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articolo tratto da l'Unità del 18 maggio 2002
 

Moody's, l'informazione negata

 

 

 

di Antonio Padellaro

Silvio Berlusconi esce di corsa dal Consiglio dei ministri dove è in corso la rissa Bossi-Buttiglione sull’immigrazione e annuncia al mondo che, grazie all’arresto di ben 241 criminali, soprattutto pericolose extracomunitarie dedite alla prostituzione, «le forze del bene hanno trionfato sulle forze del male». L’indomani (cioé ieri), l’intero sistema mediatico, con poche eccezioni, dedica grande risalto alle forze del bene che si prodigano per tutelare la sicurezza dei cittadini. I litigi nel governo, naturalmente, finiscono a fondo pagina. Nei telegiornali, sui giornali il premier, dunque, ha vinto una volta ancora. Gli elettori, chiamati fra pochi giorni a esprimersi, ne terranno conto.

L’uso politico della comunicazione è quasi una necessità per ogni governo che si rispetti. La manipolazione delle notizie, abituale nei regimi autoritari, è una patologia nelle democrazie. Mentre la disinformazione, legalizzata ed elevata a raffinato sistema, oggi, per quanto ne sappiamo, è al potere soltanto in Italia. C’è la concentrazione di una parte ampia di emittenti e di organi di informazione sotto il controllo, diretto o indiretto, del presidente del Consiglio. Ci sono i riflessi condizionati dei media, il cane di Pavlov che, il piccolo grande comunicatore, minaccia e blandisce. Un combinato disposto che ha prodotto e spacciato la favola di Berlusconi artefice dell’ingresso della Russia nella Nato. Un accordo che altri avevano trattato e concluso e che una sera il premier ha fatto suo, bruciando sul tempo l’annuncio ufficiale di Bruxelles. La stampa è quasi obbligata a cascarci: Palazzo Chigi comunica, le agenzie rilanciano, i tg annunciano, l’urgenza preme. Smarcarsi dalla concorrenza che ha già il titolo in pagina, non è possibile. Fa niente che Mosca sarebbe entrata nella Nato anche senza Berlusconi. Quella è ormai diventata la notizia del giorno, anzi della notte.

Osservate, nelle rassegne stampa dei tg c’è già lui che sorride e stringe la mano a Putin. La storia è piena di fame usurpate, di battaglie vinte e mai combattute. Domani il premier potrà millantare: grazie a me la guerra fredda è finita.
Gli studiosi più aggiornati ci spiegano che il successo dell’Uomo di Arcore «trova il suo fondamento profondo nella capacità di Berlusconi di accedere direttamente ai codici emotivi dell’inconscio collettivo» . Che lui si rivolge al bambino che è in noi utilizzando massicciamente gli strumenti della manipolazione semantica della realtà, dell’affabulazione, dell’edulcorazione narrativa degli eventi (Alessandro Amadori nel bel saggio: «Mi consenta»). Tutto vero, ma la falsificazione dei fatti, è un’altra cosa. Mercoledì scorso doveva essere una giornata mesta per l’economia italiana e per il governo che festeggiava la prima candelina con la crescita impercettibile del Pil e la caduta della produzione industriale. Un Tremonti paonazzo, più si aggrappa allo zero uno, più scivola nel famoso buco. Un Marzano imbarazzato, impapocchia previsioni. Di Berlusconi neppure l’ombra.

Poi, come il Settimo Cavalleria, arriva Moody’s. È il leader mondiale nel settore del rating: le sue valutazioni riguardano lo stato delle finanze di migliaia di società e di un centinaio di nazioni. Il giudizio sull’Italia è migliorato, ma le valutazioni di Moody’s riguardano un arco compreso fra i cinque e i dieci anni. Se un merito c’è, va attribuito quindi ai governi precedenti e all’effetto trainante dell’Europa. Ma chi ci bada. La notizia falsa del giorno, rimbalzata da tg a tg, è questa: «Moody’s promuove l’Italia, la sua economia va». Tremonti rifiorisce, Berlusconi compare su tutti gli schermi per diffondere la buona novella. Non era mai accaduto che il giudizio attribuito al debito di una nazione fosse utilizzato per motivi politici, dicono scandalizzati gli analisti dell’Agenzia a Roberto Rezzo dell’«Unità». In Italia succede di peggio. Un governo s’impossessa di ciò che non è suo per ragioni di bassa propaganda elettorale. E la contraffazione viene presa per buona dal sistema mediatico, mai sfiorato dal dubbio.
Freimut Duve, rappresentante Osce per la libertà dei media ha detto che, con un’informazione del genere, quando entrerà in vigore il Trattato di Nizza, l’Italia avrà dei problemi.
Come se non li avesse già.

 

  articolo tratto da l'Unità
   

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