torna alla sezione "Tremonti"
torna alla home page

scrivici
mailing list
guestbook
links
aiutaci
info
ringraziamenti
 
torna indietro
 
articolo tratto da l'Unità del 12 maggio 2002
 

Economia, un paese più debole

 

 

 

di Paolo Leon

Per giudicare un anno di politica economica del governo, dobbiamo scegliere se usare come criterio la teoria della maggioranza o il buon senso. La maggioranza, tuttavia, si affida a due diverse idee della politica economica. La prima è la cosiddetta economia dell’offerta, che guida l’azione di Tremonti, secondo la quale se si riducono le aliquote dell’imposte i ricchi investiranno di più, aumenterà l’attività economica e con questa il gettito tributario, si compenserà quella riduzione e si eviterà un taglio alle spese. L’esperienza del primo anno di governo si incarica di smentire clamorosamente questa teoria (come, del resto, avevamo previsto in tanti), visto che nonostante la Tremonti-bis, il gettito tributario diminuisce ad un ritmo preoccupante, mentre gli investimenti aumentano in misura deludente. È vero che la nostra economia risente della debole congiuttura internazionale, ma le leggi dei «cento giorni» dovevano servire proprio a correggere quella congiuntura negativa. La seconda idea di politica economica (Berlusconi) si rifà alla cosiddetta nuova economia classica (che è ben noto non essere né nuova né classica) e afferma che la politica economica è inutile o dannosa. Faccio un esempio: per questa corrente di pensiero, se lo Stato riducesse le imposte allo scopo di stimolare l’attività economica, si ridurrebbe il risparmio pubblico, il tasso di interesse aumenterebbe, e si annullerebbe l’effetto positivo della riduzione delle imposte. La teoria è stata già smentita molte volte nella realtà, ma è interessante notare come le due idee di politica economica non siano tra loro coerenti: per Berlusconi, a differenza di Tremonti, è inutile ridurre le imposte, a meno che non si riducano anche le spese. Dunque, la vera politica economica del governo consisterebbe nel realizzare lo Stato Minimo: imposte più basse, spesa pubblica (sanità, pensioni, pubblico impiego) più bassa. Come questo orientamento avrebbe potuto correggere la congiuntura negativa, è un mistero. Durante il primo anno di governo, in ogni caso, non è accaduto nulla che confortasse questa politica: e, infatti, il deficit pubblico è aumentato. Un fiasco, dunque, per le stesse teorie governative.
È troppo generoso, però, giudicare il governo sulla base della coerenza con il suo stesso pensiero - cui forse non tiene nemmeno il governo, visto come bistratta i valori della trasparenza, della sincerità, dell’onesto contraddittorio. Usiamo, allora, il buon senso per giudicare l’azione di governo, e osserviamo i dati. La crescita del PIL è inferiore alle previsioni di circa un punto, le entrate tributarie continuano a deludere e il debito pubblico continua ad aumentare in valore assoluto, forse perfino come percentuale del PIL. L’unico dato positivo riguarda l'occupazione, ma nonostante la maggiore flessibilità l’aumento è la metà di quello realizzato l’anno precedente, e se poi si misura l’occupazione in termini di lavoro a tempo pieno, penso che non sia cresciuta affatto. I salari reali sono aumentati pochissimo, e abbiamo soltanto scampato il pericolo di un crollo dei consumi. In compenso i tassi reali di interesse sui prestiti fatti dal sistema bancario sono aumentati fortemente, penalizzando le imprese, mentre il differenziale di inflazione con gli altri paesi dell’Euro è tornato a farsi sentire. Il divario del Mezzogiorno non sembra essersi ridotto. Sull’andamento di Borsa è meglio tacere. Insomma, non un semplice fallimento di una o l’altra delle teorie governative, ma un fiasco reale che imbarazzerebbe qualsiasi governo. L'impressione netta è che, invece, il governo non sia veramente interessato all’andamento dell’economia. La linea di Berlusconi sembra quella del lasciar fare: praticando, in economica, l’oblio e la pigrizia, mentre in politica si pratica la lotta alla magistratura, al sindacato, alla libera informazione. Mi chiedo se il governo, quest’anno, si sia scompostamente agitato in politica anche allo scopo di far dimenticare la sua singolare malinconia economica.


  articolo tratto da l'Unità del 12.05.2002
   

motore di ricerca italianoscrivi al webmaster

 

 

 

informazioni scrivici! torna all'home page home