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articolo tratto da "l'Unità" del 11 aprile 2002
 
eccolo qui, il "buco" di Berlusconi

 

 

 

intervista de l'Unità a Nicola Rossi, economista

ROMA «È davvero il governo dei record. Basta guardare il debito pubblico per accorgersene». È il primo commento a caldo sui numeri della finanza pubblica dell’economista Nicola Rossi -deputato ds - nel giorno in cui si preannuncia il decreto «taglia-deficit» da parte del governo. «Il processo di risanamento si è interrotot a metà dell’anno scorso», osserva il deputato. Polemiche a parte, «Tremonti sta facendo qualcosa di doveroso, se si è accorto che i conti non tornano fa bene a porre rimedio».

Eppure oggi Tremonti dice che non si tratta di una manovra.

«Che sia una manovra è difficile negarlo. Quando si arriva ad aprile, si osservano dati che segnalano preoccupazione, si guarda il dato del fabbisogno che non va bene, e si vara un decreto che sostanzialmente da un lato tira i cordoni della borsa sul versante della spesa e dall’altro procura nuove entrate, il tutto per probabilmente qualche decimo di Pil, si potrà pure non chiamare manovra, ma nella sostanza lo è. Certo, la dimensione non è quella di altri casi, quella del ‘95 per intenderci, ma che tecnicamente questa sia una manovra bis è sicuro».

Una correzione di tiro dunque?

«Per certi versi è un atto di responsabilità del governo. Le condizioni della finanza pubblica sono tali da rendere molto problematico il raggiungimento dell’obiettivo dello 0,5% di deficit. Non lo dice solo l’opposizione, anche l’Fmi».

Tremonti oggi conferma gli obiettivi prefissati.

«Se lo conferma dopo il decreto a maggior ragione ha messo in piedi una manovra, che ripeto è un atto di responsabilità».

Il ministro dice anche che abbasserà le tasse l’anno prossimo.

«È probabile che la manovra bis serva anche a creare degli spazi aggiuntivi. La cosa che dev’essere chiara comunque è che si fa la stessa cosa che si è fatta tantissime altre volte negli anni ‘80 e nei primissimi anni ‘90».

Il blocco del 40% dei fondi speciali dell’Economia in cosa si traduce?

«Che si riducono i fondi disponibili per le nuove leggi, quelle la cui approvazione può avvenire nel corso dell’esercizio».

Questa decisione avrà un peso anche per il dialogo sociale, per la reperibilità dei fondi per il welfare?

«I più coinvolti sono i ministri ed i parlamentari, perché su leggi di questo genere si appunta l’attenzione dei parlamentari. L’operazione è stringere i cordoni nell’anno 2002, ma questo non sarà indolore, né all’interno del governo né dentro la maggioranza. Quanto allo stallo in cui si trovano sul mercato del lavoro, non è detto che con il decreto sia colpito lo stato sociale. È possibile che l’operazione sia congegnata in modo tale per andare in Finanziaria prossima a trovare le risorse necessarie alla riforma. Che, per il momento sulla delega resta a costo zero».

L’intervento sulle cooperative mette a rischio un mercato?

«Certo i costi per le cooperative aumentano. Naturalmente sono andati a colpire dove avevano già previsto di agire».

Dalla revoca delle agevolazioni per le banche quanto ci si può aspettare?

«Il decreto dispone che le agevolazioni sono finite. Ma secondo me sono finite anche le operazioni più importanti di fusione e aggregazione. Dunque, non credo che se ne ricaverà granché. Certo, si propspetta la restituzione degli sgravi di cui si è già goduto (2,77 miliardi di euro), ma chissà quando e se arriverà, visto che gli istituti hanno impugnato la decisione di Bruxelles che li aveva censurati».

Quali effetti potrà avere l’intervento sulla Cassa depositi e prestiti?

«Se queste operazioni di project financing, in cui la Cassa è chiamata ad operare, vengono fatte a condizioni non di mercato, vuol dire che ci stiamo preparando a scavare un altro «buco» della finanza pubblica. Se l’operazione si fa a condizioni di mercato, ci si chiede perché non ci sono privati disposti a partecipare, come ad esempio una finanziaria».

Isomma, è una coperta corta che si tira da tutte le parti?

«Spesso in economia è così. In ogni caso il vero “buco”, quello con cui abbiamo a che fare oggi, è dovuto sostanzialmente al fallimento di alcuni provvedimenti. Soprattutto quello sul sommerso non sta funzionando e, per quanto ci risulta, non funzionerà neanche dopo la revisione. Quei seimila miliardi sono molto in dubbio».

Quindi per il momento si cercano questi seimila miliardi?

«No, c’è un problema molto più generale. La crescita nel 2002 inferiore al previsto che porterà meno gettito, poi la spesa sanitaria fuori linea, in più ci sono provvedimenti già presi che renderanno meno del previsto. Tutto questo messo insieme rende preoccupante lo stato della finanza pubblica».

 

  tratto da "l'Unità" del 11 aprile 2002
 

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