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EDILIZIA E URBANISTICA: NOVITA' IN VISTA

Negli ultimi scampoli di legislatura c'è stato il tempo di produrre uno schema di testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia secondo le disposizioni dell'articolo 7 della legge n. 50 del 1999. La materia è molto delicata e, tenuto conto dell'ansia semplificatrice di questi ultimi anni, il rischio di passare da un estremo all'altro è molto alto. L'aspetto che più preoccupa, naturalmente, è il legame stretto e irreversibile che si viene a creare tra un'opera, progetto, sito, impianto o infrastruttura, che deve essere "edificata", e l'ambiente nel quale viene inserito.

Preoccupazioni analoghe sono svolte dall'Associazione Italia Nostra, ed espresse sul proprio sito al quale rimando il lettore (www.italianostra.org), a proposito del più ampio tema dell'urbanistica, non meno coinvolgente, rispetto alle tematiche ambientali: "Che la situazione sia grave, è chiaro a tutti. Il paesaggio e le città italiane sono in crisi da decenni, ma oggi la situazione è sicuramente più pesante per il prevalere della rassegnazione e del disimpegno. Al disincanto ha certamente contribuito la diffusione di provvedimenti che l'associazione ha tenacemente avversato, ma inutilmente: dalle due leggi sul condono alla serie interminabile di norme funzionali all'urbanistica contrattata, tutte approvate nell'ultimo decennio. Accordo di programma, programma di recupero, contratto d'area, contratto di quartiere, patto territoriale, Prusst, eccetera: sono questi i cosiddetti "programmi complessi" (dettagliatamente illustrati in una recente pubblicazione del ministero dei Lavori pubblici), che consentono agevolmente di derogare (talvolta con finanziamento pubblico) alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. Le conseguenze sono disastrose." Vezio De Lucia.

Gli strumenti normativi che sono stati fino ad oggi emanati per poter permettere una consapevole realizzazione di un progetto, consapevole in quanto vi è un interesse dell'ente pubblico a conoscere come verrà mitigato l'impatto dello stesso, sono tutti settoriali, cioè limitano il loro campo di applicazione ad una componente ambientale, senza che ciò possa fornire una visione generale degli effetti a breve o a lungo termine.

La disciplina di valutazione di impatto ambientale che invece vorrebbe essere una svolta rispetto a questo modo di condurre un'indagine preliminare per compartimenti stagni, è ancora lontana da poter garantire i risultati attesi, sia per l'ostruzionismo che da tanti anni ne impedisce l'approvazione come legge quadro, sia per l'opposizione strisciante delle regioni che ne prorogano l'applicabilità (salvo le procedure d'infrazione che la Commissione UE commina loro), sia per i limiti stessi della legge che parte da un elenco positivo di opere e progetti e quindi ne ignora tanti altri o per imperfetta corrispondenza con le definizioni date o per l'inevitabile dinamismo dei cicli e dei processi umani che non conosce sosta nell'invenzione.

Tutto questo non per dire che si debba applicare la VIA a qualsiasi trasformazione del territorio, sarebbe evidentemente uno sproposito, ma per sostenere come un equilibrato sviluppo (sostenibile, come è di moda dichiarare) non possa prescindere da un esame preliminare, di un periodo di riflessione durante il quale si apprezzano le proposte di modifica avanzate, di una decisione alla quale si perviene sulla base dei documenti presentati. Decisione che potrà essere negativa o positiva, a seconda che le interferenze sull'ambiente siano state ben considerate dal progettista così come, si spera, ne siano state individuate le contromisure (naturalmente vi sono anche altri tipi di interferenze, noi ci limitiamo a quelle che motivano la nascita del sito de "I Controlli Ambientali").

Orbene, nonostante queste deficienze strutturali della normativa italiana in materia ambientale, c'è stato comunque modo di sopperire, laddove vi era la volontà di garantire un"governo del territorio", mediante il passaggio irrinunciabile attraverso il quale tutte le opere devono transitare prima di poter essere realizzate, quello della concessione in materia edilizia. Che sia un passaggio cruciale questo della concessione lo si è capito anche dalla scelta che il legislatore ha fatto recentemente con l'istituzione del c.d. "sportello unico", stabilendo il principio per cui tutti i diversi procedimenti che siano connessi con la costruzione fisica di un contenitore destinato a ospitare un insediamento di produzione beni o servizi (nell'accezione più generale che si possa dare), devono rigorosamente integrarsi temporalmente con il primo. L'assenso in materia edilizia è quindi diventato il motore per aggrappare il mare magnum delle materie concorrenti (igiene e sicurezza, antincendio, ambiente, paesaggio, difesa del suolo, beni culturali ecc.) in un'unica fase istruttoria durante la quale si esplicitano tutte le "interferenze" toccate dal progetto in esame. E sebbene l'applicazione pratica di questo principio si scontri con difficoltà e resistenze di ogni tipo e natura, alcune comprensibili, altre molto meno, niente può togliere che si tratti della strada giusta da percorrere.

A questo punto si deve invece assistere ad un ulteriore salto di qualità del motus semplificatorio. Viene rivista tutta la normativa in materia edilizia per un fine condivisibile, quello di produrre un testo unico ( ma dopo tante esperienze negative non sarebbe ora di riconoscere l'inutilità di questo lavoro di cesello? il nostro Parlamento soffre della "malattia dell'insegnante", non può fare a meno di intervenire per correggere e ricorreggere, e così i testi unici durano lo spazio di un mattino), ma, immancabilmente, l'estensore non resiste dal matterci la mani e scombinare le carte. Il testo che ne risulta ( lo trovate pubblicato nella pagine "ultime norme") presenta infatti alcune novità rilevanti, rivoluzionarie si può dire, rispetto a tutto il disciplinare formatosi nel corso degli anni così come lo conosciamo, a partire dalla legge 17 agosto 1942, n. 1150, continuando con la legge 28 gennaio 1977, n. 10, e arrivando allla legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni.

La più invasiva è la seguente: con il nuovo schema di decreto si va a rovesciare l'ordine degli addendi, non più deroghe alla disciplina generale per le opere ritenute minori, ma, al contrario, selezione delle sole opere importanti e, per esclusione, identificazione di quelle minori. L'impressione è che si voglia far diventare regola istituzionale il motto del "lasseiz faire" in osservanza al marketing oratorio del momento (che è quello di togliere "lacci e lacciuoli, sconfiggere la burocrazia, sveltire i processi della pubblica amministrazione ..." ecc.ecc.). Per passare a questa impostazione l'estensore del testo fa uso dell'esperienza di questi ultimi anni, frutto di un intervento legislativo del 1993 ( Legge di conversione n.493 del Decreto Legge n° 398 del 05/10/1993 recante disposizioni per l'accelerazione degli investimenti a sostegno dell'occupazione e per la semplificazione dei procedimenti in materia edilizia) con il quale si introduce la nuova ipotesi di denuncia di inizio di attività, meglio nota con l'acronimo DIA.

Nell'articolato, e precisamente all'art.7, si definiscono quali interventi siano subordinati alla sola denuncia di inizio attività, in luogo della più onerosa concessione o autorizzazione edilizia:

"a) opere di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo; b) opere di eliminazione delle barriere architettoniche in edifici esistenti consistenti in rampe o ascensori esterni, ovvero in manufatti che alterino la sagoma dell'edificio; c) recinzioni, muri di cinta e cancellate; d) aree destinate ad attività sportive senza creazione di volumetria; e) opere interne di singole unità immobiliari che non comportino modifiche della sagoma e dei prospetti e non rechino pregiudizio alla statica dell'immobile e, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A di cui all'articolo 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, non modifichino la destinazione d'uso; f) revisione o installazione di impianti tecnologici al servizio di edifici o di attrezzature esistenti e realizzazione di volumi tecnici che si rendano indispensabili, sulla base di nuove disposizioni; g) varianti a concessioni edilizie già rilasciate che non incidano sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non cambino la destinazione d'uso e la categoria edilizia e non alterino la sagoma e non violino le eventuali prescrizioni contenute nella concessione edilizia; h) parcheggi di pertinenza nel sottosuolo del lotto su cui insiste il fabbricato )." (Art.4, comma 7, L.493/1993).

Come si legge si tratta di un elenco di interventi tutto sommato limitato e scarsamente impattanti sia nell'ambito edilizio che sotto il profilo ambientale o storico-culturale (anche se le prime versioni si spingevano a considerare opere e progetti presentanti maggiori rischi, fortunamente ridimensionate nel corso del dibattito parlamentare) e, in ogni caso, vi sono delle ulteriori condizioni a salvaguardia dei beni meritevoli di tutela. Ma la novità più rilevante è sul modo di procedere. Non è più il caso di attendere il rilascio dell'atto autorizzativo, ma, in ossequio al dettato dell'art.18 della L.241/90, si attesta la conformità ai requisiti e si iniziano i lavori nel silenzio dell'amministrazione:

"11. Nei casi di cui al comma 7, venti giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori l'interessato deve presentare la denuncia di inizio dell'attività, accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato, nonché dagli opportuni elaborati progettuali che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici adottati o approvati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie. Il progettista abilitato deve emettere inoltre un certificato di collaudo finale che attesti la conformità dell'opera al progetto presentato. 12. Il progettista assume la qualità di persona esercente un servizio di pubblica necessità ai sensi degli articoli 359 e 481 del codice penale. In caso di dichiarazioni non veritiere nella relazione di cui al comma 11, l'amministrazione ne dà comunicazione al competente ordine professionale per l'irrogazione delle sanzioni disciplinari. 13. L'esecuzione di opere in assenza della o in difformità dalla denuncia di cui al comma 7 comporta la sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione delle opere stesse e comunque in misura non inferiore a lire un milione. In caso di denuncia di inizio di attività effettuata quando le opere sono già in corso di esecuzione la sanzione si applica nella misura minima. La mancata denuncia di inizio dell'attività non comporta l'applicazione delle sanzioni previste dall'articolo 20 della legge 28 febbraio 1985, n. 47."

A proposito del comma 11 vi è una sola osservazione da fare. Il legislatore ha "dimenticato" tra le conformità da asseverare quella che riguarda il profilo ambientale (inteso come tutela dagli inquinamenti), forse sottovalutandone la necessità o forse ( cosa che non vorremmo che fosse ) ritendola esuberante rispetto alle più pregnanti norme di edilizia e urbanistica, di sicurezza e igienico-sanitarie. Ragione per cui se l'opera necessita di una autorizzazione ambientale, questa deve essere chiesta e ottenuta prima di dare l'inizio di attività, necessariamente in tempi brevi, mai tuttavia nei 20 giorni che prevede la DIA e mai sicuramente attraverso il silenzio-assenso, non applicabile nelle materie ambientali. E' appena il caso di ricordare le pronunce della magistratura che hanno escluso l'applicabilità delle procedure di denuncia inizio attività a proposito di edificazioni di stazioni radio-mobile o tralicci elettrici.

Nel nuovo testo unco sull'edilizia le cose stanno esattamente come abbiamo detto. Sono definite le sole opere maggiori e su quelle la pubblica amministrazione spende le proprie risorse per valutarne la conformità ai requisiti, prima del rilascio di qualsiasi atto, su tutte le altre, si affida al "privato", in qualità di persona esercente un servizio di pubblica necessità ai sensi degli articoli 359 e 481 del codice penale.

L'art.10 del nuovo testo unico dice così:

"1. Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a concessione edilizia: a) gli interventi di nuova costruzione; b) gli interventi di totale demolizione con ricostruzione; c) gli interventi di ristrutturazione urbanistica; d) gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, dei prospetti o delle superfici; e) i mutamenti di destinazione d’uso connessi a interventi di ristrutturazione edilizia, nonché, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, i mutamenti di destinazione d’uso realizzati con opere edilizie."

L'art. 22 continua così:

"1. Sono realizzati mediante denuncia di inizio attività gli interventi non riconducibili all’elenco di cui all’articolo 10."

Rispetto alla versione comparsa sulla L.493 si ampliano i tempi della verifica, dai 20 giorni di cui al comma 11 dell'art.7, ai nuovi 60 giorni indicati all'art.23, nuovo testo:

"Ai sensi dell’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, l’amministrazione competente, entro e non oltre sessanta giorni dalla denuncia, verifica d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti e dispone, se del caso, con provvedimento motivato, da notificare all'interessato entro il medesimo termine, il divieto di prosecuzione dell'attività e la rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine prefissatogli dall'amministrazione stessa."

La modifica non è di poco conto, tuttavia non cambia l'ordine dei fattori, l'inizio attività è assentito nel silezio della P.A. sempre a 20 giorni dalla presentazione.Teniamo conto che con questa importante revisione della normativa procedurale non si andrà a decidere in un tempo così irrisorio di sole opere di manutenzione, ma di trasformazioni del territorio oltre che irreversibili anche pericolosamente impattanti, pensiamo all'interramento di impianti, all'installazione di tralicci, a tutte le fattispecie che prima erano sottoposte alla autorizzazione edilizia. Per il resto la materia ambientale continua ad essere ignorata, così come continua a essere ignota al legislatore una delle novità istituzionali più importanti degli ultimi anni, la nascita delle agenzie di protezione ambientale. Si dice questo in relazione al fatto che, anche ai fini del rilascio della concessione o del certificato di agibilità, lo sportello unico acquisisce direttamente: a) il parere dell’ASL nel caso in cui non possa essere sostituito da una autocertificazione ai sensi dell’articolo 20, comma 1; b) il parere dei vigili del fuoco, ove necessario, in ordine al rispetto della normativa antincendio. C'è evidentemente in chi fa la leggi un'atteggiamento di vero fastidio nei confronti della prevenzione ambientale, in particolare quando si tratta di tutelare le risorse non rinnovabili.

In conclusione confidiamo nel fatto che questo testo sia rivisto per evitare di togliere alla pubblica amministrazione l'unico strumento veramente efficace ( sempre che lo si voglia applicare ) per prevenire i danni invece che curarli. Di seguito si fornisce il resoconto stenografico delle due sedute della Commissione Ambiente della Camera durante le quali è stato esaminato e approvato il testo, subordinandolo a determinate modifiche.

La Commissione inizia l'esame dello schema di testo unico.

Sauro TURRONI, presidente e relatore, rileva che lo schema di testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia è stato predisposto dal Governo in attuazione dell'articolo 7 della legge n. 50 del 1999, così come modificato dall'articolo 1 della legge n. 340 del 2000. L'insieme dei contenuti dello schema di testo unico è stato accorpato in due grandi partizioni, di dimensioni sostanzialmente equivalenti, relative, per un verso, alla normativa sui titoli abilitativi all'attività edilizia e all'insieme delle disposizioni sull'abitabilità e agibilità degli edifici, e, per altro verso, alla normativa tecnica dell'attività edilizia, concernente in particolare le opere in cemento armato, le barriere architettoniche, le costruzioni in zone sismiche, la sicurezza degli impianti e il contenimento dei consumi energetici.

Osserva inoltre che, in considerazione della natura mista del testo unico ai sensi del citato articolo 7 della legge n. 50 del 1999, sono stati trasmessi tre distinti schemi di atti normativi, contenenti rispettivamente le sole disposizioni di rango primario, le sole disposizioni di rango secondario, e il vero e proprio testo unico, che accorpa entrambe le tipologie di disposizioni. Lo schema di testo unico si limita, in prevalenza, ad operare un coordinamento di carattere formale, raccogliendo in forma omogenea disposizioni derivate da differenti testi normativi. Tuttavia, in alcuni casi, il riordino delle norme legislative e regolamentari sembra comportare una vera e propria innovazione del contenuto normativo, anche in relazione ad aspetti sostanziali e non solo procedurali, delle discipline nelle quali si realizza il suddetto riordino.

Fra le principali novità introdotte dal testo unico, particolare rilievo ai fini dell'impatto sui destinatari delle norme sembrano avere la creazione dello sportello unico per l'edilizia e l'abolizione della obbligatorietà delle commissioni edilizie. In questo ambito, peraltro, l'aspetto più innovativo riguarda la riduzione dei titoli abilitativi all'attività edilizia alla sola concessione edilizia e alla denuncia di inizio attività, con conseguente eliminazione dell'istituto dell'autorizzazione.

Tali disposizioni sollevano forti perplessità, anche in ragione del fatto che l'eliminazione del provvedimento abilitativo di autorizzazione non sembrerebbe rientrare nell'ambito di un mero coordinamento formale né appare necessario ai fini di coerenza logica e sistematica e, dunque, non è compreso tra i principi in base ai quali l'articolo 7 della legge n. 50 del 1999 ammette interventi normativi innovativi. Peraltro, osserva che la soppressione dell'autorizzazione comporta anche la contestuale eliminazione delle relative norme sanzionatorie.

Osserva altresì che, dal punto di vista della tecnica normativa, il Governo ha ritenuto più opportuno inserire nel testo unico le disposizioni recanti la normativa tecnica in materia edilizia (parte II), ma di non disporne la contestuale abrogazione, come invece prescritto dall'articolo 7, comma 2, della legge n. 50 del 1999. Al riguardo, andrebbe pertanto valutato se gli obiettivi di chiarezza e coerenza del testo, relativamente alla parte II, non siano più opportunamente conseguibili ricorrendo all'alternativa del semplice rinvio alle leggi in questione, che probabilmente consentirebbe di ovviare al problema della coesistenza di due serie di disposizioni, di eguale contenuto testuale, riportate in due testi normativi differenti.

Rileva quindi che, dal punto di vista sostanziale, non appare convincente neanche la tecnica seguita nello schema di testo unico in materia di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, ritenendo preferibile la tecnica seguita dal legislatore successivamente all'entrata in vigore della legge n. 10 del 1977, che consiste nel definire piuttosto quali interventi siano da ritenere non comportanti trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, in quanto non suscettibili di modificare l'assetto del territorio ed il carico urbanistico, e quindi non soggetti a concessione, bensì ad altro provvedimento abilitativo. In relazione alla normativa sulla denuncia di inizio attività edilizia, osserva quindi che nello schema di testo unico, all'articolo 22, comma 2, non appare una delle due condizioni che, in base alla legislazione vigente, debbono sussistere perché sia data facoltà di ricorrere alla denuncia di inizio dell'attività.

Sottolinea inoltre che, nel sistema complessivo configurato dallo schema di testo unico, appare sensibilmente affievolita la normativa di carattere sanzionatorio in relazione ai casi di violazione della legislazione edilizia. In particolare, destano perplessità l'articolo 22, comma 4, e l'articolo 36, che rispettivamente determinano la non applicazione di sanzioni penali e una sostanziale disapplicazione della sanzione ripristinatoria, in caso di interventi difformi dalla disciplina normativa vigente. Nel soffermarsi sul contenuto degli articoli 7 e 20, osserva che, in base alle nuove disposizioni previste, emerge un sistema di procedure che comporta che le opere pubbliche dei comuni e le opere poste in essere dai privati cittadini non saranno più realmente sottoposte ad alcuna forma di verifica pubblica.

Tale situazione crea notevoli preoccupazioni, anche in ragione del fatto che, come specificato in precedenza, si procede alla soppressione delle norme che prevedono l'obbligatoria istituzione delle commissioni edilizie e il relativo parere in materia di concessioni. In relazione all'articolo 35, che disciplina il rilascio della concessione in sanatoria, rileva inoltre l'assoluta opportunità di chiarire che l'intervento edilizio deve essere conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente in entrambi i momenti della realizzazione dell'intervento e della presentazione della domanda di concessione in sanatoria.

Osserva infine che l'attuale formulazione dell'articolo 10, che definisce quali siano gli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, rischia di avere un campo di applicazione limitato rispetto alla legislazione vigente, non essendo peraltro specificato se, tra gli interventi subordinati a concessione edilizia, rientrino anche gli interventi relativi agli impianti, alle antenne, ai tralicci e simili, e non soltanto gli interventi sugli edifici. Una ulteriore osservazione riguarda i casi di mancato coordinamento tra le disposizioni presenti nel testo. In particolare, l'articolo 14, comma 2, e l'articolo 21, comma 2, recano la stessa disposizione. Gli articoli 99 e 102, in tema di repressione delle violazioni e di esecuzione d'ufficio, attribuiscono la competenza agli uffici regionali, ma, per i conseguenti adempimenti, prevedono un'iscrizione annuale di spesa nello stato di previsione del Ministero dei lavori pubblici. Data la complessità della materia, si riserva pertanto di presentare una proposta di parere e rinvia ad altra seduta il seguito dell'esame.

La VIII Commissione,

esaminato lo schema di testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, predisposto ai sensi del testo vigente dell'articolo 7 della legge n. 50 del 1999;
considerato favorevolmente che l'insieme dei contenuti dello schema di testo unico sia stato accorpato in due grandi partizioni, relative, per un verso, alla normativa sui titoli abilitativi all'attività edilizia e all'insieme delle disposizioni sull'abitabilità e agibilità degli edifici, e, per altro verso, alla normativa tecnica dell'attività edilizia, concernente in particolare le opere in cemento armato, le barriere architettoniche, le costruzioni in zone sismiche, la sicurezza degli impianti e il contenimento dei consumi energetici;
rilevato che il riordino delle norme legislative e regolamentari realizzato dallo schema di testo unico, pur limitandosi, in prevalenza, ad operare un coordinamento di carattere formale, tuttavia, in alcuni casi, sembra comportare una vera e propria innovazione del contenuto normativo, anche in relazione ad aspetti sostanziali e non solo procedurali, delle discipline nelle quali si realizza il suddetto riordino (in parziale difformità rispetto ai principi e criteri stabiliti dal testo vigente dell'articolo 7 della legge n. 50 del 1999);
osservato che, dal punto di vista della tecnica normativa, si è ritenuto più opportuno inserire nel testo unico le disposizioni recanti la normativa tecnica in materia edilizia (parte II), senza però disporne la contestuale abrogazione, come invece prescritto dal testo vigente dell'articolo 7, comma 2, della legge n. 50 del 1999;
considerato che, dal punto di vista sostanziale, la tecnica seguita nello schema di testo unico in materia di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio rovescia l'impostazione seguita dal legislatore a partire dalla legge n. 10 del 1977;
esprime:

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:

1) sia riconsiderata la proposta di riduzione dei titoli abilitativi all'attività edilizia alla sola concessione edilizia e alla denuncia di inizio attività, con conseguente eliminazione dell'istituto dell'autorizzazione, anche in ragione del fatto che l'eliminazione del provvedimento abilitativo di autorizzazione non rientra nell'ambito di un mero coordinamento formale né appare necessario ai fini di coerenza logica e sistematica e, dunque, non è compreso tra i principi in base ai quali l'articolo 7 della legge n. 50 del 1999 ammette interventi normativi innovativi. A tal fine, andrebbe peraltro considerato che la soppressione dell'autorizzazione comporterebbe anche la contestuale eliminazione delle relative norme sanzionatorie;
2) sia approfondita, sotto il profilo della tecnica normativa, la natura della parte II del testo unico (normativa tecnica in materia edilizia), valutando se gli obiettivi di chiarezza e coerenza del testo, r
elativamente a tale parte II, non siano più opportunamente conseguibili ricorrendo all'alternativa del semplice rinvio alle leggi di riferimento, che probabilmente consentirebbe di ovviare al problema della coesistenza di due serie di disposizioni, di eguale contenuto testuale, riportate in due testi normativi differenti, con un effetto di «gemmazione» dei testi normativi vigenti già censurato, con successo, dal Consiglio di Stato e dalle Commissioni parlamentari relativamente all'ordinamento del personale degli enti locali;
3) sia rivista la formulazione dell'articolo 10, che, nel definire quali siano gli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, rischia di avere un campo di applicazione limitato rispetto alla legislazione vigente. Al riguardo, appare opportuno utilizzare, in materia di interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia, la tecnica seguita dal legislatore successivamente all'entrata in vigore della legge n. 10 del 1977, che consiste nel definire piuttosto quali interventi siano da ritenere non comportanti trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, in quanto non suscettibili di modificare l'assetto del territorio ed il carico urbanistico, e quindi non soggetti a concessione, bensì ad altro provvedimento abilitativo;
4) al medesimo articolo 10, appare peraltro necessario specificare che, tra gli interventi subordinati a concessione edilizia, rientrano anche gli interventi relativi agli impianti, alle antenne, ai tralicci e simili, e non soltanto gli interventi sugli edifici;
5) in relazione alla normativa sulla denuncia di inizio attività edilizia, all'articolo 22, comma 2, sia reinserita nel testo la previsione di una delle due condizioni che, in base alla legislazione vigente, debbono sussistere perché sia data facoltà di ricorrere alla denuncia di inizio dell'attività, avendo particolare riguardo agli immobili oggetto di tutela dal punto di vista storico e culturale, ai sensi della legge n. 1089 del 1939;
6) siano riconsiderati l'articolo 22, comma 4, e l'articolo 36, che rispettivamente determinano la non applicazione di sanzioni penali e una sostanziale disapplicazione della sanzione ripristinatoria, in caso di interventi difformi dalla disciplina normativa vigente;
7) agli articoli 7 e 20, siano chiarite le ragioni che stanno alla base delle nuove disposizioni previste, dalle quali emerge un sistema di procedure che comporta che le opere pubbliche dei comuni e le opere poste in essere dai privati cittadini non possano più realmente essere sottoposte ad alcuna forma di verifica pubblica;
8) in relazione all'articolo 35, che disciplina il rilascio della concessione in sanatoria, appare opportuno chiarire che l'intervento edilizio deve essere conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente in entrambi i momenti della realizzazione dell'intervento e della presentazione della domanda di concessione in sanatoria;
e con le seguenti osservazioni:
a) andrebbe garantito il coordinamento tra il contenuto dell'articolo 14, comma 2, e dell'articolo 21, comma 2, che recano la stessa disposizione;
b) agli articoli 99 e 102, in tema di repressione delle violazioni e di esecuzione d'ufficio, andrebbe chiarita la ragione per cui si attribuisce, per un verso, la competenza agli uffici regionali, ma, per i conseguenti adempimenti, si prevede un'iscrizione annuale di spesa nello stato di previsione del Ministero dei lavori pubblici;
c) all'articolo 139, la lettera m) del comma 2 potrebbe più opportunamente essere inserita in un comma autonomo, trattandosi altrimenti dell'unica disposizione di rango regolamentare contenuta in un comma avente rango legislativo.

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