interventi
5 marzo 2003

Nei primi mesi dell'anno la Commissione Bicamerale d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti ha condotto una serie di interessanti audizioni sulla rottamazione dei veicoli a fine vita, tenendo conto del prossimo recepimento di quelli che sono i contenuti della DIRETTIVA 2000/53/CE del 18 settembre 2000 relativa ai veicoli fuori uso, anche se questa avrebbe già dovuta essere stata trasposta nel nostro ordinamento entro il termine di scadenza del 21 aprile 2002, ritardo per il quale si è già aperta una procedura di infrazione ai sensi dell'articolo 226 del trattato UE nei confronti del nostro Paese.

I motivi di questo ritardo sono più che mai noti, in questo caso, poiché il principio introdotto dalla direttiva vuole che sia la casa costruttrice a sopportare l'onere dello smaltimento finale dei veicoli fuori uso e, così come è avvenuto prima in Europa, così avviene adesso anche nel nostro Paese, una forte attività di lobbing, contraria al principio suddetto, cerca di attenuarne le conseguenze.

Eppure, è questa una delle poche occasioni nelle quali il nostro Paese poteva dimostrare di essere un po' più avanti degli altri, tanto da non dover essere costretto a creare ex-novo quelle strutture che saranno indispensabili per mettere in applicazione la direttiva. Si sta parlando del Pubblico Registro Automobilistico (PRA), oggetto misconosciuto alla totalità degli altri Stati Membri, con il quale dovranno prima o poi venire a patti. Grazie al PRA siamo in grado di conoscere il ciclo di vita di di ogni veicolo, dalla culla alla tomba..... salvo eccezioni.

In effetti che vi siano dei problemi lungo la filera della demolizione è noto da tempo, ma a darne la dimensione in modo preciso e quantomai inquietante è stata l'audizione del Presidente dell' Automobil Club Italiano (ACI) dr.Franco Lucchesi. Lucchesi ha esordito con queste cifre:

"Calcolando i dati al 2002, nel nostro paese c'è stato un circolante di 41,8 milioni di veicoli; 2,8 milioni sono le iscrizioni al pubblico registro automobilistico nell'anno 2002, mentre un milione 750 mila sono stati i veicoli cancellati. Il rapporto tra veicoli cancellati e circolante è del 4,65 per cento. A fronte di questo dato complessivo relativo al paese, ci sono 2150 centri di rottamazione, mentre il rapporto tra centri e circolante è mediamente dello 0,0051 per cento: si tratta cioè di 2150 centri rispetto 41,8 milioni di veicoli (…) La distribuzione territoriale è sostanzialmente non omogenea, il che crea conseguenze negative sull'utenza, poiché la distanza del centro di rottamazione determina spesso aggravi di costo.

Uno degli elementi che abbiamo rilevato in un recentissimo convegno è che in teoria la demolizione dovrebbe essere gratuita, ma in realtà questa gratuità è un dato molto aleatorio: per smaltire una macchina si andava dalle 20 alle 70 mila lire nel 2002, mentre a volte oggi si arriva addirittura ai 60 euro, con la motivazione che non c'è posto, che non è possibile smaltire, salvo poi - se si insiste e ci si dichiara disponibili a pagare - vedere il posto arrivare all'improvviso per cui si riesce a procedere allo smaltimento.

(..) Per gli autodemolitori esiste ancora diffusamente il sistema delle autorizzazioni temporanee, vale a dire autorizzazioni date per sei mesi e rinnovate spesso per anni; non c'è neppure certezza negli operatori circa la possibilità di disporre del tempo necessario per compiere gli investimenti indispensabili per passare dalla situazione un po' abborracciata del passato a quella tipica di un vero e proprio settore industriale, che rappresenta il "salto" qualitativo e logico definito dalla direttiva comunitaria. Mancano alcune norme tecniche specifiche ed anche questo non aiuta a comprendere come il centro debba essere strutturato in ragione dell'attuazione delle norme comunitarie, né ad operare gli investimenti necessari. Inoltre, come dicevo prima, c'è un grossa disomogeneità territoriale dei centri. "

Emerge dalle parole del presidente dell'ACI una teoria tutta italiana di localizzazioni che non sarebbero conformi sotto il profilo urbanistico, ma che in realtà lo possono essere temporaneamente, e quindi si può continuare a gestire un centro, salvo non poterlo ammodernare e ingrandire quando sarà necessario. Da qui nascono le storie infinite di discariche abusive che in realtà sono autodemolitori di vecchia data i quali non possono esibire la indispensabile licenza comunale che a sua volta serve per ottenere l'autorizzazione o l'iscrizione al registro provinciale delle imprese che effettuano il recupero dei veicoli fuori uso. Molti di questi centri vanno così avanti a singhiozzo, tra un sequestro e l'altro, in attesa di una sentenza una volta favorevole e una volta no, in un regime di prorogatio che certamente non incentiva nessuno ad investire in un sistema di gestione ambientale.

Di questo stato confusionale in cui vegeta la categoria degli autodemolitori è un indicatore efficiente il dato, che il Ministro dell'Ambiente Matteoli, nella sua audizione, ha ritenuto di porre all'attenzione dei commissari, e cioè il fatto che il numero dei centri che risultano avere consegnato certificati di demolizione all'ACI, 2150, non corrisponde a quei 1569 che l'ANPA ha ottenuto dalla elaborazione dei MUD, modello di dichiarazione rifiuti, la cui presentazione annuale è resa obbligatoria ai sensi dell'art.11, comma 3, del D.Lvo 22/97. Come sostiene il Ministro in questa non corrispondenza vi è un elemento di illegalità, anche se riesce difficile pensare che coloro che rottamano auto in modo abusivo rilascino poi alla fine un regolare certificato di demolizione. Più logico attribuire questa differenza alla classica dimenticanza o alla garanzia che l'inadempimento non verrà sanzionato (a proposito, perché non utilizzare l'elaborato ANPA per recuperare i 581 inadempienti agli obblighi di legge?).

Peraltro una velata critica si deve proprio sollevare all'operato del Ministero dell'Ambiente il quale, assieme al collega delle Attività Produttive, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del D.Lvo 22/97, ai sensi dell'art.46 del decreto, doveva emanare le norme tecniche relative alle caratteristiche degli impianti di demolizione, alle operazioni di messa in sicurezza e all’individuazione delle parti di ricambio attinenti la sicurezza di cui al comma 8. Anche queste insufficienze giocano un ruolo negativo nell'ammodernamento della filiera. E che si tratti di una (in)decisione di carattere politicolo dimostra il fatto che una bozza di norme tecniche redatta da ANPA, indiscutibilmente valida sotto ogni punto di vista, risulta essere pronta da più di 4 anni.

Le uniche norme tecniche che si sono viste pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale sono quelle relative al recupero di parti di auteveicoli e simili risultanti da operazioni di messa in sicurezza di cui all'art. 46 del decreto e privati di pneumatici e delle componenti plastiche recuperabili [160105] [160208]. Cioè si sta in sostanza parlando della fase successiva alla asportazione selettiva degli elementi ambientalmente critici presenti in una autovettura (combustibile, batteria, oli motore, sospensioni idrauliche ecc.) e della rimozione delle parti recuperabili.

Vi è poi un altro passaggio di filiera, ed è quello di rendere possibile la termovalorizzazione energetica del cosiddetto fluff da macinazione, cioè dei residui che rimangono dopo la frantumazione dei veicoli e l'avvio dei materiali ferrosi e leggeri alle rispettive industrie metallurgiche. In termini quantitativi il fluff rappresenta circa il 25% del peso di una autovettura e, in assenza di una bonifica del mezzo secondo le modalità che il Ministero deve ancora emanare, potrebbe contenere inquinanti tali da rendere problematico un suo utilizzo. Il fluff è quello che oggi viene comunemente inviato a discarica rappresenta il maggior problema di smaltimento per tutta Europa, rappresentando fino al 10% di rifiuti pericolosi prodotti annualmente nella UE.

Tra la rimozione delle componenti pericolose e la distruzione del fluff c'è quel 75% che dovrà essere oggetto di un recupero selettivo, il quale dovrà essere incrementato almeno all'85% entro il 1 gennaio 2006, e almeno al 95% del peso medio per veicolo entro il 1 gennaio 2015. Dal 1 luglio 2002, per tutti i veicoli nuovi, è previsto nella direttiva che le spese di demolizione siano rimborsate dal concessionario per conto del produttore, salvo che il concessionario decida di ritirare gratuitamente il veicolo fuori uso. Questo principio varrà per tutti i veicoli costruiti anteriormente al 1 luglio 2002 a partire dal 1 gennaio 2007.

Per il raggiungimento di questi obiettivi pare che nel nostro Paese non si utilizzerà la forma del consorzio, obbligatorio o meno, ritenendo che il mercato potrà autoregolamentarsi con minori costi, rispetto alle esigenze dei vari soggetti facenti parte della filiera. Matteoli, nella sua relazione, ha previsto la costituzione di un gruppo di lavoro interministeriale di controllo il quale avrà compiti di verifica sull'ottimizzazione del sistema, sul reale rispetto delle prescrizioni, di vigilanza sul raggiungimento del target e solo nel caso di impossibilità dello smaltimento a costo zero di identificazione eventuali elementi correttivi.

Tuttavia, è stato fatto notare, se non si creano gli sbocchi di mercato perché questi materiali possano essere effettivamente recuperati e riciclati, allora non sarà possibile rottamare un veicolo praticamente senza costi. Inoltre un'ulteriore complicazione è dovuta alla dimensione non certo industriale di quella miriade di soggetti che costituiscono il front-office della filiera e che abbassano la redditività delle operazioni di recupero a causa dei bassi numeri che possono raggiungere. C'è necessità di una razionalizzazione che porti a formare pochi ma grandi centri, localizzati coerentemente rispetto alle richieste dei consumatori. Inoltre il mercato si crea se c'è una sana concorrenza: "se in un luogo un demolitore fa tutte le cose seriamente e l'altro bonifica le macchine in un prato è chiaro che il primo avrà più costi e il mercato, invece, premierà il secondo" (G.Manuta, Presidente Associazione aziende di frantumazione AIRA)

Il Presidente dell'ACI ha inoltre trattato il problema dei furti e della sicurezza dei veicoli:

"Rilevo inoltre un fenomeno che ci tocca direttamente, vale a dire l'enorme crescita dei furti di pratiche del PRA, nuove e vecchie. I nostri pubblici registri sono oggetto da qualche mese di sistematici furti, che abbiamo ripetutamente denunciato alle autorità pubbliche perché rappresentano un dato abnorme rispetto al passato. Come abbiamo riscontrato recentemente in occasione di alcuni interventi della magistratura e dei carabinieri, queste pratiche vengono "ripulite" e servono per restituire verginità anche formale alle auto rubate, nel senso che il dato che ho citato relativo ai furti di veicoli va posto in relazione con la sottrazione dei documenti di circolazione. Come sapete, questi ultimi sono dotati oggi di un ologramma e quindi difficilmente falsificabili; il rimedio più logico è rubare il documento vergine oppure un vecchio documento "ripulito" e reimmesso sul mercato con i numeri di targa e soprattutto con quelli di matricola del motore dei veicoli rubati.

(...) Si assiste inoltre ad un diffuso fenomeno di riciclaggio di vetture cosiddette "taroccate", cioè risultanti dalla composizione di pezzi in cui l'elemento base è rappresentato dal motore che mantiene il numero di telaio, intorno al quale viene poi montata una vettura completamente nuova, reimmessa sul mercato con una documentazione originale.

Si tratta di un'organizzazione complessa, che testimonia dell'esistenza di una vera e propria attività industriale di riciclaggio dei materiali e di immissione sul mercato dei proventi illeciti, la quale a nostro avviso dovrebbe essere oggetto di maggiore attenzione da parte della autorità che svolgono controlli e indagini. Dietro tutto questo infatti non ci sono singoli che fanno un mestiere ma una vera e propria organizzazione criminale che controlla globalmente questo mercato."

Infine è stato toccato il problema dei veicoli fine vita cosidetti non circolanti, NC.

"Un altro elemento che abbiamo riscontrato e che non vogliamo includere tra quelli patologici, anche se si colloca al limite della patologia, è rappresentato dai cosiddetti interventi classificati "NC", cioè "non circolanti". Come sapete, il codice della strada, in attuazione del decreto Ronchi che ha anticipato per certi aspetti le norme della direttiva, prevede l'obbligo di non procedere direttamente da parte del singolo utente alla rottamazione dei veicoli, trasferendoli agli operatori del settore. Tuttavia, il singolo automobilista può recarsi al pubblico registro automobilistico e chiedere di procedere alla cancellazione del proprio veicolo, in modo da determinare l'impossibilità per lo stesso di circolare sul suolo pubblico, riservando la circolazione al suolo privato. Questo fenomeno, che è stato inizialmente giudicato marginale e destinato a facilitare alcune situazioni legate all'uso delle vetture in aree circoncluse (centri sportivi, campi agricoli, campi da golf, eccetera), ha un'incidenza nel nostro paese che varia dal 14 al 19 per cento dell'intero mercato delle rottamazioni." Nel 2001 le cancellazioni al pRA sono state 1.946.000, di cui 1.525.000 per demolizione.

Ora su quest'ultimo aspetto è interessante soffermarsi. In effetti l'art. 46 del D.lvo 22/97 prevede che il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio il quale intenda procedere alla demolizione dello stesso deve consegnarlo ad un centro di raccolta per la messa in sicurezza, la demolizione, il recupero dei materiali e la rottamazione, autorizzato ai sensi degli articoli 27 e 28 del decreto. Come ben si capisce la formulazione del testo rimanda alla vexata quaestio della nozione di rifiuto. Se il proprietario dell'auto non intende procedere alla demolizione e quindi non intende disfarsi del veicolo allora quel veicolo non sarà un rifiuto, anche se, con la cancellazione al PRA, perderà la qualifica di "bene mobile registrato" e come tale sarà paragonabile ad una lavatrice, un televisore o altro bene inutilizzato che tuttavia rimane nella disponibilità del privato il quale non ne dà conto a nessuno.

Che le cose siano intese proprio in questo senso ne dà una dimostrazione anche la modifica all'articolo 103, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, codice della strada, introdotta con il comma 6-quinquies dell'art.46 citato. Le parole: "la distruzione, la demolizione" sono sostituite dalle parole: "la cessazione della circolazione di veicoli a motore e di rimorchi non avviati alla demolizione". Grazie a queste modifiche è possibile oggi cessare la circolazione di veicoli a motore senza prima averli avviati a demolizione. Secondo quanto riportato dal Presidente dell'ACI la norma, originariamente, doveva rendere possibile il riutilizzo di veicoli all'interno di proprietà private come campi da golf, campeggi o simili, e quindi favorire esigenze molto limitate. Poichè, nonostante quel che si dica, la demolizione viene fatta pagare al proprietario del veicolo, a volte anche fino a 60 euro, ciò è bastato per convincere una moltitudine di italiani a tenersi l'auto in casa, utilizzando il pertugio offerto dalla legge. E' evidente che una gran parte di questi veicoli verrà poi abbandonata, una volta tolte le targhe e cancellato il numero di telaio, ribaltando sulla comunità non solo i costi dello smaltimento finale, ma anche quelli, ben più ingenti, del parcheggio a pagamento.

Su questo punto il Ministro è orientato ad applicare la definizione di rifiuto al momento della cancellazione dal PRA e relativa detargazione, annullando quindi quella parte dell'art.46 che lascia libertà se disfarsi o meno del veicolo. Sia lecito a chi scrive esprimere il più vivo compiacimento per questa decisione, che, peraltro, appare veramente singolare alla luce di quella interpretazione autentica alla cui formulazione ha contribuito lo stesso Ministro meno di un anno fa e che sostiene tutt'altro, come ben sapete.

Nel frattempo, in attesa di un intervento ministeriale, l'ACI ha fatto sì che la cancellazione senza demolizione avvenga tramite dichiarazione sostitutiva di atto notorio, il cui contenuto è stato predisposto in modo tale che sia reso comunque conoscibile il "domicilio" del veicolo. Con l'invio periodico di copia delle dichiarazioni alle Province questo domicilio potrà essere oggetto di controlli mirati per evidenziare sia la presenza/assenza dello stesso veicolo che le sue condizioni nel tempo.

Ma, per tornare alla interpretazione autentica, ai più è sfuggita la novità contenuta nella lettera c) dell'art.1, introdotta in sede di conversione dal D.L. 8 luglio 2002, n. 138 alla Legge 8 agosto 2002, n. 178. Riprendiamo tutto il capoverso e rileggiamo come deve essere inteso l''obbligo di disfarsi":

c) "abbia l'obbligo di disfarsi": l'obbligo di avviare un materiale, una sostanza o un bene ad operazioni di recupero o di smaltimento, stabilito da una disposizione di legge o da un provvedimento delle pubbliche autorità o imposto dalla natura stessa del materiale, della sostanza e del bene o dal fatto che i medesimi siano compresi nell'elenco dei rifiuti pericolosi di cui all'allegato D del decreto legislativo n. 22".

Bene. La parte in corsivo stabilisce, per la prima volta, che la detenzione di rifiuti pericolosi è motivo già più che sufficiente perché il produttore sia sottoposto all'obbligo di disfarsene, senza che siano possibili alternative. Si applica la nozione di rifiuto quando questo è compreso nell'elenco dei pericolosi, a meno che non ricorrano una delle condizioni di cui all'art.2 e cioè:

a) se gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, senza subire alcun intervento preventivo di trattamento e senza recare pregiudizio all’ambiente;

b) se gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, dopo aver subito un trattamento preventivo senza che si renda necessaria alcuna operazione di recupero tra quelle individuate nell’allegato C del decreto legislativo n. 22.

Il 1° gennaio 2002 è cambiato il codice europeo dei rifiuti. I veicoli fuori uso e le loro parti sono codificati come segue (l'asterisco a fianco del codice sta per pericoloso):

16

RIFIUTI NON SPECIFICATI ALTRIMENTI NELL'ELENCO

16 01

veicoli fuori uso appartenenti a diversi modi di trasporto (comprese le macchine mobili non stradali) e rifiuti prodotti dallo smantellamento di veicoli fuori uso e dalla manutenzione di veicoli (tranne 13, 14, 16 06 e 16 08)

16 01 03

pneumatici fuori uso

16 01 04

*

veicoli fuori uso

16 01 06

veicoli fuori uso, non contenenti liquidi né altre componenti pericolose

16 01 07

*

filtri dell'olio

16 01 08

*

componenti contenenti mercurio

16 01 09

*

componenti contenenti PCB

16 01 10

*

componenti esplosivi (ad esempio "air bag")

16 01 11

*

pastiglie per freni, contenenti amianto

16 01 12

pastiglie per freni, diverse da quelle di cui alla voce 16 01 11

16 01 13

*

liquidi per freni

16 01 14

*

liquidi antigelo contenenti sostanze pericolose

16 01 15

liquidi antigelo diversi da quelli di cui alla voce 16 01 14

16 01 16

serbatoi per gas liquido

16 01 17

metalli ferrosi

16 01 18

metalli non ferrosi

16 01 19

plastica

16 01 20

vetro

16 01 21

*

componenti pericolosi diversi da quelli di cui alle voci da 16 01 07 a 16 01 11, 16 01 13 e 16 01 14

16 01 22

componenti non specificati altrimenti

16 01 99

rifiuti non specificati altrimenti

Per completezza, si veda anche la transcodifica operata dal Ministero dell'Ambiente con Direttiva 9 aprile 2002:

160104

veicoli inutilizzabili

160104*

veicoli fuori uso

Dalla lettura del combinato disposto tra l'interpretazione autentica e la modifica di classificazione del codice relativo a veicolo fuoriuso sembra di doversi trarre una conclusione a sorpresa. Nel nostro Paese vi è già l'obbligo di disfarsi dei veicoli fuoriuso, senza bisogno di ulteriori modifiche legislative.

Infatti ricorre la prima condizione, si tratta di rifiuti pericolosi, ma non la seconda in quanto la demolizione deve necessariamente avvenire attraverso operazioni di recupero e smaltimento descritte all'allegato C del D.Lvo 22/97. E' escluso che il veicolo possa essere effettivamente e oggettivamente riutilizzato nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, in quanto non è più registrato come "bene mobile". Inoltre il proprietario dell'auto per la sua demolizione è tenuto a consegnare il veicolo a centri autorizzati ai sensi degli artt.27 e 28, stesso decreto. Questo comporta che non possa procedere con il "fai da te" per rimuovere le componenti pericolose codificate ai CER 160107, 160108, 160109, 160110, 160111, 160113, 160114, 160121 ed altri liquidi in modo da ottenere così la declassificazione del veicolo a rifiuto non pericoloso, 160106.

Se così fosse confermato, magari da qualche autorevole parere legale, c'è effettivamente da riprendere in esame tutta la situazione, e urgentemente..

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