Per parte mia, appena entrato, non feci altro che sedermi ed aspettare il suo arrivo: sapevo che sarebbe venuta, veniva
ogni anno, e non avevo dubbi sul fatto che si sarebbe seduta al mio tavolo.
L'attesa, quella volta, non fu lunga, anche perche' avevo calcolato bene i tempi, ed al suo ingresso, calamito'
immediatamente l'attenzione delle persone presenti, degli uomini soprattutto, ma anche delle donne che cercavano di non
lasciarsi sfuggire la loro preda (o il loro cacciatore) proprio ora che assaporavano il piacevole gusto del successo.
Le lanciai uno sguardo che era un guazzabuglio di pensieri, sentimenti, emozioni e sensazioni che in quel momento
tempestavano nella mia mente. Quando i nostri occhi entrarono in rotta di collisione, potei realizzare quanto fosse
cambiata dall'ultima volta e di quanto la sua bellezza si fosse elevata verso le sfere piu' celesti, anziche' sfiorire
col passare del tempo.
Qualcosa, nella mia espressione, dovette turbarla perche' una nota di amarezza inondo' quel viso angelico allorche' i
suoi occhi incrociarono i miei. Distolse lo sguardo, e s'incammino' verso un tavolo vuoto, posto dalla parte opposta a
quella dove mi trovavo io.
Forse, in qualche modo, si ricordava di me, e mi aveva riconosciuto; forse, attendeva che fossi io a fare la prima mossa;
forse non le piacevo e basta. Ad ogni modo, la situazione imponeva che mi alzassi e la raggiungessi al suo tavolo, prima
che ci pensasse il proprietario di uno dei tanti sguardi rapaci che erano puntati su di lei come i fucili di un plotone
d’esecuzione.
Mentre la distanza che ci separava diminuiva, mentre i fucili tutt'intorno si riabbassavano, notai che lei evitava di
guardarmi. A che gioco giocava? Non lo potevo sapere: per imparare un nuovo gioco, bisogna che te lo spieghino a carte
scoperte, e scoprire le sue carte era proprio cio' che stavo cercando di fare.
Quando la salutai con un cordiale "Buonasera" finse di non avermi affatto notato ricambiando, sorpresa, il
mio saluto, ma sapevo benissimo che, mentre si fissava le unghie solo un attimo prima, rimuginava su
cio' che avevo evocato nella sua memoria.
«Posso sedere?», le chiesi.
«Hmmm... Perche' no? Un po' di compagnia non dovrebbe farmi male...», rispose.
Sedei e le chiesi: «Se non e' la compagnia cio' che cerchi, cosa ci fai qui?» Per fortuna, nonostante il primo passo
fosse toccato a me, era stata lei ad aprire le danze.
Mi racconto', come gia' sapevo, che ogni anno lei veniva al ritrovo per single e prendeva lo stesso tavolo, quello a
cui ero seduto io, ricordando un avvenimento di un po' d'anni prima che si era consumato, nel suo momento piu' drammatico,
proprio in questo giorno.
La misi alla prova e, pur sapendo la risposta in anticipo, le chiesi come mai, stavolta, avesse cambiato tavolo: voleva
restare sola o centravo qualcosa io?
Ci penso' un po' su, chiedendosi, forse, se doveva essere sincera o meno, poi mi disse: «Tu mi ricordi qualcuno, la persona
che aspettavo a quel tavolo anni fa. Sono una stupida: tu non puoi essere quella persona... Al... Al č...»
Come se una diga fosse improvvisamente crollata dentro lei, comincio' a raccontarmi la storia di cio' che successe,
riversando su di me un fiume di parole. Non rischiai di annegare perche' gia' conoscevo i fatti, anche se da una
prospettiva diversa. Sembrava che non aspettasse altro, da anni, che trovare qualcuno disposto ad ascoltarla.
Da secoli vago solitario nel mondo
dispensando un sembiante dell'amore...
E al mattino sono soltanto un sogno
un corpo freddo che gela sotto una pietra.
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