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Larticolo 18 condiziona lo sviluppo delle imprese? Non è
vero, dice lIstat nel suo rapporto annuale presentato martedì
mattina a Roma. Lo si evince dalla dinamica occupazionale delle
imprese con 15 o più dipendenti (alle quali si applica larticolo
18 dello Statuto dei lavoratori) e quelle con meno di 15 lavoratori
(che sono esentate dalla norma): la quota di imprese che aumentano
loccupazione nel 2001, si legge a pagina 75 della relazione,
oscilla tra il 37 e il 40 per cento del totale in quelle con meno
di 15 dipendenti e tra il 37 e il 42 per cento in quelle da 15 a
19 dipendenti. Insomma, la tesi governativa della modernizzazione
e della flessibilità come condizione delle sviluppo delle
aziende italiane, che sarebbero compresso e limitato dallarticolo
18, si rivela dunque una sonora bugia alla prova dei dati scientifici.
Per dirla con il linguaggio del rapporto: «
Non sembrano
emergere discontinuità rilevanti nella propensione mediamente
rilevata allincremento delloccupazione dipendente. Ciò
vale anche con riferimento specifico alla soglia dei 15 dipendenti,
che non sembra rappresentare - sulla base della dinamica occupazionale
- un punto di discontinuità chiaramente riscontrabile».
Il rapporto è una fotografia puntigliosa dello stato della
società italiana nel 2001, con particolare riferimento agli
indicatori economici, occupazionali, dellofferta di servizi
pubblici ai cittadini e ai comportamenti dei consumatori.
Per quanto riguarda il lavoro, lIstat stima che tra il 1996
e il 2000 loccupazione atipica sia cresciuta del 40 per cento
nellindustria e nei servizi, contro solo l1 per cento
di quella standard. Allo stesso tempo stima che loccupazione
sommersa costituisca circa un quarto del totale in molte regioni
meridionali (27,8 per cento in Calabria, 25,9 in Campania, 24,1
in Sicilia): cifre impressionanti se confrontate con i fallimentari
risultati dei provvedimenti di emersione del sommerso voluti dal
governo Berlusconi e che hanno portato alla regolarizzazione di
appena 450 dipendenti in 150 aziende.
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