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di Bianca Di Giovanni
La vendita degli immobili non equivale al
risanamento. Quanto alla ripresa, resta forte lincertezza
sulla sua effettiva portata. Con queste due osservazioni la Banca
centrale europea smonta il castello costruito da Giulio Tremonti
sulla nuova era della finanza pubblica, e torna a mettere in guardia
Roma da provvedimenti «una tantum» (laveva già
fatto la Commissione, avanzando parecchi dubbi sulla cartolarizzazione
del Lotto), una sorta di tampone che blocca la strada alle riforme
strutturali, assai più necessarie. Ultimo avvertimento di
Wim Duisenberg: rispettare il patto di stabilità, altrimenti
ne sarebbe compromessa la «credibilità della politica
di bilancio».
È il primo colpo alla finanza targata Tremonti. Poche ore
più tardi giungono da Bruxelles le anticipazioni del rapporto
di primavera che sarà presentato oggi. E la polemica sui
numeri riesplode. La crescita dellItalia per questanno
non sarà superiore all1,4%, contro il 2,3 ribadito
dal governo. Minor crescita significa anche minori entrate (allarme
lanciato già da settimane dallopposizione), quindi
un deficit dell1,3% per il 2002 contro lo 0,5% previsto dal
governo. Il dato, secondo lUe, resterà invariato nel
2003 (nonostante una crescita del 2,7%), anno in cui Tremonti si
è impegnato a raggiungere il pareggio. L' inflazione media
annua in italia dovrebbe attestarsi al 2,2% quest'anno per raggiungere
il 2% solo nel 2003. Le cifre italiane sono esattamente allineate
a quelle previste per la zona euro. Il livello della disoccupazione
nel 2002 resterà invariato al 9,5% mentre dovrebbe ridursi
all'8,9% nel 2003.
Insomma, per Via XX Settembre è una
doccia fredda (solo laltro ieri Tremonti aveva ribadito in
Parlamento i suoi obiettivi). Tanto che il ministero diffonde commenti
anonimi in cui si insiste sugli obiettivi noti, e si sottolinea
che «il governo, nei suoi documenti ufficiali, formula obiettivi
che incorporano l'azione di politica del governo stesso. Nelle sedi
internazionali si formulano previsioni e stime».
Eppure anche per lIsae i dati sulla crescita
sono molto più vicini a quelli stimati da Bruxelles. Inoltre
secondo lIstituto il pareggio di bilancio potrà essere
raggiunto nel 2003 solo grazie ad una manovra di 10 miliardi di
euro e la «messa a reddito» del patrimonio pubblico.
La messa allindice dellItalia arriva
lo stesso giorno in cui il decreto salva-deficit subisce uno stop
in Parlamento. Il servizio bilancio di Montecitorio, infatti, chiede
di verificare la compatibilità delloperazione Infrastrutture
Spa e della Patrimonio dello Stato Spa con le regole di contabilità
pubblica in vigore in ambito comunitario. Le perplessità
del servizio parlamentare si concentrano sulla prima società,
che è destinata a reperire sul mercato dei capitali risorse
per finanziare le opere pubbliche. Il tutto a fronte della garanzia
pubblica. In questo modo una parte rilevante della spesa per investimenti
in conto capitale uscirebbe dagli aggregati della finanza pubblica
, per confluire nel bilancio privatistico della Spa. I tecnici della
Camera chiedono poi lumi sul presunto miglioramento del fabbisogno
statale, nonché «sulla riduzione del contributo a carico
del bilancio dello Stato per la realizzazione di opere pubbliche»,
di cui parla il governo nella relazione tecnica di accompagnamento
al decreto senza fornire indicazioni quantitative sugli effetti
finanziari. Il Tesoro non indica neanche una cifra. In compenso,
però, si affretta a scrivere che gli effetti delle norme
contribuiranno a contenere il deficit nello 0,5% indicato tra gli
obiettivi. Contro il varo del testo (almeno così comè)
lopposizione ha già fatto quadrato ed ha chiesto una
serie di audizioni (tra cui la Corte dei Conti), a seguito delle
quali presenterà i suoi emendamenti. In ogni caso lallarme
è al massimo grado, perché «le ipotesi sono
due - dichiara Alfiero Grandi - o intendono vendere il Colosseo
al classico petroliere americano oppure stanno creando debito pubblico,
aggirando le regole di Maastricht».
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