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Un po' di storia

- La guerra sociale o guerra marsa -

 

Passiamo ora a rievocare le grave crisi subita dalla potenza romana intorno all'anno 90 prima di Cristo, per la ribellione annata dei popoli cosiddetti italici, capeggiati dal più celebre personaggio ortonese QUINTO POPPEDIO SILONE.

Prima di parlare di Poppedio Silone riteniamo necessario premettere alcune note di richiamo sulla detta rivolta degli Italici, dei popoli, cioè, che abitavano la parte centro-meridionale ad Est della Penisola, il cui nucleo più originario e più forte era costituito dai Sanniti, dai Marsi, dai Peligni, dai Frentani, dai Marrucini, dai Vestini, dai Piceni. Dopo la conquista definitiva di questi popoli, essi furono assoggettati a Roma e contribuirono con uomini ed anni all'espansione della potenza romana. I Marsi più degli altri si distinsero, tanto che gli scrittori latini continuarono ad esaltarne le virtù belliche, affermando che nessun trionfo su potesse celebrare senza i Marsi o contro i Marsi. Tutto ciò, però, non valse agli Italici la possibilità di ottenere i diritti civili di cittadini romani. Anzi, coi passare degli anni, a questa discriminazione politica e sociale si aggiunse anche quella economica. La donazione di terre ai capitani e ai legionari romani - come compenso dei servizio militare prestato - favorì il crearsi dei latifondo a danno dei piccoli contadini e della piccola proprietà familiare. A questo si aggiungeva il disagio creato dal numero degli schiavi sempre crescente, la cui manodopera aveva un costo irrisorio nei confronti dei bracciantato libero, il quale, perciò, veniva a trovarsi sempre più in difficoltà e miseria. Nello stesso tempo gli uomini più validi, costretti dai patti di alleanza a lunghi anni di servizio militare, dovevano abbandonare le campagne, che restavano incolte o davano scarso reddito, buttando interi paesi nella fame. L'aristocrazia romana e locale, poi, aggravava la situazione con le sue angherie e i suoi soprusi.

In questo stato di cose gli Italici reclamarono ripetutamente il diritto di cittadinanza romana ed un più equo trattamento economico; ma le loro richieste cadevano sempre nel vuoto. Non che a Roma non ci fosse un partito favorevole ad un nuovo ordine di cose nei confronti degli Italici, ma prevaleva il partito conservatore. Tutti questi motivi esasperavano sempre più il popolo e soprattutto quelli che i Romani chiamavano amici ed alleati, ma trattavano come sottomessi. La ribellione covava negli animi e sarebbe bastato un nonnulla per accendere una lotta aperta contro la Capitale. E gli avvenimenti precipitarono. Nel 101 a.C. ci fu una battaglia contro i Cimbri e i Teutoni, nella quale gli Italici si distinsero particolarmente. Mario, comandante supremo, in ricompensa ai più valorosi concesse la cittadinanza romana. Il Senato riprovò il gesto del Capitano e fece dei tutto per contrastarlo. Un altro fatto, qualche anno dopo, rese l'ambiente incandescente. Il tribuno Marco Livio Druso difese apertamente, in Senato, gli Italici e propose una legge per estendere ad essi tutti i diritti civili e politici dei cittadini romani. Ma il giorno dopo fu trovato assassinato ai piedi della statua del padre.

Il vaso era colmo e la rivolta fu immediata. I Marsi presero l'iniziativa di un'aperta ribellione all'autorità romana. li Senato, venuta a sapere la cosa, mandò degli agenti segreti per accertarsi della situazione. "Uno di questi commissari trovandosi in una città dei Marsi o dei Sanniti riconobbe i figli di un cittadino ascolano, che colà soggiornava senza apparente motivo; messo in sospetto ne avvertì il pretore Quinto Servilio, allora in Ascoli" (Domenico Ludovico, "Qui Nacque Italia"). Il Pretore si recò nel teatro della città in un giorno di festa e, fatti sospendere i giuochi, rimproverò duramente gli Ascolani. Fu come un segnale: il popolo si sollevò e fece strage dei Romani e dei cittadini filoromani. Ricevuta la notizia della rivolta di Ascoli, i capi della Lega Italica, nell'autunno del 91 a.C., si riunirono e diedero vita ad una confederazione. Costituirono un Senato, come quello di Roma, nominarono due Consoli ed elessero per capitale Corfinio, che batteva moneta propria, una delle quali portava la scritta in latino ed in osco "ITALIA". Furono armati due eserciti: una a Sud in territorio sannita, comandato dal console Caio Papilio Mutilo, l'altro - che raccoglieva le forze dei Marsi, dei Peligni, dei Vestini, dei Marrucini, dei Frentani, comandato dal console QUINTO POPPEDIO SILONE, nativo di una delle contrade ricostituitesi sulle rovine dell'antica Milionia. La scelta di un capo marso conferma la parte preponderante che questa gente ebbe nella guerra sociale, che i Romani chiamarono anche Guerra Marsa.

 

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