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Un po' di storia

- Le chiese -

 

Gli edifici sacri di Ortona stanno a provare l'importanza che il paese ebbe in campo religioso confermata dal fatto che " anticamente era sede della diocesi che s'intitola dei Marsi " come si legge nella " Storia delle due Sicilie ", di Nicola Corcia ed in " La Patria, geografia dell'Italia " di Gustavo Straforello, Torino U.T.E.T. 1898. Naturalmente il tempus edax non poteva non agire su questi edifici e molti così crollarono anche per il fatto, che costruite nuove chiese e riuniti i benefici ad esse annesse le decane furono abbandonate anche perché i fedeli preferirono frequentare quelle nuove più centrali e più comode soprattutto nell'inclemente stagione con l'alta coltre di neve ed il rigore dei geli. Non rimangono così tracce delle chiese di S. Abondio sita in " Fondo Grande " e consacrata con bolla di Clemente III, di S. Maria di Loreto " extra moenia terrae Hortonae ad Marsos erecta in fundo Paschalis Tomei loco nuncupata la Portella cum campanili, caemeterio fonte baptismi aliisque officinis opportunis ", e solo scarse notizie si hanno delle chiese di S. Agnese, S. Quirico e di S. Angelo come si legge in " Agglomerazioni delle popolazioni attuali della diocesi dei Marsi " di A. Di Pietro, Avezzano 1869, Tip. V. Magagnini. Tra i manoscritti abruzzesi della Biblioteca Vaticana se ne trova uno riguardante la citata Chiesa di S. Angelo con le seguenti parole: " istrumentum possessionis apud ecclesiam S. Angelis in territorio Ortona. 27 febbraio 1587. Regin. lat. 386 ff. 344-346. Presentata lettera di Matteo Colli, vescovo marsicano, il 17 agosto 1586 Antonio Matteo Battista, giudice regio di Ortona, indusse Domenico Sabbatini di Piscina procuratore dei Seminario di questa città, a prendere possesso della chiesa di S. Angelo di Ortana ". (G. Morelli, in manoscritti abruzzesi nella Biblioteca Vaticana). A causa del terremoto del 13 gennaio 1915 che, gravemente la scardinò, nelle sue strutture, fu necessario demolire la chiesa di S. Maria delle Grazie, all'ingresso di Ortona ove oggi è collocato il monumento ai Caduti della guerra 1915-1918. Era questa chiesa aperta al culto principalmente nei mesi estivi perché vi si veneravano la Madonna delle Grazie, S. Antonio e S. Rocca che le cui statue venivano trasportate nella chiesa parrocchiale per i festeggiamenti che avevano hanno ed avranno luogo nella prima decade del mese di settembre. Vi era un altare dedicato a S. Carlo Borromeo. Era operante sotto stesso nome di Madonna delle Grazie o del Gonfalone una Confraternita il cui regolamento venne approvato il 15 settembre 1748. Di questa chiesa ne fece la descrizione I. G. Cavini nella poderosa storia dell'architettura abruzzese: "Ai piedi dell'abitato che circonda il castello di Ortona una Chiesina isolata sulla strada reca le tracce dell'opera benedettina del dodicesimo secolo. La piccola aula rettangolare, senza importanza, conserva sulla fronte gli avanzi mal connessi di un portale che non sembrano occupare il loro posto primitivo. Consistono in due capitelli un archivolto in quattro pezzi centrinati. L'intaglio rappresenta i capitelli la foglia di palma tratta al molo dei buoni benedettini di Casauria, la quale riveste, con somma eleganza, la campana. Quello a sinistra, al disopra dei primo giro di foglie ha l'alberello del tronco, a spirale, e dalla chioma ricurva alle estremità su cui poggia un abaco col fiore nel mezzo della tavoletta incurvata, nell'altro non vi sono alberelli ma due ordini di foglie alternate sostengono un breve abaco e la tavoletta rettilinea. L'archivolto è sagomato a largo listello e guscio ricco di foglie radiali di acanto spinoso, ben modellate e ricurve in alto. Sembra che poggiasse direttamente sui capitelli come oggi si vede perché rappresenta una soluzione ornamentale non mal adottata finora consistente nell'evitare che le due prime foglie dell'archivolta debbono avere il fianco direttamente a contatto col piano d'appoggio Ad ottenere ciò si crearono, alle estremità del guscio due nascimenti di foglie piene, disposte in piedi sui capitelli e fortemente arricciati in alto. In questi poveri avanzi del portale sconosciuto appare così uno dei primi esempi di una soluzione ornamentale destinata a gran fortuna in Abruzzo ed anche questa geniale novità deve essere attribuita, insieme ai pezzi descritti, ad una dei maestri di Casauria che a fine del secolo era venuto ad assumere nuovi lavori nella Marsica. Aperta al culto è oggi la chiesa parrocchiale dedicata a S. Giovanni Battista (riconsacrata il 27 ottobre 1734 dal Vescovo Baroni che sorge sulla piazza omonima. Nel 1886 venne " riattata e ridottata " molta decenza dietro le premurose cure del canonico don Gianbattista Maggi procuratore della cappella, (A. Di Pietro op. citata), mentre nel 1932 venne rifatto il soffitto rovinato dal terremoto del 13 gennaio 1915. Nel 1947 per interessamento dei Parroco don Paolo Frezzini venne costruito un altare trono " per l'urna di S. Generoso mentre a cura del Parroco don Vincenzo Amendola è in funzione un impianto di riscaldamento. Trovasi sempre nella Biblioteca Corsiniana - fondo accademico - un registro delle rendite annuali della Cappella dì S. Biagio e S. Generoso e dalli pesi annuali di detta Cappella cominciata nell'anno 1764 al 1809; un liber obbligationum civilium huius Curiae Ortonae inceptus sub anno Domini MDCCXCV, ed un bilancio dell'amministrazione del Monte del Suffragio della Terra di Hortona de' Marsi eretto nell'anno 1670, nel mese di aprile, fatto dal sig. Dottor D. Isidoro Petrone rettore dei d.o Monte e Francesco Castrucci e Giacomo Petrone da detto Mese per tutto il mese di dicembre 1678 (Morelli o. e.). In questa chiesa si trova una cappella dedicata a S. Giuseppe che fu voluta da don Giuseppe Marcantonio e Giovanbattista Buccella con il jus patronato perpetuo dei loro credi come risulta dall'atto di fondazione e donazione del 1657 e dal decreto firmato il 12 settembre detto anno da mons. Ascanio De Gasperis, Vescovo dei Marsi: gli stessi signori Buccella, sopra ricordati, " si offrirono di restaurare, a loro spese, una fatiscente cappella dedicata a S. Antonio ed a S. Lucia ponendola sotto il titolo di S. Giuseppe e dell'Assunta ". Sono altresì aperte al culto la Chiesa di S. Onofrio nell'area del Castello che non presenta però nulla di eccezionale ed è ricordata in una bolla di Clemente 111; quella di S. Antonio Abate, di proprietà della famiglia Maggi e dove si celebrano le funzioni in onore del titolare il 17 gennaio con benedizione, dal sagrato, degli animali domestici. Vi si legge una iscrizione in latina che dice, tradotta in italiano, "Questa cappella (e') di diritto del patronato della famiglia Maggi e immediatamente soggetta all'ordine Costantiniano Anno del Signore 1789". Di recente la famiglia Maggi ha provveduto a restaurare questa Chiesa permettendo alla Radio-Televisione italiana di girare delle scene riguardandanti il film " Pane e vino " tratto dal romanzo di Ignazio Silone. Vi è poi la chiesetta di S. Pasquale fatta costruire nel 1794 come si legge in una lapide murata sopra la porta di ingresso, dai fratelli Francesco Saverio, Luigi, Vincenzo e Filippo Petroni per comodità propria, in quanto abitavano in quei pressi, e degli amici abitanti sempre nella zona. Passò poi di diritto sotto il Patronato della famiglia Abrami. Oggi ne sono proprietari i conti Senni di Bologna per averla ereditata, insieme al fabbricato ove è incorporata, da un loro cameriere ortonese. La parrocchiale risale al secolo XIV e non sfuggì all'attenzione dei Gavini che così ne scrive nell'opera citata:

" La Chiesa di S. Giovanni, risale al secolo XIV. Consisteva forse in una navata corrispondente al prospetto trecentesco. Più tardi con l'aumento della popolazione si volle ampliare e si aggiunsero due navate ed un coro di pianta quadrata voltato a crociera di ogiva su costoloni prismatici il quale recando in chiave scolpito lo stemma di S. Berardino da Siena si deve attribuire alla seconda metà dei quattrocento (Lo stemma di S. Berardino entrò in uso per devozione dopo la morte dei Santo avvenuta nel 1444). Forse in quest'epoca avvenne l'aggiunta delle navi laterali ed il conseguente allargamento della facciata. Del prospetto trecentesco a coronamento ornamentale rimangono il finestrone circolare contornato da ampia mostra e da un archivolto che parte da colonnine laterali sostenute da leoni su mensole, due finestre ai lati di essa a scoto trilobato con timpani ottagonali foggiati su colonnine pensili. E' una architettura che richiama le facciate di Lanciano senza avere di queste alcuna derivazione: vi è adoperato lo stesso schema del finestrone ciò che potrebbe indicare comunanza di origini. Ad ogni modo il prospetto si presenta come opera schiettamente personale di un artista imbevuto di principi trecenteschi. I capitelli delle colonnine pensili variano di forma e di carattere assumendo forme concrete che vanno da quelle francesi ad uncino a quelle abruzzesi composte di elementi locali. Gli altri ornamenti hanno gli stessi caratteri: astrichio, gigli entro volute salgono nei timpani delle finestre a trilobo, le palmette ad acroteri, tornano ad apparire sulla sagoma curvata intorno al finestrone, come l'autore forse aveva veduto aggirarsi sull'archivolto del portale di Paterno. Le colonnine radiali di questo rosone poggiano sulla corona centrale a quadrilobo, hanno il fusto or liscio ed ora a tortiglione, i capitelli ad uncino. Sostengono queste le arcatelle piatte semicircolari accavallate come nei rosoni di Lanciano. Le mensole delle colonnine pensili sono decorate di acanto silvestre, di tulipani, di teste umane piene di carattere. E' scomparsa la decorazione del portale sostituita con architettura della fine del 500 a dei primi del 600 e di essa, probabilmente, facevano parte due pietre infisse sulla cimata del nuovo ingresso; un tondo rappresentante l'agnello divina ed una figurina di S. Giovanni con un cartello: " Ecce Agnus Dei" ".

 

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