IV
Inconsistenza dell'appello al principio di autorità
e delle stesse ragioni 'filologiche' sinora addotte a sostegno
del restauro
Di fronte alle denunce
apparse sul Gazzettino (22 agosto) e La Nuova Venezia (12
settembre), G. Romanelli, resosi responsabile dell'appoggio dato
alle scelte di Brusa, non ha fatto che opporre il principio di
autorità scientifica: "ci siamo rivolti ai migliori
specialisti", principio che, da sé solo, lascia troppo
margine ad una fallibilissima soggettività. Ma è interessante,
a questo punto, osservare che le pubblicazioni sinora apparse di
Giuseppe Brusa rivelano una conoscenza assai superficiale -
quando non addirittura erronea - dell'Orologio della Torre di
piazza San Marco.
Nel suo volume "L'arte dell'orologeria in Europa",
Bramante ed., 1978, troviamo ad esempio scritto della "torre
delle hore in Piazza San Marco, che è innanzitutto e appunto un
orologio, con lo spettacolare quadrante e con i campanari
automatici." (pag. 11). Al di là dell'amenità tortuosa
della descrizione, 'torre delle hore' è un appellativo che non
compare nei documenti a noi noti, e comunque non fu il modo più
frequente e 'classico' di designarla anticamente.
Più avanti, nello stesso volume, Brusa afferma: "purtroppo
nel quadrante e nella meccanica è stato sostanzialmente
modificato fin dalla metà del XVIII secolo, da Bartolomeo
Ferracina, ottimo orologiaio ma pessimo restauratore. Non è
facile stabilire quanto è rimasto di originale a parte la
struttura muraria e i celebri Mori" (pag. 40). Non è facile
stabilirlo? Basta sapere che il Ferracina ebbe indietro la
vecchia macchina al completo, che gli fu conteggiata a peso dei
metalli riciclati e detratta dal compenso in denaro per il lavoro
svolto. Assurdo, poi, esprimere un giudizio sul Ferracina "restauratore":
Bartolomeo Ferracina non fu un "pessimo restauratore",
semplicemente perché non fu affatto un restauratore: nel 1757 fu
pagato dalla Procuratia de Supra per ricostruire integralmente l'Orologio,
esclusa la processione dei Re Magi, sulla quale interverrà più
tardi.
Ancora: "Originariamente, sopra la mostra verso la Piazza,
una processione di Angeli e Magi allo scoccare dell'ora sfilava
innanzi alla Madonna con il Bambino in bronzo dorato" (pag.
40). Originariamente? In realtà la processione dei Re Magi
continuava a funzionare, per la Solennità dell'Ascensione, in
maggio, e per l'Epifania, venendo appositamente predisposta dai
responsabili alla manutenzione e costituendo un notevole fattore
di richiamo per molti, anche negli anni in cui Brusa scriveva il
suo libro. Avvilente, poi, la descrizione "una processione
di Angeli e Magi", quando si trattò sempre delle statue
semoventi di tre Re Magi, preceduti da un angelo con tromba.
La processione dei Re Magi preceduti dall'Angelo attorno alla statua della Vergine Maria, quale continuò a svolgersi due volte l'anno fino al maggio 1997. Secondo Romanelli, invece, l'intervento del 1858 "obbligò, come è noto, a rimuovere la 'giostra' con la processione dei Re Magi e dell'Angelo e a mutare l'assetto complessivo dell'orologio ..." (lettera al "Gazzettino", 25 agosto 2000). Curioso, questo inciso "come è noto", divertente omaggio alla memoria delle folle di veneziani e turisti che affollavano regolarmente Piazza San Marco nei periodi di uscita dei Re Magi, allo scoccare dell'ora. |
Brusa conclude il
discorso, che per gli altri aspetti rimane sempre in superficie e
non entra mai in profondità nell'analisi delle specifiche del
meccanismo, scrivendo: "Forse questo è il più antico
esempio rimasto di un orologio da edificio con quadranti visibili
da punti diversi, come poi divenne frequente su campanili e su
torri." (p. 41). Proprio lui, storico dell'orologeria, si
dimentica così del più antico e notissimo orologio della torre
di Rouen, eretta nel 1389.
Aggiungeremo, per questo libro, che Brusa stesso ammette la rarità
dei pendoli aventi periodo di due secondi, ovvero di quei pendoli
di cui si è preso la libertà di congedarne uno dal
funzionamento: "Pendoli da due secondi, lunghi circa mm 3975,
o ancora più lenti e più lunghi sono rari e si ritrovano in
esemplari astronomici e da edificio" (p. 460).
Ma non basta. L'opuscolo distribuito alla stampa il giorno della
presentazione dell'Orologio restaurato (1 febbraio 1999, a
Palazzo Ducale), contiene altre e più significative inesattezze.
Più significative, in quanto Brusa aveva potuto, nel frattempo,
concentrarsi sullo studio di questo particolare Orologio, fatto
che, evidentemente, non gli fu sufficiente a superare quella
superficialità già un tempo dimostrata. L'opuscolo si intitola
Restauro dell'Orologio della Torre, e contiene un capitoletto di
4 pagine di Giuseppe Brusa, dal titolo "1499-1999. Il
restauro della meccanica e il ripristino delle funzioni dell'Orologio
di Piazza San Marco" (pp. 28-31).
Parlando della
tanto odiata coppia delle tàmbure a pannelli numerici di
ore e minuti introdotta dal De Lucia (1858), Brusa
afferma che "l'apparato, mosso da una sua macchina,
richiedeva ovviamente di essere collegato e sincronizzato
con il treno principale dell'orologio, con la conseguenza
di interferire in qualche misura con il funzionamento in
generale e particolarmente con la precisione" (p. 29).
Ora, sarebbe bello capire il senso di questa distinzione,
tra un'interferenza in generale, e quella sulla
precisione. Quanto alla seconda, vedremo a cosa allude
Brusa, esagerando la portata di questa 'interferenza' per
giustificare un intervento anche su questo aspetto. Brusa
continua: "Il De Lucia goffamente sovrappose il
rudimentale movimento del nuovo apparato alla struttura
ferraciniana e ritenne pertanto di eliminare la
trasmissione dell'indicazione dell'ora sul quadrante
verso le Mercerie per alleggerire il treno del tempo e di
rinunciare inoltre alla suoneria della 'meridiana' per
ridurre l'ingombro complessivo" (p. 29). Ora, a) non è da ritenersi apprezzabile, in sede storica - secondo una concezione seria della ricerca, si intende - un giudizio gratuito come il "goffamente" qui espresso, né è sensato parlare di un "rudimentale" movimento, che, anzi, presenta caratteristiche più minute e, per certi aspetti, raffinate, rispetto agli altri treni del meccanismo; b) De Lucia non eliminò affatto la trasmissione dell'ora sul quadrante verso le Mercerie: questa è un'inesattezza, anzi, un errore grossolano e sorprendente, in quanto il quadrante Nord continuò visibilmente a funzionare fino alla data dello smontaggio nel 1997; c) fa sorridere non poco il nesso di causa-effetto qui affermato (il "pertanto" di Brusa), in quanto l'apparato di comando dei numeri automatici fu sovrapposto all'impianto del Ferracina in posizione sommitale, mentre la trasmissione al quadrante corre addirittura sotto (!) al Castello medesimo; d) De Lucia non rinunciò affatto alla soneria dei 132 colpi che Brusa chiama 'meridiana', tant'è che essa fu disattivata nel 1915, all'inizio della prima guerra mondiale, per motivi di coprifuoco congiuntamente alla molestia prodotta con la sonata di mezzanotte. E' incredibile, poi, che Brusa affermi che ciò sarebbe stato fatto "per ridurre l'ingombro complessivo": non ha semplicemente alcun senso, perché il settore di alloggiamento dei ruotismi di questa soneria rimase montato, e in posizione, né si capisce in cosa dovesse consistere l'"ingombro" di una porzione modulare che ha la sua precisa collocazione nell'ambito del castello centrale (ne costituisce un intero quarto), senza frapporsi ad alcunché. |
Schema del castello centrale. La soneria dei 132 colpi ha la sua precisa collocazione nel settore sinistro e, visibilmente, non si frappone ad alcunché. Per Brusa, invece, sarebbe stata disattivata "per ridurre l'ingombro complessivo". Ma il suo "ingombro" non è altro che quello del castello stesso! Lasciamo al buon senso dei lettori ogni commento supplementare. |
Brusa prosegue: "Ambì
peraltro a dimostrare la sua competenza in fatto di orologeria
tradizionale e ciò finì per comportare un radicale
stravolgimento della meccanica ferraciniana". L'intervento
di De Lucia in realtà non fu tale da giustificare queste
affermazioni; qui invece è da vedersi una vera e propria
proiezione, e tali parole si adattano perfettamente a quanto
fatto da Brusa e Gorla.
La descrizione passa ora al punto nodale della questione: "Discutibilissima
l'idea di sostituire il pendolo originale con un altro
voluminosissimo, con oscillazioni della durata di due secondi,
lungo 410 centimetri, con l'intento di ottenere una maggiore
affidabilità delle oscillazioni e una migliore isocronia. Per
mancanza di spazio infatti un tale pendolo non poteva essere
collocato a tergo dell'orologio, come il precedente, e si rese
quindi inevitabile il disporlo frontalmente. Per evitare che
interferisse con il pignone che trasmetteva il moto ai ruotismi
del quadrante, fu necessario spostare lateralmente la nuova
sospensione e ciò richiese più di una soluzione sperimentale,
come emerso recentemente. Il rapporto degli ingranaggi dovette
essere modificato in conseguenza". (p. 29). Ora, è
chiaramente e incontrovertibilmente dimostrato dai documenti e
disegni d'archivio, nonché dal numero di oscillazioni riferite
in un libro coevo sulla Torre, che il pendolo non fu allungato di
molto, e che si trovava nella medesima posizione di quello del De
Lucia.
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