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MENO CARBONIO

Il dibattito sul clima del pianeta è distorto da un malinteso di fondo. Gli esperti su tutti i fronti concordano che la salvaguardia del clima passa per un inevitabile compromesso tra ambiente ed economia: bruciare meno combustibili fossili, in modo da rallentare o fermare il riscaldamento globale, farebbe aumentare i costi dell'energia, da quella per i trasporti a quella per una doccia calda. Gli ambientalisti affermano che il sacrificio sarebbe modesto, e comunque necessario. Gli scettici sostengono invece che la spesa sarebbe proibitiva. Ma sono entrambi in errore. In realtà la tutela del clima, se perseguita correttamente, porterebbe a una riduzione dei costi, e non a un aumento. Un uso più efficiente dell'energia offre un vantaggio economico non come conseguenza dell'arresto del riscaldamento globale, ma perché risparmiare combustibili fossili è molto più conveniente che comprarli.

Il mondo è pieno di metodi per usare l'energia in modo più produttivo, e molte aziende si stanno precipitando a sfruttarli. Nell'ultimo decennio il gigante della chimica DuPont ha aumentato la produttività dei 30 per cento riducendo il consumo di energia del 7 per cento e le emissioni di gas serra dei 72 per cento (misurate in anidride carbonica equivalente), e risparmiando più di due miliardi di dollari. A partire dai primi anni novanta, cinque grandi industrie IBM, British Telecom, Alcan, Norske Canada e Bayer hanno risparmiato complessivamente due miliardi di dollari riducendo le emissioni di gas serra di oltre il 60 per cento. Nel 2001 British Petroleum ha raggiunto l'obiettivo, fissato per il 2010, di una riduzione delle emissioni di anidride carbonica del 10 per cento rispetto ai valori dei 1990, e riducendo i costi energetici di 650 milioni di dollari. E lo scorso maggio la General Electric ha promesso di incrementare la sua efficienza energetica del 30 per cento entro il 2012 per migliorare il valore azionario della società.

Queste aziende, e decine di altre, sanno che l'efficienza energetica migliora i profitti e consente di ottenere vari benefici secondari: una più alta qualità e affidabilità negli impianti di produzione, un incremento di produttività dal 6 al 16 per cento negli uffici e un aumento delle vendite del 40 per cento nei negozi progettati in modo da essere illuminati soprattutto dalla luce solare.

Rispetto a trent'anni fa, oggi gli Stati Uniti usano il 47 per cento in meno di energia per dollaro di prodotto interno, il che si traduce in una riduzione dei costi dì un miliardo di dollari al giorno. Questi risparmi hanno lo stesso effetto di un taglio fiscale, che riduce anche il deficit federale. Invece di deprimere lo sviluppo globale, le bollette più basse lo accelerano. E c'è ancora molto valore economico da recuperare in ogni stadio della produzione, del trasporto, della distribuzione e del consumo di energia. Convertire il carbone di un impianto nella luce di una lampadina a incandescenza ha un'efficienza del 3 per cento. La maggior parte del calore disperso dalle centrali degli Stati Uniti pari al 20 per cento dell'energia usata dal Giappone potrebbe essere recuperata con profitto. Il 5 per cento circa dell'elettricità domestica negli Stati Uniti va perso per alimentare computer, televisori e altri elettrodomestici spenti. (L'elettricità dispersa da circuiti mal progettati equivale alla produzione di una decina di centrali da 1000 megawatt che funzionano a pieno ritmo.) Complessivamente, gli sprechi di energia costano agli americani centinaia di miliardi di dollari all'anno e all'economia globale più di 1000 miliardi di dollari, alterando il clima senza produrre alcun plusvalore.

Visto che l'uso efficiente dell'energia ha questo potenziale, perché non è un obiettivo comune? Un ostacolo è che molte persone hanno confuso l'efficienza («fare di più con meno») con il disagio e la privazione («fare meno, peggio o senza»). Un altro è che non ci si rende conto di quanti benefici si otterrebbero da un uso efficiente dell'energia, perché il risparmio ritorna in mille rivoli sparsi e invisibili. La maggior parte delle persone non dedica tempo e attenzione a informarsi sulle moderne tecnologie per il risparmio di energia, e queste evolvono così rapidamente che neppure gli esperti riescono a tenersi aggiornati. Inoltre, i sussidi hanno fatto dell'energia un bene di basso costo. Il Governo degli Stati Uniti ha stabilito che l'efficienza energetica è una priorità, ma è stata una dichiarazione in gran parte retorica. E regole e abitudini radicate bloccano gli sforzi verso l'efficienza, o addirittura premiano gli sprechi. Ma tutti questi ostacoli possono essere trasformati in opportunità grazie a trasformazioni relativamente semplici.

Migliorare l'efficienza è un passo decisivo per creare un sistema energetico sicuro per l'ambiente, ma un ruolo fondamentale lo avrà anche il passaggio a combustibili che emettono meno carbonio. L'economia mondiale sta già riducendo le emissioni di gas serra: negli ultimi due secoli, combustibili come il carbone hanno lasciato il posto a combustibili a più basso contenuto di carbonio (petrolio e gas naturale) o a quelli dove è assente (fonti rinnovabili come energia solare ed eolica). Oggi, il carbonio ammonta a meno di un terzo degli atorni liberati dall'uso di combustibili fossili. Il resto è costituito da idrogeno, che non comporta rischi per il clima.

Questa tendenza alla riduzione delle emissioni è rafforzata da un'efficienza sempre più alta nella conversione, distribuzione e uso dell'energia. Per esempio combinando la produzione di calore ed elettricità si può estrarre il doppio di lavoro utile per tonnellata di carbonio immessa nell'atmosfera. Da qui al 2050, l'insieme di queste innovazioni potrebbe ridurre drasticamente le emissioni di carbonio, senza impedire lo sviluppo dell'economia. Queste pagine si concentrano sulla sfida più ambiziosa: estrarre più lavoro per unità di energia distribuita ad aziende e privati. L'incremento di efficienza dell'utente finale può portare a enormi risparmi di combustibile, di inquinamento e di capitali, visto che in ogni stadio della filiera che va dai siti di produzione ai servizi di distribuzione si perdono grandi quantità di energia. Ecco perché anche una piccola riduzione dell'energia utilizzata a valle della filiera può ridurre enormemente la necessità di rifornimento a monte.

La rivoluzione dell'efficienza

Tempo fa, molti dei prodotti più efficienti dal punto di vista energetico erano rari e costosi, mentre oggi sono convenienti e ampiamente disponibili. Il controllo elettronico della velocità delle automobili, per esempio, è fabbricato su larga scala a costi così bassi che alcune case automobilistiche lo forniscono gratis. Vent'anni fa le lampade fluorescenti compatte costavano più di 20 dollari, oggi si acquistano a prezzi che oscillano tra due e cinque dollari, consumano dal 75 all'80 per cento in meno di energia elettrica rispetto alle lampadine a incandescenza e durano oltre dieci volte di più. I rivestimenti delle finestre che lasciano passare la luce e riflettono il calore costano il 75 per cento in meno rispetto a cinque anni fa. E i modelli ad alta efficienza energetica di prodotti di mercato come motori, pompe industriali, televisori e frigoriferi non sono più cari dei modelli a bassa efficienza. Ma l'aspetto più importante di queste tecnologie è la rivoluzione silenziosa rappresentata dai progetti che riescono a combinarle in modo proficuo.

Per esempio, qual'è l'isolamento termico più adatto a una casa in una zona dal clima freddo? La maggior parte dei progettisti smetterebbe di aggiungere isolante quando la spesa necessaria supera il risparmio sulle bollette del riscaldamento. Ma, il confronto non tiene conto del capitale speso per la costruzione del sistema di riscaldamento che non sarebbe necessario se l'isolamento fosse abbastanza efficiente.

Negli anni novanta la Pacific Gas and Electric (PGE) effettuò un esperimento chiamato ACT2 che consisteva nel migliorare l'efficienza energetica di sette edifici, già in piedi o da costruire, per dimostrare che le migliorie su grande scala possono essere più economiche di quelle su piccola scala. Per esempio costruì una nuova casa in grado di rimanere fresca in estate anche senza aria condizionata. La PGE ha stimato che il progetto, applicato su larga scala, farebbe risparmiare 1800 dollari nella fase di costruzione e 1600 dollari nella gestione successiva rispetto al progetto di una casa convenzionale delle stesse dimensioni. Nel 1996 l'architetto thailandese Soontorn Boonyatikarn ha costruito, vicino all'umida Bangkok una casa che richiedeva solo un settimo della capacità del condizionatore d'aria abitualmente installato in una struttura di quelle dimensioni. In tutti questi casi, l'approccio progettuale era lo stesso: ottimizzare l'intero edificio per il risparmio energetico invece dei singoli elementi.

Questo criterio può essere applicato anche agli edifici destinati a uffici e impianti industriali. 1 progettisti di una fabbrica di tappeti costruita a Shanghai nel 1997 hanno tagliato del 92 per cento i consumi energetici dell'impianto di circolazione dei calore grazie a due semplici soluzioni. La prima è stata l'installazione di tubature di diametro largo anziché piccolo, in modo da ridurre l'attrito e permettere al sistema di usare motori e pompe di dimensioni inferiori. La seconda è stata progettare e collocare le tubature prima degli impianti a cui andavano collegate. Come risultato, il fluido passava attraverso tubature brevi e rettilinee invece di seguire cammini intricati, riducendo ulteriormente l'attrito e i costi.

Non stiamo parlando di ingegneria aerospaziale. E' solo ingegneria degli impianti, datata ma rivisitata, ed è applicabile su larga scala. Di recente un gruppo di ricerca dell'RMI ha sviluppato nuovi progetti di costruzione che permettono di ottenere risparmi di energia dell'89 per cento per un ufficio, del 75 per cento circa per un impianto chimico, del 70 - 90 per cento per un supermercato e del 50 per cento per uno yacht di lusso, il tutto con investimenti inferiori a quelli dei progetti ordinari. Il gruppo ha anche proposto innovazioni per raffinerie di petrolio, miniere e industrie di microchip in attività che ridurrebbero il loro consumo di energia del 40 - 60 per cento, ripagando i costi in pochi anni. I trasporti consumano il 70 per cento del petrolio e generano un terzo delle emissioni di carbonio. Molti ritengono che sia impossibile trovare una soluzione a questa componente del problema climatico, soprattutto perché centinaia di milioni di persone in Cina e in India acquistano, e acquisteranno sempre più, nuove automobili. Ma i trasporti offrono enormi opportunità di efficienza energetica. Winning the Oil Endgame, un'analisi del 2004 redatta dal gruppo di lavoro dell'RMI, ha mostrato come la giusta combinazione di materiali a basso peso e innovazioni nella propulsione e nell'aerodinamica diminuirebbe di due terzi il consumo di carburante nelle automobili, nel trasporto pesante e negli aerei, senza compromettere comfort, sicurezza, prestazioni e affidabilità.

Le automobili di oggi stupiscono per la loro inefficienza, nonostante un secolo di perfezionamenti. Solo il 13 per cento dell'energia liberata dal carburante si trasforma in trazione, e di questa più della metà riscalda pneumatici, strada e aria. Il restante 87 per cento è dissipato in forma di calore e di rumore speso per mantenere il motore al minimo o per alimentare optional come il condizionatore. E poiché il 95 per cento della massa accelerata è rappresentata dall'auto stessa, meno dell'1 per cento del carburante serve a spingere il veicolo.

Ancora una volta la soluzione è suggerita dalla fisica: bisogna ridurre drasticamente il peso delle vetture, che causa i tre quarti delle perdite di energia a livello delle ruote. E ogni unità di energia risparmiata in questo modo farebbe a sua volta risparmiare altre sette unità di energia, che altrimenti sarebbero lasciate sull'asfalto.

Motivi di costi e sicurezza hanno scoraggiato a lungo i tentativi di realizzare auto più leggere, ma i materiali moderni come le nuove leghe metalliche e i polimeri compositi avanzati, leggeri e resistenti, possono ridurre la massa di un'auto senza sacrificare la sicurezza in caso d'urto. Per esempio le fibre di carbonio composite possono assorbire da 6 a 12 volte più energia per chilogrammo di materiale rispetto all'acciaio riuscendo ampiamente a compensare lo svantaggio della leggerezza dell'automobile nel caso in cui si scontri con un veicolo che pesa il doppio, costruito in acciaio. Con questi nuovi materiali, le auto possono essere grandi, confortevoli e sicure senza essere pesanti e inefficienti, così da risparmiare sia petrolio sia vite umane. Come diceva Henry Ford, non è necessario avere peso per avere robustezza. Altrimenti il vostro casco per la bicicletta sarebbe in acciaio, invece che in fibra.

Negli ultimi due anni sono state sviluppate tecnologie di produzione avanzata che rendono competitive le scocche per auto in materiali compositi di carbonio rispetto a quelle di metallo. Una macchina più leggera permette di utilizzare motori più piccoli e meno costosi. E, considerato che l'assemblaggio delle auto realizzato con materiali compositi non richiede reparti di carrozzeria e verniciatura, le fabbriche sarebbero più piccole e la loro costruzione comporterebbe un risparmio dei costi del 40 per cento rispetto agli impianti di oggi. Il risparmio compenserebbe l'aumento dei costi di produzione dovuto all'uso dei nuovi materiali. L'introduzione delle scocche ultraleggere farebbe raddoppiare l'efficienza energetica degli attuali veicoli ibridi che già hanno un'efficienza doppia rispetto a quelli convenzionali – senza aumentarne il prezzo di listino. E se i materiali compositi dovessero risultare ancora non idonei, i nuovi metalli ultraleggeri sarebbero una valida alternativa. Sarà il mercato a selezionare i materiali vincenti, ma in ogni caso entro un decennio i veicoli ultraleggeri saranno sul mercato. La cosa più importante, però, è che i veicoli ultraleggeri potrebbero accelerare enormemente la transizione verso l'auto a idrogeno. Un SUV di dimensioni medie a cui è stato dimezzato sia il peso sia la resistenza aerodinamica ha un fabbisogno energetico inferiore di due terzi se paragonato a uno stesso modello assemblato in modo tradizionale e percorre in media 48 chilometri con un litro di benzina, perciò richiederebbe una cella a combustibile da 35 chilowatt, una potenza pari a un terzo dì quella attuale. E visto che il veicolo dovrebbe stivare un terzo dell'idrogeno non sarebbero necessarie nuove tecnologie di stoccaggio: i serbatoi in fibra di carbonio, compatti, sicuri e già sul mercato, sono in grado di contenere abbastanza idrogeno da spingere un SUV per 530 chilometri. La prima casa automobilistica che produrrà veicoli ultraleggeri vincerà la corsa delle celle grazie ai miglioramenti nell'efficienza, risparmiare un barile di petrolio costerebbe 12 dollari, un sesto del prezzo attuale.

Tra i combustibili alternativi ce ne sono due che sarebbero in grado di competere efficacemente con il petrolio, anche se fosse venduto a meno della metà del suo prezzo di oggi. Il primo è l'etanolo ricavato da piante erbacce e legnose, che viene miscelato alla benzina. Ora la principale fonte di etanolo è il mais, ma le piante legnose producono una quantità di alcool etilico doppia a parità di peso, e rispetto al mais necessitano di un minore investimento di capitale ed energia. La seconda alternativa consiste nel sostituire il petrolio con gas naturale a basso contenuto di carbonio. Risorsa che diventerebbe sempre più economica e abbondante via via che il miglioramento dell'efficienza energetica ridurrà la domanda di elettricità nei periodi di picco dei consumi, quando le turbine a gas generano energia in modo così inefficiente che, negli Stati Uniti, risparmiare l'1 per cento di elettricità taglierebbe i consumi e i prezzi del 34 per cento. E gas risparmiato in questo modo potrebbe sostituire il petrolio sia direttamente sia grazie alla conversione in idrogeno. I benefici della rinuncia al petrolio andrebbero molto oltre la stima di un risparmio di 70 miliardi di dollari all'anno. La transizione ridurrebbe le emissioni di carbonio del 26 per cento, ed eliminerebbe i costi politici e sociali legati all'estrazione del greggio. Il passaggio a un'economia senza petrolio sarebbe ancora più rapido del previsto se il potere politico rivedesse i piani urbanistici. La maggior parte di noi potrebbe vivere in quartieri dove quasi tutto l'occorrente è a cinque minuti di cammino, se solo fossero bloccati gli incentivi e i finanziamenti all'espansione suburbana. E, oltre a risparmiare combustibile, diversi concetti urbanistici darebbero vita a comunità più forti e non richiederebbero misure draconiane per imitare il traffico veicolare (come le pesanti tasse su auto e carburanti imposte a Singapore per evitare una congestione del traffico simile a quella di Bangkok.

Le energie rinnovabili

I progressi nell'efficienza energetica, in grado di farci risparmiare gran parte dell'energia elettrica, costano anche meno di quanto le aziende elettriche pagano il carbone, combustibile che genera la metà dell'energia degli Stati Uniti e il 38 per cento delle emissioni di carbonio. Da qualche anno si stanno moltiplicando le centrali che impiegano fonti alternative come vento ed energia solare, ma anche gli impianti di cogenerazione che producono elettricità e calore per edifici e fabbriche. La quantità di energia prodotta globalmente da fonti alternative di questo tipo ha già superato quella degli impianti nucleari, e cresce a una velocità sei volte maggiore.

L'energia colica è, oggi, la fonte alternativa di maggiore successo. La produzione a larga scala e i perfezionamenti tecnici hanno reso le turbine più grandi (generano da 2 a 5 megawatt ciascuna), estremamente affidabili e quasi prive di impatto ambientale. La Danimarca ricava un quinto della sua energia elettrica dall'eolico, la Germania un decimo. Ogni anno Germania e Spagna incrementano di 2000 megawatt ciascuna la produzione di energia colica, e l'Europa mira a ottenere entro il 2010 il 22 per cento della sua elettricità e il 12 per cento della sua energia totale dalle fonti rinnovabili. All'opposto, la capacità di produzione di energia da fonte nucleare rimarrà costante, per poi diminuire. La critica più comune all'energia eolica, produrre elettricità in modo intermittente non è un serio inconveniente. Nelle regioni dove si può produrre energia eolica solo in alcuni periodi, le aziende elettriche hanno superato il problema diversificando il posizionamento delle turbine, integrando le previsioni del vento nei piani di generazione e combinando l'eolico con altre fonti. Solare ed eolico funzionano particolarmente bene insieme, solo in parte perché le condizioni che sono sfavorevoli al secondo (tempo soleggiato e poco ventoso) sono favorevoli al primo e viceversa. Quando sono combinati opportunamente, gli impianti solari e quelli eolici sono più affidabili delle centrali convenzionali, perché sono costituiti da moduli più piccoli, meno esposti a un malfunzionamento simultaneo. Il loro costo non subisce ampie oscillazioni con il prezzo dei combustibili fossili e, infine, è molto più probabile un attacco terroristico a un reattore nucleare o a un terminale di petrolio che a un impianto colico o a energia solare. L'aspetto più importante è che oggi le fonti rìnnovabili possono fornire anche un vantaggio economico. Nel 2003 l'energia eolica prodotta negli Stati Uniti è stata venduta a 2,9 centesimi di dollaro al chilowattora. Il Governo federale finanzia l'eolico con un credito fiscale sulla produzione, ma anche senza questo sussidio il prezzo che sarebbe di circa 4,6 centesimi per chilowattora è ancora più conveniente dell'energia generata da impianti a carbone o nucleari, anch'essi sovvenzionati. L'energia eolica è anche abbondante: nei due Stati del Dakota, per esempio, gli impianti eolici costruiti su una piccola frazione del territorio disponibile potrebbero soddisfare la richiesta energetica degli Stati Uniti con un ricavo efficiente sui costi. Anche se allo stato attuale i pannelli solari hanno un costo per chilowattora maggiore rispetto alle turbine a vento, sarebbero lo stesso vantaggiosi se fossero integrati nelle costruzioni. Sul tetto dei grandi edifici commerciali, i pannelli solari possono essere competitivi anche senza l'aiuto di sovvenzioni, purché siano associati a un uso efficiente, che permetta ai proprietari degli edifici di rivendere il surplus di energia quando è abbondante, vale a dire nelle giornate di sole. L'energia solare è anche il modo più economico per portare elettricità a due miliardi di persone, residenti soprattutto in paesi in via di sviluppo, che non hanno accesso alla rete elettrica. Ma anche nei paesi ricchi un'abitazione efficiente potrebbe ricavare tutta la sua elettricità da pochi metri quadrati di pannelli solari, e l'installazione di una piccola serie di celle solari costa meno che connettersi alla rete elettrica.

Fermare il riscaldamento globale

Miglioramenti semplici ed economici dell'efficienza energetica e fonti rinnovabili competitive possono far invertire l'andamento dei numeri del cambiamento climatico, che aumentano esponenzialmente con l'uso sempre più massiccio dei combustibili fossili. Ma se fossimo ancora più accorti l'efficienza potrebbe superare la crescita economica: tra il 1977 e il 1985, per esempio, il PIL degli Stati Uniti è cresciuto del 27 per cento, mentre il consumo di petrolio è diminuito del 17 per cento. La crescita delle fonti energetiche rinnovabili ha superato continuamente il PIL. In tutto il mondo, l'energia eolica e solare crescono più velocemente dell'economia, quindi le emissioni di carbonio diminuiranno e il riscaldamento globale rallenterà. Il che permetterà di guadagnare tempo per sviluppare tecnologie migliori per sostituire i combustibili fossili, nonché per migliorare e mettere in campo metodi adeguati per il sequestro dei carbonio.

L'energia nucleare è una soluzione più lenta e più costosa. Distribuire un chilowattora generato da una centrale nucleare costa almeno il triplo di quanto costa risparmiare lo stesso chilowattora con misure di efficienza energetica. Una soluzione che, peraltro, è molto più veloce da realizzare, visiti i lunghi tempi necessari alla costruzione di un reattore nucleare. Spostare investimenti pubblici e privati dai mercati vincenti in direzione dei perdenti non solo introdurrebbe delle distorsioni nei mercati stessi e un cattivo investimento dei capitali, ma peggiorerebbe anche il problema climatico, perché si perseguirebbe una soluzione meno efficace.

Fermare il cambiamento climatico è più economico che ignorarlo. Dal momento che risparmiare energia è vantaggioso, il tema dell'efficienza sta guadagnando sempre più l'attenzione dei mercati. Skip Laitner economista della Environmental Protection Agency degli Stati Uniti, ha calcolato che dal 1996 al 2005 le scelte oculate di aziende e privati cittadini, coniugate con il passaggio a un'economia dell'informazione, basata sui servizi, ha ridotto del 2,1 per cento all'anno il consumo medio di energia per dollaro di PIL, un progresso tre volte più veloce di quanto era accaduto nei dieci anni precedenti. Questo cambiamento ha permesso di soddisfare l'incremento del 78 per cento nella domanda di energia verificatosi nello stesso periodo (la quota restante è stata raggiunta con un aumento dell'erogazione di energia), e gli Stati Uniti hanno ottenuto questo miglioramento senza alcun contributo delle nuove tecnologie e senza nuove politiche nazionali.

Il problema del cambiamento climatico è stato generato da milioni di cattive decisioni prese nei decenni passati, ma la stabilità può essere ripristinata grazie a milioni di scelte oculate: acquistare una lampadina o un'auto più efficiente, aggiungere uno strato di isolante termico alle pareti di casa e azzerare gli incentivi allo spreco.

Le politiche degli incentivi

Il ruolo di un governo è quello di dirigere, non di vogare, ma per anni il potere politico ha diretto la nave dell'energia su una rotta sbagliata. L'attuale politica energetica è una minaccia per l'economia e per il clima perché è contraria ai principi del libero mercato. La strada migliore è permettere ai diversi metodi per produrre o risparmiare energia dì competere lealmente, a prezzi onesti, indipendentemente dal tipo di investimento, dalla tecnologia usata e dall'importanza del proprietario.

Invece solo pochi Stati degli USA consentono di decentralizzare fonti di energia dalla rete elettrica come le batterie di pannelli solari costruite sui tetti degli edifici operazione sicura secondo i moderni standard di sicurezza. E ancora, la maggior parte dei 31 Stati che permettono il net metering, cioè la compravendita di energia tra aziende e utenti finali attraverso la rete elettrica, in cui il gestore compra allo stesso prezzo a cui vende, soffocano o distorcono la competizione di quel mercato. Ma l'ostacolo più grande all'efficienza della produzione e dell'uso di elettricità è l'atteggiamento dei governi nei confronti delle aziende elettriche, ricompensate dallo Stato quando vendono più energia e penalizzate quando tagliano le bollette degli utenti. Un atteggiamento diffuso in molti paesi, compresi gli Stati Uniti. Fortunatamente è un problema di facile soluzione: il legislatore dovrebbe adeguare gli incentivi svincolando i profitti dei gestori dalle vendite di energia e lasciando che ottengano un risparmio dal calo dei costi delle bollette.

I veicoli superefficienti ci hanno messo parecchio per uscire da Detroit dove né i bilanci di esercizio né i manager hanno favorito l'innovazione. Inoltre gli Stati Uniti tassano poco i carburanti ma ne sovvenzionano la produzione, rendendoli meno cari dell'acqua minerale. Aumentare le tasse, però, non sarebbe la soluzione ideale. In Europa la pesante tassazione sui carburanti che in molti paesi contribuisce a portare il prezzo della benzina a più di un euro al litro riduce l'uso della macchina più di quanto gli europei rendano efficienti le nuove automobili, perché i costi del carburante sono diluiti dalle altre voci di spesa, e in questo modo sono ammortizzati rapidamente. Gli standard federali adottati negli anni settanta hanno aiutato a incrementare il risparmio nel consumo del carburante delle auto e dei veicoli commerciali leggeri dai 6,8 chilometri con un litro del 1978 si è arrivati ai 9,3 del 1987 ma da allora la media è scesa leggermente, e oggi è di 8,9 chilometri percorsi con un litro di benzina. Il Governo degli Stati Uniti prevede che nei prossimi vent'anni l'industria automobilistica costruirà veicoli più efficienti di quelli del 1987 solo dello 0,5 per cento. Inoltre le case automobilistiche detestano gli standard, vissuti come restrizioni sulle scelte possibili, e sono diventate esperte nell'aggirare la legge vendendo molte vetture omologate come veicoli commerciali leggeri, a cui è permessa una minore efficienza nel consumo di carburante rispetto alle automobili.

La risposta politica più efficace sono le cosiddette feebate imposte sui nuovi modelli di auto inefficienti dal punto di vista energetico, il cui ricavato finanzia gli incentivi per l'acquisto di modelli efficienti. Se lo si facesse per ogni classe di veicoli, i feebate permetterebbero all'acquirente di avere un'ampia possibilità di scelta. Inoltre queste politiche incoraggerebbero l'innovazione, farebbero risparmiare denaro agli acquirenti e aumenterebbero i profitti dei produttori, velocizzando l'adozione di auto, veicoli da trasporto e velivoli dalla tecnologia avanzata senza imposizioni dall'alto, tasse, sussidi o nuove leggi.

Per Europa e Giappone il maggior ostacolo al risparmio di energia è l'errata convinzione che le loro economie siano già al massimo dell'efficienza possibile. Certo, questi paesi hanno un'efficienza doppia rispetto agli Stati Uniti, ma hanno ancora una lunga strada da percorrere. Ma le maggiori opportunità di efficienza energetica si trovano nei paesi in via di sviluppo, in media tre volte meno efficienti degli Stati Uniti. In questi paesi c'è un florido commercio di motori, stabilizzatori di corrente e altri dispositivi terribilmente inefficienti. Il loro settore energetico divora un quarto dei fondi destinati allo sviluppo, distraendo denaro da altri progetti vitali. E i paesi industrializzati sono in parte responsabili di questa situazione, perché molti di essi hanno esportato tecnologia vecchia e inefficiente in quelle realtà. Esportare inefficienza è immorale e antieconomico. Le nazioni ricche, invece, dovrebbero aiutare i paesi in via di sviluppo a costruire un'infrastruttura energeticamente efficiente, per liberare capitali utili ad affrontare problemi ben più importanti. Produrre lampadine e finestre efficienti richiede un millesimo del capitale necessario per costruire impianti di produzione e reti di distribuzione, e l'investimento si ammortizza in un tempo dieci volte più breve.

Cina e India hanno capito che le loro economie in rapida crescita non possono essere competitive se continua lo spreco energetico, a sua volta causa di uno sperpero di denaro, talento e salute pubblica. La Cina si è posta obiettivi ambiziosi, ma realistici per passare dall'energia ricavata dalla combustione del carbone alle energie rinnovabili e al gas naturale. E nel 2004 ha annunciato una strategia energetica mirata a rapidi miglioramenti nell'efficienza dei nuovi edifici, degli impianti industriali e dei prodotti di consumo. La Cina sta anche cercando di controllare la crescita del suo consumo dì petrolio, al punto che nel 2008 la vendita di auto inefficienti come quelle prodotte negli Stati Uniti sarà illegale. E se le case automobilistiche statunitensi non innoveranno la produzione in tempi rapidi, tra dieci anni gli Stati Uniti potrebbero ritrovarsi a importare automobili efficienti... di costruzione cinese.

L'economia globale, sempre più competitiva, sta stimolando nuove strategie d'investimento. Se i governi riusciranno a rimuovere le barriere istituzionali e a sfruttare il dinamismo della libera impresa, i mercati favoriranno le scelte che generano ricchezza, preservano il clima e costruiscono una vera sicurezza, sostituendo i combustibili fossili con fonti alternative e meno costose. Creando prosperità sulla base di un preciso progetto, la convergenza di interessi ambientali, imprenditoriali e sociali manterrà la promessa di un mondo più giusto, più ricco e più sicuro.


 

 

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Ultimo aggiornamento: 25-11-05