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Un po' di storia

- Il fiume Giovenco -

 

Sacri furono i fumi per gli antichi che ne immaginavano le acque popolate di belle naiadi e di spiriti benefici dato che esse scorrevano entro sponde sempre verdeggianti e rendevano fertili i campi che si allietavano di messi e di frutta. Quando le acque si gonfiavano e straripavano seminando panico e facendo danni, si pensava che gli spiriti dei fiume avessero avuto motivo di adirarsi e di qui i sacrifici rituali che vi si facevano, come anche, in certi giorni fausti o in ricorrenze onde l'aleggiare intorno ad ogni fiume di favole, leggende, superstizioni, memorie. Pure scorrendo ai suoi piedi Ortona vede nel Giovenco il suo fiume. Esso nasce all'inizio della Valle dei Templo e precisamente alle pendici dell'Argatone, in comune di Bisegna, e dopo aver percorso una amplissima ansa aggirando da sud a nord Pescina si articola in una delta di tre rami, uno dei quali aggira l'antica Marruvium, l'odierna San Benedetto dei Marsi, che si gettano nei numerosi collettori del Fucino e poi, sfociando attraverso l'emissario Claudio-Torlonia, nel bacino del Liri. L'antico suo nome luventius il Gioveneo lo deriverebbe da luventio Sannita che con le sue legioni affrontò Silla venendone sanguinosamente sconfitto in riva a questo fiume le cui acque si sarebbero arrossate dei sangue dei 18.000 Sanniti caduti. Il medico-demologo Gennaro Finamore nel suo libro sulle credenze, gli usi ed i costumi abruzzesi ricorda che alle sorgenti di questo fiume i Marsi celebravano l'antichissima loro festa annuale in onore di Marte Pico dio nazionale della schiatta sabellica, dio dell'agricoltura e della guerra. Da questo Dio il fonte prendeva il nome di Piconio ed in memoria dell'origine dei Marsi dalle sacre primavere guidate da Marte Pico, sotto forma di bue, il fiume aveva ed ha il nome di Giovenco. I marsi agricoltori e guerrieri famosissimi si riunivano per una notte ed un giorno, nel mese in cui maturano le messi intorno alle scaturigini di questo fiume. Cantavano, danzavano, saltavano intorno ai grandi fuochi. All'albeggiare con religioso raccoglimento prendevano addosso la rugiada, per essere preservati da qualunque male, e quei che erano affetti da rogna si lavavano in quell'acqua. In questa nazionale solennità si sanzionavano gli affetti di famiglia e di patria. Terminati i riti religiosi sedevano a cordiale e pubblico banchetto. Ancora sul principio del secolo gli abitanti di Pescina, Ortona dei Marsi, Bisegna e frazioni passavano la notte dal 23 al 24 giugno alle sorgenti del Giovenco e la mattina si lavavano alle sue acque. Non diversamente dai Greci, osserva Giovanni Pansa, che immaginavano di vedere nell'acqua che scorre tortuosamente nelle viscere della terra le spire del serpente gli abitatori della regione accanto al Fucino vedevano nel fiume Pitonium, che immetteva le sue acque nel lago, l'immagine del serpente le cui spire erano rappresentate dai meandri tortuosi per i quali il fiume scorreva precipitando nell'abisso. La favola divulgò che il fiume Pitonio, oggi Giovenco, verecondo tributario del Fucina lambisse, con celerità, la sua soprafaccia ed uscisse intatto dalla sponda opposta. Secondo l'Orlandi il primo a parlare di questo fiume sarebbe stato il poeta alessandrino Licofronte che nella sua " Cassandra " così lo ricorda: " Phorcique Marsicilacus latices / Pitoniumque flumen sub terra / sese condens in obscuras specus profonditatis ". E per il suo scorrere in antri sotterranei a guisa di dragone fu detto la Dragonaria, nome che ancora oggi si ritrova in una contrada del Comune di Bisegna, dove ha le sue sorgenti il fiume. Ritenevano gli scrittori romani e primissimo Plinio, insigne naturalista, che le acque di questo fiume per la loro leggerezza passassero, senza mescolarvisi, su quelle del Fucino ed andassero presso Tivoli a sprofondarsi in uno speco e di lì alimentassero l'acquedotto romano dell'Acqua Marcia, che a causa della sua freschezza e salubrità veniva considerata come un dono degli dei: " dulces inter se supermanent alias ut in Fucino lacu Invenetus anmis ". Padre Arduino nel ricordare questa espressione faceva noto che lo stesso Plinio aveva chiamato, in altra sede, questo fiume Piconio o Pitonio così come, e lo abbiamo già ricordato, aveva fatto Licofronte. La stessa cosa fu ripetuta da Vibio Sequestro il quale però corrompe il nome che da Pitonio diventa Pitornio: " Pitomius qui per medium lacum Fucinum ita decurrit ut aquae non misceantur Stagno ". Il fatto che anche Strabone ripetesse ad un dipresso un'opinione del genere dimostra che la tradizione si era conservata attraverso i secoli nell'ambito dei popolo marso. In una carta geografica della Diocesi dei Marsi del seicento questo fiume è ricordato con il nome di Pitornius.

 

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