di
Luisa Grion
La Repubblica
- 5/7/2003
Le stime
della Spi-Cgil: quest'anno la riduzione è generalizzata
ma per il Mezzogiorno il calo sta durando da tre anni
Bolzano prima, Torre del Greco in coda alla classifica i ridimensionamenti
maggiori a Napoli, Potenza e Taranto
ROMA - Meno soldi dallo Stato e meno servizi ai
cittadini. Stretti fra il taglio ai trasferimenti e la necessità
di far quadrare i conti senza far lievitare le tasse locali i comuni
italiani, quest'anno, sacrificheranno il welfare. Un colpo secco
alla spesa sociale: il 20 per cento in meno come media nazionale
che al Sud toccherà punte del 30. E' la previsione della
Spi-Cgil che vede dietro al taglio tre cause: la sottostima del
fondo sanitario, la riduzione delle risorse per il piano sociale
nazionale, la scure sui trasferimenti agli enti locali.
Il fatto - sottolinea il
sindacato - renderà ancora più profonda la spaccatura
fra i servizi resi al Nord e quelli al Sud. Gap che già da
un paio d'anni a questa parte si sta allargando. Sempre la Spi-Cgil
in uno studio sul "welfare dei municipi fra federalismo e neocentrismo"
(curato da Francesco Montemurro su un campione di 60 città),
fa notare che nel 2001 - anno in cui i bilanci erano più
ricchi - a fronte di una crescita della spesa sociale aumentata
in media del 4,5 per cento, nel Sud le risorse destinate al welfare
erano diminuite quasi del 2.
Il colpo più forte alla spesa per l'istruzione pubblica:
meno 14,2 per cento contro incrementi del 2 circa nel resto del
paese. Ma anche alla cultura: meno 6 contro una media del più
2,6 che diventa più 6,5 per cento nel Nord-est.
Vista la scarsa possibilità
di aumentare le entrate i comuni del Sud, quindi, hanno concentrato
la spesa sui servizi sociali in senso stretto - sussidi, asili,
anziani - di fatti aumentata rispetto al 2000 dell'11,4 per cento.
A tagliare tutto il resto sono state, in particolare, Napoli, Potenza
e Taranto. Lì, come in buona parte del Meridione salvato
l'essenziale sono restati gli spiccioli. La differenza fra aree
è evidente: la spesa sociale corrente pro-capite nazionale
è di 307 euro, ma si passa dai 689 di Bolzano ai 137 di Torre
del Greco.
Di fatto, sottolinea lo studio,
il meridione paga anche lo scotto di un'eccessiva quota di risorse
votata alla burocrazia (la spesa per l'amministrazione si prende
il 33 per cento di quella corrente contro il 28 della media nazionale)
e di una minore capacità e possibilità di imposizione
locale. I servizi forniti dai municipi, infatti, sono sostanzialmente
finanziati con risorse locali. Mediamente fra comuni del Sud e comuni
del Nord c'è un divario di 210/230 euro a testa di pressione
tributaria.
E le prospettive non sono
buone. A fronte di un taglio del 3 per cento nei trasferimenti già
inserito in Finanziaria per il 2004 non c'è - da parte dei
municipi meridionali - né la possibilità nè
la capacità di recuperare tutte le entrate locali. La quota
dei proventi da servizi pubblici (rette varie e ticket) raggiunge
il 5 per cento delle entrate complessive in diversi comuni del settentrione,
ma in molti capoluoghi del Sud si ferma allo 0.3.
Diversa anche l'entità
del gap fra entrate attese ed entrate recuperate. Se nella media
nazionale a fronte di entrate comunali accertate per 689 euro se
ne sono effettivamente riscosse 477; nei comuni del Sud degli attesi
512 se ne sono visti meno della metà: 255. Ora il futuro
degli enti locali, come prevede il federalismo, sta anche nella
loro capacità di tagliare le spese burocratiche e recuperare
i crediti salvandoli dalla evasione.
Lo Stato - sottolinea lo
studio della Spi - dovrà assicurare un fondo perequativo
per tutelare i comuni con minore capacità fiscale per abitante,
ma la loro macchina dovrà comunque imparare a funzionare
meglio. Senza tale salto di qualità la distanza fra un Nord
che riesce a recuperare più tasse e fornire più servizi
e un Sud che chiede di meno, ma fornisce di meno sarà destinata
ad aumentare. Creando un pericoloso welfare a due velocità.
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