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QUANDO E' UN'OPERA PUBBLICA A VIOLARE LA DISCIPLINA SULLA VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE
L'interrogazione che riportiamo integralmente ha per oggetto un'opera pubblica, la canalizzazione della foce del torrente Bevano in Emilia Romagna, finanziata dalla Regione Emilia-Romagna stessa con procedura di somma urgenza. Dal testo dell'interrogazione si colgono diversi spunti per riflessioni su argomenti che, apparentemente, possono sembrare tra loro non collegati.
La prima evidenza sta nella scelta di realizzare opere pubbliche di così alto impatto ambientale, tenuto conto che si tratta di area peraltro vincolata dalla Direttiva Habitat, con le discutibili procedure di somma urgenza. La messa in discussione di tali procedure non avrebbe ragione se non avendo avuto l'opportunità di osservare che l'urgenza non è quasi mai motivata. E tuttavia, a ben vedere, la vigente legge regionale sulla Valutazione di Impatto Ambientale stabilisce che tale disciplina non si applica proprio in tali condizioni. A questo punto, dopo la procedura d'infrazione che la Commissione UE ha aperto nei confronti della stessa legge per aver artatamente spostato in avanti di un quinquienno la sua applicazione, non vorremmo che diventasse questo un ulteriore elemento di contestazione da parte europea. Si tratterebbe di una ben magra figura per una Regione che, fio a ieri, ha dimostrato la maggiore sensibilità per la tutela del proprio territorio.
Il secondo elemento, sfuggevole, ma indicativo, è la traccia di un conflitto di interesse nella procedura, per utilizzare un termine oggi in voga. Sebbene nel testo della risposta all'interrogazione non vi sia un piccolo cenno alla questione sollevata, sembra di dover sottolineare come si senta l'esigenza di una legge che stabilisca, una volta per tutte, la distinzione dei ruoli tra il pubblico, controllore, e il privato, controllato. Come anche in questi giorni si legge sulla stampa, tale distinzione non è sempre chiara a tutti, anzi, approfondendo, ne esce una realtà purtroppo ricca di contraddizioni, dove addirittura, in alcuni casi, tali contraddizioni sono sorrette da legge. E' bene far chiarezza: questa commistione dei ruoli finirà, prima o poi, per mettere in cattiva luce gli enti deputati ai controlli e quindi ad arricchire quel sentimento di sfiducia che a lungo andare può motivare scelte drastiche e pericolose per la tutela dell'ambiente.
Il terzo argomento ha oggetto la più vasta problematica della difesa del suolo. Se si aveva bisogno di un esempio sul perchè possano essere ancora presenti situazioni di rischio idraulico dovute all'intervento antropico, eccovi serviti. Il demanio idrico è terra di nessuno fino a quando non vi si installano degli insediamenti. Il paradosso, in questo caso, è dovuto alla loro qualificazione: sono insediamenti abusivi. Ebbene, invece di intervenire per la loro demolizione cosa si prevede? Un progetto di difesa spondale. Ogni commento è benvenuto.
Resoconto stenografico dell'Assemblea
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Turroni n. 2-01893. L'onorevole Turroni ha facoltà di illustrarla.
SAURO
TURRONI. Presidente, intervengo non perché l'interpellanza non sia
chiara in sé ma per sottolineare due aspetti della questione: da una
parte, l'estrema importanza di questa zona, l'unica foce libera non artificializzata
dell'Adriatico settentrionale, e l'estremo interesse naturalistico-ambientale
di questo sito; dall'altra, il significato di una battaglia ambientalista
che, iniziata nel 1974, ne ha fin qui preservato la manomissione.
Ciò ha portato al riconoscimento della straordinarietà di quel
luogo e ha consentito di difenderlo fino ad oggi. In questo territorio sono
presenti specie animali e vegetali di notevole interesse e le rare praterie
di spartina marittima, uniche in tutta la costa emiliano romagnola. È
l'unico luogo protetto non cementificato rispetto agli altri 85 chilometri
di costa regionale protetti - si fa per dire - dalle erosioni e da barriere
artificiali.
Il riconoscimento dello straordinario valore dell'area si è concretizzato
con la posizione del vincolo paesaggistico previsto dalla legge n. 1497 del
1939, ora sostituita da un decreto legislativo e da un decreto ministeriale
del 1979; la zona è stata inserita nell'elenco delle zone umide di
importanza internazionale della convenzione di Ramsar del 1981, indi all'interno
del parco regionale del delta del Po nel 1988; infine, essa è stata
riconosciuta come zona di interesse comunitario (Sic) e come zona di protezione
speciale (Zps) ai sensi delle direttive comunitarie ed è stata inserita
all'interno del parco interregionale del delta del Po che stenta a decollare.
Ebbene, quest'area straordinaria stava per essere manomessa da un intervento
scriteriato e privo di senso, progettato dall'ufficio provinciale di Ravenna
del servizio difesa del suolo della regione Emilia Romagna. Ma ciò
che è più grave è quanto emerso dalle dichiarazioni rilasciate
alla stampa: per la sistemazione di questo luogo dovevano essere impiegate
gratuitamente, nell'interesse della comunità, le sabbie scavate all'interno
del porto di Ravenna, nel posto in cui si intende realizzare un porto turistico
denominato Marinara; a capo di tale porto turistico - questa è la cosa
assai interessante - stava lo stesso progettista dipendente regionale, la
stessa persona che aveva progettato l'intervento urgente e straordinario!
Quei materiali che venivano estratti e che costituivano un problema per la
società Marinara dovevano essere utilizzati, bontà loro, per
il ripascimento della spiaggia nella località della foce del Bevano.
L'altra questione preoccupante è che questo intervento, con la scusa
di essere di forte valenza ambientale, mirava a tutelare fintamente una pinetina
artificiale di Pinus Pinaster, ma nei fatti - per chi come me conosce bene
quei luoghi perché da quarant'anni li frequenta - esso intendeva proteggere
alcune baracche abusive che lì sorgono senza che nessuno provvedesse
alla loro demolizione.
L'amministrazione di Ravenna ha realizzato da tempo un progetto perché
intende trasferire gli abusivi in un altro territorio distante alcuni chilometri
per fare in modo che la zona sia definitivamente risanata e protetta così
come richiedono i numerosi provvedimenti cui prima ho fatto cenno. Ebbene,
questo intervento, Presidente, era finalizzato a proteggere e a difendere
gli abusivi! Vi era, pertanto, da una parte, un interesse assai meschino perché
si volevano utilizzare per il ripascimento sabbie, che costituivano un onere
per la società e che dovevano essere estratte da un porto chimico al
quale attraccano petroliere destando notevoli perplessità a causa dei
materiali che si depositano sul fondo e, dall'altra, un intervento che prospettava
la tutela fisica dall'erosione, perché il fiume "divaga"
naturalmente, e dalle baracche abusive che, invece, devono essere abolite
e rimosse da qual posto. Mi auguro e spero che quel progetto venga definitivamente
abbandonato, come ho sentito dire in sede regionale, e mi auguro anche - questo
è l'aspetto più importante - che si superi il ritardo (i tempi
sono scaduti) che caratterizza il definitivo avvio del parco nazionale del
delta del Po. Ricordo che i termini fissati dalla legge n. 394 del 1997 non
sono stati prorogati da alcun provvedimento ed il parco interregionale non
si può più realizzare; a questo punto, è compito del
Ministero dell'ambiente dare vita al parco nazionale del delta del Po, che
potrebbe meglio tutelare anche questo lembo inferiore del parco medesimo,
fra l'altro uno dei più interessanti dal punto di vista naturalistico
ed ambientale.
Allora, si dovrebbe bloccare definitivamente quel provvedimento e provvedere
alla demolizione dei capanni abusivi, che sorgono in un'area demaniale che
qualcuno vorrebbe vendere - proposte di legge in questo senso, a prima firma
del collega Balocchi e sottoscritte da tanti altri colleghi, sono all'ordine
del giorno di questo ramo del Parlamento - proprio al fine di consolidare
insediamenti abusivi come quello in questione. Mi chiedo che cosa aspettino
le ruspe, che cosa aspetti il demanio a fare piazza pulita di quell'obbrobrio
e, contestualmente, chiedo la definitiva costituzione del parco del delta
del Po, l'unico parco in Europa a non essere adeguatamente protetto.
Ascolterò con interesse la risposta del sottosegretario Fusillo, se
non a tutti almeno ad una parte dei quesiti contenuti nell'interpellanza,
riservandomi di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente ha facoltà di rispondere.
NICOLA
FUSILLO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, la problematica riguardante la difesa dell'area della
foce del torrente Bevano e dei territori limitrofi dal fenomeno dell'erosione
marina fu segnalata per la prima volta nel settembre 1998 al servizio provinciale
difesa del suolo dall'ufficio gestione ex azienda di Stato per le foreste
demaniali di Ravenna che, a seguito di un sopralluogo, aveva riscontrato una
situazione piuttosto grave in prossimità delle arginature del corso
d'acqua.
La foce del torrente Bevano si colloca al centro del tratto costiero compreso
tra le foci del Savio a sud e dei Fiumi uniti a nord.
Per il forte apporto solido di questi due fiumi, verificatosi in particolare
nella seconda metà del secolo scorso e nei primi decenni di questo
secolo, le rispettive foci sono avanzate in mare conferendo al tratto di costa
in esame una conformazione leggermente arcuata. Inoltre, a causa dei venti
dominanti, verso la foce del Bevano è confluita sabbia sia da sud sia
da nord. Ciò ha contribuito a modificare nel tempo non solo l'assetto
della foce del torrente, ma anche il suo corso, costretto a correre nelle
ultime centinaia di metri parallelamente alla costa, motivo per cui il prolungamento
della spiaggia sud ne è diventata la riva destra;
il torrente si è scavato, quindi, un letto dove prima vi era una duna.
A causa della progressiva erosione della duna, l'acqua alta delle mareggiate
ha superato la bassa spiaggia e scalzato la duna fino a raggiungere la pineta,
la quale è fortemente esposta al rischio di ingressione marina.
Per contrastare i processi erosivi sono stati effettuati vari interventi,
che tuttavia non hanno portato ad alcuna soluzione.
Il Servizio provinciale difesa del suolo dell'Emilia-Romagna, a seguito di
richiesta d'intervento di somma urgenza da parte del Servizio provinciale
difesa del suolo di Ravenna, nonché di segnalazioni pervenute dai vari
enti interessati, ha presentato un progetto di artificializzazione e rettifica
del torrente Bevano, finalizzato alla protezione della retrostante pineta
artificiale dalle già dette ingressioni marine. L'intervento prevede
l'apertura di una nuova foce artificiale, la chiusura della foce attuale con
materiale di riporto, la canalizzazione del nuovo tracciato, la difesa spondale
in destra idrografica, la costruzione di una difesa a mare con materiale di
riporto.
Le attività progettuali di definizione dell'intervento, avviate successivamente
alla decisione di intervenire, per un importo di 250 milioni, hanno però
dato conto di forti problematicità in relazione alle caratteristiche
ed alla notevole valenza ambientale del paesaggio.
Sono pervenute al Servizio conservazione della natura numerose segnalazioni,
a firma di associazioni ambientaliste, che hanno denunciato l'imminente realizzazione
del progetto finalizzato, nelle intenzioni del proponente Servizio provinciale
difesa del suolo di Ravenna, alla salvaguardia della pineta costiera dalle
ingressioni marine.
Pertanto, il Servizio conservazione della natura, nel condividere le preoccupazioni
espresse relativamente alla salvaguardia delle dune costiere e degli habitat
su di esse insistenti, ha ritenuto che il taglio delle dune, la rettifica
della foce e l'artificializzazione della stessa sono interventi che appaiono
in netto contrasto con le finalità di tutela proprie di una riserva
naturale statale quale quella in parola. Ritenuto che le esigenze di protezione
della pineta costiera possono trovare risposta in interventi di tipo diverso,
ha chiesto alla gestione ex ASFD (Azienda di Stato per le foreste demaniali),
di rendere noti gli elementi di valutazione che hanno portato lo stesso ad
esprimere un nullaosta favorevole al progetto e all'assessorato regionale
al territorio di voler riconsiderare il progetto stesso alla luce dell'esistenza
dei vincoli richiamati, provvedendo nel contempo ad interrompere l'iter della
sua realizzazione.
Parimenti, il Servizio VIA del Ministero dell'ambiente ha provveduto a richiedere
alla competente regione Emilia-Romagna specifiche informazioni circa l'iter
autorizzativo seguito in quanto il progetto in questione rientra tra le opere
di cui all'allegato B, punto 7, lettera o) del decreto del Presidente
della Repubblica del 12 aprile 1996 in materia di VIA regionale e ricade all'interno
di un'area protetta individuata quale riserva naturale dello Stato "Duna
costiera ravennate e foce torrente Bevano", la quale è anche -
come già detto - sottoposta ad altri vincoli di tutela. Pertanto, l'opera
deve essere sottoposta obbligatoriamente a procedure di valutazione d'impatto
ambientale da svolgersi a cura della regione.
La regione Emilia-Romagna, con nota n. 20.783 del 5 novembre 1999, ha comunicato
che è stata revocata l'autorizzazione ad intervenire con procedura
d'urgenza per la realizzazione degli interventi in questione, chiarendo che
il relativo progetto, in relazione ai valori ambientali presenti nell'area
interessata, sarà sottoposto a valutazione d'impatto ambientale, secondo
quanto previsto dalla legge regionale n. 9 del 18 maggio 1999.
La regione intende comunque affrontare il complesso problema della difesa
dei valori ambientali e naturalistici dell'area in questione e, in tal senso,
dopo una valutazione più completa ed articolata delle necessità,
ha previsto, nel quadro dei finanziamenti della legge n. 226 del 1999, un
intervento per complessivi 2,9
miliardi all'interno del quale potrà trovare soluzione anche il contingente
problema del torrente Bevano.
A tale proposito si ricorda che il programma di interventi urgenti ex decreto-legge
n. 180 del 1998 (misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico
ed a favore delle zone colpite da disastri franosi nella regione Campania),
approvato dalla regione Emilia-Romagna con decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri del 21 dicembre 1999, ha già finanziato per l'importo
di un miliardo di lire un intervento nel comune di Ravenna sul torrente Bevano,
in località Zaccaria, a circa 7 chilometri dalla foce.
Quanto alla vicenda che vede opposto il comune di Ravenna e gli occupanti
di alcuni capanni all'interno della pineta demaniale, da informazioni assunte
per le vie brevi presso il Servizio ambiente del comune di Ravenna, risulta
che la stessa sia pervenuta all'esame del Consiglio di Stato, di cui si attende
il pronunciamento. A tale proposito il Ministero dell'ambiente seguirà
lo sviluppo dell'intera vicenda riservandosi di intervenire ai sensi della
vigente normativa. In merito alla istituzione del parco interregionale naturale
del delta del Po, così come previsto dal comma 4 dell'articolo 35 della
legge n. 394 del 1991, non essendo pervenute da parte delle competenti regioni,
nonostante i ripetuti solleciti del Ministero dell'ambiente alcune ipotesi
di perimetrazione del predetto parco, ai sensi della stessa legge n. 394 del
1991 si sono concretizzati i presupposti per la istituzione del parco nazionale
del delta del Po. Pertanto, in mancanza di iniziative tempestive da parte
delle due regioni, Emilia-Romagna e Veneto, il Ministero dell'ambiente avvierà
l'iter istitutivo del parco nazionale ai sensi della vigente normativa. Tanto
è stato portato a conoscenza delle due regioni interessate con una
recente nota ministeriale.
PRESIDENTE. L'onorevole Turroni ha facoltà di replicare.
SAURO
TURRONI. Signor Presidente, sono molto soddisfatto della replica del sottosegretario
vorrei fare solo un appunto: perché aspettare questo Consiglio di Stato,
atteso che quell'area è di proprietà demaniale? Cosa aspetta,
non tanto il comune di Ravenna - della cui volontà di rimuovere quelle
costruzioni abusive ho parlato prima nel mio intervento - che ha previsto
anche un'altra area nella quale consentire l'insediamento di questi abusivi
che sono lì da tanto tempo, pur trattandosi della loro quarta, quinta
o sesta casa e anzi della casa al mare, non certamente di una casa di necessità,
quanto l'amministrazione dello Stato che non ha fatto il suo dovere (e che
perciò andava sollecitata) ma ha consentito per troppo tempo che in
area demaniale permanesse una situazione intollerabile che provoca inquinamento,
devastazione dei luoghi, allontana le specie animali ed impedisce la fruizione
di un territorio che è di tutti. Questo è un piccolo rammarico
rispetto alle altre cose importanti che il sottosegretario all'ambiente ha
detto in risposta alla mia interpellanza e quindi con particolare interesse
ho ascoltato le dichiarazioni che riguardano il parco del delta del Po che
è da farsi.
Con particolare interesse ho ascoltato le parole del sottosegretario che diceva
che quel progetto è stato definitivamente bloccato. C'è una
cosa che forse andrebbe sottolineata meglio, essendo quella una zona tutelata
come ZPS e sito di interesse comunitario. Probabilmente non è solo
alla regione Emilia-Romagna che spetta il compito di fare una valutazione
di impatto ambientale, peraltro con una legge che considero pessima, perché
quella legge consente di fare la valutazione di impatto ambientale nella conferenza
dei servizi, che non mi pare il massimo.
Credo che andrebbe sottolineato che la direttiva habitat e il suo regolamento,
che è stato pubblicato con decreto del Presidente della Repubblica
n. 357 del 1997, imponga una valutazione di incidenza di ogni progetto, anche
di quelli che verranno predisposti dalla regione utilizzando gli oltre 2 miliardi
dei quali uno, come ho appreso adesso, è stato impiegato ai sensi del
decreto-legge n. 180 per la zona
di San Zaccaria, che è nella pianura. Infatti quella zona è
stata recentemente colpita da alluvioni, le prime alluvioni che si sono verificate
in una pianura per effetto, non tanto dello straripamento di qualche torrente,
ma dell'abbassamento di quei suoli per l'eccessivo emungimento e per l'estrazione
del gas metano che avviene in quantità eccessiva.
Mi dichiaro soddisfatto, ringrazio ancora il Ministero dell'ambiente e il
sottosegretario ed auspico che in questi ultimi giorni di legislatura siano
avviate dal Ministero quelle procedure che facciano sì che questo luogo
sia definitivamente protetto e ripulito dalle costruzioni abusive e che inoltre
rientrino i progetti che lo riguardano con riferimento ad una maggiore considerazione
dell'opera della natura.
Le considerazioni dell'ex genio civile, infatti, non tengono conto delle foci
che hanno un qualche aspetto di naturalità. Penso alla foce del Reno,
per esempio, nella quale è presente un poligono di tiro dell'esercito,
che dilaga verso nord, esattamente come fa la foce del Bevano, ma non per
qualche centinaio di metri, come viene detto dalla risposta del sottosegretario
- giustamente, perché le cose stanno esattamente così -, bensì
per qualche chilometro.
Dunque, se questa è la naturale predisposizione delle foci dei fiumi,
in particolare quando sono ridotti gli apporti solidi dei fiumi medesimi e
diventano prevalenti le azioni delle correnti che da sud vanno verso nord,
verso il Po, credo che queste modificazioni morfologiche del territorio imposte
dalla natura non possano essere alterate da interventi di artificializzazione,
che hanno - essi sì - determinato molti sconquassi in tutto l'aspetto
costiero della nostra regione.
Quindi, ben vengano questi progetti, grande attenzione agli stessi ma soprattutto,
come chiede anche il nostro Pontefice, grande rispetto per la natura, signor
Presidente, perché la natura che ci è stata data non può
essere nella disponibilità degli uomini, che non possono farne massacro
a loro piacimento.