zecchini al giorno. Ciò
limita l’affare. Passano i Bresciani che arrabbiano di andar in Dalmazia.
Regna il più alto silenzio in tutto; onde vi è luogo alle più incoerenti
congetture.
21
[giugno 1806]
Si
vocifera uno sbarco di Russi a Trieste con danno sommo delle merci Venete. Tutti
i depositi reclute e soldati si dice che partano fra tre giorni. Vedremo qualche
sviluppo, ma noi siamo rovinati, faccia la Providenza!
Oggi
si è distrutto il corpo del territorio. Questo corpo fu fatale alla città; ma
ora convien deplorare questa nuova trufferia.
22
[giugno 1806]
Qui
si paga i livelli a stento perché non c’è numerario. Si tace del prediale,
ma si teme di peggio nelle summe. Si dice la coscrizione per il primo di luglio
oh questo termina di avvilire la popolazione.
Niente
assolutamente niente si sa né di Napoli, ne della Dalmazia, ne degli affari del
mondo. Le gazzette ora mettono in moto truppe, coalizioni ora trattative ora
pace. Qual genere nuovo di supplizio si è inventato per tormentare la di già
misera umanità!
Si
dice che la Guardia Civica di Venezia fatta per il vice re sia chiamata a
Parigi.
Dei
nostri inviati si sa che vi sono arrivati ai 12 e nulla più.
23
[giugno 1806]
Si
sente che fra tre settimane si farà il trionfo a Parigi, che il vice re sta per
partire, e che Napoleone verrà subito dopo in Italia.
Della
guardia d’onore di Venezia non andrà a Parigi che 12 individui per aumentar
il numero del corteggio.
Si
vuole che gli affari di Dalmazia non vadino bene per i Francesi, certo il
silenzio è sommo, e pare che le reclute che abbiamo vi corrano. Certo s’è
reale la pace con l’Austria, non vi può essere un’opposizione
corrispondente alle forze francesi. Ma si vuole che i sbarchi e le flotte
anglo-russe assistino gli abitanti Dalmati i quali per natura contrari ai
Francesi sieno tutti in insurrezione.
Tutto
è possibile, ma l’arte francese nel pagare e sedurre dei caporioni può
render vana ogni resistenza. Certo lo stile è troppo noto e provato in simili
materie.
27
[giugno 1806]
Si
sentono delle novità di Roma che costernano, si dice che Consalvi non sia più
segrettario, e che della truppa s’incamini per colà; il foglio di Milano osa
di scrivere che il Santo Padre voglia andare a rivveder Avignone.
La
voce è che Luciano [fratello di Napoleone], vi sarà re col mezzo di madama
Letizia, perché Napoleone ha proposto di non favorirlo di propria mano.
Si
dice il trionfo a Parigi verso la mettà di luglio.
I
nostri inviati ci scrivono di esser stati ben accolti, e di aver ottenuto un
udienza privata. Aldini disse loro di ricercar ogni cosa. Ma le parole ci
lusingano sempre e i fatti ci sterminano.
Pare
che la pace col continente sia determinata, ma i Dalmati si dicono fieri contro
i Francesi. Si pretende che i Russi temano di partire, i Tedeschi che non si
azzardino di andare nelle bocche di Cattaro. Qual gazzabuglio!
Oggi
per la prima volta il magistrato civile si sottoscrisse nei decreti Thiene
prefetto cavalier dell’Italiano Real Ordine della Corona di Ferro.
Si
vuole che questo Ordine troppo difuso e portato da soggetti non degni, non
venghi a Milano calcolato, anzi coperto.
_______________________________________________
1°
[luglio 1806]
A
Parigi voleva Sanfermo esser l’oratore dei Veneti, ma appena giunto Aldini lo
avvertì che Alvise Pisani farebbe la primaria figura. Napoleone ad esso rispose
dal trono ch’egli ha sempre desiderato l’union veneta alla gran famiglia,
che il scioccaccio di Pesaro venne sedotto, ch’Erizzo e Giovannelli rovinarono
l’affare ch’egli perdona ad essi essendo rimasti assai puniti dal bastone
austriaco. Che spera vicina la pace coll’Inghilterra, che il Regno d’Italia
se non sarà ricco verrà governato felicemente. Che non saranno impiegati che
dei cittadini. Che decreta un millione per i canali di Venezia, che il Regno
Italiaco verrà piuttosto aumentato che mai diminuito. Sceso poi del trono
s’intervenne familiarmente coll’udienza, e disse al Pisani: voi siete stato
ancora a Parigi, e ne siete veduto assai volontieri. Si rivvolse poi a Sanfermo
e gli disse voi eravate nell’ordine dei segretari e passò oltre.
Pare
che in questa corte si voglia somissione, e maniere, e forse una nobiltà non
equivoca.
Qui
il demanio forma le nostre smanie e la nostra rovina. I decreti sono a due
sensi. Gl’impiegati son scielti per prendere il senso cattivo, se mai un uomo
di cuore sostiene il senso buono ottiene qualche volta la cosa, ma non ha sicura
la carica. Sicché gli ordini sono belli in apparenza, e la cattiva figura la fa
i nostri stessi Concittadini per necessità di sistema.
Si
vorrebbe respiro per i livelli, si consulta Gallino qui passato, già non
contento della propria metamorfosi, alcuni privati hanno ottenuto l’intento,
ma i mezzi e i denari ci vogliono.
I
conventi sono continuamente bersagliati di visite domiciliari, e non contenti
dello spoglio vengono privati della quiete d’animo con una tortura
particolare.
Si
dice Praja, [Abbazia di Praglia, sui colli Euganei] e San Michele di Murano
conservati in località e proprietà per avere educazioni. Oh nella nuova
riforma si vuole utilità publica, tutto esatto e tutto proficuo!
Niente
si sa di Napoli, e della Dalmazia, tutto però indica più pace che guerra. Si
vuol Roma in pericolo, ma colà veglia la Providenza, sicché la Chiesa in un
modo o nell’altro sussisterà. Non sic impii non sit, sed tamquam pulvis qui
proicint ventus a facie terrae.
4
[luglio 1806]
Oggi
è affisso il prediale per questo mese avendo ritardato di qualche giorno, ma
v’è il giochetto di tramutare le lire venete in quelle di Milano che lo
accresce più d’un terzo.
Lettere
dei nostri inviati da Parigi ci annunziano il loro ricevimento colla solita
deridente circostanza di esser stati i Vicentini distinti più di tutti.
Si
disse buoni i Trevisani, e bravi e geniali Francesi i Vicentini. Napoleone poi
disse totalmente quel ch’altra fiata ci disse Francesco II col di più, che
noi saremo meno ricchi, ma ben governati, e che verrà fra poco esso in persona
ad esaminare i nostri bisogni.
Intanto
va via tutto il numerario, si visitano i conventi, e non si vede che
dissipazione e rovina.
Vi
è qui della cavalleria, e si dice sempre Cattaro ceduto, ma mai formalmente.
Si
teme per Roma.
6
[luglio 1806]
Oggi
le voci sono di guerra i commissarj francesi attendono truppa. La cosa si fonda
sulla resistenza dell’Inghilterra, sull’amarezza delle potenze continentali
per il disprezzo e le perdite, e si dice che Cattaro fece guadagnar tempo, che
l’arciduca Carlo proponga dei diritti al Bavaro sul Tirolo, infine il discorso
è di guerra. La Francia per verità non ha nulla a temere in via umana, mentre
e la potenza formidabile, e la direzione e la sorte l’han posta in un punto da
superare ogni cosa. Ma il servirsi come fa di tanti vantaggi contro la chiesa
parte segrettamente parte palesemente si forma con ciò la propria irreparabile
rovina.
Nisi
Dominus custodierit civitatem frustra vigilat qui custodiant [=custodit] eam.
Noi
qui tremanti in braccio alla Providenza si fidiamo di essa per ottenere un fine
Cristiano e di vera prosperità in conseguenza.
9
[luglio 1806]
Le
voci sono confuse chi crede pace chi guerra. I primi dicono ceduto Cattaro, e
che a momenti i veliti e il vice re passeranno per occupar la conquistata
Dalmazia, che Gaeta quantunque resisti verrà bombardata irremissibilmente.
Chi
sostiene la guerra dice che l’incaglio è sommo che i Dalmati non vogliono
Francesi e chiamano gli Ungheri per padroni, che la Prussia non è sincera, e
che mal ostenta le sue malcontentezze coll’Inghilterra, mentre il Baltico è
libero per suo conto, che i Tartari scendono per la Crimea, che l’arciduca
Carlo è in pronto infine guerra e guerra certa. La Servia è ribellata si vuole
che venga data all’Austria, quante voci, e tutte probabili. Il certo però si
è l’infelicità quasi universale degli uomini.
13
[luglio 1806]
I
Veliti van venendo e alloggiano nelle case; verrà il vice re chi lo manda a
Padova, chi in Dalmazia. Il mistero è al più alto grado. Chi sente il cannone,
chi tien certa la guerra, e chi sostenendo la pace non sa trovarvi tramontana
nell’aglomeramento di tante truppe che da tanti mesi è in Friuli e che ogni
giorno si avvanza e ogni giorno si resta. Imbroglio simile riesce inconcepibile.
I fogli fan perder la tramontana, i discorsi son dell’ultima incertezza, gli
andamenti francesi d’un carattere particolare. Ma noi nella peggior località
del mondo, ridotti a viver in un tenor di cose insopportabili, colla sola
prospettiva d’una liberazione proveniente da una irruzione immensa di barbari,
il pensiero rifugge al presente e all’avvenire. I nostri inviati a Parigi non
ci scrivono che dei complimenti. Il demanio interpreta alla peggio, poi qualche
volta si disdice.
15
[luglio 1806]
I
veliti in numero di 1200 furon qui vestiti superbamente verde, bleu, bianco,
nelle case buonissimi fecero gli esercizi che sorpresero e quantunque mascherato
l’italico valore non è ancor spento, avevano una banda eccellente. Li
discorsi fino alla nausea erano che andavano a Padova dove il vice re avrebbe
fatto un consiglio di guerra, il fatto è stato che alle 9 in punto pomeridiane
partirono tutti alla volta di Castelfranco per andar in Istria e in Dalmazia.
17
[luglio 1806]
Alle
7 pomeridiane si sentì dapertutto un forte cannonamento chi lo crede
proveniente da Verona per l’arrivo del vice
re, chi mille stravaganze, non però inverisimili attesi i sommi misteri
presenti.
Il
gruppo stabile delle truppe fra il Friul e l’Istria in paesi sterili ec.
formano un enigma inesplicabile. Gaeta resiste, di Cattaro non si parla di
restituzione.
I
nostri deputati scrivono grandezze e accoglienze di Parigi qualche poco di pace
e niente di ristoro ai nostri immensi gravami.
18
[luglio 1806]
Si
ride sulle rozze lettere di nostri inviati a Parigi che per verità fanno
arrossire.
Si
dice che le malghe possano aver avuto ordine di discendere dalle montagne per
guerra o epizoozia.
Tribunale
di prima istanza a Schio eguagliato a Forlì, Lodi ec. gran vanto ottenuto sopra
Thiene che sudava per ottenere la preminenza.
Richiamati
gli Ordini di Malta croce stellata ec. non si sa se per levarli o per conoscerne
i titoli. Pare che Napoleone sia contro tutti e certo la fa da superiore a
tutti.
19
[luglio 1806]
Ieri
è partito con tutta sollecitudine per Padova il prefetto, v’è chi crede per
l’affrancazione dei Livelli al Demanio, anche il Vescovo è partito per colà.
Tutti sentono il cannone, si dice una vittoria dei Dalmati.
Si
vuol le truppe del Napoletano a correr in Dalmazia, sicché fra le guerre
succedute e quelle che si pronosticano si vive in una guerra continua. Il
mistero però è al più alto grado, e si confida solo nella Providenza in tutte
le guise.
22
[luglio 1806]
Si
dice il vice re a Venezia passato con dei generali in ingognito per indi
prosceguire in Dalmazia. Colà si vuole insorgenti, tutto il Nord alleato e
guerra. Niente si sa, solo che dandolo governatore della Dalmazia fa dei
proclami in Zara. Si dice che tutta l’armata Francese di Marmont si sia levata
da Udine per andar ad abbatter i Montenegrini e Dalmati tumultuati, o a
cominciar la guerra coi Russi.
Si
dice che Napoleone dica di far la spedizione contro gl’Inglesi, ma venghi in
cambio all’armata di Oriente. Gran ciarle, ma non si vede né un prigioniero
ne un ferito. Il cannonamento fu un esperimento di artiglieria a Verona.
24
[luglio 1806]
In
questa notte partirono numero 37 prigioni per gli lavori di Mantova, essi
urlarono molto per il Tornieri.[Giacomo o Lorenzo]
Continua
tutto il mistero della Dalmazia. Il vice re è certamente a Venezia ai
Filarmonici in assoluto incognito. Si bombarda Gaeta e ai 3 del corrente
s’intimò ai bravi Gesuiti di sortir dal Regno di Napoli. Pare che i Francesi
si sieno impadroniti di Roma.
Guido
Erizzo prefetto di Venezia ha ottenuto da Napoleone fra luoghi pii, scuole
grandi, bernabotti da 60 mille ducati il mese di sovvenzioni.
I
nostri deputati non ottengono che ciarle o cose ottenute. Il giro però dei beni
delle mani morte e dei livelli va con una certa lentezza, che senza in fondo
alcuna speranza si vive con meno ansietà. Ma chi è stato spogliato geme nella
miseria. Infine questo è il secolo dei guai e dei lamenti.
25
[luglio 1806]
È
passato per qui il vice re in tutto privato ed è passato a Milano, ciò fa
suporre che le nuove della Dalmazia non sieno vittoriose.
Dandolo
ch’è il Governator della Dalmazia residente in Zara scrisse un proclama
informatorio all’estinta Repubblica Veneta, ciò quilita il carattere di
questo nominatissimo Veneziano.
Vi
è sempre esercizi in Campo Marzo di poca truppa.
31
[luglio 1806]
Partiti
da Vicenza dopo l’Opera della Balsemini siam giunti alle 11 pomeridiane a
Guastalla e alle 10 del giorno appresso a Parma, [come ogni estate Ottavia
visita i figli Girolamo Egidio e Isabella, ambedue in collegio a Parma] fermati
alla Lenza, ingresso all’Impero Francese si pagò tre scudi per 11. libre di
cioccolato. In Parma trovammo i Gesuiti soppressi li 21 luglio, e la sovversione
rimarcabile del coleggio composto di 117 convittori. Monsieur Rainaud giovine
elegante, ma non rettore adattato.
Gli
esimj sogetti padre Grazioli e canonico Mazza disperati non si poté parlare di
levar ragazzi che dopo i 14 d’agosto, mentre in quel giorno i convittori
dovevano eseguire la comedia francese e la battaglia di Austerlitz, cio che
fecero; e vi fu anche una laurea del Dr. Ferri fatta mezza in francese e latino
dove dopo l’amministrator Nardon fece una gran parlata esso chiamò fortunato
il dottore di entrar in tal carriera sotto Napoleone, complimentò le madri e le
spose come interessanti allo Stato, e disse che Napoleone penetra coll’occhio
suo benefico fin nei chiostri oscuri per dar a un’infelice principessa di
Parma 120 mille annue di assegnamento. Si riscaldò tanto sui fasti di Napoleone
che terminò il discorso col correre a casa malato d’emicrania, schivando con
ciò il confronto con un consiglio di stato ivi arrivato.
Il
giorno 15 agosto gran funzione in Duomo. La processione del dopo pranzo fu
superba, ma singolare perché tutta di formalità. I 70 giovani di Fontanellato
vestiti da soldati fecero discorrere il paese pro e contro il maitre Sanvitale
loro istruttore. La sera vi fu illuminazione per la città e alla fiera di Cà
Sanvitali, dopo vi fu la festa da monsieur Orardon con magnifico buffet.
Parma
è misera, gran daci, e gran avvilimento e povertà.
Le
nuove multiformi e varie come dappertutto.
Ai
18 si ottene la licenza di levar Momi [Girolamo Egidio] dal Colleggio, ai 20
sortì ed ai 21 partimmo da Parma. Passammo due ore a Reggio, e pernottammo a
Modena.
Ai
22 fummo a Bologna colà si parlava molto delle nuove cattive dei Francesi a
Napoli. Dapertutto angustie e miserie. L’Impero stà peggio del Regno. Ai 28
per San Benedetto arivammo a Verona, e ai 30 a Vicenza.
_____________________________________________
2
[settembre 1806]
Non
si parla che di coscrizione e di monache.
5
[settembre 1806]
S’imprigiona
tutti i giorni una catena d’usurai formidabile.
Ieri
si son presentati tutti i giovani dell’età di 20 a 25 anni che avevano
qualche imperfezione per esser esenti dalla coscrizione, cosa che si fece con
mano blanda.
Pare
che il Pedemonte voglia infelicemente resistere alla coscrizione dicendo tutto o
nessuno. Si vocifera con ciò qualche partenza di truppe, e un comune dicesi che
non avendo potuto impetrare dall’Arciprete i libri di battezzati, li abbieno
presi con la forza e consegnati alle fiamme.
6
[settembre 1806]
Oggi
impensatamente si sente che alle basse sieno insorti da 400 uomini contro la
coscrizione. Nella Villa del Ferro si fece il complotto e in Orgiano, Campiglia
ec. scorrono gl’infelici. Il General francese dice di farli ricondurre colla
dolcezza. Anche questa calamità ci voleva in aggiunta ai nostri guai.
Si
vuole che da per tutto sievi dei simili movimenti.
8
[settembre 1806]
Pare
che alle basse gl’insorgenti si sieno acquietati e alcuni vanno verso i Monti.
La truppa è partita per Valdagno.
Si
attende dei Francesi chi crede da Verona chi dalla Dalmazia. Gran giro continuo
e incomprensibile come il solito
13
[settembre 1806]
Si
parla dei movimenti per la coscrizione in Valdagno e Trissino sui monti, la
truppa vi è andata, e tutto si risolve a danno dei possidenti innocenti.
Chi
vuol gran pace, e chi assottiglia per la guerra; non si vuol credere la pace
conclusa colla Russia, la qual dai 20 di luglio finora non se ne conosce il
trattato.
Le
Calabrie fanno pietà e pare che nulla si acquieti sennon colla strage e rovina.
Cattaro diventa un enigma che si sostiene.
Qui
i cantoni vengono al solito coperti di gran decreti. Si attende il sagrifizio
dei conventi, ma in tutte le cose si lascia un certo giro di temporeggiamento
che tiene del politico e del smanioso.
È
arrivato il signor Majenta nostro prefetto precorso da sommi elogi per il suo
eminente carattere, e capacità.
Noi
compensiamo Verona col nostro conte Leonardo Thiene. I nostri inviati di Parigi
devono arrivare a momenti.
Si
vive angustiosamente in mezzo ai pagamenti sommi, all’incertezza delle cose,
al sconvolgimento d’ogni antico costume, e una distruzione palmare d’ogni
prosperità nazionale. Non vi è che la disciplina della truppa, e la quiete che
ci faccia un po’ dormire.
14
[settembre 1806]
Oggi
è partito il prefetto Thiene per Verona sua residenza. Magenta con poche parole
ricevé il Podestà e i savi, e pare che non ami visite. Ricercò subito un
appartamento.
Gl’insorgenti
sono in poco numero ai monti. I Francesi si fermano a Valdagno, e Trissino fin
ch’essi si disperdono. Pare che i conventi si concentrino in questa settimana.
Si vede passare molti legni con dentro dei crociferi di ferro, essi sono o
prefetti, o inviati che ritornano da Parigi. Siamo in una vera oscurità degli
affari generali. Non vi è di evidente, che la miseria, e l’angustia. Il
celebre Roche inglese è ritornato, e può far ballare a suo piacere.
15
[settembre 1806]
Gran
voci di guerra. Il foglio di Milano dà la rottura delle trattative della
Russia. Si vuole la Prussia in moto Dio sa come. Si vuole che Napoleone sia
volato a Francfort.
17
[settembre 1806]
Si
seppe che 11 mille coscritti dovevano qui arrivare, e già le requisizioni di 4
mille letti e riattamento vennero ordinati, ma il soldo manca, e il ministro
della guerra deve tutto... Disperata la civica deputazione si presentò al
prefetto Magenta, il quale disse io ho 80 mille lire per il riattamento delle
strade, io ve le dò, e scriverò che se si vuole il riattamento me ne mandino,
mentre ho suplito ai debiti del ministero della guerra.
Questo
primo conforto che riceve il nostro paese merita una lapide, perché in 10 anni
le sole parole hanno unicamente apportato sollievo ai nostri mali, e ancor
queste appena a fior di labbra e scarse. Magenta è in tutte le bocche e mostra
il contegno di un uomo onesto di garbo, e sicuro di se stesso.
Questo
arrivo di truppa dà spinta al concentramento dei conventi, e già per i 19 del
corrente l’ordine è dato che San Domenico passi al Corpus Domini, poi si teme
Santo Pietro, e San Rocco al loro destino.
Tutto
il mondo parla di guerra: il teatro è lontano, ma i poveri spettatori lontani
pagheranno le immense decorazioni.
Napoleone
deve avere un’armata alle Coste, una al Portogallo che vien minacciata, una in
Dalmazia, e il gran corpo al Reno, sicché oltre alle sostanze anche la vita del
povero sudito supplirà a tale spettacolo.
19
[settembre 1806]
Oggi
le monache di San Domenico sono passate al Corpus Domini. Il paese ha commosso,
e il bravo Magenta ebbe tutti i modi per raddolcir loro tal pillola. Si dice
guerra per assoluto. Si crede che la Dalmazia non dia buone nuove, e si pretende
che i Governatori si allontanino. Le Calabrie continuano a dar pensiero e si
dice colà morto un gran personaggio, che se ciò fosse non può essere che Massena.
21
[settembre 1806]
Oggi
è venuta la sospensione per le monache di San Pietro disperate di passare a San
Tommaso. Domani le monache di San Rocco passeranno a San Domenico per attendervi
le Teresine di Venezia. I P.P. di San Felice han sloggiato il loro convento.
Tutti restano sorpresi dell’immensità di robba e di bagagli inauditi di
questi conventi, e la miseria publica rimarca più forse questo di altri
sentimenti più adattati alla circostanza di religione, e di quiete.
26
[settembre 1806]
Si
parla di guerra, e si dice la Lega Nordica, che l’armata di Napoli è battuta
e ritorna, e così l’armata di Dalmazia.
Ora
pare che al solito non ci sia più Francia, ora ch’essa sia immensa, e
insuperabile.
Qui
intanto si paga, si demania, e si coscrive, e non si sa più pensare e
discorrere che di disgrazie.
L’ambizione,
l’incontentabilità, e il scioglimento d’ogni equilibrio offrono una guerra
strana, e noi non abbiamo altro scampo che nella sola Providenza.
29
[settembre 1806]
Gran
discorsi della evacuazione di Napoli, e della Dalmazia, di guerra di potenze e
di furberie greche e macchiavelliche. Noi siamo qui storditi, eccellentemente
governati, ma poverissimi attendendo dalla Providenza un sviluppo decisivo per
la religione, l’ordine, e la quiete.
Si
parla di monetari falsi presi a Schio, e posti in prigione, questi facevano dei
ducati mozzi. Manca la moneta ma non è mai lecito di supplire. Si dice per qui
il passaggio di 8 o 11 mille uomini, ma in cambio vengono tutti i giorni, e
partono, e rimangono i coscritti, e c’è il solito giro e confusione proprio
dei Francesi. Venezia teme uno sbarco Inglese, la defezione in quel paese è
arrivata all’apice.
Qui
c’è un certo Andrioli, che voleva in ottobre far volare un pallone eseguito
eccellentemente, qui in Vicenza. Voleva una coletta di 40 mille lire, ma non si
è giunti che alle 20 mille. Gli anni non permettono spese superflue. Par
sospesa l’organizazione.
Si
è prolungato il pagamento del prediale per 10 giorni.
_____________________________________
3
[ottobre 1806]
Noi
siamo qui tormentati dal prediale, dal demanio, dalla distruzione delle case
religiose aspettando organizzazione e respiro senza arrivarvi giammai. Tutti i
caratteri d’un gastigo del Signore si manifestano nella nostra indescrivibile
situazione.
Si
parla di guerra, e di guerra immensa, ma ne lettere, ne gazzette, ne discorso
attendibile vi è per noi. Chi si figura il nord dichiarato alleato contro la
Francia, armato con una astuzia grega, e condotto né suoi dettagli con una
maestria che non s’immaginava possibile. Che già l’Austria e la Turchia
attendono il momento di dichiararsi, che la Dalmazia è evacuata, che il
governator Dandolo è fuggito a Venezia o a Milano, che i Calabresi han fatto
ritirare i Francesi sino a Terracina, e che Venezia avrà presto uno sbarco
d’Inglesi.
Chi
figura all’opposto che nulla sfugge alla penetrazione di Napoleone, ch’esso
procurò colla Confederazione Renana questa Caldaja, che le forze francesi sono
immense, che il maneggio è inesplicabile e costante, che la Prussia non può
agire che per impulso, che nella Dalmazia ha sofferto la truppa per il clima,
che i Montenegrini son pochi, e i Francesi moltissimi, che Napoli non è
evacuato, e che i Calabresi non sono ancora acquietati, ma non conturbano l’esenzialità
dell’affare, che i Russi non potranno mai bilanciare le forze francesi per la
distanza, e in fondo per l’ineguaglianza di popolazione; che Venezia non può
temere uno sbarco riflessibile; che la Turchia agitata dai Serviani ha più
bisogno dell’appoggio della Francia, mentre nella sua debolezza essa ha tutto
da temere dalla Russia; che l’Austria ha troppo perduto, e che Francesco
ridotto I potrebbe divenir soggetto a restar nullo.
Ecco
gli estremi dei ragionamenti; ma la Providenza che si burla delle cognizioni
degli uomini saprà d’un tratto salvar l’umanità da tanti, e sì complicati
flagelli, o ci assisterà in un gastigo così generale dai ulteriori effetti
della sua colera.
Andrioli
dopo mille ciarlatanate farà volare il pallone a Padova, degno guiderdone a chi
s’infatua de’ forestieri.
5
[ottobre 1806]
I
discorsi del blocco di Venezia, e della lega Nordica fa giudicare da alcuni uno
scoppio decisivo, e da altri che tutto si dileguerà come la nebbia al sole.
L’oscurità
d’ogni relazione, il peso de’ pagamenti, l’incertezza del futuro destino
fa vivere assai angustiosamente
8
[ottobre 1806]
Corre
voce che sia intimata la resa di Chiozza, e che a Venezia vi sia una gran
inquietudine. Qui vanno e vengono soldati con un giro al solito incomprensibile.
Finora l’Italia non teme della guerra che le spese, i contraccolpi, le
conseguenze, ma si affida alla Providenza di un miglior destino.
10
[ottobre 1806]
Gran
silenzio, ma gran movimento di truppe, si sentono delle voci confuse, ma non si
lascia traspirar niuna verità.
La
guerra par certa, ma Milano dice pace. Vedremo questo affare fra poco deciso.
Noi siamo rovinati, senza speranze, e il gioco di parole per la futura prosperità
ci è a nausea.
Noi
confidiamo solo nella Providenza, la quale ci dia una situazione Cristiana, e
tollerabile, mentre il niun appoggio di religione, il spoglio continuo di tutte
le sostanze, e la niuna tramontana di nulla ci fa vivere miseramente.
12
[ottobre 1806]
Gran
discorsi degl’Inglesi sotto Venezia, chi lo vuol bloco, chi assedio, chi
promuovente una insurrezione. Ma il fatto è che non si sa mai nulla, e chi
giunge da Venezia riferisce pene e angustie, altri che non vi è cosa che alteri
colà la tranquillità. Non sapendo niente da vicino si sente che i Russi
battano i Bavari, e poi la nuova giace, e si passa che la Dalmazia e l’Istria
son passate in deposito a Francesco I, che i Francesi lo riguardano come amico o
alleato, e altri sostengono che questo è un pretesto per colorir la loro
ritirata.
Quì
avevamo 5 regimenti sconnessi, uno è partito ieri per Verona, e ciò fa
discorrere, fra due giorni ne andrà uno a Venezia. ma tali direzioni son sempre
incerte, e fallaci. È sospeso ogni ulterior disturbo di conventi. Il prefetto
Magenta fu ieri mal salutato in carrozza da un colonello maggiore, ma il tutto
fu terminato con una secreta inginocchiatura del soldato. Fra due litiganti il
terzo non gode. Si è angosciosi di sentire non le imprese guerresche che ora
ardono, ma gl’indizi d’un futuro ben essere, che la Providenza voglia
accordarci a sollievo delle comuni irreligiose miserie.
Si
parla di guardie del corpo, di guardie civiche e si coscrive molti galantuomini,
ad onta della legge che vuol prima i non sottoscritti. Gl’imperatori, i re, i
famosi vecchi militari si portano all’armata del Reno.
19
[ottobre 1806]
I
Francesi dicono di abbandonar la Dalmazia, e l’Istria, chi vuole una rotta in
Baviera, chi i Russi che gl’inseguono, chi alleanza con Francesco I, si vuole
i veliti retrocessi a Roveredo. Qui la truppa non indica nulla. Oggi la Cassa
Finanze deve spedire a Venezia 100 mille ducati. Qual debba esser l’affare ciò
non è noto che al Cielo, qui si trema in ogni conto quantunque l’apparenza
voglia la guerra lontana.
14
[novembre 1806]1
La
Dalmazia si dice certamente abbandonata dai Francesi, ma non si vede
ritrocessione di truppe. I veliti sono a Padova, e si vogliono incamminati per
Venezia. Qual mistero! Niente si penetra, tutto è tetro, incognito, e
incomprensibile. Le Calabrie son tranquille, collà c’è degli errori.
16
[novembre 1806]
In
mezzo ai dubbi, ed alla forte coalizione dei Prussiani, Russi, e Svedesi si
sente la vittoria di Jena riportata da Napoleone ai 15 e 16, e il suo ingresso a
Berlino il giorno 28 dello scorso. Niuno sa comprendere come la Prussia sia
rimasta sola al cimento, e tutti sbalordiscono dell’immensa fortuna di
Napoleone. Niente si penetra ora della Germania, non si sa se si vada in Russia,
in Polonia, o a Costantinopoli. Quello che si sa si è, che oggi si è cantato
un solenne tedeum, e che questo formò il trentesimo quarto tedeum che si cantò
dal 1797 a questa parte. Con qual sussulto di cuore il Cielo lo sa.
Qui
si vive esausti, senza numerario, con demaniamenti immensi, con truppa che gira,
genti di cavalleria che va a piedi, coscritti di tutte le nazioni, in fine un
caos di rovine senza speranza. Il vice re fu a Venezia. Colà si promise una
residenza. Gl’Inglesi si allontanano per la stagione, ma il commercio è
distrutto. Le speranze future sono difuse nei scritti, e le miserie, e i
laceramenti ci perseguitano. Quando si legge fogli si rimane incantati, e
illusi, ma subito dopo l’oimè è la prima parola che si sente. Si vorrebbe
lusingarsi delle vittorie, e che queste portassero dei buoni effetti, ma la
distruzione delle finanze francesi, e i piani voraginosi non ci lasciano luogo a
sperare.
18
[novembre 1806]
Si
dice che parte tutta la truppa, e che rimarremo senza, ma al momento che ne
parte una porzione, ne giunge una maggiore, e l’immensità della forza
francese fa stordire.
Si
legge il Giornal di Milano pieno di fasti, e di vittorie, non ci è permesso di
sentire altri canali, sin di ciò molti formano dei raziocinj, ma dal momento
che sembrano più fondati arriva una notizia strepitosa di vittorie, che
disorienta ogni piano contro la Francia.
26
[novembre 1806]
Gran
andirivieni di truppa; è giunta molta cavalleria, si dice che la nostra truppa
stabile passerà a Venezia, alcuni si lusingano che tante vittorie ci
condurranno alla sola Guardia civica, ma non è sperabile. Il nostro sovrano
arriva, vede e vince, ma le conseguenze sono compassionevoli per i popoli.
Sanfermo
ha ottenuto da Napoleone un stabile [già di proprietà del convento] di Santa
Giustina a livello. Certuni restano sempre premiati, e arricchiti.
Si
crede che il vice re verrà a stabilirsi a Venezia. La idee governative son
belle, e vengono promosse, ma la guerra, e altri incidenti fa che rimanghino
sospese continuamente.
Qui
non si parla che di pagamenti, e di demanio, e si sente le vittorie come
appartenenti a un mondo non abitato da noi, perch’esse non apportano mai
sollievo, anzi accrescimento di pesi, e coscrizioni.
Ora
a sbalzo vengono ordini per la guardia nobile; ciò turba la tranquillità, e la
borsa dei sudditi. Pare che Napoleone vagheggi la Polonia, e dei Russi non si sa
precisamente nulla. La Prussia è annichilata.
27
[novembre 1806]
In
mezzo alle vittorie del nostro sovrano si vuole delle somme esagerazioni. I
Prussiani a detto dei fogli di Germania, e Francesi non avevano che 240 milla
soldati, ora dal computo dei viglietti uffiziali i prigionieri ascendono a 370
mille: ciò è vero, ma Napoleone è a Berlino.
Su
di alcuni fogli italici, dettrato Venezia, si riferiva una vittoria navale
riportata dal vice re nel Golfo Adriatico, e ciò non fu che un Brick. ec.
Se
le vittorie di Prussia, e di Polonia fossero di un tal carattere la cosa sarebbe
oscura. Chi vuol guerra coll’Austria, chi Trieste e Fiume in compenso della
Slesia Prussiana. I fogli dicono che Napoleone non lascierà la Prussia, e la
Polonia fintanto che non verranno cedute le colonie francesi, tranquillizzato il
turco, e fatta la pace generale. L’imperatrice Giuseppina è ritornata a
Parigi. I Russi sono alla Vistola, chi li vuol in moto, chi imobili.
Qui
intanto si vive nel piratismo ragionato. Chi piange, e si consuma nelle proprie
miserie, chi trova tutto prodigioso, eccelso, e preparante un avvenire in cui
tutto il mondo sarà governato a meraviglia. Questi due pareri dividono la
società, ma la bilancia della miseria supera quella delle chimere.
Non
v’è più numerario, i coscritti si fanno, i conventi mangeranno
posticipatamente, commercio distrutto per altro decreti di strade, di comercio,
e risuscitamento di Zecca, e Banco, infine si fa un gioco continuo della ragione
umana, e l’umanità si trova vilipesa, conculcata, e distrutta.
29
[novembre 1806]
Oggi
con solennità venne deposto il presidente del criminale, per abuso di autorità.
I prigioni ne esultarono. Venne della truppa ier sera da Bassano, e un
contr’ordine la fece ritroceder subito questa mattina con smania de’
soldati.
Si
vuole l’approvisionamento di Venezia, Palma, Mantova ec. che molta truppa
venghi di Francia e che si possa turbar le cose coll’Austria, ma niente si sa.
Nella
chiesa di San Giorgio Maggiore di Venezia i celebri Benedittini, si pose nel
superbo Tempio Palladiano il pallone aereostatico di Andrioli, e si ridusse
casotto un Santuario, e un capo d’opera dell’arte; ciò ributta tutti.
La
società è ridotta un quadro di gente misera, e stordita; si parla di un
gazabuglio di nuove, e di rovine evidenti e continue.
La
speranza fa vivere, ma non presenta nemmen piani possibili di future prosperità.
Perché omai la macchina politica è scossa da’ suoi fondamenti. Dio solo può
salvarci dai flagelli che permette per nostra punizione.
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10
[dicembre 1806]
Si
parla di pace ma l’incaminamento della truppa e delle munizioni indicano
piuttosto la guerra: chi dice che non si sa dove sia il re di Prussia, chi lo
crede con 60 mille uomini, chi vuol trattati coll’Austria, chi guerra, chi
prevede sommi disastri nel 1807. Infine, un garbuglio, un timore, una rovina di
nuovo conio.
Domani
verranno le monache di Santa Chiara di Bassano nell’Araceli. Questi
traslocamenti hanno del barbaro. Ma questo è il secolo delle speziose parole e
di tristi fatti in ogni genere.
14
[dicembre 1806]
Questa
mattina è passato il vice re per Venezia. Oggi parte tutta la cavalleria per
Treviso.
Sono
venuti i Voltigeurs ossia saltatori di cavallo con lettere reali che li alloggia
nelle nostre case. Questi vengono a succhiare un altro poco di denaro, e fanno
spezie dopo gli avvenimenti succeduti dal 1790 che per la prima volta si
sparsero in Italia.
Si
vuole pace guerra armistizio, e in sostanza Napoleone è a Venezia.
17
[dicembre 1806]
Si
dice la pace, e che sia passato il vice re per ritorno a Milano. Chi vuol guerra
coll’Austria, chi sbarchi d’Inglesi dapertutto, infino non si sa nulla, ed
è 8 giorni che non si vede ai cantoni viglietti uffiziali.
19
[dicembre 1806]
San
Pietro è divenuto locanda. Le monache di Marostica e di Feltre vi pernottarono
le prime dirette a Schio, le seconde a Cologna. Conventi di monache che viaggino
questo è il primo esempio.
Si
vive senza sentir nulla. Non v’è più truppa stabile, ma continuamente di
passaggio. Ottima disciplina. Si dice che dal Lisonzo a Treviso tutti i
contadini mettono al sicuro la robba per timor di guerra; si sparge però un
accordo colla casa d’Austria. Si organizza, ma i popoli pagano, e il numerario
manca totalmente.
26
[dicembre 1806]
Ieri
è passato il vice re di ritorno da Palma.
La
compagnia dei Voltigeurs fa molto danaro, e si fermano.
Le
nuove del mondo sono al solito misteriose. Chi vuol Napoleone in Varsavia, chi
pace, chi conflitti coi Russi.
Qui
si paga e si si riduce sulla paglia.
Le
leggi sono superbe, ma tutto finisce in pagamenti.
Si
cerca di sapere quello che vien detto. Ma Luigi XIV diceva ai suoi ministri i
quali gli riferivano delle vociferazioni in tempi critici egli diceva pagano al
che venne risposto di si. Lasciate dunque che dicano. Un paese florido ridotto a
certi passi fa una lagnanza sola.
30
[dicembre]
Chi
vuole i Francesi al di là della Vistola, chi li crede imbarazzati nei ghiacci,
respinti, ec. Certo è che viglietti ufficiali rallentano, e raccontano delle
bacecole. La contradizione del Giornal di Milano di alleanza colla Porta e la
Russia poi in due susseguenti fogli tutto al contrario fa vedere che non si
vuole far saper nulla.
Dal
Lisonzo a Treviso a San Pietro Engù molti affittuali posero in salvo la loro
roba col timore di guerra coll’Austria; ma i gens d’armes loro ordinarono di
ritornar tutto come prima, e di non turbar la publica tranquillità con timori
fuor di proposito.
Si
fa pagar le armi ad onta di aver supplito a quelle della caccia.
Oggi
tutti i vicarj son comandati alle loro residenze, si teme una novità per le
monete particolarme di rame.
Si
dice arrivata l’organizzazione.
Le
monache di San Paolo di Padova son venute alle Terese.
31
[dicembre 1806]
Per
compimento siamo rimasti senza un bezzo, perché in oggi si è calato il rame e
ridotto il bezzo [moneta veneta] a [moneta] di calcolo [senza corso reale].
Ciò ha fatto molta sensazione, quantunque misura necessaria per l’Austria.
Gran
anno calamitoso torbido, e distruttore. Andirivieni perpetuo, incalcolabile,
incomprensibile di truppe. Pagamenti fino all’annientamento del numerario.
Leva di coscritti. Conventi mangiati e tormentati. Demanio e predial, predial e
demanio sono le due affligenti voci. Vittorie, e mai vantaggi nei suditi. Leggi
sublimi astruse, e di conseguenza distruttive. Società ridotta un garbuglio
come lo stile del secolo. Smania d’impieghi, rabbia e rovina dei concorrenti,
oppressione sempre rinascente dei galantuomini. Solo il bel tempo ha
propriamente contradistinto quest’anno. Chi volesse rinvenir le reliquie
antiche della nostra gloria, grandezza, e usi si perderebbe in un pelago di
orrori di pazzie e di rovine a un segno di non ritrovar nulla d’intatto.
L’intelletto non pronostica nulla di buono. Solo caminando sulle basi di moda
si costruisce un ragionamento di future prosperità il qual spaziando pei spazi
imaginari solamente si può dire che non sarà un tal sistema praticamente
verificabile. Napoleone è grande, ma sarebbe desiderabile di legger le sue
gesta come storia, piuttosto che di sentirne contemporaneamente il peso.