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Un po' di storia

- Il Manoscritto di Giuseppe Buccella -

 

Per quanto riguarda il '700, per la conoscenza della storia di Ortona dei Marsi, siamo particolarmente fortunati, perché un personaggio ortonese, Filippo Buccella notaio e uomo di cultura, ha lasciato un quaderno manoscritto, annotando anno per anno, dal 1749 al 1798, gli avvenimenti principali del Paese. Il manoscritto, ancora conservato dagli eredi Buccella, è stato pubblicato da Giuseppe Buccella nel 1972 in un volume dell'editore Palumbo di Roma, con l'aggiunta di altre notizie sul paese.

La notizia più importante, a nostro avviso, è riferita da Filippo Buccella all'anno 1756. La trascriviamo per intero, giacché è redatta in una lingua italiana scorrevole e abbastanza comprensibile anche ai nostri giorni:

" Questa Terra di Ortona fece supplica al Sommo Pontefice allora regnante Benedetto XIV, di eterna memoria, per avere un santo Martire col nome di San Generoso. fu questo ceduto e, posto in una superba e ben lavorata Urna di legno, ben intagliata sull'ultimo buon gusto ed indorata, premunita di cristalli e suggellata la quale dal Dominante fu processionalmente portata in questa Terra di Ortona verso la fine del mese di maggio con somma pompa e venerazione: a qual pompa si unì il giubilo e l'allegrezza di tutti i cittadini che nell'arrivo di detto Glorioso Santo circa le ore due di notte, come mi ricordo, benché fanciullo di anni sette non compiti, avevano eretti molti alberi di lauro, con buon ordine per tutta l'aia di questa Terra, sopra dei quali fiaccole accese, mentre per detta strada doveva passare la solenne processione. Precedentemente si pose in cammino il Rev. Clero della Chiesa parrocchiale ed uscì incontro al Santo Protettore, due miglia distante dal paese, ivi incontratisi con i due Rev.mi Sacerdoti che da Roma accompagnato l'avevano, uno dei quali fu il rev. can. curato Petroni, seguitarono processionalmente il cammino, cantando inni di lode, e quello che precisamente la Chiesa ha stabilito nel comune unius martiris "O Rex gloriose martirum!": Tutto il popolo di Ortona ed altra non poca gente dei paesi circonvicini si trova per le strade ove doveva passare il sacro Eroe in aspettazione, bramando il momento dell'arrivo, e potea ben accertarsi ogn'uno che sarebbe in Ortona venuto quello che delle calamità era il Riparatore, delle disgrazie il Protettore, e di tutti i mali l'oppressore. Venne finalmente quel bramato momento che dentro le pareti di Ortona arrivò il Santo e spalancate le porte della di Lei Chiesa, fé ivi l'ingresso tra la gran calca delle genti e fu collocato sopra l'altar maggiore superbamente abbellito e fornito di fiaccole accese oltre la chiesa tutta illuminata. Dopo una breve adorazione fu cantato l'inno dei Te Deum Laudamus, in ringraziamento del signore Iddio che avea al popolo dato l'altro Santo Protettore. Si videro effetti di molte grazie che il Santo compartì a quelli che lo pregarono [...] Nel sopraddetto anno cinquantasci dopo la venuta del detto Santo fu una fertilissima raccolta tanto di, frumento quanto di tutti gli altri generi di vettovaglie, con altri pochi anni consecutivi. I prezzi maggiori del grano concio non passarono li ventiquattro e venticinque carlini la salma [...] e di questo poté ognuno giubilare sino all'anno 1760 secondo le notizie avute. L'anno seguente alla venuta del glorioso San Generoso a due tre e quattro di settembre fu solennízzata con somma pompa la festività di detto Santo, ed il tutto a spese dell'Università di detta Terra, che ascesero le spese a circa ducati quattrocento, non comprese quelle dell'anno antecedente per il porto da Roma del Sacro Corpo e di tutto quello che fu necessario di spendere per la costruttura dell'urna, doratura, cristalli ed altro. Il tutto ascese a circa ad altri ducati quattrocento. Detta festività fu fatta per la prima volta, come si è detto, per un triduo, colla recita di tre passi fatti da scelti e rinomati ecclesiastici oratori. Da paesi e città lontane vennero musici ed istrumenti musicali che oltre alle dovute funzioni ecclesiastiche fuorno recitati Oratorij in lode del Santo: illuminata ed abbellita tutta la Chiesa sull'ultimo buon gusto, tutto il paese di Ortona ripieno di forestieri venuti per ammirare la sontuosa festa. Alle funzioni della chiesa si unirono quelle esteriori, le illuminazioni per tutto il paese, e quelle principalmente nella pubblica piazza, che la notte sembrava come mi ricordo, il chiaror del mezzogiorno. Le serenate di musica, li fuochi artificiosi, ed il rimbombo dei tamburi erano cose che a tutti sembrava essere il paese di Ortona in quei giorni del triduo l'alma città di Roma ove si solennizza il Santo Giubileo. Non immagini chi legge che si dica per ironia ma si dice per accento di verità. L'anno seguente 1758 fu celebrata la festa ai 19 di settembre, così anche per gli anni futuri " (pag. 25).

La festa di S. Generoso in seguito è stata spostata al giorno 8 maggio, sia perché, dopo l’istituzione delle feste del 6, 7 e 8 settembre, era molto scomodo mantenerla al 19 settembre, sia perché l'anniversario della traslazione del corpo del Santo a Ortona era avvenuta in maggio. Dalla Cronaca del Buccella apprendiamo altri fatti che riguardano la vita di Ortona dei Marsi nella seconda metà del '700. Ne citiamo soltanto alcuni che ci sembrano più significativi.

Il terremoto è, purtroppo, una caratteristica della nostra zona, e puntualmente il nostro cronista registra scosse sismiche negli anni 1761, 1766, 1767, 1780, 1796. In quella del 1780 si verificarono danni gravi a Celano: " molte grosse pietre si smossero dall'alta montagna, prossima a detto paese: con impetuoso corso vennero nel basso facendo molto danno a quelle case che si trovavano situate nelle falde di detta montagna ". Altra calamità ricorrente era la carestia per la mancata o scarsa raccolta dei prodotti agricoli, una fonte di vita dei nostri paesi. Filippo Buccella annota che nel 1763 il mese di marzo si ruppe una campana durante il suono dell'Ave Maria, per cui " l'università di Ortona principiò a sentire le disgrazie ".

E il 1764 fu " anno calamitoso e di grande carestia Mille scelleratezze si com, la Madonna Addolorata, la statua di S. Giovanni Battista, S. Michele, S. Antonio di Padova, S. Luigi e la statua della Madonna di Sulla Villa. Ancora una carestia nel 1793, nel 1794 " per la violenza dei temporali " e nel 1795 a causa " dei freddi rigorosi e grandi nevicate ". Nel 1775, il 25 settembre " si levò un vento così impetuoso e fattosi notte cominciò a piovere in tanta abbondanza che pareva il giorno del giudizio ": il Giovenco straripò provocando danni enormi e si ebbero anche delle vittime, " restando più persone prive di vita ed anche molti animali ". Negli anni 1787-88 si verificò un evento veramente straordinario. Annota il Buccella: " Fu cosa di somma ammirazione il vedere per tutti i luoghi infinità di grilli in tempo d'estate, e detti insetti fecero notevolissimo danno alle campagne ... "; nella primavera seguente " si cominciarono a vedere grilli per tutte le parti dell'Italia, come si ebbero notizie che essendo cresciuti in tanta quantità in tempo d'estate, pareva di osservare per l'aria condensate nuvole, ed i raggi del sole venivano trattenuti ... ".

A queste calamità naturali si aggiunse anche la cattiveria umana. Abbiamo già accennato agli usurai in tempo di carestia; ad essi bisogna aggiungere " un’infinità di ladri per le strade, [...] in ogni anno si sono. intesi furti, ladrocini ed assassinii tanto nelle campagne quanto nelle case e specialmente in questo paese di Ortona sono familiarissimi detti crimini " (anno 1789). Gli omicidi erano frequenti; tanto per citarne qualcuno riportato sempre da Filippo Buccella, accenniamo all'uccisione di uno scardalana mettevano dagli uomini: furti, disonestà, usure, omicidi, e pareva che fosse l'anno prossimo alla fine dei Mondo. [...] Molti poverelli per non avere un poco di pane si azzuffavano a mangiare quella semola nei scifi ove stavano mangiando i porci. Mangiavano quelle erbe per la campagna che solevano mangiare gli animali medesimi, cosicché per la fame avrebbero mangiato le pietre ancora. In questo paese di Ortona più persone furono trovate estinte per la fame e fra queste alcune tenevano la bocca piena di erbe ... ". La carestia si ripeté negli anni 1767 (" fu più formidabile la carestia di quest'anno 67 di quella del 64 "); nel 1779 per la grande siccità, e in questa circostanza " in questa terra di Ortona si praticarono molte devozioni indegnamente- e venne fatta una solenne processione a piedi ignudi portando molte pesanti croci sulle spalle e corone di spine ". Furono portate in processione l'urna di S. Generoso, la statua e la reliquia di S. Biagio di Fara S. Martino avvenuta a, Ortona il 15 agosto 1793, l'assassinio di una certa Cecilia Troiani " per la strada delle Collecchie ", l'accoltellamento di Cesidio Castrucci, ed altri ancora. Questa la vita di Ortona dei Marsi nel sec. XVIII, sul finire del quale avvenne la Rivoluzione Francese e gli effetti non tardarono a farsi sentire anche qui. Il re di Napoli, Ferdinando IV, per organizzare l'esercito e resistere all'invasione francese, mobilitò gli uomini validi del Regno e impose una tassa di " un milione e trecentomila ducati " - è sempre il Buccella che annota nella sua Cronaca - e a Ortona rientrarono a pagare la tassa 48 famiglie. A ciò si aggiunga che sul finire del 1796 si verificarono " grandi malattie epidemiche, febbri putride in Ortona. Il male incominciò ai primi di maggio ed è da attribuirsi al ritorno di un naturale già per lavoro nella campagna romana. [...] Quasi tutte le famiglie sono state toccate. [...] Morti tra piccoli e grandi ... ".

Un'ultima annotazione che riguarda la vita ortonese di questo secolo. Inizia per i braccianti agricoli l'emigrazione stagionale nella campagna romana, specialmente nei dintorni di Frascati, poiché l'economica agricola montana nel paese non offre raccolti sufficienti al fabbisogno della famiglie. Questa pratica durerà per due secoli, fino ad oltre gli anni Sessanta del nostro, e ha inciso profondamente nella vita del paese. All'inizio del mese di novembre centinaia di uomini, anche ragazzi, partivano da Ortona, a piedi, quindi con le biciclette, poi col treno e infine con autobus per " andare a Frascati " a lavorare a giornata, conducendo una vita grama, spesso al limite della sopportabilità, senza riceverne un frutto che andasse oltre la sopravvivenza. Solo dopo gli anni Sessanta del nostro secolo questa emigrazione è cessata, perché molte famiglie di Ortonesi si sono definitivamente trasferite nelle cittadine della campagna romana.

 

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