chiarimenti
21 giugno 2001

LO SCARICO DI ACQUE INDUSTRIALI ASSIMILABILI A DOMESTICHE IN PUBBLICA FOGNATURA E' SEMPRE AMMESSO SENZA OBBLIGO DI AUTORIZZAZIONE PREVENTIVA?

Riguardo al tema più generale dell'assimilazione di acque industriali a domestiche è stato pubblicato un intervento sul sito www.lexambiente.it, mese di maggio. Il tenore dell'articolo è volto a mettere in luce gli aspetti più controversi e discutibili della disciplina dell'assimilazione dagli esordi della legge 319/76 (Merli) fino al recente D.lvo 152/99 come modificato dal D.lvo 258/2000. In sintesi di questa assimilazione se ne sarebbe volentieri fatto a meno in quanto solo foriera di confusione sotto il profilo amministrativo e dell'applicazione di sanzioni.

Ne è un esempio la richiesta di chiarimenti riportata nel titolo. Il legislatore (anche se un eufemismo utilizzare tale denominazione, se ne guadagna in semplicità di esposizione) ha introdotto una condivisibile semplificazione per ciò che riguarda la possibilità di sversare gli scarichi di acque domestiche in una rete di fognatura pubblica.

Questo avviene all'art.33 del decreto, comma 2, dove si dice: "Gli scarichi di acque reflue domestiche che recapitano in reti fognarie sono sempre ammessi purché osservino i regolamenti emanati dal gestore del servizio idrico integrato." Poichè il servizio di fognatura è volto principalmente a soddisfare le esigenze depurative della comunità dei residenti l'impiantistica per quale si fanno investimenti è dedicata prioritariamente ad abbattere il carico organico generato dalla comunità stessa, alla quale non viene quindi richiesto altro onere che il pagamento di una tariffa per il servizio reso.

Cosa diversa è invece soddisfare la richiesta del mondo delle imprese, qualora il ciclo produttivo di alcune di queste sia generatore di un rifiuto allo stato liquido che per composizione possa ritenersi del tutto simile alle acque derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche. Poichè il dimensionamento dell'impianto di depurazione delle acque reflue urbane è stato calcolato sulla base degli utenti civili potenzialmente allacciabili, e quindi, in sostanza, su un numero di A.E. (abitanti equivalenti) espressi con l'unità di misura della domanda biologica di ossigeno (60 mg/l BOD5), la possibilità di sversare reflui industriali aventi la medesima composizione deve essere valutata alla luce della potenzialità residua di trattamento dell'impianto.

Attenzione: non si sta parlando solo di una compatibilità biologica, cioè della garanzia che rimarrà impregiudicata la funzione demolitiva svolta dai fanghi attivi dell'impianto, ma anche di una portata idraulica, cioè di quanti metri cubi di refluo possono essere riversati all'impianto nell'unità di tempo, senza generare disfunzioni. In sostanza c'è prima da vedere se l'ingresso di uno o più scarichi industriale non "sballi i conti", per così dire. Purtroppo l'esempio più frequente di una cattiva gestione è proprio questo, conseguenza di un errata valutazione di compatibilità nei riguardi di nuovi ingressi industriali (ma a volte anche residenziali). L'effetto primario è l'entrata in funzione di "troppo pieni" che veicolano l'esubero idraulico più a valle dell'impianto, senza che sia stato effettuato nessun trattamento e, soprattutto, senza la giustificazione dell'evento di pioggia che motiva tecnicamente la realizzazione di scolmatori lunghi le reti fognarie e nei pressi degli impianti.

La questione "compatibilità" in conclusione riveste una duplice valenza: primo, si deve conoscere se è sufficiente la capacità residua dell'impianto, secondo, che è forse più un imperativo morale che tecnico, si deve decidere se saturare subito tale potenzialità procrastinando così il programma degli allacciamenti delle utenze civili ancora non servite ad un futuro non ben definito, in attesa di nuovi fondi.

Fin qui l'aspetto gestionale. Se si legge il dettato normativo privandosi dell'elemento tecnico l'errore è dietro l'angolo. Così come semplicisticamente si ritiene sempre ammesso lo scarico di acque domestiche (ma, si ripete, una qualche valutazione andrà pure fatta dal gestore dell'impianto), allora come non applicare la stessa formula facilitativa anche ad uno scarico "equivalente" anche se di provenienza industriale?. Questa lettura è chiaramente da contrastare, già per quanto attiene agli aspetti gestionali di un impianto. Si prova allora, di seguito, a rispondere con il codice in mano.

Sebbene l'art.28, comma 7, del D.lvo 152/99 abbia introdotto una novità sostanziale rispetto alla versione dell'assimilabilità descritta per la prima volta nella Delibera del Comitato Interministeriale del 1980, viene cioè utilizzato il participio passato del verbo assimilare, come a dire: " queste categorie di acque industriali sono assimilate per definizione, nopn è possibile sostenere il contrario", la verità è che sono indicati nell'articolato alcuni requisiti dalla cui sussistenza o meno dipende, alla fine di tutto, questa supposta assimilazione. Per le imprese agricole, attrici principali della delibera, è facilmente dimostrabile l'insussistenza del requisito più importante, quello della "connessione funzionale" con il fondo, la quale viene istantaneamente a mancare dal momento che lo scarico in fognatura dei reflui zootecnici non chiude più quel cerchio ideale che vorrebbe essere rappresentato nel termine liberamente interpretato di "connessione".

Ma, per tornare al quesito, la sussistenza di determinati requisiti è ancora più elemento da valutare ex-ante quando la legge introduce per gli scarichi industriali la nozione di "equivalenza" alla lettera e) del medesimo comma e incaricando le regioni di sviscerare il concetto, in sostanza con una delega in bianco:

"...e) aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale."

Così si è comportata la Regione Emilia-Romagna quando ha emanato la "Prima direttiva in applicazione al D.lvo 152/99 (DGR 641/99)", stabilendo con la tabella 1 sottoriportata quali sono i parametri da ricercarsi sullo scarico, prima di qualsiasi trattamento, e quali i valori limite di emissione al di sotto dei quali tale scarico, di natura industriale, può effettivamente definirsi equivalente ad acque domestiche.

Tabella 1

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Parametro/sostanza       unità di misura     (*) valore limite di
                                                 emissione 
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Portata                     mc/giorno                 15
pH                                                 5,5-9,5
Temperatura                    C°                     30
Colore                                          non percettibile
                                              con diluizione 1:40
Materiali grossolani                                assenti
Solidi sospesi totali         mg/l                   700
BOD5 (come ossigeno)          mg/l                   300
COD (come ossigeno)           mg/l                   700
Rapporto COD/BOD5                                      2,2
Fosforo totale (come P)       mg/l                    30
Azoto ammoniacale (come NH4)  mg/l                    50
Azoto nitroso (come N)        mg/l                     0,6
Azoto nitrico (come N)        mg/l                    30
Grassi e oli animali/vegetali mg/l                    40
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Ed è bene sottolineare come nella tabella non vi siano solo valori in concentrazione, ma anche in portata idraulica, mettendo in luce quanto prima si diceva e volendosi discostare dal dettato normativo che si limita a richiedere l'equivalenza delle sole caratteristiche qualitative. Così come si evidenzia la preoccupazione della Regione perchè la supposta equivalenza sia oggetto di istruttoria tecnica da parte della Provincia alla quale l'interessato dovrà presentare una documentazione in grado di rendere tangibile il concetto dell'assimilazione, dimostrandone nella sostanza la corrispondenza al dato parametrato. Per vostra conoscenza i valori limite di emissione soprariportati sono quelli tipici di uno scarico terminale di fognatura non sottoposta a trattamenti.

Ecco allora come rispondere al quesito. L'equivalenza è un concetto che è necessario riempire di contenuti. Fatto questo si passa alla sua applicazione. L'ammissione in rete pubblica di scarichi industriali supposti equivalenti ad acque domestiche è soggetta al procedimento istruttorio di rilascio dell'autorizzazione espressa. Non può sostenersi l'assimilazione tout court dello scarico senza che prima ne sia data dimostrazione.

Certo bisognerebbe sempre risiedere in un territorio dove gli organi regionali si mostrano propulsivi all'azione del controllo, svolgendo fino in fondo la loro funzione regolamentatrice.

 

 

 

 

 

 

 

 

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