leggi
e sentenze
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22
settembre 2003
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Ma andiamo per gradi ed esaminiamo gli elementi più interessanti
del testo magari evidenziando qualche crepa nell’edificio della legge. Poiché
l’argomento è già stato trattato in un intervento del mese di marzo del
corrente anno “i
veicoli a fine vita sono rifiuti pericolosi” al quale link vi
rimandiamo per una eventuale ri-lettura, sorge
una curiosità riguardante l’impegno dell’attuale Ministro dell’Ambiente
Altero Matteoli ad affrontare e risolvere uno dei problemi evidenziatosi
nel corso delle audizioni parlamentari riguardanti lo schema di recepimento della direttiva 53/00, il problema riguardante
i veicoli NC “non circolanti”.
Così
sosteneva il Presidente dell’ACI Franco Lucchesi:
"Un
altro elemento che abbiamo riscontrato e che non vogliamo includere tra
quelli patologici, anche se si colloca al limite della patologia,
è rappresentato dai cosiddetti interventi classificati
"NC", cioè "non circolanti". Come sapete, il codice
della strada, in attuazione del decreto Ronchi che ha anticipato per certi
aspetti le norme della direttiva, prevede l'obbligo di non procedere direttamente
da parte del singolo utente alla rottamazione dei veicoli, trasferendoli
agli operatori del settore. Tuttavia, il singolo automobilista può recarsi
al pubblico registro automobilistico e chiedere di procedere alla cancellazione
del proprio veicolo, in modo da determinare l'impossibilità per lo stesso
di circolare sul suolo pubblico, riservando la circolazione al suolo privato.
Questo fenomeno, che è stato inizialmente giudicato marginale e destinato
a facilitare alcune situazioni legate all'uso delle vetture in aree circoncluse
(centri sportivi, campi agricoli, campi da golf, eccetera), ha un'incidenza
nel nostro paese che varia dal 14 al 19 per cento dell'intero mercato delle
rottamazioni." Nel 2001 le cancellazioni
al PRA sono state 1.946.000, di cui 1.525.000 per demolizione.
In effetti l'art. 46 del D.lvo
22/97 prevede che il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio
il quale intenda procedere alla demolizione dello stesso deve consegnarlo
ad un centro di raccolta per la messa in sicurezza, la demolizione, il recupero
dei materiali e la rottamazione, autorizzato ai sensi degli articoli 27
e 28 del decreto. Come ben si capisce la formulazione
del testo rimanda alla vexata
quaestio della nozione di rifiuto. Se il proprietario dell'auto non
intende procedere alla demolizione e quindi non intende disfarsi
del veicolo allora quel veicolo non sarà un rifiuto, anche se, con la cancellazione
al PRA, perderà la qualifica di "bene mobile registrato" e come
tale sarà paragonabile ad una lavatrice, un televisore o altro bene inutilizzato
che tuttavia rimane nella disponibilità del privato il quale non ne dà conto
a nessuno.
Ora,
poichè questa facoltà è stata subito sfruttata
a piene mani da una moltitudine di possessori d’auto, abbiamo quasi 500.000
parcheggiati “temporaneamente”, per quanto tempo non si sa, negli orti e
nei giardini dei legittimi proprietari, salvo che non siano già entrati
a far parte di quel numero altrettanto elevato di veicoli abbandonati sulle
pubbliche vie, ai quali il Comune deve far fronte d’ufficio ricaricandosi
di oneri non suoi perché vengano avviati alla rottamazione.
Spero che si convenga che, oltre a costituire un danno considerevole per
le casse dei Comuni, l’assenza di provvedimenti per contrastare il fenomeno
comporta di fatto una inapplicabilità della direttiva,
potendosi sottrarre così tanti autoveicoli stargati
alla bonifica dei componenti pericolosi e al recupero di quelli riutilizzabili.
Il
Ministro si era impegnato a rivedere l’art.46,
ma, duole dirlo, questo non è avvenuto. L’unico tentativo, peraltro
malriuscito, di porre alcuni limiti alla proliferazione di questo fenomeno
si rinviene al comma 2 dell’art.3,
dove si prevede la classificazione di veicolo fuori uso:
a) con la consegna ad un centro di
raccolta, effettuata dal detentore direttamente o tramite soggetto
autorizzato al trasporto di veicoli fuori uso o tramite il concessionario
o il gestore dell'automercato o della succursale della casa costruttrice che
ritira un veicolo destinato alla demolizione nel rispetto delle disposizioni
del presente decreto. È, comunque, considerato
rifiuto e sottoposto al relativo regime, anche prima della consegna
al centro di raccolta, il veicolo che sia stato ufficialmente privato
delle targhe di immatricolazione, salvo il caso di esclusivo utilizzo
in aree private di un veicolo per il quale è stata effettuata la cancellazione
dal Pra a cura del proprietario; b) nei casi previsti dalla vigente
disciplina in materia di veicoli a motore rinvenuti da organi pubblici
e non reclamati; c) a seguito di specifico provvedimento dell'autorità amministrativa
o giudiziaria; d) in ogni altro caso in cui il veicolo, ancorché giacente
in area privata, risulta in evidente stato di abbandono. |
L’art.5 della Direttiva CEE 53/00 stabiliva che “Gli Stati membri adottano
inoltre i provvedimenti necessari affinché tutti i veicoli fuori uso siano
consegnati ad impianti di trattamento autorizzati.” La previsione di questa deroga a favore dell’esclusivo
utilizzo in aree private può provocare l’apertura di una procedura d’infrazione
a carico del nostro Paese.
Per
quanto riguarda l’indicazione sull’”evidente stato di
abbandono” di un veicolo giacente in area privata come elemento dirimente
per la classificazione di veicolo fuori uso può servire si’,
ma solo in occasione di segnalazioni. Non può certo essere utilizzato come
strumento di dissuasione considerato che, perché
abbia effetto, avrebbe necessità di essere applicato ad un tale numero di
domiciliazioni da richiedere un esercito di ispettori. Questa
prassi è sfuggita ad ogni controllo e i rimedi individuati non sono altro
che paliativi.
Altro
difetto del decreto è il non aver rispettato il comma 1 dell’art.10 della direttiva: “Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative,
regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente
direttiva entro il 21 aprile 2002.” Come vedremo
le disposizioni regolamentari e amministrative oltre a non essere state
attuate entro tale data, non verranno attuate ancora
per parecchi mesi con riferimento agli autodemolitori
esistenti al momento di entrata in vigore della legge, cioè il 23 agosto
2003.
Vediamo
ora i contenuti più interessanti del decreto, tra quelli innovativi o integrativi
rispetto al testo della direttiva.
Intanto
tra le definizioni descritte all’art.3 ne troviamo
alcune di matrice italiana. La figura del detentore:
-c) "detentore" il proprietario del veicolo o colui che lo detiene a qualsiasi titolo |
è stata
introdotta ex-novo così come quella del produttore:
-d)
"produttore", il costruttore o l'allestitore, intesi come
detentori dell'omologazione del veicolo, o l'importatore professionale
del veicolo stesso. |
che è modificata
rispetto alla versione originale avendo inserito anche la figura dell’”allestitore”,
se detentore dell’omologazione del veicolo.
Nondimeno
importanti sono altre definizioni tratte dalle attività ricomprese
in quella generale di trattamento:
f)
"trattamento", le attività di messa in sicurezza, di demolizione,
di pressatura, di tranciatura, di frantumazione, di recupero o di
preparazione per lo smaltimento dei rifiuti frantumati, nonché tutte le altre operazioni eseguite ai fini del recupero
o dello smaltimento del veicolo fuori uso e dei suoi componenti effettuate,
dopo la consegna dello stesso veicolo, presso un impianto di cui alla
lettera n). |
Nel
testo del decreto sono state infatti inserite o
integrate le seguenti ulteriori definizioni:
g)
"messa in sicurezza", le operazioni di cui all'allegato
I, punto 5; h) "demolizione", le operazioni di cui all'allegato
I, punto 6; i) "pressatura", le operazioni di adeguamento volumetrico del veicolo già sottoposto alle
operazioni di messa in sicurezza
e di demolizione; l) "tranciatura", le operazioni di cesoiatura; m) "frantumatore",
un dispositivo impiegato per ridurre in pezzi e in frammenti il veicolo
già sottoposto alle operazioni di messa in sicurezza e di demolizione, allo scopo
di ottenere residui di metallo riciclabili; n) "frantumazione", le operazioni per la riduzione
in pezzi o in frammenti, tramite frantumatore,
del veicolo già sottoposto alle operazioni di messa in sicurezza e
di demolizione, allo scopo di ottenere residui di metallo riciclabili,
separandoli dalle parti non metalliche destinate al recupero, anche
energetico, o allo smaltimento; o) "impianto di trattamento",
impianto autorizzato ai sensi degli articoli 27, 28 o 33 del decreto
legislativo n. 22 del 1997 presso il quale sono effettuate tutte o
alcune delle attività di trattamento di cui alla lettera f). |
Soprattutto
si comprende come questo ulteriore dettaglio serva
a descrivere una filiera dell’autodemolizione
che può essere costituita da centri dedicati solo ad alcune delle attività
di trattamento. Possiamo cioè avere un centro in
cui si svolge la sola messa in sicurezza, a seguire uno in cui si effettuano
demolizione e pressatura, un terzo ove si effettuano tranciatura e frantumazione.
Uno
dei punti più critici è il ritiro gratuito del veicolo da demolire
da parte del centro di raccolta. Nella legge, come
nella direttiva, è stato affrontato e risolto spostando gli oneri della
demolizione a carico del produttore. Questo, secondo il DLvo
n° 209 (art.5, comma
3), se non organizza una rete di centri di raccolta opportunamente distribuiti
sul territorio, dove si effettua il ritiro gratuito, sostiene i costi del
ritiro che dovranno essere determinati da un decreto da emanarsi entro il
1° gennaio 2006. Anche qui c’è qualche contraddizione con la direttiva:
questa prevede che il ritiro gratuito avvenga a partire dal 1 luglio del
2002 per i veicoli nuovi immessi da questa data, mentre ne rimanda la gratuità
al 1° gennaio 2007 per quelli immessi precedentemente.
Come
detto in apertura il decreto contiene anche le norme tecniche per la progettazione
e l’esercizio del centro. L’articolo 6 rimanda all’allegato I, nonchè al rispetto di obblighi
quali:
a)
effettuare al più presto le operazioni per
la messa in sicurezza del veicolo fuori uso di cui all'allegato I,
punto 5; b) effettuare le operazioni per
la messa in sicurezza, di cui al citato allegato I, punto 5, prima
di procedere allo smontaggio dei componenti del veicolo fuori uso
o ad altre equivalenti operazioni volte a ridurre gli eventuali effetti
nocivi sull'ambiente; c) rimuovere preventivamente, nell'esercizio delle operazioni
di demolizione, i componenti ed i materiali
etichettati o resi in altro modo identificabili, secondo quanto disposto
in sede comunitaria; d) rimuovere e separare i materiali e i componenti
pericolosi in modo da non contaminare i successivi rifiuti frantumati
provenienti dal veicolo fuori uso; e) eseguire le operazioni di smontaggio e di deposito dei
componenti in modo da non comprometterne la possibilità di
reimpiego, di riciclaggio e di recupero. |
Allegato I
L’allegato
I è il vero cuore del decreto, dove si fissano i requisiti che i centri
dovranno avere. L’allegato si articola in 8 punti, tra i quali sottolineiamo i seguenti.
E’ uno degli argomenti più ostici, quello sul quale si è più dibattuta la
giurisprudenza. Il problema è antico e riguarda l’insediamento di queste
attività di raccolta e demolizione veicoli nelle aree marginali, agricole
o demaniali, spesso in difformità urbanistica, per quelle realtà dove i
piani regolatore hanno visto la luce, o del tutto abusive,
salvo condono.
Il decreto individua tre destinazioni conformi: 1) le aree industriali dimesse, 2)
le aree per servizi e impianti tecnologici, 3) le aree per insediamenti
industriali ed artigianali. Le Regioni devono favorire le delocalizzazioni
dei centri situati in aree non idonee attraverso strumenti di
agevolazione. Tuttavia questa indicazione
non è perentoria, se infatti si guarda nelle disposizioni transitorie
dettate all’art.15, “qualora emerga che non risultano
rispettati i soli requisiti relativi alla localizzazione dell'impianto
la Regione autorizza la prosecuzione dell'attività, stabilendo le prescrizioni
necessarie ad assicurare la tutela della salute e dell'ambiente, ovvero
prescrive la rilocalizzazione dello stesso impianto
in tempi definiti.” Pare di capire che possa essere tollerata
una difformità urbanistica, a condizione che sia l’unica difformità presente,
senza quindi rendersi indispensabile una ricollocazione
del centro. Si tratta effettivamente di una notevole semplificazione,
che potrebbe rendere finalmente autorizzabili tanti impianti oggi in situazioni
critiche o “provvisorie”.
Organizzazione
del centro di raccolta
E’ in questo paragrafo che si danno le dritte per il problema delle impermeabilità
delle aree, uno dei requisiti spesso oggetto di frequenti discussioni. Il
decreto lo risolve stabilendo la suddivisione dell’insediamento in tanti
settori logisticamente individuati secondo il
criterio organizzativo:
a)
settore di conferimento e di stoccaggio del veicolo fuori uso prima
del trattamento; b) settore di trattamento del veicolo fuori uso; c) settore di deposito delle parti di
ricambio; d) settore di rottamazione per eventuali operazioni di riduzione
volumetrica; e) settore di stoccaggio dei rifiuti
pericolosi; f) settore di stoccaggio dei rifiuti recuperabili; g) settore di deposito dei veicoli trattati. |
Tutti
questi settori devono essere impermeabilizzati. Non solo, le superfici devono essere
trattate per resistere all’aggressività dei liquidi pericolosi, si suppone
acidi e basi forti. In più è richiesta la copertura
dei settori b), c) ed e). Tutti i settori, ma a maggior ragione quelli esposti
agli agenti atmosferici, dovranno essere serviti da una rete fognaria per
la raccolta delle acque meteoriche di dilavamento il cui scarico, prima
del recapito in acque superficiali, dovrà essere sottoposto a decantazione
e disoleatura. E’ questo il primo esempio di regolamentazione
delle acque meteoriche di dilavamento che il D.Lvo
152/99 aveva previsto essere affidata alla potestà legislativa delle regioni,
purtroppo, ad oggi, con successo nullo, se si eccettua la regione Puglia.
Requisiti
del centro di raccolta e dell'impianto di trattamento.
Anche il punto 2.1. dell’allegato richiama la necessità
di superfici impermeabilizzate e di “sistemi di convogliamento delle acque
meteoriche dotati di pozzetti per il drenaggio, vasche di raccolta e di
decantazione, muniti di separatori per oli, adeguatamente dimensionati”.
Da
sottolineare l’esigenza di un “deposito per le sostanze da
utilizzare per l'assorbimento dei liquidi in caso di sversamenti
accidentali e per la neutralizzazione di soluzioni acide fuoriuscite dagli
accumulatori”.
Sia i pezzi
di ricambio, che gli accumulatori usati, che i liquidi e i fluidi derivanti
dal veicolo fuori uso devono essere “adeguatamente” stoccati. E’ sempre
meglio nelle norme tecniche non lasciare all’interprete il compito di definire
quali siano le soluzioni “adeguate e quali no.
Per i pezzi smontati, soprattutto se sporchi d’olio, il sistema migliore
è quello di ricoverarli al coperto o all’interno di contenitori copribili.
Di
notevole importanza è la prescrizione di tenere separati i vari liquidi
e i vari fluidi, identificati con precisione nell’elenco, allo scopo di
permetterne un recupero più semplice
oltre che più garantito da contaminazioni incrociate. Sarà conseguente richiedere
che i diversi contenitori abbiano stampigliate
le denominazioni delle sostanze contenute, in modo da evitare errori.
Discutibile invece il requisito 2.3. “Al fine di minimizzare l'impatto visivo dell'impianto
e la rumorosità verso l'esterno, il centro di raccolta è dotato di adeguata barriera esterna di protezione ambientale, realizzata
con siepi o alberature o schermi mobili.” Siepi o alberature non hanno nessuna
efficacia sul contenimento delle emissioni sonore, eventuali disturbi
provocati da lavorazioni rumorose svolte all’esterno possono essere ridimensionati
solo con una accurata progettazione acustica basata sull’utilizzo di pannelli
fonoisolanti o la realizzazione di barriere in
terra in funzione schermante.
Per quanto riguarda i criteri di stoccaggio
questi ricalcano in gran parte quelli previsti per rifiuti pericolosi e
non pericolosi nei decreti applicativi del D.Lvo
22/97 e nella “vecchia” Delibera Interministeriale 27 luglio1984. Alcuni
piccoli scostamenti migliorativi riguardano il volume residuo di sicurezza
pari al 10% che deve essere mantenuto nei serbatoi fissi e l’indicatore
di livello che ve essere installato. Una precisazione importante riguarda
lo stoccaggio in cumuli che deve avvenire “su basamenti impermeabili resistenti all’attacco chimico dei
rifiuti, che permettono la separazione dei rifiuti dal suolo sottostante”.
D’obbligo anche la bonifica dei contenitori che non sono sempre destinati
a raccogliere la stessa tipologia di rifiuti, da effettuare
su area appositamente allestita o fuori sito, presso centri autorizzati.
Sulle
operazioni per la messa in sicurezza dei veicoli
fuori uso la
precisione è “certosina”, non si lascia niente al caso. Il testo è immediato,
non abbisogna di ulteriori delucidazioni. Da sottolineare che occorre rimuovere e stoccare in sicurezza
eventuali condensatori contenenti PCB’s, il che
richiede di conoscere quali siano i veicoli o i mezzi speciali nei quali
questi siano presenti, e tutti i componenti contenenti mercurio, come per
es.lampade a luminescenza e visualizzatori
del quadro strumenti.
Anche
nei criteri di gestione vi sono prescrizioni
importanti come quelle relative all’accastamento dei veicoli da trattare, non più di tre veicoli
sovrapposti, o già bonificati, non più di cinque metri in altezza.
Questi
in sintesi gli aspetti più rilevanti inseriti nelle norme tecniche.
Ma per gli
impianti in esercizio quanto tempo si potrà disporre prima di dover ristrutturare
il centro secondo le prescrizioni dell’allegato I? Posto che si tratterà
di stabilire se i centri che operavano prima del 23 agosto 2003 sono esistenti
“di fatto” o solo “di diritto”, cioè quando autorizzati
ai sensi degli artt. 27 e 28 del D.Lvo 22/97 (è possibile che non si riesca mai a scrivere
un testo di legge che chiarisca il punto una volta per
tutte?) vi sono 6 mesi di tempo (23 febbraio 2004) per presentare
una nuova domanda corredata dal progetto di adeguamento e fino a 18 mesi
di tempo, una volta ottenuta l’autorizzazione (il che dovrebbe avvenire
entro 90 gg dalla presentazione della domanda, ma si sa che spesso
le interruzioni dei termini per integrazioni documentali incrementano i
ritardi nella conclusione del procedimento), per mettere in pratica le disposizioni
del decreto.
Sorge
il dubbio su quali siano le disposizioni alle quali
adeguarsi entro la data finale, che peraltro potrebbe anche essere anticipata,
nulla vieta che siano prescritti termini inferiori ai 18 mesi. In effetti il comma 4 dell’art.15,
lo stesso che stabilisce i termini dell’adeguamento, prevede che la Provincia,
ente al quale sono affidati i controlli, entro sei mesi dalla data di
entrata in vigore del decreto, “proceda all'ispezione degli impianti
in esercizio alla stessa data che effettuano l'attività di recupero di rifiuti
derivanti da veicoli fuori uso di cui all'articolo 6, comma 5, al fine di
verificare il rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di esercizio
previste dal decreto e, se necessario, stabilisce le modalità ed i tempi
per conformarsi a dette prescrizioni, consentendo, nelle more dell'adeguamento,
la prosecuzione dell'attività. In caso di mancato adeguamento nei modi e
nei termini stabiliti, l'attività è interrotta.”
Ora
qui, in effetti, la legge non è molto chiara. Se i termini di
adeguamento sono fissati una volta approvato il progetto e rilasciata
l’autorizzazione e questo può avvenire solo dopo i 6 + 3 mesi richiesti
per la presentazione della domanda e la conclusione del procedimento, come
può controllare la Provincia entro i primi 6 mesi se siano state ottemperate
le norme tecniche e le condizioni di esercizio dettate dal decreto
stesso? Allora queste si applicano indipendentemente dal progetto di
adeguamento? Non sarà che l’adeguamento
riguardi solo i requisiti strutturali, le opere fisse (per es. le impermeabilizzazioni),
mentre le disposizioni di carattere amministrativo e
tecnico-gestionali vanno a regime subito? Solo in questo modo possiamo
spiegare l’intervento della Provincia nel prescrivere altre modalità
e tempi per conformarsi alle prescrizioni, nelle more dell'adeguamento.
Per
quanto riguarda sempre il capitolo dei controlli, hanno una notevole rilevanza
le disposizioni riguardanti l’ammissione alle procedure
semplificate, ai sensi ai sensi degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo
n. 22 del 1997, subordinata “a preventiva ispezione da parte della
Provincia competente per territorio, da effettuarsi entro sessanta giorni
dalla presentazione della comunicazione di inizio di attività e, comunque,
prima dell'avvio della stessa attività; detta ispezione, che è effettuata,
dopo l'inizio dell'attività, almeno una volta l'anno, accerta: a) la tipologia e la quantità dei rifiuti sottoposti alle operazioni di
recupero; b) la conformità delle attività di recupero alle prescrizioni
tecniche ed alle misure di sicurezza fissate in conformità alle disposizioni
emanate ai sensi del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, nonché
alle norme tecniche previste dall'articolo 31 del medesimo decreto legislativo
n. 22 del 1997.
Questa
è una notevole innovazione nell’ambito delle procedure semplificate. Per
gli “affezionati” frequentatori del sito è un discorso già noto, che si
sta ripetendo in ogni occasione e che vede nell’attuazione deresponsabilizzante
del silenzio-assenso uno dei motivi per cui tali
procedure costituiscono l’anello debole della normativa sui rifiuti e il
mezzo meglio sfruttato per poter svolgere traffici illeciti grazie anche
al comodo paravento di pezzi di carta privi di valore. Aver inserito un
obbligo di ispezione significa aver messo all’indice
l’inefficienza del solo controllo amministrativo, basato sul carteggio,
scollegato con lo stato dei luoghi e con la realtà delle cose.